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Autore: Ale Villain    27/02/2021    0 recensioni
AGGIORNATA CON IL CAPITOLO 26 - MARZO 2024
Era così lei: niente di più che una studentessa dalla vita semplice, circondata da pochi affetti e con un passato misterioso, ma che ormai per lei non rappresentava che un mero ricordo. Era così lei, da quando era in quel mondo: ma per quanto ancora le sarebbe andato bene?
---
I.V era stranamente agitato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva nemmeno come approcciarsi e che motivazione dare a questa sua “visita” inaspettata.
[...]
Stava per muovere un altro passo quando sentì un rumore veloce, alla sua sinistra, proprio dove si trovava il soggiorno.
Si bloccò e si girò piano.
Finalmente la vide.
Era a pochi passi da lui.
E gli stava puntando contro una pistola.

---
Sospirò nervosa e fece per chiudere la porta; I.V, però, non glielo permise e posizionò con uno scatto il piede tra la porta e lo stipite.
Mise una mano sulla porta, spingendola fino ad aprirla nuovamente.
"Non costringermi a usare questi metodi" sussurrò, guardandola intensamente negli occhi.
Ambra deglutì. Quel timbro di voce l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo VI: Se il gioco si fa duro
© AleVillain
 





 


Giovanni aveva bussato alla porta della camera da letto. Come nelle tre mattine precedenti, non aveva ricevuto risposta. Sospirò, rimanendo di fronte alla porta della camera.
“Stai davvero dormendo?” disse, piano “O non vuoi andare a lezione?”
 Rimase fermo ancora qualche secondo, in attesa di una risposta che sapeva non sarebbe arrivata.
Lasciò il corridoio e si diresse in cucina a prepararsi un caffè.
Anche oggi non esce dalla camera digitò poi alla sua fidanzata. Ormai le sue mattine stavano procedendo in questo modo.
Giovanni stava cominciando a preoccuparsi seriamente per sua sorella. Da che non gli voleva dire dove fosse finita quel pomeriggio di qualche settimana fa, a quando era ritornata a casa con gli occhi rossi e tutta tremante. Vedendola così, gli era completamente passata l’arrabbiatura che aveva serbato fino a poco prima.
Il problema, però, rimaneva sempre quello: Ambra non gli voleva parlare. Faceva finta di niente.
Lui si stava abbastanza stufando della situazione, soprattutto perché Ambra sapeva che con lui avrebbe potuto parlargli di tutto: se avesse voluto abbandonare l’università lui l’avrebbe appoggiata, se avesse avuto problemi con Richard…
Già, Richard. Quel ragazzo con la mamma americana che gli aveva dato quel nome ridicolo. Ambra sembrava trovarcisi e lui la trattava bene; almeno, questo era quello che trapelava.
Però sembrava ci fosse stato un improvviso distaccamento. Si vedevano di meno, Ambra sembrava quasi entrare in ansia quando sapeva che doveva vederlo.
“Che… Che abbia un amante?” mormorò Giovanni, dopo aver spiegato la situazione alla sua ragazza al telefono. Stette attento a parlare a voce bassa, per evitare di farsi sentire dalla sorella – era convinto stesse solo facendo finta di dormire.
“No, non penso” ribatté l’altra “Non mi sembra il comportamento di chi ha un amante”
Giovanni mise la tazzina, ormai vuota, nel lavandino.
“Perché, tu ne sai qualcosa?” disse serio.
La ragazza ridacchiò.
“Non so se ti riferisci all’amante o alla situazione di Ambra”
Il silenzio dall’altra parte la portò a sospirare e a rispondere con serietà. Questa storia di Ambra lo stava rendendo particolarmente sensibile a qualsiasi parola fuori posto.
“No, amore. Né sull’amante né su Ambra”
Giovanni si rilassò.
“Penso tu debba andare a lavoro, ormai” continuò lei. Giovanni staccò il telefono dall’orecchio. Le 8 e 15. Sì, era decisamente l’ora.
“Sì, vado” dichiarò “Se ho novità su Ambra ti chiamo”
Dopo essersi salutati, chiuse la chiamata e mise il telefonino in tasca. Si avviò verso il salotto e afferrò le scarpe, dopodiché infilò il giubbotto di pelle.
Prima di uscire di casa, gettò un’occhiata dietro di sé; vide che la camera di Ambra era ancora chiusa. Si ripromise che, in un modo o nell’altro, sarebbe arrivato in fondo a quella questione.
 


 
H 9.53
Allungò la mano sul comodino e tastò fino a cercare il telefono. Lo afferrò e guardò l’orario. Erano quasi le dieci. Questo voleva dire che era rimasta a pancia in giù, con la faccia premuta sul cuscino, per almeno un’ora e mezza buona.
Si era svegliata quando aveva sentito Giovanni bussare; ormai era diventata routine. Lui bussava e lei non rispondeva. Ambra aveva capito che era più facile ignorarlo, piuttosto che far finta di nulla. Non pensava sarebbe stata in grado di fingere più che, nella sua vita, tutto stesse procedendo come al solito.
Sapeva, però, che non sarebbe potuta andare avanti così ancora per molto. Non era corretto nei confronti di Giovanni e sicuramente, a breve, lui avrebbe fatto domande a cui lei non poteva più astenersi dal rispondere.
Sbuffò appena, mentre si metteva seduta sul letto. Forse poteva cominciare a tornare in università con più regolarità. Alla fine, pensò, quella situazione non si sarebbe risolta nel giro di qualche giorno e prima riprendeva la sua vita il più normalmente possibile, meglio era.
Gettò uno sguardo lungo la camera, alla ricerca dello zaino. Che ovviamente non trovò.
Chiuse gli occhi e imprecò mentalmente.
“Lo zaino, cazzo” mormorò a voce alta, con tono infastidito “Lo zaino”
In tutto quel trambusto, si era completamente dimenticata che doveva recuperare da loro lo zaino e i documenti. Il problema, però, rimaneva sempre lo stesso: come diavolo li contattava?
Si voltò di scatto verso la porta finestra della sua camera: magari, per qualche motivo, I.V era di nuovo fuori sul balcone.
Scese dal letto, si avvicinò alle tende e le scostò: niente. Non rimase neanche troppo delusa, alla fine se lo aspettava.
Lasciò perdere e andò ad aprire l’armadio per preparare i vestiti da indossare quel giorno. Dopo essersi data una sciacquata ed essersi cambiata, andò nella camera di suo fratello. L’unica borsa sostitutiva che era riuscita a recuperare era una vecchia borsa a tracolla nera che aveva utilizzato Giovanni ai tempi delle superiori. Non era particolarmente capiente e non era affatto bella da vedere, ma di andare in giro con i libri in mano non se ne parlava neanche.
Era riuscita a risolvere in modo parziale anche il problema documenti: per una volta, il fatto di lasciare cose in giro si era rivelata una cosa positiva. La tessera dell’università era, da giorni, abbandonata sulla scrivania. Per lo meno non avrebbe continuato a girare completamente senza un documento di riconoscimento.
Quel giorno aveva deciso che sarebbe tornata in università. Non sapeva quanto sarebbe riuscita a stare attenta, con tutti quei pensieri in testa, ma cominciare a riprendere la solita routine era solo il passo inziale.
L’università, da quando l’aveva cominciata, era diventata una specie di porto sicuro. Incontrava solo persone che le trasmettevano tranquillità e, se voleva, poteva isolarsi dal mondo studiando o ascoltando la musica.
Andare in università era sicuramente il modo migliore per ricominciare e ne ebbe la conferma quando, varcando i cancelli dell’ateneo, si sentì a casa.
 

 
***
 


H 3.21
Quando tutti ebbero spento la luce della propria stanza, I.V si accomodò sulla sedia davanti alla sua scrivania e accese la luce posta sul tavolo. Non illuminava granché, ma era sufficiente a vedere i fogli posti sul tavolo.
Aveva deciso di recuperare tutte le ricerche che aveva svolto su Ambra per conto di Yunho. Quest’ultimo gli aveva rivelato che non si fidava a pieno della ragazza e I.V voleva cercare di scoprire qualcosa di più sul suo conto.
In realtà i fogli che aveva davanti li conosceva in modo superficiale; Yunho gli aveva sempre detto che doveva sapere le cose fondamentali, niente di contorno. Perciò, con le nuove informazioni, poteva arrivare a scoprire qualcosa di più.
Avevano già appurato che era stata adottata. Probabilmente era stata portata via dal Mondo degli elementi in tenera età. Ma per quale motivo? E da chi?
Sapeva dove viveva, ma non aveva capito bene con chi. Tutte le volte che l’aveva vista uscire di casa durante i suoi pattugliamenti, non l’aveva mai vista insieme a qualcuno che non fosse il fidanzato o un’amica. Però era certo che vivesse con qualcuno: quella volta che era andata a “trovarla” sul balcone, lei continuava a girarsi dietro di sé e lui stesso aveva sentito dei rumori provenire dalla casa. Quindi aveva dei coinquilini.
Rimaneva anche da capire quale potere avesse. Aveva, a logica, escluso terra e fuoco. Rimanevano i due che, a livello caratteriale, erano i più simili tra di loro. Visto il suo essere maldestra e con la testa tra le nuvole poteva essere aria, come Hoseok, ma era al contempo impulsiva, come Yunho che era acqua.
I.V sospirò, spostando i fogli e ricontrollandoli nuovamente. Sembrava non fosse possibile venirne a capo.
Riguardò la scheda personale di Ambra che era riuscito a reperire dall’ufficio anagrafe: Ambra Doria, risultava nata a Milano, classe 1996, quindi aveva un anno in meno di lui e…
I.V corrugò le sopracciglia rileggendo i dati anagrafici.
“Il cognome” sussurrò tra sé e sé “Devo controllare il cognome”.
Si leccò l’indice della mano destra e girò un paio di fogli. Qui apparivano il nome e il cognome dei genitori, sicuramente quelli adottivi. E poi compariva un secondo figlio. O meglio, il primogenito.
“Giovanni Doria, nato a Milano, classe 1991” lesse “Ha un fratello”
Come era possibile che non se ne fosse accorto prima del dettaglio? Sospirò e scosse la testa, maledicendo mentalmente Yunho e il suo voler fare le cose tutte di fretta. Pur di avere tutto sotto controllo in breve tempo, non gli aveva neanche dato il tempo di leggere tutti i fogli dell’anagrafica, ma solo il foglio singolo di Ambra.
Lesse attentamente le anagrafiche del fratello.
Sarà il fratello di sangue di Ambra?
Rimase a rimuginare sui fogli e le infinte possibilità. Quello poteva essere il fratello biologico di Ambra come poteva essere benissimo il figlio biologico dei genitori. Ma mancava la cartella anagrafica dei genitori, quindi più in là di così con le conclusioni non poteva andare.
I.V stava anche cominciando ad accusare la sonnolenza. Nessuno di loro andava mai a letto tanto presto, però quei giorni erano risultati particolarmente stancanti.
Diede un rapido sguardo all’orologio a muro, che faticò anche a vedere per via della poca luce. Non aveva scoperto granché, ma avevano un altro punto di partenza.
Questo Giovanni Doria poteva essere utile. Non sapeva come rintracciarlo e, soprattutto, se sarebbe riuscito a parlarci, ma un tentativo lo doveva fare. Decise, quindi, che l’indomani sarebbe passato all’ufficio anagrafe nuovamente, sperando di incontrare la stessa tizia della scorsa volta, di modo da poter aver accesso ai dati anagrafici senza grandi problemi.
Sospirò, poco prima di raccogliere i fogli per impilarli in un angolo. Facendo ciò, da sotto il plico di fogli rispuntò la famosa lettera.
La prese tra le dita della mano. SDTS. Chissà cosa diavolo voleva dire.
Fece per spegnere la luce della lampadina, quando un rumore proveniente da sotto lo spinse a lasciarla accesa.
Un colpo secco, sordo. Come se qualcuno avesse sbattuto contro una porta o un muro.
Di primo impatto pensò a Hoseok. Era solito muoversi di notte e sbattere contro oggetti vari. Però era sicuro di averlo visto entrare nella sua stanza e chiudere la porta a chiave. Come ogni notte.
Si alzò piano dalla sedia e si avvicinò alla porta. La scostò appena, giusto per riuscire a vedere il corridoio. Non vide nessuno, ma la porta leggermente socchiusa della camera di Jeim, proprio di fronte a lui, lo spinse a controllare se stesse dormendo.
“Ho sonno” rispose Jeim, aprendo la porta.
“Lo so, anche io” fece I.V “Ma ho sentito un rumore strano”
Jeim sbuffò. “Ma sarà Hoseok… Sai che come si muove fa disastri”
I.V scosse la testa.
“Sono sicuro di averlo visto chiudere la porta a chiave”
Jeim sospirò.
“Ho sonno” ripeté lui.
“Lo so, anche io” ribatté l’altro “Però ti dico che ho sent-“
Entrambi si voltarono di scatto verso la fine del corridoio, dove c’erano le scale.
Questa volta era decisamente più forte e chiaro. Ed erano stati in due ad averlo udito. Un rumore di passi. Pesanti e lenti.
Si rivoltarono l’uno verso l’altro, con sguardo serio. Stavano pensando la stessa cosa.
“Vado a svegliare Yunho” dichiarò Jeim. I.V annuì, intimandogli di fare veloce, e ritornando con lo sguardo lungo la fine del corridoio.
Non aveva idea di chi potesse essere e soprattutto come diavolo avesse fatto ad entrare. Intanto, però, quei passi sembravano sempre più vicini.
Sentì, dietro di sé, Jeim bussare con forza alla porta di Yunho.
I.V mosse un passo in avanti e lasciò scorrere le dita sul muro, alla ricerca dell’interruttore della luce, anche se sapeva perfettamente che lo avrebbe trovato solo vicino alle scale.
Avanzò di un altro passo. Poi di un altro ancora. Esattamente come stava facendo lo sconosciuto che, ormai era chiaro, stava salendo le scale.
Crac.
Qualcuno aveva raggiunto l’ultimo gradino.
“Come diavolo…”
I.V sentì il pugno forte, ben piazzato sopra l’occhio sinistro. La testa gli balzò all’indietro di scatto. Si portò in automatico una mano sull’occhio. Il sopracciglio gli stava bruciando da morire, il che significava che lo sconosciuto aveva appena preso in pieno il piercing.
“I.V!” urlò Jeim dietro di lui.
Quest’ultimo si mise a correre nella direzione dello sconosciuto. Aprì la mano davanti a sé, tenendo le dita sollevate. In poco tempo, la mano prese fuoco, illuminando il corridoio buio.
Fece per fiondarsi sullo sconosciuto, ma quest’ultimo riuscì a schivare il colpo con uno scatto rapido.
I.V si tolse la mano dal sopracciglio e gli afferrò la maglietta, sbattendolo contro il muro. Ci riuscì, ma solo per poco. Il tizio, infatti, riuscì a tirargli un calcio sugli stinchi. Trattenne a stento un gemito di dolore, giusto un secondo prima di riprendere lucidità e afferrarlo per il collo.
Yunho, in men che non si dica, gli si parò dietro. Schiacciò rapidamente una mano contro il viso del tizio, coprendogli interamente naso e bocca. In una frazione di secondo, dal palmo della mano di Yunho fuoriuscì un getto d’acqua ghiacciata che finì dritto in gola e nelle narici dello sconosciuto.
Questi annaspò, schiacciandosi contro il muro. Quando parve sul punto di collassare, Yunho mollò di colpo la presa, mentre I.V lasciò che cadesse a terra. Fu in quel momento di stallo che I.V si rese conto di quanto gli stesse bruciando il sopracciglio. Si toccò piano il punto dolorante, ma non appena lo fece sibilò per il dolore.
Andò ad accendere la luce, mentre sentiva lo sconosciuto provare a respirare, non senza una certa fatica. I.V si guardò le dita che poco prima avevano toccato la ferita: come si era immaginato, c’era del sangue.
Yunho, nel frattempo, caricò la glock.
Chi cazzo sei e cosa cazzo vuoi?
Lo sconosciuto, nonostante gli occhi rossi e ridotti ad una fessura e il respiro difficoltoso, trovò la forza di ghignare.
“Sti cazzo… Sti cazzo di cinesi” tossì poi, in italiano. Nel trambusto generale, non si erano accorti che non aveva gli occhi a mandorla come loro.
“Coreani, pezzo di merda” inveì Jeim, con un perfetto italiano, continuando a mantenere una fiamma viva nella mano destra, ancora fremente.
“Tanto siete tutti uguali” farfugliò, la voce ridotta ad un sibilo e affaticata “Cosa… Cosa diavolo ci fate in Italia?”
“Le domande le faccio” risposte Yunho fermamente “Allora? Chi sei e perché sei qui?”
Lo sconosciuto provò a prendere un respiro profondo.
“Tu non sai chi sono, forse… Ma il tuo amico rosso? Non mi riconosce?”
Yunho, I.V e il tizio si girarono in contemporanea verso Jeim. Quest’ultimo, sentendosi osservato, passò lo sguardo prima tra i due suoi compagni, poi si mise ad osservare meglio il ragazzo. Si avvicinò appena, mentre Yunho, per sicurezza, gli puntava la glock dritta in testa, pronto a freddarlo in caso di movimenti inaspettati.
Capelli scuri, barba incolta, occhi azzurri. Oh, probabilmente aveva capito di chi si trattava.
“L’ultima gang che siamo andati a controllare” spiegò, senza mai distogliere lo sguardo da lui, come a sfidarlo “Io e Hoseok abbiamo incontrato lui e gli altri”
Il ragazzo sconosciuto fece per alzarsi, ma I.V si accovacciò di fianco a lui e gli circondò il collo con una mano, schiacciandolo poi contro il muro.
“Sì, sì!” esclamò, per poi tossire, mentre arpionava con le mani il polso di I.V nel disperato e inutile tentativo di staccargli la mano “Sì! Tu e il tuo amichetto siete venuti a rompere i coglioni a me e agli altri, per questo ho deciso di seguirvi fin qui! Dovete smetterla di venire a chiederci di Fabian! Non so dove sia, non so cosa stia facendo!”
Tutti rimasero interdetti di fronte a quello sfogo. Non capivano dove volesse andare a parare.
“E poi la lettera, una ragazza dai capelli rossi… Ma noi che cazzo ne sappiamo? Fabian ci ha abbandonato e se fa casini noi non ne rispondiamo!”
“Chi è ora questo Fabian?” gli domandò Yunho, spazientito. Quella conversazione non stava portando a nulla e lui odiava perdere tempo in cose inutili.
Lo sconosciuto ghignò nuovamente.
“Non sono scemo, sai? Lo so che cercate Fabian… Lo so che è accusato di delitti a danni di elementi, lo so che probabilmente ha ucciso tempo fa una vostra fidanzata e ora stat-“
“Cosa cazzo stai dicendo? Chi è ‘sto Fabian? E di che delitti a danni di elementi stai parlando?” tuonò Yunho. La vena del collo ormai gli si era gonfiata a dismisura, sia per il nervosismo sia perché non stava capendo chi fosse questo tale e per quale motivo fosse tanto arrabbiato con loro per un qualcosa di cui, era sicuro, nessuno di loro era conoscenza.
“Ve l’ho appena detto, almeno ascoltate!” urlò, poco prima di sorridere con fare da maniaco. “Mi dispiace per la vostra rossa, ma se ha avuto a che fare con Fabian probabilmente ha fatto una brutta fine”
Yunho deglutì. Cosa intendeva dire? Che questo Fabian avesse trovato Ambra e l’avesse uccisa? No, non aveva senso, non poteva avere un motivo per uccidere una ragazza come Ambra.
“Mi sono veramente rotto di questa conversazione” disse ad un tratto Yunho.
Jeim fece qualche passo verso di lui.
“Io non ti sopporto più” dichiarò. Il tizio non ebbe neanche il tempo di realizzare, che qualcosa – o meglio qualcuno – lo colpì alla testa. Svenne sul colpo.
Calò finalmente il silenzio.
“Ti ha colpito?” domandò Yunho stranito, osservando il viso di I.V rigato di sangue su un lato, striscia che partiva dal sopracciglio sinistro.
I.V sospirò, tirandosi su a sedere. “Tu dici?”
Yunho ritornò con lo sguardo sul tizio svenuto.
“Perquisitelo” disse “Per domattina voglio sapere quanto meno il nome e dove vive”
Poi si rivolse a Jeim: “E capire come caspita ci ha trovati”
“L’ha detto, ha seguito me e Hoseok” si giustificò il rosso “Solo che non ce ne siamo accorti”
“Male!” esclamò l’altro, allontanandosi e dirigendosi verso la sua stanza “Io voglio dormire. Legatelo da qualche parte”
Jeim e I.V si guardarono, mentre Yunho rientrava nella stanza.
I due stavano per sollevare di penso il tizio quando Yunho tornò nel corridoio.
“Ah, I.V” fece “Domattina vai da Ambra a controllare che sia viva. Presumo di sì, ma sempre meglio controllare, visto che se lei non c’è più questo mistero della lettera non lo scopriremo mai”
I.V sospirò, leggermente irritato.
“Devo andare ancora da lei?” domandò. Si era già fatto dei piani per l’indomani, di sicuro erano più importanti che andare a controllare se Ambra fosse viva.
Yunho lo guardò serio. “E credi anche sia l’ultima volta?” domandò, in tono quasi sarcastico “Già che ci sei, chiedile anche di ‘sto Fabian”
I.V chiuse gli occhi e alzò la testa verso il soffitto, facendo scrocchiare il collo. Doveva ricordarsi che Yunho era il capo e che non aveva alcun diritto di ribattere ai suoi ordini.
Yunho chiuse la porta della camera e girò la toppa, nell’esatto momento in cui la porta di Hoseok si apriva. Quest’ultimo uscì con gli occhi gonfi per il sonno.
“Cos’è successo?”
Jeim e I.V si guardarono, evitarono di rispondergli e cominciarono a sollevare il corpo pesante del tizio.
 
 












 


Angolo Autrice
Questo capitolo devo dire che mi piace particolarmente! Secondo me è venuto fuori bene e sta dando veramente il via alle numerose vicissitudini che incontreranno i personaggi da qui in avanti. Insomma, storia sul passato di Ambra si infittisce ed I.V ha proprio voglia di scoprirlo.
Ad ogni modo, ringrazio chi sta seguendo, recensendo e anche solo leggendo questa storia.
Un saluto!
  
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