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Autore: aurora giacomini    24/02/2021    0 recensioni
C'è qualcosa che si muove fra quegli alberi, qualcosa di sbagliato... perverso.
La bestia ha gli occhi azzurri, azzurri come i ghiacci eterni.
Non puoi scappare, quando te ne renderai conto sarà ormai troppo tardi... se sopravvivi non sarai più lo stesso.
Dove si trova il segno che separa il genio dal folle? Forse è da ricercarsi nei confini di quella foresta.
-Avevo già caricato questa storia, ma era, diciamocelo, poco leggibile e davvero sgradevole... ho fatto del mio meglio per aggiustarla, correggerla e, sì, anche modificare e aggiungere alcune parti.-
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Personaggi: Nicole Haught; Wynonna Earp; Waverly Earp; Doc Holliday; Xavier Dolls; Jeremy Chetri; Personaggi Originali.
Coppie: Nicole Haught/Waverly Earp; Wynonna Earp/Doc Holliday.
Tag aggiuntivi: Esperimenti genetici (freeform) su Umani e Animali; G!P; Licantropia; Chimere.
Genere: Avventura, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Foresta degli Orrori '
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XVIII
Ciò che E’ Mio



 


 

 

Erano seduti al tavolo della cucina, con l’aroma del caffè che si era diffuso per tutta la stanza.

«Grazie», disse Nicole mentre Wynonna le riempiva la tazza. Studiò il liquido scuro; il profumo era davvero buono, ma sapeva che appena il liquido avesse toccato la sua lingua, quella deliziosa bevanda si sarebbe trasformata in qualcosa di disgustoso e nocivo.

«Miseria! Non riesco a darmi pace!» sbottò Doc, senza preavviso. «Non abbiamo ancora capito chi ci ha mandato in quell’inferno.»

«Già. Se trovo il responsabile, lo faccio a pezzi!» rincarò Wynonna, soffiando via il vapore del suo caffè. «Quelle teste di cazzo...» brontolò, velenosa.

«Ragazzi, forse non è il momento di parlare di questo», suggerì Waverly, osservando Nicole.

«Non mi fraintendere, sono felice che tu sia qui con noi. Ma qualcuno ci ha teso una trappola», spiegò Wynonna, sorridendo a Nicole.

«Dopo porterò Nicole in città: deve trovarsi degli abiti adatti», li informò Waverly, cercando di sviare il discorso su sentieri più tranquilli.

«Non possiedo denaro: non posso sostenere le mie spese», intervenne, chinando il capo.

«Stai scherzando? Sei nostra ospite, non devi preoccuparti di nulla! Penseremo a farti avere dei nuovi documenti e, se vorrai, ti troveremo un lavoro», promise Wynonna.

«Mia moglie ha ragione, miss Nicole, sei nostra gradita ospite», aggiunse Doc, con un sorriso.

«Io non so come ringraziare...»

«Ci hai salvati: dacci l’occasione di sdebitarci, almeno in parte», disse Wynonna.

Waverly e Henry annuirono.

«Grazie...»


 

«Non hai toccato il caffè. Non ti piace?» volle sapere Waverly, salendo sul vecchio pick-up blu.

«Il mio corpo non accetta quel tipo di sostanza», rispose Nicole, senza riflettere.

«Oh... Um... quindi che cosa accetta, il tuo organismo?» La scienziata che era in lei si stava risvegliando.

Nicole era rigida, consapevole di dover affrontare un argomento delicato.

«Posso bere il latte non pastorizzato, per esempio», disse, cercando di rimediare.

«A tutti piace il latte», ne convenne Waverly. «E cos’altro?»

«Non penso ti piacerebbe saperlo.»

«Devo saperlo! Altrimenti come faccio a darti da mangiare...? Cavolo! No, nel senso... non come a un cane... non sei un animale domestico... Oh, cavolo! Dovrei fare un corso sulla conversazione!»

«E cosa sono?» chiese, guardandola negli occhi. La sua faccia così seria e quello sguardo penetrante avrebbero potuto terrorizzare chiunque, ma non Waverly: lei temeva solo di averla ferita.

«Tu sei Nicole», affermò, accendendo il motore. «Ecco chi sei.»

Nicole continuò a fissarla. La pupilla dell’occhio destro era molto dilatata - per compensare l’assenza del sinistro - e aveva un che di demoniaco, nel suo nascondere l’iride nocciola.

«Cosa ricordi? Cos’hai visto in quella radura?»

«Ho visto quel mastodontico demonio nero... e ho visto te...» sussurrò, inserendo la retromarcia. «A quel punto ho capito perché Henry, Bob e William avevano potuto raccontare l’incontro: eri tu, quel gigantesco lupo rosso.»

«Sei sicura di quello che hai visto?»

«Sì, so quello che ho visto», garantì Waverly, uscendo dalla proprietà. «Non lo scorderò mai...»

«Dovresti avere paura di me.»

«Nicole, non so perché fai così, ma devo dirtelo: non mi sento a mio agio...»

Da Nicole provenne un ringhio soffuso.

Waverly si voltò a guardarla, attonita.

Lei distolse finalmente lo sguardo e mormorò: «Perdonami, ti prego.» Sentiva che la luna piena era vicina: con essa diventava più difficile governare la bestia con cui condivideva la mente.

«E’ okay. Non sono stata gentile...»

«Tu non hai fatto niente di sbagliato. Sono davvero dispiaciuta...» ci tenne a ribadire.

«E’ tutto okay, Nicole. Tutto okay.»


 

Waverly e Nicole entrarono in un piccolo negozio, all’inizio della città.

«Purgatory non è molto grande e quindi non c’è molta scelta», si scusò.

«Penso sia più che perfetto», replicò Nicole.

«Prendi tutto ciò di cui hai bisogno senza fare complimenti.»

«Grazie...»

Nicole si guardò attorno, cautamente. C’era un po’ di tutto, dagli alimentari al giardinaggio.

«Waverly Earp è di nuovo in città!» esclamò una voce maschile, alle loro spalle.

«Ciao, Tom», borbottò Waverly, voltandosi controvoglia.

Un ragazzo dall’aspetto curato ed elegante si avvicinò.

«Questo posto era così triste senza te!» continuò, ignorando o non notando, incapace di farlo, il disgusto che aveva provocato col suo arrivo.

«Sì, immagino. Ora scusami, ho delle cose da fare», tentò di congedarlo, voltandogli le spalle.

Nicole rimase ferma a studiare il nuovo arrivato, in attesa di una mossa sbagliata.

«Aspetta! Non mi dici dove sei stata di bello?» chiese Tom, afferrando rudemente il braccio di Waverly.

Ecco la mossa sbagliata.

«Lasciami andare, Tom! Non è il giorno giusto... e mi fai male...» si lamentò, cercando di liberarsi.

«Avanti! Non essere maleducata, rispondimi!»

Nicole si avvicinò al ragazzo. Era molto più alta di lui e lo sovrastava.

«Ti ha detto di lasciarla andare», avvisò, con tono basso e minaccioso.

«Uuuh! Che paura! E questa chi è? La tua guardia del corpo gigante?» schernì, senza lasciare la presa. «Da quando gli scienziati ne hanno una? Hai fatto carriera, eh?»

«Lasciami, Tom, dico sul serio!» supplicò Waverly, temendo una reazione troppo violenta da parte di Nicole.

«Non hai sentito? Lasciala andare. Se me lo farai ripetere una terza volta, ti assicuro che non sarò più così cortese.» Forse fu un lampo azzurro, quello che brillò nell’occhio di Nicole.

«Lo dico per il tuo bene: lasciami o ti farei male», garantì Waverly, ben conscia che Nicole facesse sul serio.

Tom strinse la presa attorno al braccio, provocatorio.

«Ma davvero? Io faccio quello che voglio, e non saranno una sgualdrina e un pirata dai capelli rossi a impedirmelo!» Si mise a ridere, gongolando per la sua stessa battuta idiota.

Nicole ringhiò e afferrò il braccio che teneva quello di Waverly, stritolandolo nella morsa della sua grande mano.

Il ragazzo fischiò di dolore e sorpresa.

«Ma che cazzo?! Lasciami andare, stronza! Mio padre è-»

Nicole aumentò la stretta, troncandogli la frase in gola.

«Non me ne frega un accidenti di chi sei figlio. Lasciala o ti sbrano», giurò.

«Te l’avevo detto...» gli rammentò Waverly.

«Fottiti!»

Tom mollò il braccio di Waverly, ma solo per scagliare un pugno allo stomaco di Nicole. La donna non sembrò averlo nemmeno sentito, mentre lui sventolò la mano dolorante, come avesse colpito un muro di mattoni, invece che della carne.

«Di cosa sei fatta, cagna?!» guaì.

Nicole strinse ancora e sibilò: «Ora te ne andrai e non oserai mai più neppure pensare a lei. Se vengo a sapere che tu o chi per tuo conto le ha torto un solo capello, il braccio te lo strappo e me lo mangio.»

«Va bene, ma lasciami!» piagnucolò. «Non sentirete più parlare di me, lo giuro!»

Nicole lo lasciò.

«Demonio!» gridò, prima di correre via.

Un uomo anziano comparve da dietro uno scaffale.

«Che succede qui?»

«Tutto apposto, Buck. Era solo Thomas», disse Waverly.

L’uomo annuì e scomparve di nuovo. A quanto pareva, il solo nome aveva spiegato tutto.

«Grazie, Nicole.»

«Mi disgusta...» ringhiò lei.

«Ora calmati. Ti ha fatto male?» si preoccupò, appoggiando la mano sul punto in cui lui l’aveva colpita.

Nicole ebbe un brivido al contatto.

«Non mi ha fatto nulla.»

«Mi piace, sai? Sei tutta così gentile, educata e premurosa con noi, ma quando qualcuno ci minaccia, diventi così... feroce.»

Nicole abbassò lo sguardo per incontrare il suo.

«Proteggo tutto ciò che è mio: fa parte del mio istinto», spiegò, con tono estremamente serio.

«Sono tua...?» arrossì.

«Sì, sei mia», confermò. «Tu, Wynonna e Henry siete come un branco; il mio branco, e non permetterò a nessuno di farvi del male.»

«Penso sia stato davvero fortunato...» ragionò Waverly, cambiando argomento per non soccombere all’imbarazzo e all’esaltazione di quel comportamento animale spiegato da un essere umano.

«Non ne hai idea, vista la fame che ho...»

Waverly si limitò a una risatina nervosa.


 

Nicole aveva insistito per prendere solo tre camice, due paia di jeans, degli anfibi e dell’intimo. Preferiva i boxer, come scoprì Waverly.

«Appena posso, ripagherò il mio debito», giurò, mettendo la borsa con i vestiti dietro.

Waverly mise in moto.

«Ne abbiamo già parlato. Va tutto bene, Nicole.»

  
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