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Autore: Jashin99    27/02/2021    0 recensioni
Nelle Terre Antiche si incrociano i cammini di due viaggiatrici; l'una una prode guerriera dall'armatura lucente dedita ad un'instancabile ricerca, l'altro un angelo oscuro in fuga dal proprio passato. Sembrano destinate a essere nemiche, ma forse il mondo ha bisogno di entrambe per sopravvivere. Forse l'abisso che le separa non è così profondo... ma potrebbe rivelarsi invalicabile.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Leona, Morgana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vortice, fiamme, gelo, guerra, urla, lame che affondavano sulla sua carne; e quando pensava di poter dare un argine alla marea veniva sommersa di nuovo.
Il dolore di quegli uomini era caotico, ma di un caos diverso da quello degli spettri delle Isole. Quelli erano stati sottoposti tutti ad agonie immense, travolgenti, ma con delle forme definite, in un certo senso ripetitive; invece quegli otto erano così unicamente… umani, esperienze simili ma separate nel tempo che ora si sovrapponevano senza controllo. Per essere degli uomini avevano sofferto agonie che non avrebbe mai potuto immaginare. Quanto era cambiato il mondo nei secoli in cui si era nascosta?
Poi un dolore più intenso, improvviso, una spada che lacerava l’incubo, la fulminò e la risucchiò via: spalancò gli occhi ma non vide nulla se non la luce del suo dolore; crollò a terra, sentendo liquido bollente scorrere da una fenditura sullo stomaco. Boccheggiò senza più aria nei polmoni e l’oscurità la chiamò a sé.
Rinvenne ritrovandosi in piedi, circondata dalle fiamme, e seppe all’istante dove si trovava. Zeffira. Kayle stava guidando l’assalto, ma dei nemici avevano invaso la città e lei era intervenuta per salvare i suoi abitanti.
Qualcuno chiamò aiuto: una voce bambina, inudibile se non fosse stato per il terrore che le dava fiato.
-Resisti, sto arrivando!- Si mosse cercando di capire da dove fosse venuta, ma non vedeva altro che fuoco. Una figura solitaria si stagliava tra i petali vermigli e la guardava severa, una giovane donna dai capelli bianchi.
-Dove sei, sorella?-.
La sua voce echeggiava terribile nell’aria, come se non fumo, ma solide pareti la circondassero.
Morgana strinse i denti e si tuffò tra le fiamme, individuando finalmente la bimba sotto alcune assi. Lì vicino, corpi adulti carbonizzati.
-Ti tiro fuori da lì!- Non aveva niente da usare per aiutarsi, dovette spostare le assi in fiamme con le mani. Si interruppe per un secondo stordita dal dolore, poi prese la piccola in braccio e si voltò per uscire. La donna di prima ora era in un’armatura splendente, ma incrostata di sangue.
-Mi hai lasciata sola.-.
-Tu hai lasciato sole queste persone!- Le rispose e corse verso l’uscita, anche se non ricordava nemmeno com’era entrata. Le lingue di fuoco la lambirono più volte e non riusciva a schermarsi mentre difendeva la bambina. Nonostante continuasse a correre, la donna appariva sempre al suo fianco.
-Che stai facendo?-.
-Hai permesso tutto questo!-.
-Mi fidavo di te.-.
Morgana scosse la testa e finalmente trovò l’uscita; ma come fu fuori una luce accecante la investì. Kayle era sospesa in aria con le ali spiegate e l’elmo calato sul volto, non una donna, ma una divinità guerriera: il suo corpo emanava fiamme, e tutto attorno erano corpi bruciati. Morgana era paralizzata dalla paura. Kayle le puntò contro la spada e le sue braccia strinsero il vuoto.
L’orrore le strinse la gola.
-No!!! No!!! Perché l’hai fatto???-.
-Hai fallito, Morgana! Di fronte alla scelta della giustizia sai solo fuggire! Ora sono tutti morti, e il loro sangue è sulle tue mani!-.
-Non è vero!!! Tu non sei mia sorella!!! Non sei mia-
-sor-ugh-agh!- Vomitò un fiotto di sangue e divorò l’ossigeno che le mancava. Zeffira era stato molto tempo prima, e quello che aveva visto non era mai successo. Ma questo non lo rendeva meno reale.
Leona!” Alzò la testa per capire cosa stesse succedendo e vide Leona che colpiva uno dei guerrieri in pieno viso con lo scudo, facendo volare denti e sangue. Alle sue spalle una cosa si stava contorcendo… una cosa che emanava una delle peggiori delle auree magiche che avesse mai percepito, forse addirittura più di quelle che aveva affrontato nelle Isole. Leona le si gettò addosso a passi rapidi, e presto l’avrebbe raggiunta; ma seppe in anticipo che la creatura (Kayn?!) l’avrebbe attaccata nel mentre e con una forza tale da spazzarla via, allora alzò la mano e creò una barriera magica attorno a lei. La barriera andò in pezzi ma fece il suo lavoro; poi, come le aveva visto fare all’inizio dello scontro, Leona sparò una lama di luce e si teletrasportò addosso al mostro, colpendolo con una spadata.
L’ha sconfitto!”.
Dei passi rapidi alle sue spalle la misero in allarme: uno dei guerrieri si era ripreso e stava correndo verso Leona che gli dava le spalle. Senza pensarci due volte, Morgana spiegò le ali, raccolse una spada da terra e si mise schiena contro schiena con Leona, appena in tempo per parare lo squalembro. Allontanò l’assalitore, nonostante fossero passati secoli dall’ultima volta che aveva impugnato una spada, e si accorse di avere gli occhi di Leona puntati addosso. La donna dai capelli color rame la guardava incredula, come se avesse appena visto un fantasma.
Poi sentirono Kayn ridere.
...
-Sta per abbattersi su di noi qualcosa di grosso, uno sconvolgimento epocale. Mali antichi si stanno risvegliando e poteri nuovi stanno sorgendo, e presto tutto il mondo ne sarà coinvolto. Potrebbe arrivare dovunque, e lascerà dietro solo ceneri.-.
-Non ti credo.-.
-Sul serio? Non la senti questa elettricità nell’aria, come se da un momento all’altro si dovesse scatenare una tempesta? Non le vedi le nubi all’orizzonte farsi sempre più grosse? Ah, te lo leggo in faccia che è così! Mi chiedo solo dove cadrà il primo fulmine! Non sto più nella pelle… alla prossima, Leona.-.
Kayn e i suoi sparirono in una nube di fumo, lasciandole con un palmo di naso. Morgana non ebbe il tempo per metabolizzare le sue parole, perché la ferita allo stomaco si fece sentire.
-Ah!- Esclamò. Bastò un tocco rapido per coprire la mano di sangue, doveva farsi medicare in fretta. Ciononostante, provava una certa soddisfazione nell’aver vinto quella battaglia.
-Ce la siamo vista brutta, eh?- Chiese sarcasticamente; ma Leona la fissava sbigottita, come se stesse parlando in una lingua sconosciuta.
-Cos’hai? Leona, stai be- Si interruppe quando vide l’espressione della donna cambiare in qualcosa di ferino, furioso, odio e rabbia allo stato puro.
-Che vuoi saperne di me??? Che vuoi saperne del mio dolore??? Sei solo un’altra creatura impura, un demone che cerca di ingannarmi!!! Non sai niente, niente di chi sono io!!!-.
Morgana era senza parole, era la seconda volta che la vedeva in quello stato, ma questa volta cadeva come un fulmine a ciel sereno.
-Leona, calmati, sei ferita…-.
-Non pronunciare il mio nome!!! Che idea ti sei fatta, che siamo amiche??? O che siamo compagne di viaggio??? Noi non siamo niente!!! Tu non sei niente per me, niente!!!-.
A quel punto anche Morgana perse la calma: -Senti, capisco che la vediamo in maniera differente, ma sto facendo di tutto per dimostrarti che siamo dalla stessa parte! Perché non vuoi nemmeno considerare-
-Stai zitta!!! Zitta, zitta, zitta!!!- Leona fece come una bambina capricciosa messa a nudo dei suoi errori, si tappò le orecchie per non sentire: -Non l’ho chiesto io il tuo aiuto, non l’ho chiesto!!! Non avrei mai chiesto l’aiuto di un mostro delle tenebre, l’unica via è quella dei Solari!!!-.
Morgana strinse i pugni, qualunque fosse la via dei Solari la mente di Leona ne era stata irrimediabilmente plagiata; ma non per questo avrebbe tollerato il suo comportamento: -Non puoi proprio accettare che esistano cose al di fuori dei tuoi libri sacri, vero? Per te tutti quelli che non li seguono sono il male, non importa cosa facciano o perché lo facciano! Tu, tu sei così radicata nelle tue convinzioni perché sono l’unica cosa che ti protegge dal tuo dolore, ma stai solo facendo del male a te stessa e agli altri!-.
-No, sei tu quella folle!- Le rispose Leona, puntandole il dito contro: -Tu vaneggi e dici che il dolore sia un modo di espiazione, ma la verità è che non hai il coraggio di uccidere il più bieco dei criminali, la sola idea ti spaventa! E quello che non puoi fare lo sostituisci con la tortura! Non sei una salvatrice, sei solo una sadica e una vigliacca!-.
-Io sarei una sadica? Credi che mi piaccia portare il dolore? Credi che non ne farei a meno se non fosse necessario???-.
-Sì, perché c’è un altro modo: il mio! Se lasci in vita certa gente tornerà a fare del male, a far soffrire degli innocenti! A ucciderli! Ma non hai il coraggio di fermarli per sempre, no, vuoi solo vederli soffrire! Forse così trai sollievo da quello che ti porti dentro, ma degli altri non ti importa niente! Sì, vuoi solo che nessuno muoia davanti ai tuoi occhi, ma se lo fanno lontano da te-
-Ho dedicato la mia vita ad aiutare gli altri, la mia vita!!!- Fu lei a interromperla stavolta: -Ho perso l’amore di mia sorella per questo! Ho perso mio padre per questo! Sai cosa significa vedere il proprio padre morire tra le proprie braccia? Sai che significa sapere di essere la causa della sua morte? Averlo ucciso con le proprie mani, lo sai che significa? No, non lo sai! Io lo so invece, e lo ricordo ogni giorno che passa, anche in questo momento, è una colpa che non mi lascia tregua! Ma voglio impedire che qualcun altro si ritrovi senza più un padre o un fratello perché qualcuno come te li ha uccisi mentre erano a terra agonizzanti! E ho convissuto con questo dolore per secoli! Perciò scusami se credo di saperne più del tuo libro!-.
-Per secoli, ecco! Tu e il tuo dolore siete come quel ragazzo e la sua falce: tante belle parole, ma cerchi solo di compiacerlo! Ti senti meno sola se vedi gli altri soffrire insieme a te, e ti illudi chiamandola “giustizia”.-.
Morgana socchiuse gli occhi.
-Non sai di cosa parli. Non credere di conoscermi perché non è così, ragazzina. Credi che la tua spada e il tuo scudo ti rendano una donna adulta? Sei solo una poppante spaventata dalla complessità del mondo! La tua arroganza, la tua rabbia, quelle che mi stai mostrando adesso, ti rendono niente di diverso da una belva! Pensi di essere speciale? Sei come un libro aperto per me. Vediamo se indovino cosa ha fatto la tua Diana per meritare il tuo odio: ti ha tradita? Oh, magari non era solo tua amica, magari era la tua sorellina! Ma scommetto che non la pensava come te, le tue Scritture non erano abbastanza per lei, quella vita le andava troppo stretta. Avete litigato, avete combattuto e una di voi ha vinto, ma l’hai risparmiata o lei ha risparmiato te, perché non potevate uccidervi a vicenda, sbaglio? E questa cosa ti tormenta! Ti brucia la sconfitta, oppure ti brucia quel momento di pietà, oppure entrambe le cose insieme! E ora le dai la caccia per cancellare i tuoi sentimenti verso di lei! Dimmi, Leona di Targon, ho indovinato?-.
Era senza fiato, e ogni respiro le ricordava delle ferite; Leona non rispondeva, chiusa in un muro di silenzio.
-Sì.- Disse alla fine, e la sua voce tradiva una forte emozione: -Ma manca l’ultima parte. Dopo avermi lasciata sulla cima del monte Targon, Diana è tornata al villaggio e ha massacrato i nostri Anziani. Ah, l’avevano sempre trattata con sufficienza, è vero, le davano dell’eretica persino: ma erano gli stessi che le avevano salvato la vita da piccola. Posso anche capire la sua rabbia, posso immaginare il disprezzo che aveva coltivato negli anni, e so anche cosa voglia dire avere una creatura dentro di sé che smania la distruzione. Se si gettasse ai miei piedi implorando misericordia, sì, penso che la perdonerei. Ma dov’era la sua pietà? L’amore e la pace che diceva di voler ottenere, dov’erano quando ha usato le spade contro dei vecchi disarmati? È stato solo un caso che non abbia incontrato nessun altro, perché nella sua furia avrebbe ucciso anche lui! Ha coltivato per anni il suo dolore, come fai tu, se ne è crogiolata pensando di poterlo sostenere, magari pure che l’avrebbe resa forte, invece che provare a liberarsene! E così è caduta nella perdizione! Ecco perché difendo il mondo da quelli come voi, voi che credete che il dolore sia una medicina e una risorsa: voi siete pericolosi e non ve ne rendete nemmeno conto.-.
I respiri delle due donne scandivano il tempo, restare lì a discutere invece che cercare aiuto equivaleva a un suicidio. Eppure Morgana non poteva andarsene, non voleva.
-Non cercherò scuse per quello che ha fatto Diana. Ma il passato è immutabile; e se lei ne è pentita, ha il diritto di una seconda possibilità, e se ancora non lo è devi darle la possibilità di capire i suoi errori! Il mondo non sarà un posto migliore perché non l’avrai fatto, sarà solo un mondo con una persona in meno! Tu e Kayle questo non lo volete capire! Siete accecate dalla vendetta tanto da chiamarla giustizia!-.
-Io non sono tua sorella.-.
Quelle parole furono come l’acqua gelata. Assurdo, era una cosa apparentemente ovvia. Ma non per Morgana, erano come una coltellata alle spalle. Col cuore in gola provò un ultimo affondo: -Allora perché stai facendo come lei??? Perché sei uguale a lei, perché??? Non capisci che non sono le tue vittorie a renderti giusta, ma i piccoli gesti di pietà di cui sei capace??? Nel profondo lo sai che le scritture che segui sono tutte fandonie, e ogni giorno quella parte di te sta morendo perché rifiuti di accettarlo! Tu mi hai chiamata codarda, ma sono io che lo dico a te: codarda! Ti nascondi nel fanatismo di una risposta idiota solo perché è stata scritta su un foglio antico!-.
-Bada a come parli!- Morgana vide che la spada di Leona fremeva; allora incanalò dentro di sé la magia oscura, facendola trapelare dagli occhi e dalle mani.
-Avanti, alza la spada! Ti dimostrerò che non sono la vigliacca che credi! Alza la spada e affrontami se credi che abbia torto!-.
Leona ansimò, digrignò i denti, strinse l’elsa; ma non fece ciò che diceva.
-No. Ora sono io che leggo dentro di te. Non pareresti il primo dei miei attacchi. Tutto questo… anzi, tutta la storia delle Isole Ombra, stai solo cercando di morire per liberarti del tuo amato dolore. Mi dispiace, non sarò il tuo strumento.- E detto ciò rinfoderò la spada. Morgana non credeva ai propri occhi.
-Il tuo patto con me è stato saldato poco fa. Le nostre strade si dividono qui, Dama Velata. Addio.- Con queste ultime parole, si voltò e alzò i tacchi. Morgana restò impietrita, voleva urlare di tornarle indietro, voleva supplicarla di aspettare. Invece le venne da piangere.
-Hai perso tutto, Morgana. Di nuovo.-.



*             *             *



Il popolo di Ionia era molto simile alla Demacia di un tempo. Fiero, semplice, a tratti troppo ancorato alle tradizioni; ma gentile e accogliente con gli stranieri. La flora e la fauna poi avevano dell’incredibile, l’esatto opposto delle Isole Ombra; il terreno stesso trapelava magia, una antica e potente, che a malapena riusciva a capire.
Per qualche miracolo regnava l’armonia tra naturale e soprannaturale; ma Morgana sentiva anche che le cicatrici della guerra avevano sconvolto irrimediabilmente quell’equilibrio, per questo sapeva di doversi rimettere in viaggio. Inoltre, ripensava spesso alla profezia di Kayn, e doveva essere pronta; così, dopo un breve periodo vicino al villaggio, ripartì accomiatandosi dalle poche conoscenze che aveva stretto ma da cui aveva ricavato un po’ di denaro. Una maga poteva sempre fare comodo in giro, e poi, insomma, Morgana aveva guidato i Demaciani quando ancora non conoscevano la matematica, quindi poteva concedersi il lusso di definirsi “saggia”.
Cavalcò per giorni, decisa ad attraversare tutta l’isola. Costeggiava un deserto che la popolazione chiamava “Mar Ghetu”, percorrendo la via principale: non era una cacciatrice, doveva affidarsi ai mercanti e ai villaggi che avrebbe trovato. Arrivata ad un nuovo insediamento, però, iniziarono i primi problemi.
Avrei proprio voglia di un nuovo vestito, ma neanche qui mi sembrano messi molto bene… uh?” Tre guardie armate le si avvicinarono con fare minaccioso, mentre la popolazione si faceva indietro e la guardava timorosa. Tra loro vide donne, bambini, anziani, pochi uomini. Le guardie, anche loro non più giovani, parlarono in Ioniano, di cui fortunatamente aveva imparato le basi; le stavano chiedendo chi era e che cosa voleva.
-Sono una viaggiatrice, cerco riposo, e offro il mio aiuto.- Disse con un po’ di fatica. Delle parole che seguirono capì “ali” e “vastaya”.
-Non sono…- Come funzionavano gli articoli? -ehm, la vastaya. Sono vostri nemici?- Morgana non aveva mai incontrato una di quelle creature, ma pensava che gli umani vivessero in pace con loro. Evidentemente si era sbagliata.
Un uomo anziano a cui l’età aveva tolto quasi tutti i capelli si avvicinò con la mano alzata, e le guardie indietreggiarono in segno di rispetto.
-Perdona nostri modi,- Le disse in Velariano: -ma poco tempo fa una tribù di vastaya ha scatenato una grande magia selvaggia e ha messo in pericolo la nostra sopravvivenza. Ti preghiamo di andartene per non causare problemi.-.
-Vi ho già detto che non sono una vastaya.-.
L’anziano la squadrò da capo a piedi, soffermandosi ovviamente sulle ali: -Eppure gli somigli molto. Per favore, fa’ come dico.-.
-Molto bene, me ne andrò quanto prima. Tuttavia ho bisogno di cibo e il mio cavallo è stanco.-.
-Ti riforniremo fino al prossimo villaggio, e ti daremo un cavallo in cambio del tuo.- La voce del vecchio era dura, non ammetteva negoziazioni. Morgana era paziente, ma aveva il proprio orgoglio e non nascose la propria stizza per il trattamento che le veniva riservato; vedendo la reazione delle guardie, però, decise di lasciar perdere.
-Dove si trova la tribù di cui parlate?-.
Il capovillaggio indicò alle proprie spalle: -Proseguendo in quella direzione troverai una foresta che interrompe la strada. Si nascondono là in mezzo.-.
Morgana alzò un sopracciglio: -Una foresta qui? E come mai la strada non la attraversa?-.
-Perché fino a due mesi fa la foresta non c’era.-.
Rimessasi al galoppo sul suo nuovo destriero, una giumenta bruna dal carattere molto più ribelle del precedente, Morgana sentì la magia nel terreno e nell’aria farsi sempre più forte e densa, fin quasi da essere solida. Spronò il cavallo finché non arrivò al bosco, che effettivamente sembrava essere stata messo lì da un giorno all’altro; smontò e dovette condurre l’animale per le redini, cosa non molto facile vista l’assenza di un percorso. Gli alberi poi erano vivi, nel senso che erano più vivi del normale: anche se non si muovevano, aveva la sensazione che se non fosse stata attenta qualche radice si sarebbe aggrappata al suo piede.
Cosa può essere successo? Aspetta, c’è qualcuno!” Tre presenze piccole, proprio sul suo percorso. Non aveva scelta: non le sembrava una buona idea brancolare lì in mezzo, quindi proseguì finché solo un gruppo di cespugli non la separò da delle voci infantili immerse in un gioco. Aguzzando gli occhi vide… tre scimmiette, o meglio tre incroci tra infanti e cuccioli di scimmia, che giocavano con dei bastoncini. Sorridendo e cercando di assumere l’aria più cordiale possibile, si fece avanti.
-Buongiorno.- Li salutò; i tre si accorsero di lei e la guardarono spaventati, per poi fuggire correndo sulle quattro zampe.
-Ah, Morgana, una volta eri più brava con i bambini.-.
Quello che la preoccupava davvero però era che i genitori non potevano essere molto lontani, e probabilmente presto avrebbero saputo del suo arrivo; difatti, dopo aver proseguito per un po’, sentì di essere circondata non più solo dagli alberi. Si trovò con un paio di lance puntate contro, all’altro capo delle quali i membri della tribù di vastaya. Il cavallo si imbizzarrì, ma riuscì a farlo stare buono.
E io che pensavo che gli Ioniani fossero persone accoglienti…”.
-Non sono vostra nemica e vi offro il mio aiuto, se lo desiderate.-.
-Sei un’umana?- Chiese con voce gutturale una scimmia particolarmente muscolosa, una delle due che le stava davanti.
-Non… proprio.- Rispose, preparandosi ad un’altra conversazione a metà.
-Sembri umana.-.
-Sarebbe un problema?-.
-Umani nemici.- Disse l’altro che le sbarrava la strada, assieme ad altre parole che non capiva, in una lingua diversa dallo Ioniano: -Loro hanno imprigionato la magia per molto tempo! Noi l’abbiamo liberata! Ora loro odiano noi!-.
-Lo posso capire. Questa foresta interrompe la strada, rischiano di morire di fame. Dovete…- Sperò di dire “aiutarli”, anche se dalle loro facce di aver fallito.
-Tu vuoi che noi li aiutiamo?- Provò a tradurre quello grosso. Morgana annuì e l’altro rise: -Ahah! Corvo Viola ci ha detto che il cuore degli umani è malvagio! Ora noi combattiamo per la rivoluzione e la liberazione di magia!-.
Alcuni vastaya gridarono con lui, altri li guardarono poco convinti: non tutti erano invasati da questa seducente rivoluzione, di cui si stava facendo un’idea a grandi linee.
-Il vostro corvo si sbaglia, quegli umani non sono malvagi, ma sono spaventati e affamati.-.
-Ci hanno oppressi!-.
-Quelli lì?- Replicò scettica Morgana: -Sono solo un gruppo di anziani e bambini.-.
-Ora è così.- Disse il più grosso, che era rimasto calmo: -Ci hanno sempre odiati.-.
-Qualunque cosa vi abbiano fatto prima, la guerra li ha puniti; e se aveste voluto attaccarli lo avreste già fatto. Abbiate pietà di loro, abbiate compassione e lo… apprezzeranno!- O disse quello o “appenderanno”: -Aiutateli a fare una strada nella foresta, vi saranno riconoscenti!-.
-Aiutarli? Ahahah! Gli umani sono malvagi, noi combattiamo per la rivoluzione!-.
-Anche se vuol dire far morire di fame dei bambini?- Domandò inviperita. Lo scimmione smise di ridere e fece una smorfia, l’altro invece la ascoltava serio; percepiva chiaramente, in lui e in altri, il peso della coscienza sui loro cuori.
-Potete essere il…- “ponte”- uhm, la chiave per la pace ora che ne avete il potere. Non sarà facile, ma ne vale la pena.-.
-Tu parli in maniera saggia.- Disse il grosso, smettendo di puntarle addosso la lancia con una certa sorpresa del compagno.
-Ma Corvo Viola ha detto…-.
-Corvo Viola non è qui.- Poi diede degli ordini che non capì e i guerrieri abbassarono le armi, il rivoluzionario per ultimo vedendo di essere in minoranza. Con un certo disappunto si dileguò tra gli alberi, seguito dagli altri; rimasero solo Morgana e quello che era ovviamente il capo della tribù.
-Ti porto fuori.-.
-Oh!- Non se lo aspettava: -Beh, grazie!-.
Si misero in cammino, addentrandosi nella foresta senza che Morgana potesse capire quanto mancasse all’uscita; le venne anche il sospetto che la stesse conducendo a una trappola, ma il cuore del vastaya era puro, non celava inganni. Le fronde degli alberi frusciavano sopra di loro, e i tronchi sembravano osservarli con attenzione. Di selvaggina neanche l’ombra. Abituata ad essere sola o a una compagnia silenziosa, non fece domande per la prima parte del tragitto, ma aveva bisogno di parlare con qualcuno che non la odiasse o nitrisse: -Ehi, senti…-.
-Mh?-.
-Volevo ringraziarti per avermi ascoltata prima.-.
La sua guida scosse la testa: -Gli animali si nascondono da te, gli alberi non ti attaccano. Loro hanno paura di te. Tu potevi uccidere tutti noi subito, ma hai scelto le parole. Io ti sono grato.-.
Morgana ammutolì, sentendosi come smascherata.
-Questo Corvo Viola, chi è?-.
-Lei è una grande guerriera. Vuole aiutare i vastaya, ma pensa che gli umani siano tutti cattivi.-.
-E va in giro a creare foreste?-.
L’uomo annuì: -Dice che la magia dovrebbe essere libera. Non lo so. È passato molto tempo, molte cose sono cambiate…-.
-Odia gli umani perché l’hanno intrappolata?-.
-Sì, e da quando c’è stata la guerra gli umani hanno catturato molta più magia di prima. E poi hanno cacciato molte tribù dalle loro case.-.
-Mi dispiace.-.
-Siamo arrivati.- Poteva vedere che gli alberi lasciavano di nuovo posto alla strada poco più avanti, e anche da quella parte il confine era brusco come se fosse stato disegnato con la matita. Una volta uscita, si rimise a cavallo.
-Per caso…- Cominciò, e il vastaya la guardò interessato: -…il più piccolo di quei tre era tuo figlio?-.
-Come lo sai?- Le domandò aggrottando la fronte.
-Beh, ti somiglia molto.-.
L’uomo la guardò sorpreso, come se la vedesse per la prima volta. Ah, certo, probabilmente per gli umani i vastaya erano tutti uguali.
-Digli che mi dispiace se l’ho spaventato. Addio!-.
-...Addio.-.
Si rimise al galoppo.
Giorni dopo, era imbarcata per spostarsi da Galrin a Zhyun; approfittò del tempo a disposizione per migliorare il suo Ioniano ascoltando le conversazioni dei passeggeri, mentre fingeva di guardare il mare.
-Anche quest’anno il raccolto va male…-.
-Hai sentito di Fae’lor?-.
-L’Alleanza Navori mi ha cacciato di casa!-.
Morgana aggrottò le sopracciglia, nessuno sembrava passarsela bene. Chissà se il cataclisma sarebbe partito da lì; o, ancora peggio, se non c’entrasse proprio niente…
SLAP
Sgranò gli occhi: “Qualcuno mi ha appena toccato il-” poi una voce fetida sulle orecchie le cui parole non stette ad ascoltare.
SPLASH
-C’è un uomo in mare!- Esclamò poco convinta allontanandosi dal parapetto.
Sbarcò ripassando le parole che aveva imparato, ma si fermò notando la grandezza del villaggio: anzi, più che un villaggio era una vera cittadina.
Ottimo.
Qualche ora dopo, Morgana uscì dalla bottega del sarto con un elegante abito viola che più le s’addiceva ed un nuovo-vecchio taglio di capelli.
Perfetto. Oh, aspetta, ora che ci penso…” Guardò le proprie ali, le cui piume si dovevano ancora rinfoltire del tutto. Erano secoli che le odiava e che teneva incatenate; però le avevano salvato la vita fuggendo dalle Isole Ombra, sostenendola ben più di quanto non si aspettasse, e le avevano permesso di aiutare Leona.
Va bene, per ora le terrò così.” Era nella piazza principale e c’era quello che immagina essere il solito viavai del posto; una cosa però catturò la sua attenzione, una donna che seguiva implorante un soldato; parlava velocemente ed era distante, perciò non capiva le sue parole, se non una: Erzai, figlio.
Si fece più vicina, la scena non era delle migliori: la donna era in ginocchio, la guardia scuoteva la testa e faceva sempre per andarsene.
-Che sta succedendo?- Chiese a entrambi. Il soldato sembrava non aspettare altro, tanto da risponderle immediatamente: -Suo figlio è partito per l’isola qui vicino e non è ancora… tu chi sei?-.
-Una a cui importa.- Si abbassò e mise una mano sulla spalla della donna: -Andrò io a cercare tuo figlio, dimmi cos’è successo.-.
La madre la guardò come a una dea e si affrettò a dirle tutto, anche troppo vista la velocità. Ma riuscì a capire il necessario.
Partì subito e dopo un giorno di galoppo arrivò in vista dell’isola dove si era diretto il figlio. La costa era simile a quella su cui era naufragata, la magia in quel luogo non era particolarmente forte; poteva passare per un luogo disabitato come molti, solo che non avrebbe dovuto esserlo.
Non si hanno più notizie degli abitanti dell’isola da settimane e le barche sono rimaste tutte là, ma forse ne è rimasta una…” Trasalì nel vedere qualcosa sdraiato sulla sabbia, dove avrebbero dovuto esserci le barche. Come temeva era un corpo in avanzato stato di decomposizione, ma che corrispondeva alla descrizione della madre.
Maledizione!” Si massaggiò il viso e scosse la testa: il minimo che poteva fare era capire cosa fosse successo ed evitare che capitasse ad altri. Le vennero in aiuto gli anni passati per i vicoli di Demacia. Da come era posizionato, sdraiato supino con le braccia lungo i fianchi e gli occhi chiusi, e dalle impronte sulla sabbia intorno capiva che qualcuno lo aveva sistemato così in segno di rispetto, e poi quel qualcuno… si era diretto verso la riva. C’era un campanellino nei meandri della sua mente che scelse di ignorare.
Deve essere arrivato con una barca, ma non ce l’ha fatta. Poi la persona che l’ha girato l’ha presa ed è partita. Dovrò andare anch’io. Prima però devo capire con cosa ho a che fare.”.
Tornò a esaminare il corpo. Che puzza! …Povero ragazzo, non si meritava una fine simile. Lunghi segni in tutto al corpo, come frustate, ma irregolari, fruste spinate; e segni di punture, come di insetti molto grossi.
Poteva essere una qualsiasi bestia di cui non aveva mai sentito parlare, e Ionia sembrava esserne piena; ma per invadere l’intera isola dovevano essere un branco… o uno sciame, o qualsiasi cosa fossero.
-Ti riporterò a casa, te lo prometto.- Spiegò le ali e volò verso l’isola. Il vento sferzava tra le sue ciocche e le accarezzava fresco la pelle, l’aria marina le riempiva le narici. Sotto di lei, pinne mai viste solcavano le acque. Chiuse gli occhi. Erano secoli che non provava quella sensazione, era così piacevole…
-Perché abbiamo le ali se non per volare?-.
Riaprì gli occhi con un gemito. Odiava volare.
Quello che trovò una volta arrivata la lasciò senza parole. Il porto era invaso da liane e rampicanti, come se la natura avesse deciso di riprendersi i suoi spazi. I cadaveri ricoprivano i moli e le strade, tutti ricoperti da strati di vegetazione, e da quello che vedeva erano morti molto prima del ragazzo sulla sabbia.
È successo tutto all’improvviso, in pieno giorno. Che sia opera del Corvo Viola?” Ma la magia che percepiva era diversa da quella della foresta: non era semplicemente caotica, era qualcosa di corrotto e malvagio. Quelle piante non avrebbero avuto paura di lei. Si fece strada tra la vegetazione, attenta che il suo lungo vestito non si impigliasse tra le radici.
Non avrei dovuto mettere i tacchi.”.
Aguzzò le orecchie, ma non sentiva niente muoversi. E quello cos’era? Si avvicinò con cautela, era una pianta recisa a metà con un colpo di spada. Un fiore grande quasi come una persona, dal gambo viola e tre petali rosa che circondavano un foro simile a una bocca; infilò la mano e toccò subito qualcosa di duro e appuntito: con un po’ di forza riuscì ad estrarlo, una via di mezzo tra una spina e un pungiglione. E c’erano molti altri fiori come quello lì in giro, e altri che erano semplici steli spinati con una punta in cima.
Deve essere stato l’altro guerriero, che poi… è andato di là.”.
Verso l’interno dell’isola. Dove i fiori erano di più.
Si addentrò nel bosco, seguendo la scia di piante falciate. Ad un certo punto un ringhio la fece fermare. Lupi?
-Mostratevi!-.
Così fecero; ma non erano normali lupi. Erano stati lupi, certo, ma ora erano corpi avvizziti tenuti insieme dai rampicanti. Morgana allargò le braccia e il terreno ai suoi piedi avvizzì (in realtà rifletteva il dolore di cui era pregno, ma non l’avrebbe di certo spiegato al branco di non-morti). I lupi ulularono mentre le loro zampe si corrodevano; uno le saltò addosso, ma lo distrusse al volo con una sfera magica. Carne e foglie si sparsero in aria in un tripudio di decadenza.
Sarà più facile del prev…” Delle fauci si chiusero di fianco al suo orecchio e dell’alito pestifero le invase il naso. Conficcò il pugno nel fascio di liane che era stato un collo e lo fece esplodere; qualche metro più in là il corpo si accasciò al suolo.
I lupi restanti latrarono e attaccarono all’unisono; Morgana si circondò di una barriera che li tenne alla larga, intanto ne distrusse un altro paio. I lupi si ritirarono e dalle loro carcasse uscirono dei rami che si intrecciarono: davanti agli occhi increduli di Morgana le belve si ammassarono in un’unica poltiglia verde e marcia, da cui emersero quattro zampe e qualche testa di troppo.
Sorrise.
-Fatti avanti!-.
Quando ebbe finito si sedette su un masso per riprendere fiato.
È una specie invasiva, e non ha la marcatura di Ionia. Mi chiedo come sia arrivata qui. Non so se sarò in grado di estirparla, ma spero almeno di contenerla.”.
No, mi sto illudendo. Le spore potrebbero essere trasportate dal vento, devo sistemare questa faccenda una volta per tutte.”.
Rialzò la testa e poi si alzò del tutto. Sentiva la presenza di…
Ma certo, chi altri poteva essere?”.
Per qualche motivo si stava dirigendo a gran velocità verso di lei. Che l’avesse percepita? Non pensava che ne fosse in grado, non bene quanto lei almeno. Accidenti, non sapeva se era pronta a incontrarla di nuovo.
Va bene, va bene, è tutto sotto controllo.” Si sistemò i capelli, fece un respiro profondo e si preparò al suo arrivo.
Eccola emergere dai cespugli!
-Leon- La donna in armatura le passò di fianco e continuò a correre, lasciandola di stucco. Sentì molti ringhi e quelli che immaginava fossero i suoni di piante che crescevano in fretta provenire da dov’era arrivata, e vide effettivamente dei fiori come quelli che aveva visto mozzati spuntare davanti a lei.
-Per tutti gli Yordle!- Scappò a sua volta, inseguendo Leona. Alle sue spalle, sentiva i nemici farsi sempre più vicini.
-Non mi aspettavo… di vederti… scappare!- Urlò tra un ansimo e l’altro.
-È una ritirata… temporanea!- Puntualizzò lei: -Perché sei… qui?-.
-Per il tuo… stesso motivo!-.
-Non mi serve il tuo- La frase fu interrotta a metà da una serie di spine che fischiarono tra di loro.
-Va bene, accetto la tregua!-.
-Allora che ne dici… se al tre… ci giriamo e li affrontiamo?-.
-Cerca di non… starmi tra i piedi!-.
Non poteva vedere il suo volto visto che le stava davanti, ma dubitava che stesse scherzando.
-Uno…-.
-Due…-.
-Tre!-.
Piantarono un piede a terra e si voltarono insieme.

-Anf… anf…-.
-Anf… anf…-.
Morgana si appoggiò sulle ginocchia per riprendere fiato. Era illesa ma stremata. Di fianco a lei Leona si inginocchiò e si mise una mano in fronte, nonostante nemmeno lei mostrasse alcuna ferita; anzi, la sua armatura era stata riparata dai danni di Kayn.
-Ti hanno colpita?-.
-Sto bene. Solo un attimo di spossatezza.-.
-Dovremmo trovare un posto per riposarci…-.
-Non è possibile, l’isola è completamente infestata.-.
-Allora forse dovremmo ritirarci.-.
Leona scosse la testa: -Ho già affrontato questi esseri a Shurima, se non elimino la pianta al centro continuerà ad espandersi. Mmm… data la situazione ti concedo di aiutarmi.-.
Quale onore…”.
-Sai dove si trova il bulbo?-.
Leona indicò dov’era arrivata.
-Va bene, se vossignoria è pronta possiamo andare.-.
L’altra si rialzò e, senza dire niente, prese a camminare.
Gli alberi schermavano quasi del tutto il sole, ma si capiva che era quasi mezzogiorno.
-Hai fame?-.
-Sto bene.-.
Sguardo fisso in avanti, pesanti occhiaie, capelli più spettinati del solito. Non proprio il ritratto della salute.
-Gnam.- Comunque sia Morgana non avrebbe patito la fame per solidarietà e aveva qualche provvista da consumare: -Da quanto sei qui?- le domandò guardandola di sottecchi.
-Tre giorni.-.
-Quindi non dormi né mangi da tre giorni?-.
-…-.
-Almeno sei riuscita a fare… sai…-.
-…-.
-Gnam. Come hai saputo di questo posto?-.
-Me ne ha parlato una… ragazza.-.
-E hai più trovato… Diana?-.
Leona non sembrò voler rispondere all’inizio: -Non ancora.-.

-Tu hai trovato tua sorella?-.
Morgana alzò un sopracciglio: -Non ho intenzione di incontrarla.-.
Leona non rispose nulla, né diede cenno di volerlo fare. Invece distese un poco il braccio verso di lei. Morgana non reagì. Leona raddrizzò il braccio. Morgana alzò un angolo della bocca e le diede una pagnotta.
-Sei differente da prima.- Disse inaspettatamente; poi capì che si riferiva al suo aspetto.
-Eh, non mi avevi vista nella mia forma migliore! Tu piuttosto sembri sem…-.
Si fermarono all’unisono e Leona ingoiò quello che restava in un sol boccone. Davanti a loro la foresta era silenziosa, ma qualcosa si stava svegliando.
Percepiva quello che doveva essere il bulbo, ma a quanto pare avevano un ultimo ostacolo prima di arrivarci. Leona mosse un passo, ma lei le si piazzò davanti.
-Tu pensa a riposarti per quando saremo arrivate. Di questi mi occupo io.-.
-Morgana…-.
Morgana la guardò di profilo, mostrandole l’occhio illuminato di viola. Leona rinfoderò la spada, tenendo però la mano sull’elsa.
Morgana allargò il suo sorriso e spalancò le braccia. Non aveva mai lottato contro delle piante fino a quel giorno, ma da quello che aveva capito… anche loro potevano soffrire.



Poco lontano da loro, invisibile a tutti, qualcosa che non poteva esistere si leccava i baffi.
-Bene bene… la mia coppietta preferita si è riunita!-.
Udì uno stelo sollevarsi, non certo perché l’avesse percepita, era impossibile; comunque sia, senza nemmeno girarsi, lo tagliò con una sferzata. Le sue prede le mettevano l’acquolina in bocca… Sperava solo che se ne sarebbero andate presto dall’isola.
   
 
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