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Autore: Ms_Hellion    25/02/2021    1 recensioni
[“Ne, ne, hai sentito?”
“Sentito cosa?”
“Non hai visto la foto?”
“Quale foto?”
“Chi l’avrebbe mai detto che Orihara Izaya…”
“Orihara Izaya?”
“…che Orihara Izaya fosse gay.”]
Storiella in cui c’è una foto incriminante in giro per la Raijin, gli adorati umani di Izaya si stanno prendendo un po’ troppe libertà, e Shizuo non ha intenzione di ammettere i suoi sentimenti nemmeno sotto tortura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Kyohei Kadota, Shinra Kishitani, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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2.


 

Izaya ansimò, gli effetti della scarica di adrenalina ancora presenti nel suo corpo. La sua postura era ancora rigida, muscoli contratti e pugni serrati; era pronto a proteggersi da un eventuale attacco – no, era pronto a perpetrare un attacco a cui lui stesso aveva dato inizio.

Abbassò lo sguardo sorpreso su nocche doloranti, scoprendole tinte di rosso.

Oh.

Grida stridule raggiunsero le sue orecchie, provenienti dal ragazzo a cui il sangue apparteneva – uno studente che il corvino riconobbe come appartenente alla sua classe – e Izaya rispose d’impulso.

“È stata autodifesa!”

Era stata autodifesa, giusto?

Si stava solamente difendendo dall’ennesimo attacco di quella folle giornata in cui tutto sembrava andare storto… giusto?

Ma no. L’altro lo negò prontamente, e Izaya non si era mai sentito così mortificato nella sua vita. Poteva avvertire lo sguardo del bruto su di sé, perché naturalmente Shizu-chan doveva essere lì, ad assistere allo spettacolo della messa in ridicolo di Orihara Izaya, aspirante dio, ora bersaglio di mezza scuola.

Dannato bruto.

Izaya si chiese se il protozoo si sentisse compiaciuto nel vederlo abbassarsi a fare uso di vile violenza fisica, non diversamente dallo stesso Shizuo.

Tuttavia, una sbirciata di sottecchi nella sua direzione gli rivelò che così non era. Al contrario, il biondo appariva… impressionato?

L’idea lo oltraggiò.

Tsk. Non montarti la testa, bestia. Non sono ancora sceso al tuo livello.

Eppure, chiaramente, l’insegnante che li raggiunse da lì a pochi secondi non sembrava d’accordo. Non che Izaya potesse darle torto, dopo la scena deplorevole a cui Aikawa-sensei aveva assistito. Era pronto ad accettare le conseguenze delle sue azioni, in quanto esse erano ingiustificabili; Orihara Izaya stava al di sopra degli esseri umani, non esisteva che si facesse trascinare in miserevoli risse.

E tuttavia, avrebbe fatto volentieri un’eccezione per atterrare un pugno sul naso della bestia. Non contento di avere assistito alla sua umiliazione da parte di quel gruppo di idioti prima e delle sue stesse azioni poi, il biondo stava ora cercando di difenderlo.

Lui, il bruto, Heiwajima Shizu-chan. Stava cercando di difendere Orihara Izaya.

Izaya non sapeva se ridere o accoltellarlo.

Ridicolo. Oggi è davvero la giornata dei contrari.

Ha! L’intera giornata è una commedia.

E dire che era cominciata così bene…


 

. . .


 

Questo amore, quest’unico amore che provo per te mi rende così tenero~. Lacrime di gioia, lacrime di tristezza, le voglio accogliere tutte~. Nelle mattine luminose e nelle notti gelide, rimaniamo insieme per sempre~.

Cuffie nelle orecchie e MP3 in tasca, Izaya saltellava allegramente sulla via della scuola, la valigetta nera fatta ondeggiare a ritmo con i suoi passi e usata a volte come partner per improvvisate mosse di danza.

Questo amore, quest’unico amore che provo per te sta dando di matto nel mio cuore~…

Cantava ad alta voce, senza curarsi delle occhiate stranite dei passanti e anzi cogliendo al volo ogni occasione per rivolgere loro un sorriso a trentadue denti, deliziandosi al loro disagio.

Che fosse chiaro, non si trattava di una situazione ricorrente… oh, non la parte del canto. Quello accadeva abbastanza di frequente. In genere, però, Izaya aveva dei gusti musicali un pochino più raffinati. Ma la dannata canzoncina gli era rimasta in testa fin dal giorno precedente e be’, chi era lui per rigettare ciò che era pur sempre opera dell’umanità?

Una bambina gli fece ciao dall’altro lato della strada e lui rispose al saluto, sorridendo alla piccola umana in via di costruzione. Un cane al guinzaglio gli passò accanto – ma dopo un breve sobbalzo di spavento, si riprese in fretta, ritornando alla sua specie di danza.

Dei fiori di ciliegio stanno sbocciando nel mio cuore, dei fiori di ciliegio stanno sbocciando, fiori chiamati ‘tu’~!

Già, Orihara Izaya era di ottimo umore.

Giunse a scuola in anticipo come suo solito, e come di consuetudine prese posto davanti all’ampia finestra all’ultimo piano che dava direttamente sull’ingresso; una posizione ideale per consentirgli di osservare gli studenti in arrivo.

Soltanto un’unica cosa avrebbe potuto migliorare la mattinata. Era il thermos colmo di caffè ancora fumante che il corvino prese dalla valigetta e sorseggiò con aria soddisfatta.

In quel momento, illuminato dai raggi pallidi che, attraversando il vetro, ne venivano amplificati, con decine di giovani umani sotto di sé, mezzo litro di caffè tra le mani e i ricordi del giorno prima vividi nella sua mente, Izaya sentiva di essere finalmente asceso al rango di dio che gli spettava… dimenticandosi per un momento dello studente delle superiori appena diciottenne con un lavoro instabile e bollette da pagare, e brufoli dovuti all’età che nascondeva sotto un triplo strato di fondotinta e di cui nessuno – nessuno – avrebbe mai saputo l’esistenza.

Purtroppo, quello studentello esisteva e la sua vita fin troppo umana era prona a svolte poco spassose. Ne ebbe presto un primo sentore, e provenne, naturalmente, dai suoi umani.

Una ragazza, accortasi della sagoma alla finestra, sgomitò l’amica che le camminava di fianco, la quale a sua volta si voltò per dire qualcosa al resto del gruppo. Neanche dieci secondi dopo, stavano tutti e quanti ridendo.

Izaya aggrottò la fronte. Stavano ridendo… mentre guardavano nella sua direzione. La prima ragazza ebbe addirittura il fegato di indicarlo.

Stavano… ridendo di lui?

Scosse il capo tra sé. No, era impossibile. Nessuno avrebbe avuto motivo – né il coraggio – di ridere di lui. Era uno studente bello e popolare, dai voti pressoché perfetti e una reputazione terrificante.

Sicuramente aveva frainteso. D’altronde, era difficile capire cosa stesse accadendo da dietro una finestra al quarto piano.

Decise che era tempo di scendere e osservare gli umani un po’ più da vicino.

Prese le scale, per poi farsi largo per i corridoi ai piani inferiori che rapidamente stavano cominciando a riempirsi come gli studenti si dirigevano verso le proprie classi, o al contrario indugiavano in corridoio per trascorrere più tempo a coltivare legami sociali, prima di separarsi dai loro amici e conoscenti.

Una vista piacevole, di solito, in quanto dava a Izaya l’occasione di studiare gli studenti della Raijin allo ‘stato brado’. Quella mattina, il suo occhio iniziò a contrarsi per il nervosismo dopo appena una manciata di minuti. Inutile dirlo, il suo buonumore svanì in fretta.

Non era impazzito.

E non se lo stava immaginando.

Era come se l’intera scuola lo stesse fissando.

Soppresse un brivido come, passando davanti a un gruppo di studenti, si trovò improvvisamente fissato da una dozzina di occhi, i cui proprietari si erano di colpo zittiti.

Qualcosa non quadrava.

Izaya era certo di non avere nulla in faccia o sull’uniforme; niente riguardo alla sua apparenza avrebbe potuto giustificare una simile reazione. Ma allora cosa…?

Assorto nei suoi pensieri, girò l’angolo… e si schiantò contro un muro bianco e azzurro.

Il caffè schizzò fuori dal thermos che ancora teneva in mano – per fortuna, non addosso a lui, sebbene le poche gocce che gli finirono sulle dita furono sufficienti a strappargli un sibilo. Il muro umano non fu altrettanto fortunato, al punto che Izaya fu sorpreso quando non si mise a gridare. La dannata bevanda era rovente.

Finalmente alzò lo sguardo, e ne comprese il motivo.

Muro umano… più che altro ‘muro bestiale’.

Era la sua solita fortuna, imbattersi in Shizu-chan quando era troppo distratto da cose più importanti per mettersi a giocare.

Ciò nonostante, si stampò in volto un ghigno.

“Ara, ara”, cantilenò. Schioccò la lingua e scosse il capo con finta aria di riprovazione. “Guarda che cos’hai combinato, Shizu-chan! Cerca di fare più attenzione quando muovi quel tuo corpo da gorilla, ti dispiace?”

“Iiiiiizzzaaaayyaaaaaaaa.”

Ed eccolo, il verso bestiale del mostro. Il corvino suppose che lo scontro era inevitabile, a questo punto.

Invece di sospirare com’era tentato di fare, allargò ulteriormente il suo sorriso.

“Aw, il protozoo mi ha riconosciuto!”, trillò. “Ne sono onorato. Voglio dire, Shizu-chan ha trascorso più di due anni a inseguirmi, ma so bene che quella testona funziona a rilento.”

“IIIII-ZAAAAAA-YAAAAAAA!”

La misera capacità di autocontrollo di Shizuo si esaurì rapidamente, e il biondo sollevò il primo oggetto disponibile per scagliarglielo contro. Mollato il thermos, Izaya schivò con agilità. Ma fu soltanto l’inizio, e in men che non si dica il biondo prese a devastare la proprietà scolastica nel tentativo di acciuffarlo.

Che seccatura, pensò Izaya, pur mentre un sorriso si faceva strada sulle sue labbra. Davvero, il mostro era come un cane, non era mai contento se non riusciva monopolizzare la sua attenzione, a volte per ore di fila.

Voleva provare irritazione, ma, mentre fuggiva dall’ira sfrenata di Shizu-chan, la risata che cadde dalle sue labbra era sincera.

Riuscì a fargli dimenticare i suoi guai per un po’, almeno finché non entrò in classe e i suoi compagni lo fissarono con un’intensità che – Izaya era pronto a giurarlo – era tutto fuorché normale. Certo, era arrivato in ritardo, il che naturalmente era destinato a destare la loro attenzione… ma perché stavano bisbigliando tra di loro? Perché alcuni di loro ridacchiavano?

Shinra fu l’unico a comportarsi come al solito.

“Buongiorno, Orihara-kun! Shizuo-kun non è ancora riuscito ad accopparti, eh?”

Almeno inizialmente.

“Ne, ne, Orihara-kun, che cosa stai pianificando?”

Izaya aggrottò le sopracciglia.

Tante cose, era la risposta. Izaya stava costantemente tramando e ideando piani malefici – anche detti stupidi scherzetti ai danni di un certo biondo. E naturalmente, il suo nuovo lavoro prevedeva che la sua mente fosse sempre pronta e attiva.

Eppure… come mai aveva l’impressione che l’amico si riferisse a qualcosa di specifico?

“Cosa intendi?”

Shinra ghignò. “Non fare l’innocentino. So che cosa hai fatto… e scommetto che l’hai fatto di proposito. Cos’è, un altro tentativo di trascinare la scuola nel caos?”

Okay… adesso Izaya non aveva davvero idea di che cosa stesse blaterando il suo strambo amico.

Era sul punto di chiederglielo quando la professoressa li interruppe, pretendendo che prestassero attenzione alla lezione. Izaya obbedì, seppur con un’alzata d’occhi. Aveva studiato il periodo Edo secoli prima per conto proprio, e non poteva credere di dover perdere tempo con un’inutile ripetizione soltanto perché quei somari dei suoi compagni non avevano mai aperto un saggio in vita loro.

Presto, in un caso o nell’altro, la sua attenzione fu molto lontana dalla battaglia di Sekigahara.

Un foglio di carta accartocciato atterrò sul suo banco. Izaya sbatté le ciglia, guardandosi intorno per individuare il mittente, tuttavia nessuno stava guardando nella sua direzione.

Aprì il foglietto e…

Okay. Cosa diavolo succede?

Sul foglio non c’era letteralmente nulla, tranne il disegno di un pene. Possibilmente lo ‘scherzo’ più infantile e idiota mai esistito. Anzi, se lo si comparava ai suoi piani convoluti che coinvolgevano Shizu-chan, non lo si poteva neanche definire uno scherzo quanto piuttosto l’espressione artistica di una mente fissata ai tre anni di età.

Perché mai qualcuno avrebbe dovuto mandargli una cosa simile?

A meno che…

Una possibilità agghiacciante si fece largo nella sua mente.

Era mai possibile che…?

Ma no; era stato attento, si era assicurato di non essere seguito. Aveva fatto uso di un’identità falsa proprio per diminuire le chance di essere riconosciuto – oltre che per godere dei privilegi legati ai preziosi vent’anni*, naturalmente.

Perciò non poteva trattarsi di quello… giusto?

“Orihara-kun.”

Izaya sollevò lo sguardo per incrociare quello di ferro della sua insegnante, contorniato da scintillanti occhialetti rotondi.

“Sì, Aikawa-sensei?”

“Mi sembri distratto. Ti dispiacerebbe condividere con me che cosa esattamente è più importante della mia lezione?”

Izaya dovette fare uno sforzo per mantenere il suo sorriso cortese e privo di irritazione. Qualsiasi altro insegnante avrebbe accettato il fatto che Orihara Izaya, lo studente più brillante della scuola, avesse di meglio da fare che seguire la loro stupida lezione, ritenendosi fortunati che il prodigio si fosse preso la briga di presentarsi in primo luogo.

Ma anche i geni hanno chi vuole ostacolarli, pensò il corvino con un sospiro interiore.

Valutò rapidamente il da farsi – e il suo sorriso si allargò un po’ quando realizzò che avrebbe potuto sfruttare la situazione.

“Certamente, sensei~.”

Alzatosi in piedi, si diresse dritto alla cattedra, dove consegnò alla donna il foglietto di carta che aveva ricevuto.

Le espressioni che passarono sul volto di Aikawa-sensei furono un vero spettacolo. Un glorioso esempio di come le emozioni di un umano si possano mischiare per dare vita a un capolavoro di shock, imbarazzo, indignazione e pura furia. Davvero un’ottima occasione per approfondire il suo studio delle reazioni umane…

…se solo l’attenzione di Izaya non fosse stata rivolta altrove, e più precisamente verso i suoi compagni, in cerca di una reazione molto specifica e non altrettanto complessa.

Una risata strozzata.

Un sogghigno rapidamente celato.

Un’aria un po’ troppo consapevole.

Gli occhi del corvino si fermarono su un individuo.

Beccato.

“Orihara…”

La donna stava quasi tremando.

Izaya si trattenne dal roteare gli occhi – santo cielo, era appena il disegno di un pene, mica un intero porno! Oh, le meraviglie del moralismo, con un pizzico di mentalità dogmatica.

“Intende condividere con la classe, sensei?”, domandò con fare innocente.

“Vai al posto”, sibilò la donna, il cui moralismo era probabilmente l’unica ragione per cui non gli stava urlando contro.

Oh, be’. Tanto meglio per lui.

Izaya ritornò al posto con tutta tranquillità.

Per il resto dell’ora, finse di seguire la lezione, ignorando persino i tentativi di Shinra di attaccare bottone con lui. Ma mentre i suoi occhi erano puntati sulla lavagna, la sua attenzione era rivolta al retro della classe… e quando la campanella suonò, annunciando il termine della lezione e consentendo agli studenti di lasciare l’aula, Izaya fu rapido a seguire il suo obiettivo in corridoio.

Fu fortunato. Scorse la nuca rasata dell’individuo girare l’angolo, prendendo la strada per il bagno, un corridoio che si rivelò essere pressoché vuoto.

Perfetto per mettere in pratica un po’ di sana, vecchia intimidazione.

“Shi~mo~da~kun~.”

Il ragazzo si fermò.

“Orihara”, pronunciò con calma.

Si voltò a fronteggiarlo.

“Qualcosa non va?”

Di per sé, Izaya non aveva assolutamente nulla contro gli innocenti scherzetti da parte dei suoi umani, per quanto di pessimo gusto… poverini, certe volte proprio non riuscivano a combinare di meglio. Tuttavia, che effetto avrebbe avuto sulla sua reputazione se si fosse sparsa la voce che farsi gioco di lui era possibile? E non sarebbe stato forse inappropriato se il loro dio locale avesse tollerato un simile comportamento?

Intimidazione sia.

“Ne, Shimoda-kun, mi rendo conto che nonostante i tuoi continui tentativi di assumere il titolo di clown della classe, il tuo talento comico sia alquanto limitato… certamente però puoi fare di meglio, sì?”

“Non so di cosa tu stia parlando.”

Izaya gli rivolse il ghigno più affilato del suo repertorio. “No? Mi rivolgo al tuo invito a giocare, naturalmente…! Perché quello scherzetto era il tuo modo di dire che vuoi che io mi diverta un po’ con te, no? E a proposito, ti conviene trovare un modo migliore di intrattenermi prima che io decida di intrattenermi da solo. È solo un piccolo consiglio~.”

La minaccia era a malapena velata e la reputazione di Izaya parlava chiaro, ma Shimoda si limitò a fare spallucce, portando il corvino ad accigliarsi appena, perplesso e seccato.

Haah? Che a Shimoda-kun siano finalmente cresciuti gli attributi?

Mah, poco importa. Dimentichi che io ti conosco bene, mio piccolo umano~.

“Ah, magari mi sbaglio? Ma se quel bigliettino non era un invito a giocare… Shimoda-kun, era forse il tuo modo di flirtare?” Izaya si portò una mano al cuore, fingendosi scioccato, apprezzando a pieno il disgusto e l’irritazione che lampeggiarono sulla faccia dell’altro. “Adesso mi è tutto più chiaro. Capisco perché Mikage-chan ti abbia lasciato, se quello è l’unica cosa a cui riesci a pensare…”

Non parlare di lei”, ringhiò Shimoda, facendo un passo avanti.

Se l’intenzione era di essere minaccioso, fallì miseramente, perché Izaya latrò una risata. “Non parlare di chi, la tua ex? La ragazza che ti ha mollato per correre dietro a me?”

“Chiudi la tua cazzo di bocca, Orihara. Lo so che sei stato tu a farla espellere”, sibilò Shimoda, livido.

Ah, adesso Shimoda-kun era proprio arrabbiato…

Finalmente, pensò Izaya con un ghigno deliziato.

“Sono stato io, dici? Hai le prove? No, vero? Mikage-chan potrebbe raccontarti la storia lei stessa… eccetto che voi due non vi parlate più, non è così?”

Shimoda serrò i pugni, i denti scoperti in un’espressione che ricordò immediatamente al corvino di un bruto biondo di sua conoscenza. Shimoda era pure alto e ben piazzato, proprio come lui…

Le somiglianze si fermavano a quello, però. Mentre prendersi gioco di Shizu-chan era come scherzare con il fuoco, sfottere Shimoda era paragonabile a… a punzecchiare un chihuahua con un bastoncino: non molto pericoloso, ma comunque divertente a patto di possedere una vena di sadismo, e Izaya avrebbe potuto continuare con gioia per tutto il giorno.

“Mi chiedo cosa significhi~. Mikage-chan mi ha preferito a te pur sapendo che non ero davvero interessato~.”

…Almeno finché un sorriso glaciale non comparve sul volto del ragazzo, prendendolo alla sprovvista.

“Giusto. Tu non eri interessato, vero Orihara? Non sei mai stato interessato a lei… o a nessun altra.”

“Hah?”

“Adesso si spiegano un sacco di cose su di te”, lo schernì Shimoda, e il corvino non gradì la sensazione che la situazione si fosse in qualche modo rovesciata. Ciò nonostante, il suo atteggiamento si mantenne serafico e confidente.

“Ma davvero? Mi chiedo cosa-”

“Dimmi, Orihara, sei rimasto deluso quando hai capito che quel bigliettino non era un’offerta di mettertelo nel culo?”

Izaya si pietrificò sul posto.

“…Cos’hai detto?”

La voce gli uscì in un sussurro. Il ghigno si era congelato sulle sue labbra, così come ogni altra parte di lui.

Shimoda rise, ed era una risatina tanto dolce quanto fredda e cattiva.

Come la vendetta, pensò Izaya piuttosto stupidamente.

“Lo sai, dovresti fare più attenzione la prossima volta che vai a Ni-chome. Qualcuno potrebbe vederti mentre ficchi la lingua in gola a qualche frocetto e condividere la foto con l’intera scuola. È solo un piccolo consiglio~”, fece Shimoda, citando le parole del corvino con arrogante soddisfazione.

“Ci vediamo in giro, Orihara.”

Con queste ultime parole, il ragazzo si voltò di spalle e si allontanò fischiettando lungo il corridoio.

Izaya non mosse un muscolo per fermarlo.

Izaya non si mosse affatto.

Non proferì parola.

E poi, dopo un intero minuto trascorso a fissare il vuoto davanti a sé con un’espressione vuota e la mente nel panico, fece qualcosa che il grande Orihara Izaya, divino e grandioso e superiore, mai si sarebbe abbassato a fare.

Aprì la bocca e imprecò.

“Oh, merda.”


 

. . .


 

Da quel momento in poi, la giornata non accennò a migliorare, proponendogli anzi un disastro dopo l’altro in un vortice caotico che lo prese dalla cima del mondo – dove era convinto di trovarsi fino a poche ore prima – e lo scagliò dritto al suolo, in una realtà che nell’arco di una notte pareva essere del tutto mutata, fino a rendersi irriconoscibile.

Lui era Orihara Izaya, per l’amor del cielo! Orihara Izaya! Lo studente più brillante della scuola e contemporaneamente il più temuto. Le ragazze lo ammiravano, i ragazzi lo invidiavano, persino gli insegnanti lo trattavano in modo speciale!

Apparentemente, il suo ‘trattamento speciale’ si era trasformato nell’essere la barzelletta della scuola.

Izaya ci mise poco a realizzare che cosa fosse accaduto, e ancora di meno a comprendere che oramai il danno era irreparabile. Non poteva fare nulla per cancellare l’immagine compromettente dalla mente dell’intero corpo studentesco, se non sperare che quelli se la scordassero per conto proprio con il passare del tempo.

Sventuratamente, il tempo che sarebbe dovuto passare non era breve quanto si sarebbe augurato.

Izaya era abituato a essere considerato diverso – diamine, lui era diverso – ma mentre si faceva strada verso l’uscita dell’edificio, diretto alla pista di atletica, si trovò a desiderare per la prima volta in vita sua di essere indistinguibile dagli altri insignificanti esseri umani. Quegli sguardi di sottecchi e i cori di risatine gli stavano toccando dei nervi che fino ad allora non sapeva nemmeno fossero scoperti, soprattutto perché adesso conosceva il loro significato. Per lo meno nessuno, a parte Shimoda, si era ancora azzardato a fare un commento ad alta voce. Non ancora.

Ad Izaya non restava che sperare che la sua reputazione avrebbe retto, nonostante tutto. E tenere pronti i coltelli, in caso contrario.

Trascorse la lezione di educazione fisica insieme a Shinra, spinto da un nervosismo a cui non sapeva dare nome che lo rendeva d’un tratto immune alle chiacchiere solitamente estenuanti del futuro dottore. Poteva sentire su di sé gli sguardi degli altri, sguardi che sapevano, sguardi che giudicavano. Il corvino si tirò la sciarpa su fino al naso, e si morse le labbra per impedirsi di urlare loro di farsi gli affari propri.

Sì, ieri ero a Ni-chome a farmi con un essere umano di sesso maschile!, voleva gridare. E allora? Vi permettete di giudicarmi, voi piccoli umani pieni di difetti, con la vostra piccola mentalità ristretta?

Ovviamente, si rispose da solo.

Ovviamente gli umani avrebbero giudicato. Che cosa si aspettava? Non era forse una delle cose che lo avevano sempre divertito di più, riguardo al loro comportamento?

E poi arrivò. La conferma che dopotutto, neanche la sua reputazione sarebbe riuscita a salvarlo dal ridicolo.

“Dove sono i miei pantaloni?”, sibilò Izaya fumante, guardandosi attorno nello spogliatoio.

Qualcuno rise, qualcun altro evitò di guardarlo, nessuno rispose – eccetto Shinra, il quale si limitò a scrollare le spalle.

“Magari li hai dimenticati a casa?”, suggerì l’occhialuto.

“Dimenticati a- e secondo te con cosa sono arrivato a scuola stamattina?! Nudo?!”

Nello spogliatoio risuonarono dei fischi.

“Vai, Orihara, gira per la scuola nudo!”

“Coraggio, facci vedere come sfili!”

Izaya tremò di pura furia, memorizzando rapidamente i volti di tutti coloro su cui avrebbe dovuto vendicarsi.

Shinra si strinse nelle spalle e gli rivolse un sorriso che doveva essere incoraggiante. “Almeno hai ancora i pantaloni da ginnastica, no?”

E così Izaya finì per trascorrere il resto della giornata scolastica con un paio di pantaloncini elastici strettamente aderenti, i suoi preferiti a dire il vero, dei quali era solito apprezzare la comodità e il modo in cui abbracciavano la sua figura… peccato che la quantità di occhiate nella sua direzione parve raddoppiare.

E non terminò lì. Scritte sul suo banco, colla sulla sedia, bigliettini attaccati all’armadietto, commenti sgradevoli e un imbecille che lo spintonò mentre tentava di uscire dall’edificio, facendogli finire tutti i libri per terra.

L’arrivo di Shizu-chan, lo scoppio di violenza di Izaya stesso e l’intervento di Aikawa-sensei furono il coronamento di un giorno che sarebbe passato alla storia per essere riuscito a mettere Orihara Izaya in difficoltà.

E dire che era cominciato così bene.


 

. . .


 

“Signor preside, anche lei dovrà convenire che tale comportamento è inaccettabile per gli standard della nostra scuola. Non soltanto il curriculum di Orihara-kun prova chiaramente il suo atteggiamento irrispettoso e noncurante nei confronti degli insegnati quanto degli impegni scolastici – oggi Orihara-kun ha passato il segno, facendosi beffe del codice di abbigliamento scolastico e alzando addirittura le mani contro uno dei suoi compagni! Signor preside, ritengo che sia indispensabile prendere dei seri provvedimenti per scongiurare la possibilità che questo comportamento venga ripetuto in futuro.”

Izaya sospirò internamente durante la tirata di Aikawa, sperando che la donna si sbrigasse a concludere il discorso, consentendo al preside di prendere una decisione su cosa fare con l’irreprensibile studente e a tale studente di andarsene finalmente da quel posto.

Non che non apprezzasse ogni occasione per passare del tempo a osservare il comportamento umano, ma sventuratamente aveva del lavoro arretrato da sbrigare per il suo nuovo datore di lavoro; per di più le sue sorelle non sarebbero state contente se non fosse arrivato a casa in tempo per preparare la cena – apparentemente, un paio di mocciosette di nove anni potevano stancarsi se costrette a cibarsi di ramen in scatola per settimane di fila. Chi lo avrebbe mai detto.

Il preside stava facendo del suo meglio per seguire il discorso di Aikawa, tuttavia non poteva essere più ovvio al corvino che anche l’uomo non vedeva l’ora di concludere la questione e tornarsene a casa.

“Capisco cosa intende, Aikawa-san. Concordo che la scuola debba prendere dei provvedimenti…”

Izaya si chiese distrattamente se quello sarebbe stato il giorno in cui la sua lunga lista di malefatte alla Raijin si sarebbe conclusa con un’espulsione. No… era pur sempre lo studente più brillante della scuola, non avrebbero rischiato di perderlo così. Più probabilmente, lo avrebbero costretto a sopportare qualche noiosissima punizione.

Il preside fu interrotto da un bussare alla porta. Un lampo di perplessità apparve sul suo volto soltanto per un istante. “Avanti”, disse.

Entrò una donna d’aspetto distinto ed elegante, che Izaya riconobbe all’istante come l’insegnante di matematica di Shizu-chan.

Come faceva a saperlo? Perché lui era l’onnisciente Orihara Izaya, ovvio!

…Okay, non conosceva proprio tutti gli insegnanti della scuola.

Okay, forse aveva fatto uno sforzo speciale per mandare a memoria nomi e dettagli personali degli insegnanti di Shizu-chan, ma ciò era naturale dal momento che il biondo era il suo nemico giurato. Le informazioni che raccoglieva sul suo conto avevano il solo scopo di distruggerlo. Non- non era ossessionato da Shizu-chan o roba del genere!

La donna avanzò nell’ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.

“Chiedo scusa per l’intrusione.”

“Ah, Hino-san. Entri pure, entri pure”, la invitò il preside con tono cordiale – che non trovò riscontro sul volto di Aikawa. Al contrario, l’insegnante sembrava improvvisamente tesa.

No… sembrava livida.

Interessante, pensò Izaya, mettendosi comodo sulla sedia.

“Hino-sensei”, constatò Aikawa freddamente. “Il signor preside e io eravamo nel mezzo di una conversazione, perciò…”

“Oh, sarò breve”, la rassicurò Hino con un sorriso imperturbabile, prima di rivolgersi al preside con espressione più seria. “Signor preside, sono qui per la questione di Orihara.”

Izaya arcuò un sopracciglio come la donna accennò a lui. Confuso, cercò di ricordare se avesse mai coinvolto Hino-sensei in uno dei suoi piani. Per quanto poteva ricordare, non aveva mai arrecato danno alla donna. Non le aveva mai neppure rivolto la parola, a dirla tutta.

Il suo stupore fu riflesso sul volto del preside. “Oh? Parli pure.”

“Vede, signor preside, temo che sia stato commesso un errore. Se comprendo correttamente la situazione, Orihara-kun qui è stato accusato di avere attaccato uno studente…”

“Non c’è stato nessun errore”, sibilò Aikawa. “Io ero lì, l’ho visto.”

“Naturalmente, Aikawa-sensei! Non stavo cercando di mettere in dubbio la sua testimonianza”, disse Hino con un sorriso tanto dolce quanto era velenoso.

Izaya osservò con fascino come le sue donne si scrutarono in cagnesco, intrigato dalle dinamiche tra di loro, che risvegliavano in lui un inspiegabile senso di familiarità.

Il preside, beatamente ignaro dell’atmosfera di tensione, fece cenno a Hino di continuare.

“Come stavo dicendo”, riprese lei, scoccando un’occhiata affilata ad Aikawa, “mentre sono sicura che Aikawa-sensei abbia fornito un resoconto impeccabile dello svolgersi degli eventi, temo che lei stessa non abbia compreso appieno cosa sia accaduto.”

L’espressione sul viso di Aikawa-sensei era pari soltanto a quella che riservava a Izaya stesso quando il corvino le faceva raggiungere il limite della sua – pericolosamente scarsa – pazienza. Hino la ignorò.

“Lei vede, signor preside, c’è un ragazzo qui fuori in sala d’attesa, un mio studente di fatto, che è pronto a giurare che Orihara-kun sia stato vittima di bullismo, e che le sue azioni violente corrispondano a un semplice tentativo di autodifesa.”

Eh?!

Izaya sbarrò gli occhi. Soppresse l’impulso a precipitarsi fuori dalla stanza per verificare le parole dell’insegnante. Non poteva essere…

Che cosa diamine stava cercando di fare quello stupido protozoo?

“È ridicolo!”, saltò su Aikawa, stridula. “Ho assistito alla scena con i miei occhi. L’unica azione ostile è stata compiuta da Orihara-kun quando-”

“Ah, tuttavia il mio studente mi ha riferito che lei è arrivata soltanto dopo che l’atto di bullismo si era verificato”, ribatté Hino. “Infatti, lei non ha nemmeno assistito all’intera scena. Mi sbaglio, forse… Aikawa-sensei?”

La donna non replicò, ma strinse le labbra in una linea sottile.

Il preside indirizzò lo sguardo ora preoccupato verso lo studente. “È la verità, Orihara-kun?”

No!, era la risposta istintiva, tagliente di Izaya. Come osa suggerire che una cosa del genere possa accadere a me? A me? Ovviamente non è andata così! Avevo tutto sotto controllo!

Tuttavia… sarebbe stato sciocco non trarre vantaggio dalla scusa che Shizu-chan gli aveva oh-così-premurosamente presentato su un piatto d’argento, giusto?

Abbassò gli occhi, dipingendosi in viso la sua migliore espressione afflitta. Si morse le labbra per qualche istante allo scopo di mostrare incertezza prima di parlare. “Ecco… s-sì. È così.”

“Come?! Se è vero, perché non lo hai detto subito?”, sbottò Aikawa.

“Io… ehm…” Izaya giocherellò nervosamente con le maniche della giacca. “A-a dire il vero, ero mortificato… pensare che qualcuno potrebbe farsi gioco di me così… inoltre mi rendo conto che la mia reazione violenta non era giustificabile… il ragazzo che ho colpito non c’entrava niente, ho dato per scontato che volesse infastidirmi anche lui e ho reagito senza pensare… ah, sono così imbarazzato.” Produsse una risatina tremula e scosse un po’ il capo, la vergogna incisa sui suoi tratti.

Aikawa inarcò un sopracciglio, per nulla convinta. Ma non aveva importanza, perché non era lei che Izaya doveva convincere, in ogni caso.

“Orihara-kun”, lo chiamò il preside con voce più dolce, impietosito dalla sua piccola scenetta. “Sono lieto che tu ti renda conto della gravità delle tue azioni. Se vuoi darci i nomi di quei bulli-”

“M-mi dispiace, signore, non conosco i loro nomi”, lo interruppe il corvino con tono contrito.

“Forse potresti identificarli?”, suggerì il preside, ma Izaya scosse il capo.

“Mi dispiace, è… è successo tutto così in fretta…”

Aikawa-sensei non fu più in grado di trattenere un piccolo sbuffo, un suono appena troppo basso affinché il preside potesse sentirlo.

“Capisco”, disse l’uomo, insoddisfatto ma comprensivo. “Se mai dovesse capitare di nuovo una cosa simile, ti prego di rivolgerti immediatamente a un insegnante.”

Il corvino annuì vigorosamente, tirando anche un po’ su con il naso. Si chiese se avrebbe dovuto fingere di asciugarsi gli occhi, ma poi decise che era meglio non strafare.

Hino incrociò le braccia, e Izaya avrebbe potuto giurare che ci fosse compiacimento nello sguardo che indirizzò a Aikawa, una sorta di te l’avevo detto.

Quest’ultima stava praticamente fumando.

Si aggiustò gli occhiali, e con un “Con permesso” rivolto al preside, dopo aver ricevuto un cenno di assenso, si congedò, ignorando sia Izaya che l’altra insegnante.

Izaya si domandò per un momento cos’avesse fatto per meritarsi un’antipatia così feroce da parte della donna… lui, così come Hino-sensei. Alla fine scrollò le spalle, riflettendo che alcune persone, semplicemente, sono incompatibili.

E parlando di persone con le quali era assolutamente, interamente, innegabilmente incompatibile come l’acqua e l’olio – o meglio il fuoco e la benzina – Izaya uscì dall’ufficio soltanto per scoprire che Shizu-chan era lì, seduto su una sedia, che lo aspettava.

Come lo vide, si alzò in piedi. “Iza-”

Izaya lo ignorò, superandolo senza degnarlo di un’occhiata.

Marciò in corridoio, fingendo di non udire il rumore di passi pesanti dietro di sé né la voce che lo chiamava insistentemente, determinato a ignorare lo stupido bruto fino a casa propria se ce ne fosse stato bisogno, finché una mano non lo agguantò per il polso, forzandolo a fermarsi.

Si voltò di scatto, liberandosi dalla presa.

“Che cosa c’è?”, sbottò in faccia al biondo. “Cosa ti aspetti, un ringraziamento? Un premio speciale per avermi aiutato, anche se io non ti ho mai chiesto di farlo? Che cosa vuoi, mmh?”

Shizuo lo guardò sconcertato.

“No, io… volevo solo chiederti com’era andata…” L’irritazione lampeggiò sui suoi tratti. “La sai una cosa, lascia perdere. Non mi sarei dovuto prendere il disturbo di aiutarti. La cortesia è sprecata su di te.”

“Cortesia?”, ripeté Izaya, incredulo. “Io non ti ho mai chiesto di fare nulla, stupida bestia”, sputò velenoso. “Hai agito per conto tuo, perciò non comportarti come se mi avessi fatto chissà quale grande favore; adesso il preside pensa davvero che io sia stato bullizzato, grazie a te…”

“Be’, è così che è andata, non è vero?”, ribatté Shizuo ad alta voce. “Non l’ho fatto per farti un piacere o cose simili. Non mi piacciono le ingiustizie, nemmeno quando la vittima è qualcuno spregevole come te.”

Izaya gli scoccò un’occhiata incredula – incredula e profondamente scocciata. Controllò i dintorni per assicurarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, quindi si rivolse al biondo, secco. “Avevo tutto sotto controllo.”

Shizuo sbuffò. “Giusto”, disse, palesemente scettico. “Quindi vuoi dire che quegli imbecilli non si stavano accanendo su di te perché sei gay? Oppure avevi anche quello sotto controllo, eh?”

La rabbia di Izaya fu rapidamente sostituita da una sensazione gelida, presente dapprima nel suo petto, per poi diffondersi ovunque nelle sue membra. C’era qualcosa lì, un sentimento sconosciuto, un’emozione oscura che si nutriva del disgusto che pensava ora di poter leggere chiaramente nell’espressione e nelle parole di Shizu-chan, o peggio ancora della pietà che era certo di non poter sopportare.

La soffocò sul nascere, e rimase soltanto il gelo.

Fece un passo in avanti, finché il suo petto non sfiorò quello del biondo e i loro visi erano abbastanza vicini da strappare una smorfia a Shizuo.

“Mettiamo in chiaro una cosa, Shizu-chan”, sussurrò Izaya. La sua voce era gelida e cristallina. “Non mi serve il tuo aiuto. Non voglio la tua pietà. E non cerco perdono. Se hai un problema con chi sono, sono affari tuoi.”

Shizuo aprì la bocca per replicare, ma non ne ebbe mai l’occasione. Izaya si era già voltato e si stava allontanando lungo il corridoio, i passi agili e le mani infilate in tasca, una delle quali era stretta attorno a un coltello.

“Non che questo cambi nulla tra di noi”, dichiarò Izaya ad alta voce, girando appena la testa perché Shizuo lo sentisse. Quindi aggiunse tra sé in un mormorio: “Tanto hai sempre provato ribrezzo nei miei confronti.”

Era una magra consolazione. Se pure l’opinione che il mondo intero aveva di lui fosse cambiata, quella di Shizu-chan non si sarebbe modificata di un millimetro.

Una magra consolazione davvero.

A volte però persino gli dei si devono accontentare.



 

*I vent’anni corrispondono al raggiungimento della maggiore età in Giappone.


_ _ _


Giusto per curiosità, la canzone che Izaya sta cantando all'inizio del capitolo è Lovin Life dei Funky Monkey Babys.
Mi è rimasta in testa per una settimana dopo averla ascoltata, perciò mi sembrava giusto che anche IzaIza soffrisse lo stesso fato (=`ω´=)


 

   
 
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