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Autore: Francine    26/02/2021    2 recensioni
Ammesso che la passione umana abbia la virtù d'innalzarsi al di sopra di ogni assurdo, come si può sostenere che non abbia anche quella d'innalzarsi al disopra dei propri assurdi?
(Yukio Mishima, Confessioni di una Maschera, 1949)
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Aquarius Camus, Cancer DeathMask, Capricorn Shura, Pisces Aphrodite, Scorpion Milo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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5.



  «Benvenuti.»
 
Rodrigo ha un piccolo segreto, che mantiene celato con prudenza dietro allo sguardo tagliente e al diadema immacolato; se gli altri sapessero, la sua immagine di uomo integerrimo e tutto d’un pezzo se ne andrebbe in pezzi. Avete presente una pallonata che centra in pieno una finestra - magari una vetrata, di quelle istoriate con mille colori che sembrano prendere fuoco a mezzodì, quando la luce del sole le attraversa? Ecco. Nessuno - non Aiolia, non Marco; forse Yngve, ma ha il buonsenso di tenerselo per sé - sa che, alle volte, lui si estranea. E pensa. Ai fatti suoi, ai massimi sistemi che gli attraversano la mente, agli universi paralleli, possibili e impossibili.
Facciamo un gioco, gli diceva suor Bertilla, all’orfanotrofio di Burgos, quando era un soldo di cacio dallo sguardo sperduto. Facciamo che tu eri un principe. O un pilota di formula uno. O un astronauta. O…
E Rodrigo giocava, e gioca anche adesso, mentre il Sacerdote entra piano piano in argomento. Gioca ad ipotizzare un’esistenza differente.
Esiste un posto in cui lui e Aiolia sono amici. Un universo parallelo, uno tra i tanti presenti nel ventaglio infinito di possibilità. Una di quelle occorrenze in cui togli una virgola - uno iota, direbbe l’evangelista - ma il resto del discorso non cambia. Resta lo stesso. Evolvendo in un caleidoscopio di variabili, e tu devi avere solo il culo - un culo sfondato - per beccare quello giusto. Possibilmente migliore di quello in cui sguazzi già. Ché altrimenti non vale la pena nemmeno di stare ad ipotizzare di universi paralleli possibili et immaginabili.
Shura è una persona pragmatica e realista. Uno che, se vede un bicchiere d’acqua e ha sete, non si balocca a chiedersi se questo bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto, ma lo beve. E dopo ringrazia. Però, anche le persone pragmatiche e razionali e realiste e scettiche - da far sembrare san Tommaso un credulone impenitente -; anche queste persone, si diceva, hanno un bisogno disperato di coltivare quella pianticella gioiosa chiamata ottimismo. E la pianticella di Ruy è molto, molto rigogliosa.
Così, quando Ruy cogita di universi paralleli in cui lui e Aiolia non solo non si detestano cordialmente, ma vanno d’amore e d’accordo (non si spinge ad ipotizzare una realtà in cui le sue più sfrenate fantasie siano all’ordine del giorno), si perde ad analizzare i dettagli, i particolari, le cesellature.
C’è un universo in cui si sono incontrati per caso, su un treno diretto lanciato nella notte.
Ce n’è uno in cui sono due agenti segreti specializzati nel paranormale (vampiri, fantasmi, lupi mannari e compagnia cantante).
Ce n’è un altro in cui sono due giornalisti d’assalto che fanno passare il caso Watergate come una bambinata.
Uno in cui si sono accapigliati come due marmocchi bizzosi che se le suonano di santa ragione per una macchinina, un tappo di sughero o una biglia colorata, fino a diventare amici inseparabili.
Il bello di tutte queste realtà è che sono legate da un'unica condizione, quella di non essere Santi di Athena e non dover così sottostare alle rigide regole del Santuario: sveglia all’alba, missioni, flessioni, missioni, meditazioni, missioni, esercizi, missioni, riunioni, missioni, missioni, missioni. 
Un universo parallelo dove magari Aiolos ha insegnato ad entrambi a tenere in mano un rasoio. E a non soffocarsi con la schiuma da barba. E a parcheggiare in retromarcia in salita. In cui lui e Aiolia si scambiano giacche e cd e chiavi di automobili che appartengono un po’ ad entrambi. 
Ma la verità è che a Ruy basterebbe anche un universo piccino picciò in cui sono comunque dei Santi di Athena, ché come si sarebbero conosciuti un greco e uno spagnolo altrimenti?
Con l’Erasmus, tipo?
Gli basterebbe, a patto che quella notte disgraziata non fosse mai avvenuta. Che Saga non avesse dato di matto. O che Aiolos non l’avesse fatto al posto suo, ché gli universi specchio sono i più pericolosi di tutti. 
 
«Come avrete immaginato, le motivazioni che mi hanno indotto a convocarvi per questo chrysos synagein, il primo della mia reggenza, sono...»
 
Kanon - il Sacerdote, pardon - parla, ma Rodrigo non l’ascolta, preferendo baloccarsi con i suoi pensieri ancora per un po’. Se tanto gli dà tanto, Kanon ci metterà qualche altro minuto per entrare in argomento. Così come faceva Saga e come Sion prima di lui. Perché cambiare? Le tradizioni sono fatte per essere rispettate e portate avanti con indefessa pertinacia. E Kanon gli ha dato la precisa impressione di essere qualcuno che si insinua nel solco della tradizione, quasi gli facesse da coperta di Linus. Da feticcio. 
Rodrigo fissa lo sguardo sui propri schinieri.
Di sentire i perché e i percome del Sacerdote, non è giornata. Meglio trastullarsi ancora un poco con i suoi universi paralleli, prima che Kanon entri in argomento, quello vero, e a lui tocchi catapultare tutta la propria attenzione sulle sue parole. O forse, pensa il Capricorno lanciando un’occhiata distratta all’altra metà della sala, valutare se, al momento del rompete le righe, non sia il caso di bloccare Aiolia e fare con lui quel benedetto discorso interrotto, una volta per tutte.
L’espressione del Leone è seria. Grave. Più di quando era uno sbarbatello pelle e ossa con l’assurda fissazione di voler riabilitare il nome di suo fratello. Neppure Aiolia sta ascoltando Kanon, nossignore. Aiolia si sta preparando, il leone che osserva la preda controvento, nascosto nell’erba alta, in una macchia d’ombra, pronto ad azzannare sul collo l’incauta gazzella. La domanda è: si sta preparando a fare cosa?
Che diamine è successo?, si chiede Ruy, stornando lo sguardo su una crepa ai suoi piedi.
Quella non è la faccia di chi non è riuscito a parlare con Marin.
Quella è la faccia di chi con Marin ha parlato, sissignore, ma il chiarimento non è andato come sperato. Neppure per sbaglio.
Non gli avrà detto che… ?, pensa Ruy.
No, non può essere stata così crudele da fargli nomi e cognomi. Non erano amici, loro due?
Certo che sì. E un amico non è qualcuno che ti rifila una pugnalata alle spalle.
Certo, anche vuotare il sacco avrebbe una sua logica: il Santuario è un microcosmo più affollato dell’Encierro di Pamplona, un paesino minuscolo popolato di pettegole dalle lingue tanto lunghe quanto velenose; e prima o poi si rischia di inciampare proprio in quella persona che non volevi vedere sottobraccio a quell’altra che te l’ha portata via. Sempre ammesso che sia così e che la mente di Aiolia non stia a mille leghe dal Santuario, sulle piane ghiacciate di Asgard.
Via il dente, via il dolore. Logico. Pragmatico.
Però c’è il rischio di finire sgozzati, ad incappare in Aiolia, adesso. Più che dopo il passaggio del colpo di Saga.
Ruy scocca uno sguardo interrogativo a Gemini.
Non è che l’hai fatto un’altra volta, vero?, gridano gli occhi verde cupo di Ruy; ma Saga non coglie. Saga lo guarda, ma è come se non lo vedesse. Osserva tutt’altro, oltre Ruy e oltre la colonna del Capricorno - forse cerca il conforto di Aiolos? -, con lo sguardo allucinato di chi sta per passarsi una mano sul viso.
E poi lo fa.
E Ruy sbatte le palpebre.
Un momento. Che diamine sta succedendo qui?
Vorrebbe chiederlo ai suoi vicini, ma vede che sia Étienne sia Aiolos hanno uno sguardo incredulo. Molto, molto simile a quello di Saga. Solo Marco guarda altrove, come se l’intera faccenda non lo riguardasse.
Che cazzo hai combinato? Si può sapere che cazzo hai combinato, stavolta?
 
«Non è una brutta idea...»
 
Una volta, prima della battaglia contro Ade e del risveglio ad Asgard come Einherji, sentire un’affermazione simile uscire dalla bocca del Venerabile Doko avrebbe rasserenato gli animi. Ma il Venerabile Doko - la Prugna Secca, come lo chiamava Marco - ha lasciato il posto ad un adolescente invasato. Una sorta di uragano in bottiglia che non chiede altro che liberarsi e sgranchirsi un po’ le ossa, facendo il maggior casino possibile. Dev’essere stato tedioso meditare davanti ad una cascata per duecento e rotti anni. Molto tedioso. E se Ruy può provare genuina solidarietà per quel ragazzo, certe volte vorrebbe che riflettesse cinque minuti di più, prima di spedire gli altri - non lui stesso; giammai; Doko di Libra è impulsivo, mica scemo - in mezzo al maelstrom più furioso e incazzato.
 
«Stai scherzando, vero?»
 
La voce di Saga è di chi non solo non crede alle proprie orecchie, ma non ne vuole sapere di affacciarsi su un panorama allucinante.
Stile Alice nel Paese delle Meraviglie dopo un frontale con Tim Burton sotto acido. 
«No. Sono serissimo», ribatte Kanon - il Sacerdote, pardon - prima di aggiungere: «E al Sacerdote si dà del Lei, Gemini.». 
«Tu!», ruggisce Saga, e ci vuole la stazza di Adriano per trattenerlo al suo posto ed evitargli di strozzare il proprio gemello a mani nude. Vero che, dopo un omicidio, il secondo vien da sé, e Saga ha una certa esperienza in questo campo, tuttavia...
«Le regole sono le regole», ribatte Kanon. Come se la cosa gli rincrescesse sinceramente. «Ad ogni modo, questo servirà anche per la conta dei danni. Sapete anche voi come sono le assicurazioni...»
 
«Le assicurazioni?»
 
Rodrigo fissa il Sacerdote. Si accorge di aver pronunciato quelle parole solo quando gli occhi di tutti i presenti si catapultano su di lui. Aiolia compreso. E Ruy si impone di ignorare quello sguardo determinato che brucia come un falò nella notte, altrimenti è finita. Tanto varrebbe buttarsi nel primo burrone a disposizione - e lassù, su quella montagna, avrebbe solo l’imbarazzo della scelta.
Il Sacerdote si volta verso di lui come se si accorgesse solo adesso della sua presenza, e sorride. 
«Certo. Le assicurazioni.» 
«Le assicurazioni?!», ripete Rodrigo. Come a voler suggerire all’altro che sì, bello tutto, ma ogni bel gioco dura poco ed è il caso di piantarla con queste fesserie. Le assicurazioni! Ma per cortesia!
«Certo che sì», risponde Kanon, fissandolo come se fosse pazzo. Ed in effetti a Rodrigo piacerebbe l’idea di salire su quel vagone, almeno per cinque minuti. Tanto per vedere com’è. «Chi pensi ripagherà i danni che avete fatto?»
«I… danni
«Oh, avanti!» e Kanon sbuffa palesemente. «La Sesta Casa non esiste più. L’Undicesima ha uno strato di permafrost spesso tre dita, e tanti saluti al marmo di Carrara. L’Ottava non sta messa meglio. Alla Seconda sono crollate sei colonne. Sei. La Quinta, non parliamone. L’intonaco della Nona è andato al creatore e c’è un buco grosso quanto il mio trono...»
«… il trono di Athena», lo corregge Saga, ma Kanon non sembra averlo sentito.
«E poi c’è quella simpatica faglia tra il piazzale alle spalle della Decima Casa e la scalinata che conduce alla Undicesima.» Pausa. «Come li chiami, quelli? Ristrutturazioni?» 
«Per non parlare della perdita d’acqua», rincara la dose Yngve, sganciando la sua bomba con la sua solita noncuranza. E Rodrigo sa - e Rodrigo capisce - che c’è lo zampino di Yngve in tutta questa faccenda. Come quando si lancia un sasso giù per un dirupo. Tu fai cadere un innocuo ciottolo, ma in alcuni casi - tipo questo - il ciottolo si porta appresso mezzo costone. E, di finire schiacciato sotto la frana, a Ruy proprio non va.
Certo, se la frana lo seppellisse, lui potrebbe anche risparmiarsi di chiacchierare con Aiolia, e magari di essere folgorato dai suoi pugni - eventualità che, a giudicare dall’espressione terrea del Leone, non sarebbe sbagliato scartare a priori… 
«C’è un vero e proprio fiume che scorre alla Dodicesima Casa. C’è bisogno di un idraulico.»
«Per cortesia!», sbotta Saga, liberandosi di Adriano e facendo un passo avanti. «Quel fiume, come lo chiami tu, scorre dalla Sala del Sacerdote all’Undicesima...»
«Dalla piscina del Sacerdote all’Undicesima, vorrai dire...»   
«Non è una piscina!», ribatte Saga. Inviperito. «È una vasca per le abluzioni. Il Sommo Sion...»
«Il Sommo Sion aveva duecento e passa anni», puntualizza Kanon, lo sguardo atarassico e le punte delle dita a sfiorarsi. «Gli serviva per mantenere la pelle idratata.» Pausa. «A te?» 
«E a me serviva per mantenere la calma.»    
«Strano. Il potere logora chi non ce l’ha.»
«E tu ne sai qualcosa, vero, fratello?»
«Sacerdote, prego», puntualizza Kanon. Scherzando col fuoco.  
 
«Ma qualcuno ha davvero stipulato una polizza assicurativa?»
 
Tutti si girano a fissare Ruy, come se se lo fossero dimenticato, presi com’erano dal battibecco tra i due gemelli. 
«No, seriamente...»
«Perché ti stupisci», gli domanda Libra, sinceramente perplesso. «Mi sembra una scelta intelligente.» 
E Rodrigo si ritrova con lo sgradevole impulso di doversi mettere a boccheggiare. Come un pesce appena pescato che si chiede che fine abbia fatto tutta l’acqua che aveva attorno.
Ma quale assicurazione stipulerebbe una polizza sul Santuario?, pensa Ruy. E poi lo dice, tutto d’un fiato: «Ma quale assicurazione stipulerebbe una polizza sul Santuario? E la segretezza? Dove la mettiamo?».
«Esistono più cose in cielo e in terra, Orazio, eccetera eccetera...» Kanon filosofeggia, con l’aria dell’uomo di mondo che è avvezzo a scendere a compromessi, accomodamenti e transazioni di vari uffici. «La segretezza del Santuario non è in pericolo. Basta inserire un paio di note ad hoc tra le righe piccole. Il problema, semmai, è che quei cani ci metteranno una vita a pagare.»
 
«Dipende...», e la voce di Yngve è acido che stilla dalle sue labbra goccia a goccia. E Rodrigo non può fare a meno di chiedergli: «In che senso: dipende?».
Un sospiro a celare un nervosismo crescente, e Yngve risponde.
«Dipende dal tipo di polizza che si riscatta.»
Come se lui ne sapesse qualcosa.
Aspetta. Forse lui ne sa davvero qualcosa…, si dice Ruy, assottigliando lo sguardo. E chiedendosi che sapore debba avere il sashimi di carne umana. Magari, se lo marino un po’ con aceto e limone… 
«E tu cosa ne sai?», gli domanda, un tono inquisitorio che avrebbe fatto la gioia di Torquemada.
Yngve si stringe nelle spalle, in un clang di protesta da parte dell’armatura.
«Lo sanno tutti», ribatte, come a volergli dare dell’ingenuo. E forse sì, forse il peccato più grande di Rodrigo è proprio la sua ingenuità disarmante, unita alla fede incrollabile nella Giustizia e negli alti valori che muovono - che dovrebbero muovere - i Santi di Athena. Ma non c’è furia peggiore di quella di un ingenuo che si accorge di essere stato fregato. E Rodrigo intuisce, con spietata lucidità, che dietro a tutta questa storia - dall’ubriacatura indecente di Marco, al consiglio di parlare con Aiolia, al chrysos synagein - c’è lo zampino di Yngve. Sicuro come il sole sorge ad Est.
Va bene, Yngve. Te la sei cercata. «Io no», risponde. E pensando: Muoia Sansone con tutti i Filistei, aggiunge: «Spiegamelo tu, visto che sei così pratico.».
«È puro buon senso», ribatte Yngve. «Oggigiorno si assicura qualsiasi cosa, dall’automobile alla casa, alle gambe delle attrici. Basta leggere i giornali.»
«Immagino...», commenta Rodrigo, visualizzando Aphrodite dei Pesci sotto al casco del parrucchiere, intento a sfogliare un rotocalco femminile facendo attenzione a non sbeccarsi lo smalto appena steso. E quel pensiero gli regala un sorriso pericoloso. Il sorriso del cane pronto ad azzannare alla gola l’incauto postino che si introduce nel giardino da lui custodito.
«Quindi», riprende Yngve, «immaginerai anche che polizze diverse richiedano tempistiche diverse. Un conto è farsi risarcire perché qualcuno non ci ha dato la precedenza. Un altro è riscuotere un premio sulla vita.» Pausa. «Dico bene, Santità
Forse è solo un gioco di ombre, forse Ruy lo immagina solamente, ma sul viso di Kanon scende un velo. Come quando vieni colto in castagna, ma no, non vuoi darlo a vedere. Nossignore.
«Suppongo di sì», replica il Sacerdote.
«E immagino che l’assicurazione abbia pagato in fretta, una volta svolti tutti gli accertamenti del caso.»
Yngve l’incalza. Senza tregua. L’avanzare dello squalo che ha fiutato il sangue e che ha tutta l’intenzione di serrare la chiostra delle sue zanne attorno al tuo busto. Niente di personale. 
 
«Che storia è questa?»
 
La voce di Saga non ha perso il tono stentoreo e saldo con cui li guidava durante la sua… reggenza. E la posizione di Kanon si sta assottigliando, sempre di più, perché adesso anche gli altri si stanno interessando alla questione, che da bega condominiale si sta tramutando vieppiù in un succosissimo cheeseburger da far fuori in tre bocconi.
«Ma niente», minimizza il Sacerdote. «Quisquilie burocratiche di nessun peso e che niente hanno a che vedere...»
«C’era un’assicurazione sulla tua vita, Saga.»
La voce di Aiolia catapulta l’attenzione di tutti gli astanti sul Leone.
«Una… cosa
«Un’assicurazione. Sulla. Vita.» Aiolia scandisce le parole con cura, come fossero i grani di un komboloi. «Il beneficiario era Yngve.»
«Tu!!!», ruggisce Gemini indicando Pisces, e lo sguardo di Saga si va allargando in maniera preoccupante. Non è che gli viene un embolo, vero?, pensa Ruy, ritrovandosi a frapporsi tra Saga e Yngve. Per prudenza, ché Athena non sarebbe affatto felice di doverseli andare a riprendere un’altra volta, non dopo tutto il casino fatto per tirarli fuori da quella statua pacchiana in fondo al Tartaro. «Tu!!!»
«Perché ti stupisci, Saga?», domanda Yngve sinceramente sorpreso, i palmi delle mani rivolti verso Gemini a dimostrargli che è sincero e che non nasconde null’altro. «Mi sembrava la scelta più logica.»
«Logica?!», ruggisce Saga, facendosi strada verso Yngve. «Logica se hai deciso di accopparmi!»
«Che sciocchezze», chiosa Aphrodite, mettendo il broncio come un’attrice consumata. «Io sarei morto prima di te, nel tentativo di difenderti. Cosa che, per altro, è successa.»
«E la polizza, allora?!»
«Era una precauzione», spiega Aphrodite, stanco. Di dover spiegare tutto per filo e per segno, forse. Di dover mostrare tutti i passaggi agli allievi duri di comprendonio. «Sai, i tuoi continui sbalzi d’umore mi preoccupavano. E non poco.»
«I miei sbalzi d’umore?»
«Come preferisci chiamarli? Crisi?» Yngve è sincero. Le mani sui fianchi e l’espressione seria, aggiunge: «Che cosa sarebbe successo se ti fosse venuto un colpo apoplettico, mentre eri immerso nella vasca del Sacerdote per calmarti i nervi? O se ti fossi assopito e fossi annegato? Eh, Saga?».

«Sì, ma perché indicare proprio te come beneficiario?»

Il tono di Marco è basso, bassissimo. Come quello di una bestia che risiede nelle profondità della terra, o nell’antro gorgogliante di Cariddi. 
«Qualcuno doveva pur essere», dice Yngve. E prima che Marco gli chieda conto e ragione della sua scelta, aggiunge: «E visto che il Santo dell’Altare è carica vacante, il designato non poteva che essere un Santo d’Oro.»
«Ma perché tu?», l’incalza Marco. «Perché non Shaka? O Shura? O...»
«Perché il beneficiario deve firmare. E c’era un discorso di discrezione sul… segreto di Saga. Che conoscevamo solo noi due. Tre, se ci metti Shura...»
«Ah, no», ribatte Ruy voltandosi verso Yngve, il filo di Excalibur pronto a correre sulla sua pelle eburnea. «Non ci provare! Io non ne sapevo niente di questa storia!»
«E poi voi andavate in missione. Io, quasi mai. E scegliendo il sottoscritto non si correva il rischio che qualcuno ammazzasse il Sacerdote per riscuotere il premio. Qualcuno con il vizio dell’omicidio, ad esempio...»
Ma prima che Marco oltrepassi Saga e balzi al collo di Yngve per stringere, stringere, stringere - e Ruy potrebbe lasciarlo fare, una volta tanto -, Saga domanda: «Ma non avrei dovuto firmare anche io, in quanto diretto interessato?».
«Ci ho pensato io. Come al solito.»
«Hai falsificato la mia firma?!» Saga è sempre più incredulo. Yngve, il tranquillo Yngve, è una velenosissima serpe in seno. Quanto non lo conosci, Saga, pensa Ruy.
«Chi credi firmasse al posto tuo quando avevi le tue crisi di nervi e ti mettevi in ammollo nella vasca del Sacerdote?», domanda Yngve. «Il Santuario non può fermarsi perché il Sacerdote ad interim ha le paturnie! Ho assolto alle funzioni dell’Altare. Svolgendo un compito che non era e non è il mio. Che gente! Dovreste ringraziarmi, invece di sbraitarmi contro.»
«Che faccia di bronzo!» Saga è una pentola a pressione pronta ad esplodere, portandosi dietro mezzo complesso in un tripudio di livore e vapore. «Aiolia, chi ha beneficiato del premio assicurativo?»
«A quel che so, morti entrambi, la polizza è passata al parente più prossimo ancora in vita.».
 
«Permettimi una domanda», s’intromette Adriano, una mano sulla spalla di Saga a tenerlo fermo dai suoi propositi omicidi. «Tu cosa ne sai?»
Aiolia fissa il Toro dritto nelle palle degli occhi e poi ribatte: «Athena ha trovato una copia della polizza nella Biblioteca del Sacerdote.».
«Visto? Non ce l’avevo io. Era nella Biblioteca del Sacerdote», commenta Yngve. Come se questo chiudesse la questione dandogli ragione e asserendo la sua onestà.
Sì, e mio nonno aveva tre palle, pensa Ruy. Scostandosi di appena un passo da davanti a Yngve. Non ci tiene ad essere travolto da Saga. Che a breve si libererà dalla presa di Adriano e scatterà in avanti, passando sopra chiunque si pari dinnanzi al suo incedere. Athena compresa. 
«E?», domanda Adriano. Perché c’è un E? a galleggiare nelle pause di Aiolia. Un E? grosso quanto tutta la collina su cui sorge il Santuario.
«E una volta ritrovato Kanon in buoni sentimenti, Athena ha pensato a fargli recapitare la polizza.»
«E tu non hai detto niente?!»
Milo è inviperito, anche se si è sforzato di mantenere un tono neutro.
«Athena mi ha imposto la Sigé», ribatte Aiolia.
«Comodo...»
«Parlane con lei», e per Aiolia la questione è chiusa.
«Non ci sto capendo nulla», interviene Shaka, occhi una tantum aperti, azzurri più del cielo in primavera, ed espressione sperduta. «Chi ha pagato la polizza? E dov’è adesso?»
«Il Santuario ha pagato regolarmente tutte le rate», lo tranquillizza Yngve. «Anno dopo anno. Scendevo personalmente ad Atene ad occuparmi della questione.» 
«Il Santuario...», commenta Milo, l’espressione di chi è pronto a infilzare Yngve col proprio aculeo fino a non sentirsi più le spalle dalla stanchezza.
«Il Santuario ha un fondo per le emergenze», risponde Yngve. «Ho scoperto io stesso che il premio era stato pagato un paio di giorni fa, quando mi sono recato in agenzia per saldare le quote mancanti.» 
E Ruy fa presto a tirare due conti.
Un paio di giorni prima.
Quando Marco si è ubriacato oltre ogni decenza. 
Quando gli ha suggerito di parlare ad Aiolia. 
Figlio di puttana. Maledettissimo figlio di puttana.
«Tu hai fatto cosa?!» Kanon si libera dell’elmo del Sacerdote, troppo grosso per la sua testa. «No, non dirmi che...»
«Che altro avrei dovuto fare, Santità? Io non avevo la minima idea che la polizza fosse stata riscattata.» Pausa. «Erano molto, molto incuriositi dal fatto che non solo Saga non sia morto, ma che io stesso ero vivo e vegeto...»
«Ma che cosa ti passa per quella testa?», gli domanda Kanon, sinceramente perplesso, gli occhi strabuzzati e un principio di paresi alla mascella. 
«Ho fatto il mio dovere, Santità
«Il tuo dovere era quello di riferire a me, razza di imbecille!»
Yngve si stringe nelle spalle. «Visto che avete tirato in ballo il discorso delle assicurazioni, ho pensato che...»
 
«Andiamocene.»
 
La voce di Aiolia è calda e imprevista al suo orecchio.
Quando si è avvicinato così tanto?, si domanda Rodrigo, specchiandosi nei suoi occhi blu. «Il chrysos synagein non è ancora concluso...», replica. Gli sta chiedendo di saltare le lezioni? Sul serio? Cosa sono, due monelli? Due studenti di liceo in un giorno di primavera?
Ma non eri tu quello che cogitava di universi paralleli?, si sente chiedere dalla propria coscienza.
Sì. Certo che sì. Ma da qui ad accogliere con gioia questo cambio di direzione, ce ne corre. Non è che sta sognando? Magari Saga gli è davvero passato sopra senza troppe cerimonie, e lui adesso sta vagolando, disteso su una lettiga dell'infermeria.
No, non si può, si ripete Ruy, ergendo un piccolo, singolo dito tra sé e la valanga che sta per travolgerlo. Ma quando apre la bocca per dare fiato al suo pensiero, l’altro scuote la testa.
«Non è mai iniziato», puntualizza Aiolia. «È la loro resa dei conti. Non ci riguarda.»
E Ruy si trova a dargli ragione. Yngve ha messo in piedi tutta questa sciarada per motivi chiari solo a lui - e forse neppure a lui - ed è il caso che termini quello che ha cominciato. Però...
«Che succede se si ammazzano tra loro?»
«Il Maestro non lo permetterà», replica Aiolia. Secco e lapidario. Impaziente, quasi, di mettere quanta più distanza possibile tre sé - tra loro due - e la sala del chrysos synagein.
«Tu dici?»
«Fidati. E poi c’è sempre Aiolos. Che non lascerà che Saga accoppi suo fratello. Athena non la prenderebbe bene.» Pausa. «E poi non dovevi dirmi qualcosa?»
E Ruy si ritrova ad annuire. 
E Ruy si ritrova a fare un passo indietro, poi un secondo, un terzo, fino a quando non volta le spalle all’assemblea e segue Aiolia giù per le scale che conducono alle Dodici Case, la schiena del Leone ad occupare il suo spazio visivo.
E adesso che gli racconto?, si chiede, il coraggio che evapora ad ogni passo, e la certezza di star andando ad infilarsi di testa nelle fauci spalancate di una fiera affamata. Fermarsi alla Decima Casa non è un’opzione. Aiolia tira dritto, come se non fosse quella, la loro meta - come se non lo fosse mai stata. E quando i passi di Ruy rallentano, l’altro si volta, gli scocca uno sguardo che incenerirebbe un nevaio e poi aggiunge: «Non qui.».
E dove?, vorrebbe chiedergli Rodrigo. E poi lo fa. «E dove?», dice. Perché non è sicuro che Aiolia sia nella sua testa.
«Alla Quinta. Lì non ci disturberà nessuno.»
 
   
 
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