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Autore: Raven_Stark22_    19/02/2021    0 recensioni
[BOKUAKA]
"Senza qualcosa per cui vivere, che senso ha continuare?"
Questa era la domanda che da mesi tormentava Akaashi.
E più trascorevano le settimane, più quel pensiero si faceva vivido nella sua mente.
Una sera, stanco di un mondo portava solo a sofferenza, decise di mettere fine al suo dolore.
Su quel tetto, per caso, si trovava Bokuto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akinori Konoha, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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[𝕆𝕙, 𝕀 𝕔𝕒𝕟'𝕥 𝕓𝕖𝕝𝕚𝕖𝕧𝕖 𝕀 𝕘𝕒𝕧𝕖 𝕚𝕟𝕥𝕠 𝕥𝕙𝕖 𝕡𝕣𝕖𝕤𝕤𝕦𝕣𝕖

𝕎𝕙𝕖𝕟 𝕥𝕙𝕖𝕪 𝕤𝕒𝕚𝕕 𝕒 𝕝𝕠𝕧𝕖 𝕝𝕚𝕜𝕖 𝕥𝕙𝕚𝕤 𝕨𝕠𝕦𝕝𝕕 𝕟𝕖𝕧𝕖𝕣 𝕝𝕒𝕤𝕥

𝕊𝕠 𝕀 𝕔𝕦𝕥 𝕪𝕠𝕦 𝕠𝕗𝕗 '𝕔𝕒𝕦𝕤𝕖 𝕀 𝕕𝕚𝕕𝕟'𝕥 𝕜𝕟𝕠𝕨 𝕟𝕠 𝕓𝕖𝕥𝕥𝕖𝕣 ]

Bokuto mi ignorò per tre giorni di seguito.

Domenica mattina mi svegliai con il cuore che mi palpitava nel petto.

Come prima cosa, controllai il telefono: nessuna nuova notifica.

Le immagini della sera precedente erano ancora vivide nella mia mente e i ricordi cristallini.

Quando andai a fare colazione, mia madre mi disse che avevo l'aspetto di una persona appena stata travolta da un tir in piena corsa.

Ignorai le mie emozioni contrastanti dedicandomi allo studio, o almeno ci provai: ogni dieci minuti prendevo involontariamente in mano il telefono per verificare l'assenza di messaggi da parte di Bokuto.

Dopo cena ero stravolto e spaventato da ciò che stavo provando.

Talmente scombussolato da dimenticare la tisana allo zenzero prima di addormentarmi.

Lunedì mattina non prestai ascolto alle lezioni, distraendomi per ogni piccola cosa: un corvo fuori dalla finestra, le classi che attraversavano l'androne, le risate dei miei compagni.

Tutto, pur di non pensare a lui.

Ma, quello stesso pomeriggio, mi feci coraggio e gli inviai un semplice messaggio.

Le dita mi stavano tremando sulla tastiera.

(Ciao.)

Qualche ora dopo Bokuto visualizzò il messaggio.

La conversazione si concluse qui.

E io giunsi alla conclusione che il ragazzo non aveva più intenzione di vedermi.

Martedì l'ansia si fece sentire con più insistenza.

Faticavo a leggere, faticavo a mangiare, faticavo a pensare a qualunque altra cosa al di fuori di Bokuto.

Mi gettai sul letto e fissai il soffitto per un'eternità.

Ero tale e quale ad una ragazzina in fase ormonale.

Però mi ricordavo così bene, così bene la sensazione di sabato sera...

"Non ci pensare."

Le farfalle nello stomaco.

"Basta."

Le dita di Bokuto che mi accarezzavano dolcemente la guancia.

"Perfavore, smettila."

Il fiato di Bokuto che soffiava sulle mie labbra.

Mi presi la testa tra le mani e cacciai un urlo, augurandomi di non aver svegliato l'intero vicinato.

"Sei innamorato."

-No!- Esplosi, facendo di tutto per soffocare quell'idea.

"Sei completamente perso di Bokuto."

-BASTA!- Lanciai il cuscino lontano dal letto e mi accorsi di star respirando come se avessi il fiatone.

Io? Innamorato?

Non avevo neanche la più pallida idea di cosa fosse l'amore, figuriamoci di come venire a capo da quella situazione.

E la cosa peggiore era che Koutaro stava facendo di tutto per dimenticarsi di me.

Mercoledì decisi che non avrei resistito un giorno di più.

Attesi il termine delle lezioni e mi catapultai fuori dall'aula.

Attraversai in fretta il cortile e mi appostai all'entrata della palestra.

Feci per sbirciare all'interno, ma la porta sembrava chiusa a chiave.

Strano.

-Akaashi? Perchè stai forzando la porta della palestra?-

Mi ritrovai Konoha alle spalle e non potei fare altro che grattarmi il collo, imbarazzato.

-Credevo...umh, ero convinto fosse aperta.-

Il biondino aveva un'aria dubbiosa: -Ma non abbiamo allenamento, il mercoledì.-

-Come?- Esclamai per la sorpresa -Bokuto-san ha detto che giocate tutti i giorni.-

-E' vero, ma il mercoledì è il nostro giorno di riposo.- Spiegò il ragazzo.

Dovevo avere una faccia davvero abbattuta, perchè Konoha si sbrigò ad aggiungere un: -C'è qualche problema?-

-No. Devo aver capito male.- 

Mi sforzai di sembrare sicuro e, con un mezzo inchino, lo congedai.

Bokuto mi aveva mentito?

Ricordavo chiaramente che, al nostro primo incontro, avesse detto di essere di ritorno dall'allenamento.

Ed era stato esattamente due settimane prima.

A che scopo inventare una bugia?

Proprio non riuscivo a comprenderlo.

Perchè fingere di presentarsi agli allenamenti, il mercoledì, se la palestra era chiusa?

Stavo davvero per impazzire.

Tirai il cellulare fuori dalla tasca e chiamai Bokuto. 

Non avevo altra scelta.

Ma il telefono squillò a vuoto.

Imprecai sottovoce e mi sedetti su una panchina, sconfortato.

Avevo esaurito le idee e quel ragazzo mi stava facendo passare un inferno.

Forse era colpa mia.

Sicuramente Bokuto era rimasto sconvolto da sabato sera, così come anche io lo ero rimasto.

E ignorare la cosa si era rivelata la peggiore delle tattiche.

Ma fare finta che non fosse successo nulla avrebbe fatto meno male che essere del tutto ignorato.

In un ultimo, disperato tentativo, mi alzai dalla panchina e ritornai sui miei passi.

Fortunatamente, beccai Konoha mentre usciva dal cancello principale assieme ai suoi amici e gli feci segno di fermarsi.

-Andate pure avanti.- Intimò al suo gruppo, attendendo con pazienza che mi avvicinassi.

-Grazie per aver aspettato.- Ripresi fiato e parlai con calma -Sapresti dirmi dove posso trovare Bokuto-san?-

Il giocatore mi fissò come se avessi appena detto la cosa più stupida che potesse venirmi in mente: -Oggi è mercoledì. Va sempre lì, il mercoledì.-

-Dove?-

Lui si guardò attorno, controllando che nessuno fosse in ascolto, e abbassò il tono di voce: -Non te lo ha detto?-

Mi rabbuiai: -Detto cosa?-

Konoha si morse un labbro, come se stesse cercando di mandare giù un boccone molto amaro: -Non... non credo di essere la persona più adatta a parlartene, Akaashi.-

-Detto cosa?- Ripetei con più insistenza.

Konoha cercò in tutti i modi una scappatoia: -Perfavore, non mi obbligare.-

-Cosa avrebbe dovuto dirmi?- Sentii tutta la mia sicurezza vacillare.

Il biondino indietreggiò verso il cancello: -Parlane con lui.-

-Non risponde ai miei messaggi e tiene sempre la segreteria.- Non mi accorsi di quanto la mia voce suonasse disperata -A scuola non si fa mai vedere e non so dove abiti. Ho bisogno di contattarlo.-

Konoha scosse la testa, agitato quanto me: -Non posso...-

-Ti prego.- Supplicai.

Lui indugiò, fissandomi negli occhi.

Dopodichè mi diede le spalle e prese a camminare.

Non mi diedi per vinto: -Perchè non fate altro che ignorar-

-Reparto C.-

Sbiancai sul posto.

-Reparto C?-

-Dell'ospedale.-Completò lui, in un sussurro. -Quello di Nishi, a dieci minuti da qui.-

Fu un colpo duro da incassare.

L'unica frase che riuscii a formulare fu: -Perchè Bokuto-san si trova in ospedale?-

Konoha non rispose, girandosi un'ultima volta per mostrare un'espressione totalmente abbattuta.

E infine si allontanò, lasciandomi da solo nel cortile.

Migliaia di domande per la testa e le ginocchia che tremavano.


×××××


Non avevo mai corso così velocemente in vita mia.

Attraversai le strisce pedonali senza prestare attenzione alle auto e continuai a correre.

Per mia fortuna, ero già stato al Nishi.

Impiegai meno di cinque minuti ad arrivare in ospedale e, una volta raggiunto, non esitai un secondo di più prima di fiondarmi al suo interno.

Si trovava in una zona spoglia, circondata solo da vecchi appartamenti ed edifici in disuso.

Per gli ambulatori bisognava salire una rampa di scale e, piuttosto che aspettare l'ascensore, preferii  farmi tutti i gradini a piedi. 

Una volta in cima alla rampa, svoltai a destra e percorsi un lungo corridoio tappezzato di porte bianche.

-Reparto C...Reparto C...- Controllai ogni insegna, passando di stanza in stanza.

Appena ne ebbi l'opportunità chiesi informazioni ad un'infermiera che, gentilmente, mi indicò la direzione giusta.

Arretrai fino al corridoio precedente e mi tuffai nella sala d'aspetto indicata.

Si trattava di una semplice stanza rettangolare, con una decina di sedie per i pazienti e una sola porta incastrata nella parete.

I posti erano quasi tutti liberi, ad eccezione di un paio occupati da una vecchietta in compagnia del marito.

Sperai solo di essere arrivato in tempo.

Ma, prima che mi lasciassi cadere su una delle sedie, la porta si spalancò rivelando un esemplare di Bokuto che riconobbi a stento.

Tanto per cominciare, i capelli non erano sparati in alto con il gel, ma lisci sulla fronte.

E Bokuto non era il tipo da dimenticare di sistemarsi la pettinatura.

Aveva addosso una felpa scolorita e dei vecchi pantaloni da ginnastica, probabilmente le prime cose che aveva trovato in armadio.

Dedussi che non si fosse presentato a scuola, quel giorno, visto che non sarebbe riuscito a cambiarsi in così  poco tempo la divisa scolastica.

E infine, come ciliegina sulla torta, aveva l'espressione più abbattuta che mi fosse mai capitato di vedere.

Alzò la testa, incontrando il mio sguardo. 

Gli occhi color miele erano privi di qualsiasi emozione.

Fu questione di un breve istante: sul suo viso passarono una dopo l'altra diverse reazioni, ma prevalse l'incredulità.

-Akaashi?! Che ci fai qui?!-

Squadrai il ragazzo dalla testa ai piedi, per poi soffermarmi sul foglio che teneva in mano.

L'unica cosa che provai fu un tuffo al cuore.

Koutaro se ne accorse troppo tardi e cercò inutilmente di nascondere la scritta avvicinandosi il foglio al petto.

-Tu...tu non dovresti essere qui...- Il suo assomigliava in tutto e per tutto ad un ammonimento.

-Bokuto-san- La mia voce era così roca che mi sembrò sconosciuta -Ti prego. Dimmi che non è vero.-

Bokuto sgranò gli occhi e la mano che reggeva il foglio iniziò a tremare. -Akaashi...-

-Ho letto il nome del reparto, venendo qui.- Mi reggevo a malapena in piedi, ma continuai a sostenere il suo sguardo.

Gli occhi del ragazzo si fecero ancora più spenti: -Mi dispiace...-

-Oncologia.- Le mie gambe si fecero molli e credetti di essere sul punto di precipitare da un momento all'altro -Ti prego. Dimmi che mi sbaglio.-

Bokuto non mi contraddì e quello non fece altro che peggiorare la mia nausea.

Provai a fare altre domande, ma le parole mi morirono in gola.

-Leucemia.- Koutaro girò la testa per non guardarmi in faccia -Genetica.-

La mia vista si fece sempre più offuscata, come se fossi in preda ad un potente giramento di testa: -D-da quanto...da quanto va avanti?-

-Due anni.- Bokuto si morse un labbro, reprimendo la tristezza.

Feci un passo indietro e mi aggrappai al muro per non cadere: -Ti prego. Ti prego, Bokuto-san. Dimmi che stai bene.-

Il diciottenne puntò nuovamente le iridi dorate su di me, stanco. 

Qualche ciuffo gli ricadde sulla fronte.

Ma lui non disse nulla.

-No...- Soffiai debolmente, indietreggiando fino alla porta del reparto.

Gli occhi mi stavano pizzicando.

-Mi dispiace.-  Disse lui, restando immobile in mezzo alla sala.

Scossi la testa, sentendo le lacrime che mi rigavano le guance: -Non può essere...-

Koutaro fece un passo in avanti, ma io gli avevo già dato le spalle.

Iniziai a correre come un matto, superando tutto il corridoio in pochi secondi.

Mi asciugai le guance con la manica del cappotto, finendo per piangere più forte di prima.

Scesi i gradini senza guardare dove stavo mettendo i piedi e girai a vuoto per i reparti.

Urtai involontariamente una donna e, senza scusarmi, proseguii fino alla porta a vetri che conduceva fuori dall'ospedale.

La luce del sole mi costrinse ad abbassare lo sguardo.

Faceva male.

Vagai disperato per tutto il giardino.

Faceva tanto male.

-Attento!- Mi rimproverò un uomo quando rischiai di finirgli contro.

Così tanto male.

Mi trascinai sul marciapiede e lo seguii senza sapere dove mi avrebbe portato.

Svoltai nel primo vicolo in cui mi imbattei e continuai a camminare.

Camminai, camminai, camminai.

I miei piedi si muovevano automaticamente.

Volevo solo fuggire.

Dalla realtà, dall'ospedale, da Bokuto.

Non aveva importanza dove mi avrebbero portato.

Mi bastava solo fuggire.

Perché il mondo doveva essere così crudele?

Rividi l'aria avvilita di Bokuto e ripensai al nostro primo incontro.

No, il mondo non era semplicemente crudele.

La cattiveria sapeva contro chi puntare il dito.

Il mondo era indifferente.

Impassibile davanti alla gioia e noncurante della malvagità.

Ecco perché se l'era presa con Koutaro.

Il cellulare mi squillò un paio di volte.

Non mi sforzai neanche di tirarlo fuori dalla tasca.

Continuai a camminare per minuti, forse ore.

Non ne avevo idea.

Il paesaggio mi scorreva davanti come se fossi un semplice spettatore.

Le automobili, i tralicci dell'elettricità, i passanti.

I rumori della città si erano fatti ovattati.

Nulla aveva più importanza.

×××××


Quando mi fermai, il cielo aveva cambiato colore, passando a sfumature più tenui.

Mi guardai attorno, riconoscendo vagamente il quartiere in cui mi trovavo.

Non ero troppo distante da casa di mio padre.

Avevo le guance segnate dalle lacrime e gli occhi rossi per il pianto.

Mi strofinai il naso sulla manica e procedetti nella direzione opposta.

Forse era già ora di cena.

Avevo paura a controllare il telefono.

Ma, arrivato al solito bivio, svoltai a sinistra, verso l'area di Shidome.

Ero troppo stanco per farci caso.

Ancora una volta, mi lasciai trasportare dai miei piedi, sovrappensiero.

I ristoranti erano tutti aperti e i cartelloni pubblicitari brillavano sulle facciate dei palazzi.

Mi bloccai in mezzo alla piazza.

Conoscevo bene quel posto.

Quasi involontariamente, il mio corpo si mosse in avanti verso il negozio di alimentari.

Spalancai la porta e puntai dritto al retro del negozio, sotto gli occhi incuriositi della commessa.

Chiamai l'ascensore e, selezionato il ventiduesimo piano, mi appoggiai con la schiena sulla parete.

Non c'era un valido motivo per il quale mi trovassi lì.

Nessun sesto senso o cose del genere.

Perchè, quando le porte si aprirono, sapevo già che Bokuto si trovava sulla terrazza ad aspettarmi.

-Akaashi! Grazie al cielo!- Koutaro mi corse incontro come se volesse abbracciarmi, ma si trattenne.

Non dissi nulla e lo aggirai, appoggiandomi con i gomiti sulla ringhiera che fungeva da parapetto.

Bokuto fece lo stesso, posizionandosi al mio fianco.

Per un po', nessuno dei due osò fiatare.

Godemmo in silenzio della compagnia reciproca senza menzionare l'ospedale.

Ma alla fine, come se si fosse trattenuto fino ad allora, Bokuto aprì la bocca: -Scusa. Avrei dovuto dirtelo.-

Strinsi la presa sul ferro.

-Leucemia acuta.- Continuò Bokuto, guardando il panorama con un che di nostalgico -Malattia tumorale del sangue. Le cellule malate invadono il midollo osseo e gli altri organi. Nel mio caso, di natura ereditaria.-

-Qualcuno della tua famiglia?- Domandai con tono apatico.

Koutaro annuì debolmente: -Mio nonno.-

Regnò nuovamente il silenzio.

-Me l'hanno diagnosticata a Marzo di due anni fa.- Si lasciò sfuggire una risatina -Ero a conoscenza di questa possibilità, eppure fu comunque uno shock.-

Non sarei riuscito ad ascoltare quella storia ancora a lungo.

-Lo sanno quasi tutti, a scuola. Kuroo mi telefona una volta al giorno per constatare che sia ancora vivo.-

Questo spiegava lo strano comportamento di Konoha.

Impiegai tutte le forze che mi erano rimaste per formulare un'unica domanda: -Quanto tempo ti resta?-

Bokuto serrò la mascella e abbassò lo sguardo.

Il sangue mi pulsava nella testa.

-La speranza di vita è di cinque anni dalla scoperta della malattia.- Koutaro strinse i pugni così forte che le nocche gli divennero bianche -Ma solo venti pazienti su cento riescono ad arrivarci.-

Non avevo mai visto un sorriso capace di racchiudere così tanta tristezza.

-Purtroppo non sono stato così fortunato.-

Le gambe smisero di reggermi e fui costretto ad inginocchiarmi sul pavimento freddo della terrazza.

Non pensavo di poter provare un dolore così forte.

Sarebbe stato meglio essere accoltellato cento volte, piuttosto che sentir pronunciare quella frase.

La voce di Bokuto era rotta dall'emozione: -Quando ci siamo incontrati, su questo tetto...-

"Ti prego." Non riuscii a dare voce ai miei pensieri "Ti supplico, non dirlo."

-...ero di ritorno da un controllo. La chemioterapia ha funzionato... fino a qualche settimana fa.-

"Non andare oltre."

-In questi ultimi giorni i dottori hanno provato a trapiantarmi cellule staminali con la radioterapia.-

-Bokuto-san...- Sussurrai con un filo di voce -Non devi...-

Il ragazzo si chinò a sua volta, prendendomi delicatamente il volto tra le mani.

Lo lasciai premere la fronte contro la mia, incapace di muovere un solo muscolo.

Per un breve istante, i nostri respiri si sincronizzarono.

-Mi dispiace così tanto, Akaashi.-

-Perchè...- Singhiozzai, le lacrime che ripresero a scendere copiose -Perchè non me lo hai detto?-

Koutaro aspettò che mi calmassi e mi asciugò una guancia con il polpastrello.

-Ho pensato che fosse meglio così.-

-Come...c-come hai potuto anche solo-

-All'inizio non credevo che avremmo legato. Insomma- Si sforzò di ridere, nonostante gli occhi lucidi -Eri solo il ragazzo che avevo salvato da una brutta fine. Aspetta, con "solo" non intendo dire che-

-Ho capito, Bokuto-san.-

-E non avrei mai immaginato che ci saremmo avvicinati fino a questo punto. Mi sono divertito così tanto che, beh...- Si grattò la testa, a disagio -Quando stavo assieme a te, mi dimenticavo della malattia.-

Mi morsi l'interno della guancia per soffocare un altro pianto.

-Sembravi, ecco...- Diventò paonazzo e si nascose dietro il colletto della felpa -Sembravi tu la cura.-

Mi staccai dalla sua fronte per sostenere finalmente il suo sguardo.

-Dopo sabato sera- Proseguì Bokuto -Ho realizzato quanto fossi diventato importante nella mia vita. E così ho provato a tagliarti fuori.-

Mi asciugai la faccia con un lembo della sciarpa e sorrisi a mia volta: -E credevi di riuscirci ignorando i miei messaggi?-

-Non volevo farti soffrire- Spiegò -E ho sperato che così facendo ti saresti presto dimenticato di me.-

Contemplai il suo volto, allibito.

Non stava parlando sul serio.

-Lo hai fatto per non farmi stare male?-

-Avevi già abbastanza problemi per la testa. Non volevo diventarne un altro.-

-Bokuto-san.- Inclinai la testa lateralmente -Sei proprio un idiota.-

Koutaro sgranò gli occhi, stupito: -Perchè?-

-Fai parte della mia vita, ormai.- Scossi la testa, incredulo -Della mia vita grigia e vuota. Non c'è niente che tu possa fare perchè mi dimentichi di te.-

Bokuto rimase in silenzio per un po'.

-Proprio niente?-

-Niente.-

-Nemmeno se mi trasferissi in un'altra città?-

-Nemmeno.-

-Potrei bloccare il tuo contatto.-

-Bokuto-san.- Gli presi il volto tra le mani, incastrando i miei occhi nelle sue iridi color granturco: -Non c'è nulla che tu possa fare.-

Lui squadrò con attenzione ogni mio movimento, ma alla fine si arrese: -E va bene, hai vinto.-

Lasciai la presa e mi tirai in piedi.

Bokuto fece altrettanto, lanciando un'ultima occhiata al tramonto: -E' sempre lo stesso panorama, eh?-

-Hey, cosa avevamo detto al proposito della negatività?- Gli risposi per le rime.

-E' un dato di fatto.- Mi punzecchiò lui -Però, questa volta, il cielo è più bello.-

Respirai a fondo, godendomi il momento: -Sono d'accordo.-

Sentii gli occhi di Koutaro addosso.

-Cosa c'è?-

Lui si avviò verso la porta, facendomi segno di seguirlo: -Sei da tua madre?-

-Da mio padre.- Risposi, avvicinandomi all'ascensore -Perchè?-

-Puoi cenare fuori?-

-Quale sarebbe l'occasione?-

Bokuto mi rivolse un sorriso sincero.

Anche se per poco, era tornato lo stesso di un tempo.

-Credo sia arrivato il momento di farti conoscere la mia famiglia.-

   
 
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