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Autore: Nephertiti    18/02/2021    1 recensioni
*SEQUEL DI GIRL OF LIFE*
Molte cose sono cambiate dalla prima volta in cui Mitsuko ha messo piede in villa Sakamaki.
E adesso può affermare di essere parte della famiglia.
Ma con il suo diciottesimo compleanno alle porte, il destino sembra avere in serbo altri piani per lei.
***
Estratto da un capitolo:
“All’improvviso, a qualche chilometro di distanza, notai una figura in mezzo alla strada e, man mano che ci avvicinavamo, realizzai si trattasse di un uomo.
Mi resi conto che non accennava a muoversi, mentre il maggiordomo, al mio fianco, sembrava ignorare la sua presenza.
Urlai a George di frenare e questo, colto di sorpresa, affondò il piede nel freno: la limousine ruotò su sé stessa, facendomi sbattere contro il finestrino.
Un’auto dietro di noi ci tamponò.
Quando sollevai lo sguardo, ancora dolorante per il colpo, dell’uomo non v’era traccia.
Tuttavia, ciò che mi era rimasto impresso, prima che quella sagoma svanisse nel nulla, erano stati i suoi lunghi capelli bianchi.
***
Per poter leggere questa storia avrete bisogno di conoscere “Girl of Light” e “Girl of Life”, quindi correte a recuperare!
La fan fiction prende alcuni spunti dal videogioco, ma la trama sarà ben diversa.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ruki Mukami, Shuu Sakamaki, Sorpresa, Subaru Sakamaki
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 16 - Roots -

 

 

 

 

 

Quando riaprii gli occhi, non c’era traccia della bionda che mi aveva portato via da villa Sakamaki.
Mi guardai intorno: mi trovavo in una campagna, circondata dal nulla, solo immensi prati verdi e qualche albero qua e là.
Il sole stava sorgendo all’orizzonte, scacciava le tenebre della notte e donava nuove sfumature al firmamento.
Non ero certa di trovarmi ancora a Tokyo.

Sentii uno scrosciare distante e così seguii quel rumore, scorgendo un piccolo ruscello, nascosto da alcuni arbusti.
Proseguii con lo sguardo e notai che, al di là di quel rivolo d’acqua, si ergeva una modesta casetta, ma aveva l’aria di essere un’abitazione abbandonata, poiché delle erbacce crescevano intorno ad essa, e la porta di legno era di un marrone ormai sbiadito dal tempo; mentre le finestre, completamente serrate, erano macchiate da muschio verdastro.

Nonostante questo, quella dimora mi parve familiare ed ebbi l’impulso di avvicinarmi.
Ma attesi: perché la vampira aveva deciso di portarmi lì, in quel posto sconosciuto e, per qualche motivo, anche familiare?
Sfortunatamente per poter rispondere a quei dubbi avevo un’unica scelta.

Scavalcai qualche cespuglio e, per attraversare il ruscello, approfittai dei massi che sbucavano dal rigagnolo d’acqua, prestando attenzione a non scivolare.
Non che quel fiumiciattolo fosse profondo, ma non avevo intenzione di bagnarmi il vestito che avevo scelto con tanta cura.
Sebbene, al momento, fosse già macchiato dal sangue che mi era colato, mentre Karl Heinz mi mordeva ovunque.

Quel bastardo

Finalmente mi avvicinai alla casa e, di colpo, giurai di aver visto me da bambina correre intorno alla dimora.

Strizzai gli occhi, doveva essersi trattato di un’allucinazione, o forse aveva ancora a che fare con il padre dei Sakamaki?
Possibile fosse tutto un suo piano?

Qualcosa mi diceva che lui non aveva nulla a che vedere con la situazione in cui mi ritrovavo.
E quella constatazione mi diede i brividi: questo stava a significare che, con tutto probabilità, c’era qualcun altro che aveva degli interessi nei miei confronti.
Girai il pomello della porta di ingresso e questa si spalancò.

Grandioso, ma non devo entrarci per forza.

Presi un respiro profondo e scossi il capo: non era più il momento per scappare.
Avevo guardato in faccia la morte così tante volte che, se si fosse presentata, l’avrei accolta dignitosamente.
Mi addentrai nella casa e storsi il naso: doveva essere rimasta chiusa molto a lungo, se puzzava in quel modo.

Il pavimento di legno scricchiolava sotto i miei passi, il salone d’ingresso era avvolto dal buio, così scansai una tendina impolverata ed aprii la finestra.
Osservai il salotto ristretto, ora che la luce del sole inondava la camera, e passai un dito sul divano collocato di fronte ad un camino: era ricoperto da strati e strati di polvere, così come i mobili.
Continuai nella stanza accanto, che si rivelò essere una cucina, anche questa dalle dimensioni ridotte, composta semplicemente da un tavolo quadrato, due sedie, e l’angolo cottura.
Accanto ai fornelli un piccolo spazio vuoto: seppi con certezza che lì si trovava un frigo, e la cosa mi turbò, poiché non lo avevo intuito, io lo ricordavo.
Alla sinistra della cucina, una scala a chiocciola portava ad un piano superiore.

Un brivido mi percorse la schiena, come fosse una mano fredda ad accarezzarla.
Iniziai a salire i gradini, facendo attenzione a non cadere.
Sbucai in una camera da letto, qui la finestra era già aperta, e potei osservare la stanza: le lenzuola bordeaux erano sfatte e polverose; l’armadio aveva le ante aperte e numerose ragnatele al suo interno.
Avvicinandomi, notai che dietro esso si nascondeva una culla, avvolta in un telo bianco: il cuore iniziò a battere innaturalmente, le orecchie mi fischiavano.

Mossi alcuni passi incerti e sollevai il telo: il pulviscolo galleggiò nell’aria per qualche istante, colpito da un raggio di sole.
Una copertina giaceva arrotolata all’interno della culla: la presi, intimorita da quello che avrei potuto scoprire.
In fondo, il mio incoscio già lo intuiva.
La rigirai tra le dita e deglutii a vuoto, leggendo il nome cucito sulla piccola coperta.

Ellen.

Era casa mia, quella.
Mi strinsi la copertina al petto.
Io ero nata lì.
Valanghe di ricordi mi riempirono la testa: io e la mamma che ci rincorrevamo nel giardino; lei che mi preparava torte al cioccolato ed io che provavo ad imitarla, combinando solo dei pasticci.
Ma d’altronde ero una bambina.
Ricordai le storie che mi leggeva, prima che andassimo a dormire, storie di cavalieri e principesse.

E poi un uomo.
Ma per quanto mi sforzassi di ricordare il suo volto, questo sfuggiva dalla memoria.

“Ellen.”

Sussultai e la copertina mi scivolò dalle dita.
Rimasi pietrificata, al suono di una voce maschile.

Quella voce che mi aveva parlato, quando Karl Heinz si era finto Raito.

Mi voltai lentamente, titubante.

Un giovane adulto sostava in piedi dinanzi a me, aveva lunghi capelli bianchi e lisci, sfumati di un color magenta.
I suoi occhi erano dorati, simili a quelli di Karl Heinz, e tuttavia diversi.
Anche perché le sue pupille erano più sottili del normale, quasi feline.
Indossava un completo scuro e una sciarpa nera, con alcune linee bianche e simmetriche.

“Chi sei?”, fu tutto ciò che riuscii a domandare.
“Carla Tsukinami.”
Il nome non mi dava alcuna indicazione utile ma, nel profondo, sapevo benissimo chi fosse.
E quando parlò, confermò i miei sospetti.
“Sono tuo padre.”

***

Sakamaki e Mukami al completo erano seduti nel salone principale.
Il silenzio regnava da qualche minuto ormai.

Shu e Reiji avevano saputo delle capacità sovrannaturali di Mitsuko, ma ancora non riuscivano a credere che lei fosse in grado di fare certe cose.
Tuttavia, un Kanato ancora un po’ indolenzito e furente, seduto sul divano, ne era la prova.
E in più, Kou aveva assistito alla scena coi suoi occhi, non aveva motivo di mentire al riguardo.
La maggior parte di loro pensava che Karl Heinz l’avesse rapita proprio per questo.
Ma ad una cerchia ristretta, che comprendeva Ruki, Reiji e Shu, i conti non tornavano.
Perché assoldare i Mukami, se il suo scopo era sempre stato averla tutta per sé?
Perché mandare i Cacciatori ad ucciderla?
Perché assoldare una Predatrice e non usare immediatamente il suo esercito di Ghoul?

Troppe domande senza risposta.

“Propongo di andare a prendere a calci in culo nostro padre.”, esclamò Ayato, rompendo il silenzio.
Reiji inarcò un sopracciglio, indignato più per il linguaggio colorito che per la proposta in sé.
Subaru l’appoggiò e, sorprendentemente, anche Yuma.

“Perché andare a salvarla? Io e Teddy non la vogliamo qui!”, protestò Kanato.
“Perché siamo suoi amici.”, inaspettatamente fu Azusa a rispondere.

“Lei mi ha fatto del male!”, strillò Kanato, prossimo ad una crisi isterica.
“Questo significa che ti vuole bene.”
Il vampiro col peluche rimase interdetto.

Ruki scosse il capo.
“No Azusa, ne abbiamo già parlato, non è con la violenza che si dimostra affetto.”
“Oh…”, si limitò a mormorare il fratello.
“Ma questo non significa che Mitsuko sia cattiva.”

“Mi ha quasi ucciso!”, controbatté Kanato, nuovamente furioso.
Ayato gli tirò un colpetto sulla spalla e ignorò il suo sguardo omicida.
“Non ti sei fatto niente, siamo vampiri.”

“Quindi andiamo a dare una lezione a quello stronzo.”, intervenne Yuma.

Shu guardò Reiji, inizialmente avrebbe accettato senza esitare, ma era annebbiato dalla rabbia: non poteva sopportare l’idea di Mitsuko nelle mani di quell’essere spietato.
Ricordava come l’avevano trattata loro inizialmente, ma il loro sadismo era niente, se paragonato a quello di Karl Heinz.

Tuttavia, adesso che era più lucido, sapeva perfettamente che sarebbe stato un suicidio tentare di salvare Mitsuko senza un piano.
“Nostro padre ha un esercito a disposizione. –, iniziò a spiegare, – siamo forti ma decisamente pochi rispetto ai suoi.”
“Ha ragione.”, dichiarò Ruki.
I volti altrui parvero rabbuiarsi.

“E allora? Lasceremo Mitsuko sua prigioniera?”, volle sapere Subaru, decisamente alterato.

“Certo che no. –, rispose il maggiore dei Sakamaki, – ma non dobbiamo andare lì impreparati.”
Reiji parve riflettere qualche istante, aveva avuto un’idea, ma ancora non aveva deciso se fosse saggia o meno.

“Forse potremmo chiedere aiuto ai Cacciatori.”
Ayato e Yuma protestarono in coro, nessuno dei due si sarebbe rivolto a quegli esseri senza scrupoli.
“Hanno tentato di uccidere Mitsuko e ci sono riusciti con Raito.”, gli ricordò Subaru.

“Però potremmo sempre chiedere aiuto a Takeshi Yoshida.”, s’intromise Ruki.

Reiji annuì.
“Potrebbe tornare utile, farebbe di tutto pur di salvare la figlia.”

E così Ruki si offrì per parlare con il padre adottivo di Mitsuko.
Proprio mentre si preparava ad uscire, dei rumori esterni catturarono la sua attenzione.
Qualcuno bussò alla porta e fu il maggiore dei Sakamaki ad aprire.

“Edith?”, domandò Shu perplesso, trovandosi davanti la vampira con cui avevano parlato qualche ora prima.
Aveva il labbro spaccato e dei lividi sul corpo.
Reiji affiancò il fratello.
“Che ti è successo?”
“Oh, sto bene Rei, dovresti vedere com’è conciata l’altra.”

Così dicendo, afferrò qualcosa al suo fianco.
Puro stupore si dipinse nel volto dei presenti, quando trascinò ai suoi piedi la vampira bionda che aveva attaccato Shu.
Anche lei era coperta di lividi ed aveva il vestito lacerato, sembrava priva di sensi.

“Quando l’ho vista, ho pensato che avreste voluto parlare con lei.”

 

 

 

 

 

PADRE DI MITSUKO

 

 

 

 

                                                             

      

      



 

   
 
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