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Autore: Demy77    26/02/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il giorno del matrimonio fece seguito ad un periodo estremamente convulso. Le cose da fare erano state tante: Nampara era stata ristrutturata per creare, di fianco alla biblioteca, un’ala laterale che potesse ospitare la giovane coppia una volta sposata; Ross aveva deciso che il suo futuro era nell’attività estrattiva e aveva lavorato sodo per far riaprire la Wheal Leisure, quella, tra le due miniere di proprietà del padre, che gli sembrava la più promettente. Non disponendo di sufficienti fondi aveva dovuto creare una società: suo padre possedeva il 50% delle quote in quanto proprietario del suolo, il restante 50% era suddiviso tra il capitano Henshawe (un affittuario di Joshua che era esperto nel settore, avendo diretto una miniera che da poco aveva chiuso i battenti); John Treneglos, figlio di un vecchio amico di Joshua e loro confinante; il dottor Choake, lo storico medico del luogo;  il banchiere Harris Pascoe e il suo socio Nat Pearce.  Tutti costoro avevano fornito del capitale grazie al quale, fin da metà gennaio, la Leisure era stata riaperta ed erano stati assunti, per cominciare, una decina di minatori. Erano state fatte delle esplosioni ma per il momento, in quei primi mesi di attività, non c’erano stati risultati particolarmente incoraggianti. Il capitano Henshawe aveva esaminato alcuni campioni estratti, ma se vi erano tracce di stagno erano davvero infinitesimali. L’unica speranza era raggiungere un livello ancora inferiore, ma ciò significava nuovi investimenti per acquistare la dinamite, senza la certezza di utili da distribuire ai soci.
Nonostante tutto, Ross era ottimista. Si reputava fortunato ad avere ottenuto la mano di Elizabeth e sentiva che la fortuna non lo avrebbe abbandonato. Per il momento, in attesa di miglior sorte nelle estrazioni, aveva acquistato un bue con il quale aveva fatto arare tutta la terra circostante Nampara. Oltre ai Paynter, Prudie e suo marito Jud, storici servitori della famiglia Poldark, aveva assunto il figlio dei Carter, Jim, affinchè desse una mano a Jud con la fattoria. Sebbene infatti fosse Joshua il padrone di tutto, suo padre non aveva mai avuto fiuto per gli affari e l’intraprendenza e la forza di volontà di Ross lo avevano convinto che era preferibile che cominciasse fin da subito a gestirli lui, senza dover aspettare di conseguire la sua eredità.
Durante quei mesi aveva incontrato Elizabeth almeno una volta alla settimana, sempre a Cusgarne. Era raro che la signora Chynoweth li lasciasse da soli, e la maggior parte delle volte si discuteva dei preparativi delle nozze, della modista, delle stoffe ordinate, dell’abito che ancora non era pronto, degli invitati al ricevimento che avevano confermato o meno la loro partecipazione. La preoccupazione maggiore della madre di Elizabeth sembrava essere la perfetta riuscita dell’evento.
La signora si era anche informata in merito ai lavori di ristrutturazione di Nampara e Ross ne aveva esaltato la riuscita, spiegando che grazie al lavoro duro di alcuni dei suoi più cari amici di infanzia, ora suoi affittuari – i fratelli Mark e Paul Daniels e Zacky Martin – era stato possibile edificare quella zona della casa in pochissimo tempo. Una mattina Ross, Elizabeth e sua madre erano andati a Truro per scegliere i mobili della camera da letto ed Elizabeth era impazzita per una deliziosa toilette con specchiera in legno, una spesa che Ross non aveva preventivato ma non si era sentito di negarle, visto il suo entusiasmo.
In alcune occasioni Ross aveva accennato di sfuggita ai suoi progetti nella miniera, ma le due donne si erano mostrate piuttosto annoiate dei particolari tecnici ed avevano affermato che si trattava di faccende da uomini, non abbastanza interessanti da farne argomento di conversazione in un salotto.
Ross avrebbe voluto rispondere che si annoiava altrettanto ad ascoltare discorsi frivoli e pettegolezzi su comuni conoscenti, ma si trattenne dal farlo e pensò che una volta sposati e sottratta Elizabeth alla influenza materna le cose sarebbero andate diversamente.
I mesi erano volati ed era finalmente giunto il giorno delle nozze. A celebrare era stato chiamato il reverendo  Osborne Whitworth, un lontano cugino della sposa, che si muoveva sull’altare borioso come un pavone e nonostante la giovane età aveva tenuto un’omelia talmente retorica che Ross non lo aveva quasi ascoltato. Per tutto il tempo della cerimonia, nonostante non fossero pensieri consoni al luogo sacro in cui si trovavano,  non aveva fatto altro che pensare a quando lui e sua moglie sarebbero stati soli in camera ed avrebbe finalmente potuto farla sua.
Poiché Nampara era troppo fuori mano per ospitare i tantissimi invitati che la signora Chynoweth aveva preteso, il banchetto nuziale si svolse a Trenwith, il palazzo che era la dimora storica della famiglia Poldark, attualmente abitata dallo zio di Ross, Charles, fratello maggiore di Joshua, che lì viveva con i due figli Verity e Francis ed una vecchia prozia di circa novant’anni, la zia Agatha. Era il proprietario di una miniera denominata Grambler, la più grande della zona, che impiegava circa cinquanta dipendenti.
Verity aveva un paio di anni più di Ross e gli era molto affezionata: era anche lei in procinto di sposarsi, con un ammiraglio parecchio più grande di lei, già vedovo con due figli. Dopo il matrimonio si sarebbe dovuta trasferire con il marito a Lisbona e questa notizia era stata un duro colpo per zia Agatha, che da sempre richiedeva la compagnia della “piccola Verity” ed il suo aiuto per qualsiasi cosa che la riguardasse. Benchè non mancasse a Trenwith la servitù, Verity era quella che doveva portarle il piatto in tavola, prepararle le pantofole, aiutarla a vestirsi o a fare il bagno. Trascorrevano interi pomeriggi a giocare a carte, passatempo che la zia adorava; inoltre Verity era la sola che tollerasse un’altra strana passione della vecchia Agatha, quella per i tarocchi. La decana dei Poldark riteneva di possedere un’innata abilità nel leggere i tarocchi ed ogni ospite che passava a trovarla doveva sottoporsi a questo curioso rituale.
Elizabeth non era mai stata a Trenwith e rimase molto colpita dalla sua magnificenza. Osservò compiaciuta i quadri di famiglia che adornavano il corridoio, che Ross le spiegava essere l’uno o l’altro dei suoi avi, pensando orgogliosa che ormai anche lei faceva parte di quella onorata famiglia.
Il banchetto, curato nei minimi particolari proprio da zia Agatha – che era una  buongustaia a dispetto della sua magrezza – attirò immediatamente la maggior parte degli astanti, che circondarono il grande tavolo ovale nel salone principale servendosi delle gustose pietanze che erano state imbandite.
In un  angolo della sala  , con in mano un bicchiere di liquore, si trovava invece Francis, il fratello di Verity, con il suo inseparabile e grande amico George Warleggan.
Francis era nato lo stesso anno di Ross, qualche mese dopo, ed avevano da sempre frequentato le stesse scuole e le stesse compagnie. I due ragazzi però non potevano essere più diversi, e non solo fisicamente. Da piccoli li chiamavano il Poldark biondo ed il Poldark bruno: Francis infatti aveva i capelli chiari e gli occhi azzurri, ma il suo aspetto angelico non corrispondeva affatto al suo carattere. Era infatti lui la vera pecora nera della famiglia: indolente, dissoluto, passava le sue giornate a bere e giocare a carte, sperperando le proprie rendite; lasciava che il padre si occupasse di tutti gli affari e ciò era continuo motivo di dissapori in famiglia; invano Verity lo pregava di mantenere un atteggiamento più rispettoso nei confronti del genitore, ma le discussioni erano all’ordine del giorno.
Lo zio Charles, che aveva molta stima di Ross e lo considerava più assennato e maturo del figlio, lo aveva pregato di parlare con Francis, ricordando come da bambino avesse un forte ascendente su di lui; Ross si era mostrato disponibile, ma quel colloquio aveva sortito l’effetto opposto, perché nonostante Ross non avesse affatto assunto un tono paternalistico Francis, sentendosi giudicato, si era offeso a morte con il cugino. Da quel momento aveva cercato di evitare ogni contatto con Ross, che del resto aveva frequentazioni molto diverse dalle sue.
Il migliore amico di Francis, George Warleggan, era un loro vecchio compagno di scuola che, nonostante le umili origini – suo nonno era un fabbro – aveva fatto fortuna ed era proprietario di una importante banca con sede a Truro. George spesso aiutava finanziariamente Francis quando subiva perdite consistenti al gioco, ma il suo aiuto non era ovviamente disinteressato. Sperava che, prima o poi, Francis avrebbe ereditato la fortuna di Charles e non sarebbe stato in grado di gestirla, in modo tale che sarebbe stato facile per lui a quel punto impossessarsi della Grambler e di Trenwith.
Discutendo con l’amico a proposito del matrimonio, Francis non potè fare a meno di notare con invidia che il cugino si era accaparrato quello che definì “un gustoso bocconcino”.
George fu d’accordo con lui: Elizabeth era bellissima, aveva classe ed eleganza e non si poteva non restare ammirati nel guardarla incedere nelle sale nel suo magnifico abito bianco. Prese in giro Francis, dicendo che, se ci avesse pensato prima, in sua assenza avrebbe potuto corteggiare la Chynoweth e trovarsi ora al posto di Ross.
“Il matrimonio non rientra nei miei obiettivi  – rispose Francis – mi perderei tutto il divertimento! Anche se, devo dire, quella Elizabeth mi intriga proprio… così eterea, controllata, sembra una creatura di un altro mondo… secondo me le donne che ostentano tanta compostezza sono le più disinibite sotto le lenzuola!”
George rise e rischiò di farsi andare di traverso il brandy.
“Sei terribile… bada che non ti senta tuo cugino fare commenti del genere su sua moglie! Da ragazzo era molto irascibile. Ricordi quando ruppe il naso a Jason Berry?”
“Ross non è certo una persona accondiscendente, lo so, però credo che sia lui a dover stare lontano dalla mia strada, se non vuole rogne” – concluse il Poldark biondo.
All’angolo opposto del salone, Charles e Joshua conversavano con il giudice Penvenen. Era il magistrato attualmente in carica al tribunale di Truro ed era anche un caro amico di entrambi.
“Ci tenevo ad essere presente, nonostante sia a lutto. Ho perduto mio fratello pochi giorni fa – raccontava il giudice – una disgrazia improvvisa… Sono appena tornato dal funerale, da Londra. Come se non bastassero tutti gli affari di cui occuparmi, ho dovuto assumere la tutela di mia nipote, la figlia del povero Arthur… Caroline è molto giovane, ha bisogno di chi la consigli ed amministri la sua eredità finchè non sarà maggiorenne…d’altra parte sono il suo unico parente rimasto in vita, non potevo abbandonarla….”
“La porterai a vivere con te a Killewarren, Ray?”- domandò lo zio di Ross.
“Oh, sarebbe una soluzione che mi renderebbe più tranquillo, ma non credo che Caroline sarebbe d’accordo! È una ragazza molto frivola, viziatissima da suo padre, e sono certo che qui in un piccolo centro morirebbe di noia!  Temo che dovrò sbrigarmi a trovarle un marito lì a Londra che la faccia rigare dritto e mi sollevi anche dall’incombenza della sua tutela!”
Intanto, Ross aveva appena presentato il suo amico Dwight Enys al dottor Choake. Anche Dwight era medico, ed era proprio lui ad aver ricucito la ferita che Ross si era procurato al viso in battaglia. Da lì era nata una bella amicizia e Dwight aveva espresso la volontà di seguire l’amico in Cornovaglia, una volta congedato dal fronte, in quanto non aveva più famiglia ed era molto interessato ad approfondire gli studi sulle malattie polmonari dei minatori. Stava appunto rispondendo alla domanda del più anziano collega che gli domandava ragione del suo trasferimento.
“Ho studiato medicina a Londra, poi mi sono arruolato come ufficiale medico. Ho trascorso gli ultimi due anni in Virginia, e lì ho conosciuto Ross. Ho deciso di trasferirmi qui perché è una zona ricca di miniere ed intendo approfondire degli studi sulle malattie polmonari in soggetti esposti alle esalazioni di polvere di carbone. Per ora sono stato assunto per controllare le condizioni dei lavoratori nella miniera di Ross e quella di suo zio. Spero poi di poter pubblicare i miei studi, quando avrò raccolto abbastanza materiale”.
“Mi sembra un po’ poco…Come vi manterrete con quel misero stipendio? – chiese Choake - Farete anche consulti privati?”
“Può darsi, ma non temete, non credo che vi sottrarrò clientela. Io rivolgerò le mie cure principalmente alla povera gente, che mi pagherà come e quando potrà”.
Choake restò sconvolto dalle strane idee del giovane collega. Lui e Ross Poldark sembravano proprio fatti della stessa pasta, pronti a partire in quarta con le proprie idee perdendo di vista le più basilari regole dell’economia. Il dottore infatti si stava quasi pentendo di aver dato fiducia all’impresa di Ross, che fino a quel momento non gli aveva dato profitti, ma solo perdite.
Mentre Ross brindava accanto alla porta finestra che dava sul giardino con gli amici di sempre, la madre aveva tratto Elizabeth in disparte.
“Ti rendi conto? Ci sono visconti e baronetti fra gli invitati, e tuo marito si intrattiene con dei pezzenti… hanno indossato l’abito della festa, ma sempre pezzenti restano” – disse alludendo a Zacky Martin ed ai fratelli Daniels.
“Non mi angustiate il giorno del matrimonio, madre! – la supplicò Elizabeth – sapete com’è fatto Ross… sono suoi amici d’infanzia e non me la sento di impedirgli di frequentarli!”
“Riparliamone quando ti obbligherà ad avere a che fare con le loro mogli… ah, figliola, Dio non voglia che tu abbia a pentirti della tua testardaggine! Tuo marito non è affatto un uomo docile, non sarà facile conviverci… non mostrarti remissiva, metti ben in chiaro quali sono le tue esigenze, ricordagli sempre quali sono i doveri che ha assunto nei tuoi confronti! ”
“Ross è un gentiluomo e non mi obbligherà mai a fare qualcosa di sgradito. Non avete visto come cerca di accontentarmi in tutto? Sicuramente qualche aspetto del suo carattere può migliorare, ma quale uomo non ha difetti? Quanto alle nostre amicizie, lo invoglierò a frequentare i Treneglos: sai che Ruth, la moglie di John, è la mia migliore amica, ed inoltre saremo vicini di casa, potremo vederci molto spesso”.
Le due donne furono interrotte dall’avvicinarsi di un invitato, che salutò entrambe profondendosi in complimenti per la bellezza ed eleganza della sposa.
“Vorrei avere il piacere di invitarvi per martedì prossimo ad un ricevimento che si terrà in casa mia, per festeggiare l’acquisto di un nuovo mercantile. Posso sperare in una risposta positiva?”
Elizabeth sorrise raggiante. Matthew Sanson era uno degli uomini più ricchi di Truro e si favoleggiava che casa sua fosse lussuosa come una reggia.
“Vi ringrazio, ne parlerò a mio marito appena… - stava cominciando a dire Elizabeth, ma un’occhiata di sua madre la raggelò.
“Il vostro invito ci onora, mister Sanson, e lo accettiamo con infinito piacere” – rispose la donna. Appena l’uomo si fu allontanato, per conversare con altri ospiti, la signora Chynoweth redarguì nuovamente la figlia: inviti in società provenienti da persone così in vista non potevano essere assolutamente rifiutati ed Elizabeth non poteva permettere a Ross di avere voce in capitolo sul punto. Correva voce che gli uomini di Nampara fossero piuttosto solitari, non abbastanza introdotti nel bel mondo, e questa era proprio una delle ragioni per cui la madre della sposa aveva osteggiato quell’unione.
Terminata la festa Ross, sua moglie e Joshua salirono a bordo di una carrozza e fecero ritorno a Nampara. Ad accoglierli Prudie e Jud, che abbozzarono un goffo inchino alla nuova signora di Nampara e le fecero strada verso il suo appartamento.
Ad Elizabeth, dopo aver trascorso ore negli ampi saloni di Trenwith illuminati da decine e decine di candelabri, Nampara sembrò cupa e molto piccola. La loro stanza da letto, edificata in fretta e furia nei mesi precedenti, era di stile sobrio, quasi rustico. Sia i tendaggi che i copriletti dovevano essere di seconda mano, per quanto Prudie avesse fatto del suo meglio per ripulire e sistemare.  L’unica consolazione della donna fu vedere troneggiare sulla parete di fronte all’ingresso la specchiera che aveva scelto a Truro. Vi si sedette davanti e ammirò il suo riflesso nello specchio mentre si liberava del velo. Ross le si avvicinò, le posò le mani sulle spalle e, scoprendogliene leggermente una, cominciò a depositare una serie di baci lungo la linea del collo.
Elizabeth fissò un’ultima volta i suoi lineamenti delicati, la pelle di porcellana ed il trucco ancora intatto e pensò che sua madre si sbagliava: Ross era pazzo di lei, e dopo quella notte sarebbero stati ancora più legati. Non sarebbe stato difficile ottenere da lui qualunque cosa desiderasse.
  
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