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Autore: JennyPotter99    27/02/2021    0 recensioni
La storia di un paio di occhiali, un anello d'argento e una margherita.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Berlino, Il professore, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Si stanno tutti armando per fare qualcosa, tranne Berlino che non riesce a tenere niente in mano, perciò facciamo a turni io e lui per chi sta con Mosca.
Gli faccio bere un sorso d’acqua e volta lo sguardo su di me.- Mi ricordavo fossi così bella.- mi dice, con un leggero sorriso.- Ho detto al ragazzo la verità…Che ti ho abbandonato a quella rotonda e adesso lui mi odia.-
Credo che i troppi farmaci gli stiano facendo venire qualche allucinazione.
Tuttavia, anche a Toledo, Mosca mi aveva detto che somigliassi alla madre di Denver.
-Sono tornato per due settimane di fila…Questo non gliel’ho detto.- bofonchia, con gli occhi lucidi.- Mi dispiace di averti abbandonata.-
Che cosa dovrei fare?
È una cosa così triste che non riesco a non rispondergli.
-Non fa niente, è tutto okay.- gli sussurro.
-Adesso è cresciuto…E’ venuto fuori un po' matto.- commenta, tentando di ridere. -Ho fatto del mio meglio.-
Mi viene da piangere, sento che piano piano se ne sta andando.- Ascolta, hai cresciuto un figlio perfetto, forte e coraggioso. Hai fatto un cazzo di capolavoro.-
-Mi dispiace.- singhiozza, accarezzandomi la guancia.
-Dispiace a che a me.- piagnucolo, mettendo la mano sulla sua.
Non posso permettere che muoia, devo finire quel cazzo di tunnel.
Non ho mai preso un piccone in vita mia, ma non dovrebbe essere così difficile.
Mi dirigo di sotto e aiuto Denver e Rio a picconare, fortunatamente la terra è molto leggera e si sgretola velocemente.
Denver è sudato e sporco come qualcuno che ha lavorato in miniera per tutto il giorno: so che non si arrenderà e nemmeno io.
Ad un certo punto, Rio si ferma.- Aspettate, aspettate, lo sentite?-
Rimaniamo per un attimo in silenzio.
Non ci credo, sento che qualcuno sta picconando non lontano da noi.
Sono i serbi con il Professore: vuol dire che siamo vicini.
-Sergio!- grido, per vedere se mi sente.
-Tati? Tati mi senti?!-
È proprio lui, è la sua voce.
La riconoscerei tra mille.
Ci siamo, mancano pochi metri.
-Sì! Sì!- esclamo sorridendo, con le lacrime di gioia. -Ci siamo quasi!-
Qualche minuto dopo però, Monica scende nel tunnel con una faccia piuttosto triste.
-Denver, devi venire su.- mormora.
Denver non si ferma.- Non posso venire su adesso.- borbotta col fiatone.
Monica gli afferra il braccio.- Denver, se non vieni su adesso, te ne pentirai per tutta la vita…-
Da quella frase capisco che Mosca non sta tanto bene.
Sono tutti intorno a lui, come ad un capezzale e vedo che le sue garze sono stracolme: si sta dissanguando.
-Papà, ti giuro, manca pochissimo, abbiamo sentito le voci dall’altra parte, resisti ancora un po'.- gli dice Denver, stringendogli le mani.
Augustin lo guarda negli occhi.- Daniel…Dirò a tua madre che le vuoi tanto bene…E mi dispiace tanto.-
-No, no, papà, tutte quelle cose che ti ho detto, che ti odiavo, non è vero…- balbetta Denver, piangendo.
-Lo so figliolo, lo so.- afferma Mosca.- Monica…Ti do 300 milioni se te lo tieni.-
Ridacchiamo tutti e Monica annuisce sorridendo.- Va bene.-
Vicino a me, sento Berlino che mi prende la mano e mi stringo a lui.
Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti ad affrontare quel momento, perché so che Mosca sta morendo.
Mosca alza gli occhi verso il cielo.- E’ stato un piacere ragazzi.- tentenna, prima che gli occhi gli si chiudano definitivamente.
Daniel gli prende il viso tra le mani e piange disperatamente sul suo corpo.
È la cosa più straziante alla quale io abbia assistito.
Non ho mai visto nessuno morire: Oslo era già morto quando l’ho trovato con Helsinki.
Affondo la testa nel petto di Berlino e gli stringo la tuta.
Ho fallito.
Sento che ho fallito.
Era mio compito prendermi cura di tutti loro e sono morti in due.
Non riesco più ad assistere e so che qualcuno dovrebbe informare il Professore.
Barcollo nell’ufficio e premo il tasto.
-Che succede?- mi domanda, col fiato corto.
-Non ce l’ha fatta…- sussurro, con le mani tremanti.- E’ morto.-
Dall’altra parte sento un colpo sulla scrivania, di rabbia e tristezza.
-Sarà così anche per lui, Sergio?- singhiozzo, piegandomi in due per la disperazione.- Ci sentiremo così anche quando morirà lui?-
-Credo di sì, amore mio.- risponde piangendo. -Mi dispiace tanto.-
Lascio che la cornetta mi cada dalla mano e mi abbandono ad un pianto disperato, probabilmente all’unisono di Denver.
Mosca era un mio amico e ho il cuore a pezzi.
Non riesco ad immaginare, allora, cosa proverò quando Andrès non ci sarà più.
***
Mosca viene messo in una cassa di legno come Oslo.
Stiamo tutti lì a fissarlo, in fila e nessuno ha il coraggio di dire o fare nulla.
-Non sono mai stato ad un funerale.- esordisce Denver.- Non so cosa si dovrebbe dire in questi casi.-
La mia famiglia è sempre stata cattolica e qualche preghiera me la ricordo.
-Prendetevi tutti per mano.- intervengo, afferrando Denver con la destra e Berlino con la sinistra.- Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come il cielo e così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e non indurci in tentazione, ma liberaci dal male, amen.- recito a testa bassa.
Denver alza lo sguardo su di me, sorridendo appena.- Grazie.-
Mentre Helsinki e Rio chiudono la cassa, per un centesimo di secondo, riesco a vedere Andrès al posto di Augustin.
Mi viene la pelle d’oca, ormai ho quel pensiero nella testa.
Nervosamente, cerco l’ultima gomma che mi è rimasta nel pacchetto, quando capisco che le gomme non mi serviranno a non pensare o a ridurre lo stress.
In questo momento, vorrei una specie di telecomando universale che fermasse tutto.
Vorrei formare il momento in cui abbiamo riso su quella spiaggia di Valencia, l’attimo in cui ho guardato Sergio negli occhi l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore, il sorriso di Andrès sulle scale mobili mentre ci saluta dentro l’aeroporto di Madrid.
Infine, il momento in cui faccio l’ennesimo buco nella terra e vedo il viso di Sergio.
Ce l’abbiamo fatta.
Scansiamo insieme il terreno rimasto e uniamo le mani, sorridendo.
È uno dei momenti più felici della mia vita.
E, non so se è perché non dormo da svariate ore o se è per l’immensa felicità, ma non mi sento il resto del corpo.
Infine, svengo.
 
Mercoledì 9:36
 
Berlino mi versa un po' di acqua sulla faccia e mi dà qualche pacca, facendomi risvegliare.
Apro lentamente gli occhi e lui mi sorride. -Bentornata.-
-Che è successo?- bofonchio, alzandomi lentamente dal divanetto.
-Sei svenuta, hai la pressione sotto le scarpe.- spiega, aiutandomi ad alzarmi. -C’è qualcuno che vuole vederti, di là.-
La faccia del Professore non era un’allucinazione, dato che adesso è entrato nella Zecca e sta abbracciando Denver nel magazzino.
-Mi dispiace.- gli dice, dandogli una pacca sulla testa.
Mi vergogno tanto.
Avevo un solo compito e non sono riuscita a fare nemmeno quello.
Anche lui, sporco di terra, nella sua camicia e cravatta, si volta verso di me.
Nonostante tutto quello che è successo, dentro di me non è cambiato niente: sento ancora quelle farfalle nello stomaco.
Ci veniamo in contro velocemente e affondo la testa nel suo petto, scoppiando a piangere.- Mi dispiace, ci ho provato.- singhiozzo.- Ho fallito: mi avevi detto di proteggerli e invece ne sono morti due.-
Mi accarezza i capelli.- Non è vero, sei stata bravissima, sei stata la migliore.- mi mormora all’orecchio.
Abbracciandolo è come se tornassi a respirare.
Quando mi allontano un po', lo vedo che guarda oltre di me e mi volto, seguendo i suoi occhi.
Berlino ci raggiunge con un leggero sorriso e tutti e tre ci stringiamo l’un l’altro.
-Mi siete mancati.- afferma Sergio, tirando su col naso.
È proprio in quel momento, che il resto della banda ci fissa e capisce quindi che avevamo un legame già dall’inizio di tutto questo.
-Non mentivi, quindi.- commenta Tokyo.
Alzo le spalle.- Non l’ho mai fatto.-
-Scommetto che eravate uno di quei gruppetti che si dà un nomignolo.- aggiunge Nairobi.
Tutti e tre scoppiamo a ridere.- In effetti sì.- risponde Sergio.
Successivamente, Nairobi conduce il Professore dentro l’ufficio dove sono state riposte tutte le sacche di soldi.
Non appena Sergio le vede, gli brillano gli occhi.
-984 milioni di euro.-
Si copre la bocca, incredulo.- 984 milioni di euro.-
È davvero un grandissimo traguardo.
-Jesus ne sarebbe fiero.- commento sorridendo.
Se Jesus avrebbe visto tutto ciò, sarebbe stato molto fiero di suo figlio, proprio come lo sono io adesso.
Perché, probabilmente, senza il Professore che agiva di fuori, noi non ci saremmo riusciti.
Non riesco nemmeno ad immaginarmi le cose che ha fatto per darci una mano.
-L’ispettore?- chiedo.
Sergio mi mostra la mano destra sopra cui c’è un morso mezzo sanguinante.
Faccio una smorfia sorpresa.- Ah, ci siamo dati al sadomaso.-
-Fa i capricci…Ma presto la polizia si chiederà che fine ha fatto e manderanno le squadre d’assalto.- spiega Sergio.- Dobbiamo portare i soldi fuori di qui, alla svelta.-
Perciò, ha inizio così l’ultima fase del piano.
   
 
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