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Autore: elfin emrys    28/02/2021    3 recensioni
{post5x13, sorta di postApocalisse, Merthur, 121/121 + epilogo}
Dal capitolo 85:
Gli sarebbe piaciuto come l’aveva pensato secoli prima, quando era morto fra le braccia del suo amico, non ancora consapevole che sarebbe tornato, con Merlin, sempre, sempre con lui.
In fondo, non aveva mai desiderato null’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Gli Arthur – Capitolo 34


Erano passati un po’ di giorni dall’incontro con O’Neill ormai. Delilah e Donald continuavano a inviare messaggi, aggiornando in continuazione sulle notizie che giungevano dalle spie a Macbeth, e i controlli che Arthur stesso stava effettuando sulla popolazione per controllare non ci fossero agenti della Città Vecchia non stavano portando ad alcun frutto.
Merlin aveva iniziato a lavorare di meno all’infermeria come avevano detto, ma lo sciamano era riuscito comunque a evitare di stare lontano dal popolo: una donna appena giunta in città dagli anteposti, infatti, aveva portato il figlio che, a detta sua, era stato “maledetto da un elfo” ed effettivamente solo la magia era riuscita a far rialzare il ragazzino. Il moro era divenuto, a quel punto, persino più popolare di prima, e tutti cercavano di vederlo o di parlargli quando quest’ultimo si muoveva per la città. Frederick faceva un buon lavoro di protezione, ma comunque si faceva spesso aiutare da altre guardie per svolgere il proprio compito durante quegli spostamenti.
Henry sembrava essere diventato più positivo e costruttivo. Partecipava di più alle riunioni del Consiglio e il suo atteggiamento nei confronti delle cose non era più di amara rinuncia. Nessuno sapeva il perché di quel cambiamento, ma tutti ne erano entusiasti; cercavano di non far troppo notare all’uomo quanto fossero contenti per non farlo sentire osservato ed evitare così che si chiudesse nuovamente a riccio, ma tra di loro ne parlavano. Merlin era ancora più sospettoso proprio a causa di quella misteriosa trasformazione, ma aveva troppo cui pensare per rendere la cosa un’ossessione.
Il giovane contadino Macbeth che avevano accolto, infatti, era ormai totalmente integrato nella trama della popolazione e, perciò, aveva reso le sue richieste di imparare riguardo alle creature magiche più insistenti. Lo sciamano gli aveva affidato piccoli compiti come se fosse stato un suo assistente, senza, tuttavia, dargli la possibilità di scoprire troppo. Per come stavano andando le cose era più sicuro evitare di far uscire alcune informazioni allo scoperto finché non avrebbero capito cosa Macbeth e Hanbury avevano in mente e, quindi, tutti coloro che erano legati a quelle due tribù dovevano essere strettamente sorvegliati, soprattutto se, come quel ragazzo, comunicavano molto con i lavoratori e i mercanti di passaggio.
Merlin aveva, inoltre, continuato la catalogazione degli oggetti che aveva nel proprio “tronco magico”, come lo chiamava Arthur. Molte cose erano state inviate ai Donald per il loro museo e il re era stato contentissimo, soprattutto perché aveva perso, per ovvie ragioni, l’accordo con Hanbury che consisteva nel farsi portare gli oggetti che stavano trovando nelle rovine che erano sbucate nei mesi precedenti. A quanto pareva quella tribù stava facendo ritrovamenti non solo dell’immediato pre-guerra, ma anche di secoli passati, e Donald era stato molto scontento di non poter più avere le loro scoperte.
Capo e sciamano erano dunque sconvolti ed estremamente affaticati dall’enorme carico di lavoro e quella notte Merlin andò a dormire con tutta l’intenzione di farsi ore intere di sano riposo. Non si era nemmeno accorto di essere scivolato nel sonno e di aver, poi, iniziato a sognare.
Vedeva se stesso come se fosse stato un’altra persona, una persona che, in particolare, tirava su un enorme masso. Arthur era vicino a lui e lo stava aiutando e mano mano che le mani del biondo toccavano la pietra, essa diventava acqua e scivolava fino a terra.
Merlin osservava senza neanche accorgersi della stranezza della scena, finché non udì qualcuno chiamare il suo nome. Ebbe difficoltà a girarsi, come se una strana forza lo costringesse a tenere lo sguardo fisso sul se stesso appesantito dalla pietra, e rischiò addirittura di svegliarsi, ma, alla fine, riuscì a compiere la piccola impresa. La zona che aveva davanti non era più quella rocciosa di prima, sembrava più una stanza, e delle persone circondavano un letto dove era sdraiata una ragazza.
Il mago riconobbe subito cosa aveva di fronte, l’aveva già visto quando aveva compiuto l’incantesimo per spiare il Circolo dei Re: erano gli oracoli Niall.
-Merlin…
L’uomo si riscosse e vide la stessa fanciulla che era sul letto in piedi, accanto a lui.
-Come sono arrivato qui?
Ella sorrise.
-Lei non si è spostato: sono io ad averla cercata.
-Puoi…
Merlin rivolse uno sguardo alla scena degli oracoli e poi alla Niall.
-Puoi controllare i sogni delle persone?
-Oh, no, ma posso chiamarle, se riesco a farmi sentire. E il potere che lei emana è davvero enorme.
-E perché mi cercavi?
La ragazza prese un respiro.
-C’è… C’è una cosa che mi è stata detta.
Merlin non le chiese da chi e lei continuò.
-C’è un ragazzo chiuso in una torre.
Il mago ripeté le frase, perplesso, e l’oracolo annuì, spiegando.
-Non può uscire da anni ormai. Venga con me.
Lei allungò la mano, il moro la prese e i due iniziarono a camminare. Merlin, in realtà, non si sentiva particolarmente bene, probabilmente perché era stato prelevato dal suo normale sogno, ma si trattenne. Qualunque cosa quei Niall volessero comunicargli, doveva essere estremamente importante.
Il terreno sotto di loro si fece di pietra e per un attimo Merlin rischiò di inciampare. Guardò in basso, rimandando indietro la sensazione di nausea, e quando alzò la testa si ritrovò una giovanissima fanciulla di fronte.
La sconosciuta stava mettendo dei vestiti in un cesto.
Il mago si sporse verso l’oracolo.
-Non avevi detto che c’era un ragazzo?
La Niall non fece in tempo a rispondere che una gentile voce maschile la interruppe.
-Virginia!
La sconosciuta sorrise un poco, senza neanche girarsi.
-Continuo a sorprendermi che tu mi riconosca.
-Hai dei passi diversi dagli altri e anche quando bussi il tuo tocco è più leggero.
Virginia si voltò, allontanandosi dal cesto. Merlin la vide avvicinarsi a un letto. Non lo aveva minimamente notato. La ragazza si sedette sul bordo.
-Come è andata oggi?
-Il solito. Mia madre è passata questa mattina. Era nervosa.
Le coperte si mossero e il mago quasi sobbalzò, benché avesse già capito che c’era qualcuno lì sopra, anche se la stanza era quasi totalmente buia ed era difficile vedere. Si udì una risata, poi la voce parlò ancora.
-Immagino che gli Arthur debbano darle del filo da torcere. Virginia, raccontami cosa sta accadendo.
La fanciulla respirò a fondo.
-Non so nulla per certo, ma tra noi servitori si mormora che gli O’Neill ci abbiano lasciati. Inoltre, e credo che questa storia ti piacerà, ho sentito qualcuno dire che Arthur ha sempre una spada con sé.
-Excalibur?
-Forse.
Ci fu un attimo di silenzio, poi la voce parlò ancora.
-Sai, il mio nome deriva dalle leggende arturiane. Galahad, colui che ritrovò il Graal. Mi fa sorridere che un tempo mia madre fosse così appassionata di questi racconti e adesso, invece, li rifiuti.
Ma il suo tono non era di riso. Era amaro. Proseguì.
-Vorrei tanto incontrarli, Virginia. Da bambino ero convintissimo che era tutto vero, che il Re del Passato e del Futuro sarebbe tornato, e sognavo di essere lì. Non so se solo due sono reali o meno, ma vorrei tanto parlarci.
Merlin intravide Virginia allungare una mano. Forse stava accarezzando la testa della persona a letto – Galahad, il principe degli Hanbury, che molti si erano dimenticati – o forse gli stava sistemando le coperte.
La ragazza sussurrò.
-Un giorno accadrà.
Lui non rispose e lei chiuse gli occhi.
-Buona notte, Galahad. Il mio turno è finito.
-Buona notte, Virginia.
Il mago si voltò verso l’oracolo Niall, la quale era rimasta fino a quel momento in totale silenzio.
-Perché me lo hai fatto vedere?
-Mi è stato detto che è importante. Che dovevate sapere che lui esisteva. Che non dovete lasciare che muoia, quando prenderete la città.
Il moro scosse la testa, confuso.
-Quando prenderemo la città? Stai parlando di…
-Molti stanno cercando di dare un senso al futuro in questo periodo. Solo l’altro giorno, mi è parso di udire qualcosa, da lontano, e ho capito che nello stesso istante anche gli Jura stavano cercando risposte. Poi c’è la bambina Lamont e i maghi dei Donald, il drago e l’elfo, e tanti altri ancora. Tutti osserviamo nella stessa direzione e ognuno riesce a vedere un’ombra: cerchiamo di riferire tutto quello che sappiamo affinché voi due riusciate.
Merlin guardò la ragazza con sorpresa.
-Tu sai chi siamo.
La Niall sorrise.
-Sì. Lo sanno tutti, immagino, anche chi desidera negarlo.
Il mago fece per dire qualcosa, ma dei rumori lo interruppero. L’oracolo si voltò, poi prese la sua mano e si mise a correre. Lui le venne dietro, senza ben sapere quello che stava accadendo, ma rendendosi conto del fatto che stavano tornando al punto di partenza.
Vide le figure degli altri tre oracoli seduti intorno al letto. Udì ancora quel rumore e in quel momento si rese conto che era qualcuno che bussava a una porta.
Uno dei ragazzi fece per alzarsi e la Niall gettò letteralmente Merlin in avanti, facendolo quasi cadere a terra. Il mago, però, non fece in tempo a terminare la caduta che si svegliò, ansante, e si tirò su col busto. Nel farlo, urtò qualcosa che gli fece male.
-Ahia!
Il moro fece accendere le candele per vedere Arthur che si teneva il naso. Probabilmente nel sonno si era avvicinato a lui, come faceva spesso, e Merlin lo aveva urtato quando si era alzato di scatto.
-Scusami scusami scusami scusami.
-Smettila di scusarti!
Il biondo aveva un’espressione dolorante.
-Piuttosto, che diamine ti è preso?
Il mago posò delicatamente le mani su quelle del compagno, facendogliele spostare per guardare il naso, che non aveva niente che non andasse. Mormorò.
-Ho ricevuto un messaggio dagli oracoli Niall.
-Cosa? Intendi nel sonno? E non potevano inviare qualcuno come tutte le persone normali?
-Dovevano farmelo vedere. Comunque il naso è a posto.
-Sarà meglio per te che lo sia. Che messaggio ti hanno recapitato?
-C’è una persona. Una persona che dobbiamo… Non so, che dobbiamo proteggere, forse?
-Wow. E io mi sono fatto quasi spaccare il naso per tutta questa chiarezza.
Merlin prese fiato.
-Si tratta degli Hanbury, Arthur.
L’altro trattenne il respiro.
-Gli Hanbury? Cosa mai…
-Si tratta di Galahad. È vivo.
Il biondo quasi saltò in aria.
-Dimmi tutto.

Arthur mosse la testa da una parte e dall’altra, distendendo il collo. Stabilire le giuste priorità stava iniziando a diventare una questione complicata. Mosse i segnalini che indicavano le proprie possibili truppe sulla mappa, poi scosse la testa e le rimise in ordine. Il fatto era che non poteva essere lui ad attaccare per primo: per fare qualsiasi cosa doveva attendere che o la Città Vecchia o i Macbeth o gli Hanbury facessero una mossa, e le loro mosse erano per lo più segrete, quel poco che sapevano era confuso. Soprattutto da parte dei Macbeth, avevano notizie contrastanti, come se fossero due le menti che muovevano le pedine di quella tribù, probabilmente Macbeth stesso e le richieste della Città Vecchia.
Inoltre, c’era l’avviso degli oracoli Niall.
-Mi spiace dirti, Merlin, che non credo sia possibile incontrare questo ragazzo.
Il mago alzò le braccia.
-Dobbiamo fare qualcosa.
-E cosa? Ci è stato detto di stare attenti “quando prenderemo la città”, non di vederlo prima. Non possiamo penetrare nella città degli Hanbury solo per lui, una persona la cui esatta posizione è, tra le altre cose, ignota.
-Non dico di andare da lui, ma…
Merlin non completò la frase e si mise il viso sulle mani, strofinandolo, poi disse.
-Lui è l’erede degli Hanbury.
-Se è l’erede. Neanche il regnante più ottuso potrebbe pensare di mettere sul trono qualcuno che il popolo non ha mai visto o che le altre tribù non conoscono.
-Dunque è forse questa la cosa cui bisogna stare attenti? Che effettivamente Galahad diventi re dopo sua madre? Dalle parole che gli ho sentito dire, è molto probabile che cesserebbe ogni ostilità nei nostri confronti. Macbeth, trovandosi solo, dovrà ritirarsi perché neanche la Città Vecchia può lottare contro così tanti popoli uniti.
Arthur scosse la testa.
-Si avrebbe la pace, è questo che intendi. Ed è questo cui noi aspiriamo, nonostante tutto. Tuttavia, per fare in modo che il principe salga al trono, la regina dovrebbe ritirarsi o morire. Dubito seriamente che la prima cosa possa avvenire; in quanto alla seconda non possiamo fare nulla al riguardo a meno che non scoppi una guerra e lei stessa scenda in battaglia.
Merlin si morse il labbro, commentando.
-Le uniche regine che mai vedremo combattere in prima linea sono Theodora, e Delilah, forse anche Judith se le cose si fanno difficili. Hanbury non è una guerriera, che io ricordi.
-Bisognerebbe allora intervenire con l’inganno e lo sai che non ordinerei mai una cosa del genere.
Il mago si lasciò andare contro lo schienale della sedia e unì le mani di fronte alla bocca, riflettendo.
Frederick, il quale era rimasto fuori all’entrata come guardia, entrò.
-Scusate se interrompo. Un messaggero Donald ha portato questo.
Il giovane fece vedere un involucro che doveva contenere una lettera. Arthur tese la mano.
-Dai qui. Grazie, Frederick.
Il ragazzo diede il messaggio e uscì, mettendosi nuovamente di fronte all’ingresso. Il capo aprì la carte e iniziò a leggere; mano a mano, il suo viso si faceva sempre più pallido.
Merlin si tese.
-Che notizie ci sono?
Il biondo deglutì e tese la lettera allo sciamano, il quale la prese. Le mani iniziarono a tremargli leggermente e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
-Santi numi…
Arthur si alzò per stare più vicino fisicamente al compagno, il quale rilesse la lettera.
-Mi dispiace, Merlin.
-Come hanno fatto a prenderlo?
-Non lo so.
Il moro inspirò a fondo ed espirò, tentando di calmarsi. Chiuse gli occhi.
-Aithusa aveva detto che nel posto dove si era salvato c’erano altre creature magiche. Saranno uscite insieme a lui, almeno qualcuna. Probabilmente è la Città Vecchia che ha portato questo elfo dagli Hanbury.
Arthur riprese la lettera.
-La spia ha rivelato che lo hanno portato a protezione di un insieme di armi.
-Non di armi: di esplosivi.
-Cosa ci vorranno fare?
Merlin indicò la zona della mappa dove si supponeva fosse il carico.
-Se lo volessero usare contro di noi avrebbe avuto senso tenere tutto dai Macbeth. Invece, hanno deciso per gli Hanbury. E davanti a loro ci sono…
-I Donald. O’Neill aveva detto che Asgol Ewchradd doveva essere la prima attaccata.
-Quella città è piena di persone: potrebbero mettere persino un semplice petardo e creerebbero comunque un disastro. A prescindere dalla quantità e qualità di questi esplosivi, sarebbe una tragedia.
-Secondo te Donald e Delilah hanno capito che sono per loro?
Il mago strinse le labbra.
-Forse sì. Hanno già messo più controlli all’ingresso del territorio, mi pare, ma ci sono tantissimi modi per far entrare una cosa del genere senza che loro se ne accorgano. In realtà, basterebbe corrompere un paio di soldati con tutta probabilità. Oppure… Oh… È a questo che serve l’elfo.
-Come?
-Ti ricordi che in alcune occasioni la magia può disturbare il lavoro delle apparecchiature elettroniche? I Donald non avranno mai predisposto un controllo fisico e accurato compiuto da degli addetti perché questo rallenterebbe troppo gli ingressi e le uscite dalla città. Ma avranno di sicuro messo uno dei loro aggeggi. Basterà avvicinargli l’elfo perché riescano a passare.
-Inoltre, se lo lasciassero libero per la città, ci sarebbe un ritorno di paura per quanto riguarda la magia e questo potrebbe mettere a dura prova la vicinanza tra i nostri popoli.
-Potrebbero addirittura cercare di far dare la colpa all’elfo.
Arthur scosse la testa, esclamando.
-Bisogna immediatamente inviare un messaggio a Donald. Deve intervenire.
-Noi dobbiamo intervenire.
Merlin si alzò e iniziò a camminare lentamente avanti e indietro, spiegando.
-Questa è una delle basi delle nostre alleanze con tutti i popoli noi vicini: se c’è di mezzo una creatura magica, tocca a noi.
-Possiamo almeno chiedere che un paio di loro soldati ci accompagnino.
-Ci serve anche qualcuno di nostro, abituato a vedere la magia in caso io debba usarla (e sappiamo entrambi che accadrà).
Arthur rimase un attimo in silenzio, poi sgranchì il collo.
-Non ti piacerà.
-A chi hai pensato?
-Frederick non possiamo portarlo e avevo promesso a Edward di non farlo lavorare lontano da casa in questo periodo, per via di Garnette. Ci serve qualcuno che abbia fatto la guardia almeno per un po’  e così rimangono Charles e Henry. E ci sta qualcuno tra questi due che necessita di un compito importante, no?
Merlin sibilò.
-Non dirmi che vuoi far venire Henry con noi!
-Assolutamente sì.
-Arthur!
-Merlin?
-Tu non puoi… Non…
-Sarà sorprendente per te, Merlin, ma fatto sta che sì, posso perfettamente.
-È una stupidaggine.
-No, escluderlo a priori è una stupidaggine.
Il moro si avvicinò all’altro e gli afferrò il viso, iniziando a osservarlo.
-Merlin, che stai facendo?
-Controllo tu non sia incantato.
Arthur si allontanò, iniziando a spiegare che assolutamente no, non era incantato, quando qualcuno entrò di corsa nella stanza con Frederick immediatamente dietro. Il ragazzo esclamò.
-Perdonatemi, non ho fatto in tempo a…
Il biondo gli fece cenno che andava bene poiché riconosceva una delle guardie degli anteposti.
-Che è accaduto?
-C’è stata una ribellione, una ribellione da… Da…
-Di che stai parlando?
L’uomo prese un respiro, la sua voce era roca e affaticata per la corsa.
-Una ribellione dai Macbeth, signore.
La guardia quasi svenne a quel punto e solo la presa di Frederick gli impedì di rovinare a terra. Arthur e Merlin si guardarono e il biondo mormorò.
-Bene, questa sì che è una sorpresa.
E anche loro due si sedettero, stravolti.

Il Donald si calcò in testa il cappello da contadino e si mischiò alla folla. Aveva seguito fin lì il comandante e, a breve, il re avrebbe fatto un discorso agli agricoltori. Quella porzione di popolo, infatti, aveva visto i campi prima bruciare a causa del drago e in seguito i raccolti erano stati portati via per approvvigionare l’esercito. Non erano contenti; Macbeth non era ancora arrivato e già c’era chi gridava e chi spingeva verso i soldati.
Il sovrano entrò seguito da due guardie del corpo e qualcuno osò addirittura fischiare, ma venne subito zittito.
-Il vostro re ha udito le vostre richieste.
Il Donald sospirò, cercando di ascoltare il discorso melenso che Macbeth stava facendo quando il suo sguardo venne catturato da un profilo conosciuto. Quello non era uno degli agenti della Città Vecchia? Cosa ci faceva lì, vestito come un contadino Macbeth? Lo vide mettere le mani intorno alla bocca e fischiare e molte altre persone lo seguirono.
Il Donald impallidì – sentiva già la folla che iniziava a smuoversi – e tornò ad ascoltare il re, il quale stava dicendo che quegli uomini non sarebbero stati pagati per il raccolto, ma in compenso sarebbero stati esonerati dalla leva militare.
L’uomo della Città Vecchia gridò.
-Non ci fate morire in guerra per farci morire di fame!
E tutti gli diedero ragione. Il Donald cercò di indietreggiare, ma le persone che gli stavano dietro spingevano con forza e i soldati iniziavano a innervosirsi.
Macbeth continuò il discorso mantenendosi calmo, ma con una specie di accondiscendenza che evidentemente al pubblico non piacque. Si alzarono nuovamente delle proteste e il re non riuscì a far tornare il silenzio.
Poi accadde.
Il Donald vide un pugnale volare a pochi centimetri dal sovrano. Guardò Macbeth cadere all’indietro e venir portato dietro alle prime mura del castello in fretta dalle due guardie che aveva con sé, mentre i contadini iniziavano a gridare e a spingere i soldati, i quali tentavano di contenerli. La spia si impegnò per non cadere e per andare contro corrente, muovendosi per uscire dalla calca, ma veniva quasi trascinato via. Il Donald si impose la calma e camminò in avanti, assecondando i movimenti della folla finché essa non riuscì a sovrastare la linea di soldati e a spargersi per tutta la piazza.
L’uomo cercò di evitare di entrare in lotte feroci con le guardie e si avvicinò invece al palco dove aveva parlato Macbeth, notando che c’era del sangue a terra e nessuna traccia del pugnale. Eppure, gli sembrava che il re non fosse stato colpito, era piuttosto sicuro che avesse evitato il colpo.
Si calcò di nuovo il cappello in testa e si allontanò: la reazione violenta dei contadini, che combattevano a mani nude o con l’ausilio dei propri attrezzi agricoli, aveva rotto tutte le file delle guardie e, perciò, anche le zone che prima erano sorvegliate erano state lasciate aperte.
Il Donald si infilò nel cunicolo nel quale era stato portato Macbeth, quasi trattenendo il respiro per timore che qualcuno lo sentisse. Si schiacciò contro il muro e si passò la mano sulle labbra, cercando di asciugare il sudore, quando udì il rumore di una lotta corpo a corpo in corso. Si sporse un poco, vedendo uno dei due soldati che avevano accompagnato il re a terra e lo stesso sovrano combattere con la seconda guardia.
La spia aprì le labbra, esterrefatto suo malgrado. Avrebbe dovuto capirlo che era tutta una finta, che era stato tutto organizzato dal comandante. L’aveva osservato nelle ultime settimane ogni giorno, diamine, avrebbe dovuto saperlo che era sua intenzione mettersi contro il suo re. Eppure, si chiedeva perché lo desiderasse.
La guardia finì a terra, colpita a morte dal coltello che Macbeth gli aveva rubato qualche istante prima, e il re si guardò intorno, affannato. Non vedendo nessuno, corse ancora più dentro le mura del castello, stringendo l’arma di cui si era impadronito tra le mani.
Il Donald agì in fretta. Subito uscì dal nascondiglio e si liberò del cappello da contadino, tirò fuori la sua pistola e seguì il sovrano straniero. Lo osservò mentre si lasciava andare per un attimo contro un muretto e si portava una mano alla gola, poi Macbeth tirò un sospiro e aprì la porta più vicina.
Sembrava un coniglio impaurito o come la spia Donald pensava dovesse sentirsi un animale in pericolo, col cuore che scoppiava, la testa che faceva male, il sangue che pareva concentrarsi nelle gambe per facilitare la fuga. Il monarca era rapido, più veloce di chiunque l’uomo che lo seguiva avesse mai visto, ma il Donald non si poteva permettere di farsi seminare: non conosceva abbastanza il palazzo per riuscire a rintracciare il fuggitivo se lo avesse perso di vista.
Salirono delle scale ancora e ancora e, occasionalmente, Macbeth si voltava per controllare non ci fosse nessuno; si nascondeva dai soldati che vedeva passare e dai servitori, era evidentemente in crisi e non sapeva cosa fare. Finì per andare nella sala del trono e il Donald si mise dietro le colonne, osservandolo per capire dove sarebbe andato, ma una voce femminile interruppe la fuga del re.
-Dei del cielo, sei ancora vivo?
Macbeth quasi saltò in aria e il coltello gli sfuggìdi mano, prima di rendersi conto chi gli aveva parlato.
-Ah… Sei solo tu, Bea.
Lei fece un sorriso tremolante.
-Già, solo io.
-Hai saputo, quindi?
-Sì, ho incontrato il comandante, stava portando in cella l’uomo che ha… Non oso nemmeno dirlo.
Il re assottigliò lo sguardo.
-Il comandante?
-Sì, certo. Perché sembri sorpreso?
-Perché dei soldati hanno provato a farmi fuori, Bea. Degli uomini che hanno giurato fedeltà a me hanno tentato di eliminarmi. Pensi che il comandante non ne sapesse nulla?
La donna si portò le mani alle labbra.
-Oh, no, non può essere!
-È tutto possibile ormai.
-No, se ha organizzato lui perché mai non tentare quando siete da soli? Perché non occuparsene di persona? Non ha senso! Quei due dovevano essere stati assoldati dai tuoi nemici, come… Come gli Arthur, per esempio.
Macbeth rimase in silenzio per un attimo, poi mormorò.
-Sì. Potrebbe essere.
La regina esclamò.
-Deve essere così per forza!
La donna giocherellava nervosamente con le mani e riprese.
-E se non fosse così, a chi potremo rivolgerci?
Il sovrano respirò a fondo e si lasciò sedere sul trono.
-Già, a chi? Se il comandante è implicato e non ti ha fatto nulla quando vi siete incontrati è probabile che tu non sia un bersaglio. Del resto, non sei una priorità. Potresti uscire a chiamare… Il messaggero della Città Vecchia o l’ambasciatore Hanbury no, perché conviene stiano il più lontano possibile dalla vicenda… Non il comandante, ovviamente…
Il Donald, ancora nascosto dietro le colonne e i tendaggi, si chiese come avesse fatto quell’uomo a rimanere re così a lungo. E si chiese perché la regina, che egli non aveva mai visto prima, ma di cui aveva sentito parlare così bene dalla popolazione, si guardasse sempre alle spalle, fugacemente. Quel suo voltarsi non sembrava quello spaventato che aveva avuto suo marito mentre fuggiva, no, sembrava, invece, che stesse attendendo qualcuno. Non dovette, tuttavia, aspettare ancora a lungo.
-Mia signora, il re…
Il comandante dei soldati entrò nella stanza parlando e, non appena notò il monarca, gettò un’occhiata alla donna per poi fare un saluto militare ed esclamare con una sorpresa e un’allegria un po’ teatrali.
-Mio sovrano, ho visto le due guardie del corpo e ho subito pensato al peggio, stavo cercando proprio voi.
L’uomo si avviò verso il trono a passo spedito, con la schiena piegata in un mezzo inchino, ma Macbeth tuonò.
-Fermo dove sei. Non ti muovere. Bea, vieni qui, forza.
La donna non si mosse.
-Bea? Muoviti.
La regina guardò il comandante, poi prese un respiro e andò a prendere il pugnale che era ancora a terra. Si avvicinò al marito, sorpassandolo.
-Dove stai andando?
La spia Donald si mosse silenziosamente, ma non riuscì a scorgere quello che stava avvenendo; lo raggiunse, però, il suono di una porta che veniva chiusa a chiave. Immediatamente gli fu chiaro quello che era appena accaduto e trattenne un sorriso amaro.
-Bene bene bene…
La regina camminò lentamente di nuovo verso il marito. La sua voce era vagamente strascicata, come se fosse più una cantilena sommessa.
-Finalmente è giunto il momento.
Macbeth la guardò e le chiese, con espressione dura.
-Cosa sta accadendo?
La donna sorrise e porse il coltello che aveva raccolto al militare.
-L’inevitabile.
Il re si alzò e subito il comandante gli fu vicino e gli puntò un pugnale alla gola. Macbeth deglutì.
-Bea, che diamine…?
-Onestamente pensavo che a questo punto saresti stato già morto, ma a quanto pare il Destino ha voluto fare le cose come avevo proposto fin dall’inizio.
Il comandante sospirò e la regina rise amaramente.
-Non sospirare, sei tu che hai pensato all’incitamento di una rivolta come copertura, non io. Io volevo fare qualcosa di semplice e pulito, come tagliargli la gola e fregarsene delle conseguenze.
Macbeth era pallido, la sua fronte era imperlata di sudore, e si era fatto improvvisamente molto piccolo. Schiacciato contro il trono, con il pugnale simbolo della sua famiglia alle spalle e con un altro, uno reale, al collo, sembrava nuovamente un coniglio. Al Donald fece quasi pena.
-B-Bea, cosa… Cosa stai dicendo?
-Sei diventato anche sordo adesso?
Negli occhi del re vibrarono le fiamme dell’ira.
-Tutto questo è a causa tua?
La donna batté lentamente le mani.
-Molto bene. Credevo non ci saresti mai arrivato di questo passo.
Macbeth fece per alzarsi, ma il comandante lo tenne a posto. Il re guardò l’altro uomo con disgusto.
-E tu… Schifoso traditore…
La regina sbuffò.
-Lascia perdere lui, marito caro. Parla con me. Del resto, sono io che l’ho reclutato.
Calò il silenzio e il Donald si mosse, nell’ombra, avvicinandosi di più alla scena per scorgerla meglio.
La donna aprì le mani.
-Allora? Non chiedi come ho fatto tutto senza che nessuno se ne accorgesse? Neanche perché abbia dovuto fare una cosa del genere?
Macbeth fece una risata di scherno.
-Non credo mi interessi. Qualunque cosa pensi di fare di questo omicidio, ti ritroverai a dover comandare un regno in un conflitto senza il reale appoggio della Città Vecchia e degli Hanbury. Loro hanno parlato con me, del resto.
La donna sorrise.
-Tu credi? Per gli Hanbury, sì, certo, ma la Città Vecchia? Non ne sarei così sicuro fossi in te.
Il re rimase senza parole e la moglie spiegò.
-Credi che il governatore sia contento di fare affari con te? Non appena sono entrati in questa città si sono subito resi conto di quanto impopolare tu sia. Nessuno ti vuole su questo trono, nessuno. Persino il tuo esercito ti rifiuta: se fossi sceso in guerra, avresti solo creato problemi, non sapendo gestire il dissenso. Io, d’altra parte, provengo da una famiglia molto amata. Hai provato a distruggermi, a mettermi da parte e a non farmi partecipare alla vita pubblica e l’unica cosa che hai ottenuto è che tra la gente si dice che sei un mostro che costringe sua moglie a una vita di reclusione. Ma loro mi hanno visto prima di sposarti. Sanno chi sono, sanno quale sia la mia indole. Nessuno si chiederà perché mai in una rivolta qualcuno debba voler uccidere solo te, lasciando me in vita. La Città Vecchia sa tutto ciò. Ed è per questo motivo che io ho preso l’iniziativa prima di te.
-Prima di…?
-Per tutto il tempo il governatore ha fatto affari con me, non con te. Io ho fatto sì che mandasse qui i suoi agenti. Io gli ho consigliato di proporre di attaccare per primi i Donald. E sempre io ho in mano il vero segreto per la vittoria di questa guerra. Tu sapevi che uno dei contadini ha lasciato la città per unirsi agli Arthur? No, ma che domande faccio, certo che non lo sai, tu non sai mai niente di quello che avviene nella tua tribù. Mi piacerebbe dire che è un mio inviato, ma sfortunatamente l’idea non mi è venuta subito. Sai chi invece lo è? Alcune delle persone che in questo istante stanno in quel territorio e stanno stringendo amicizia con lui, scoprendo le sue ricerche sulle creature magiche. Sai su quale genere di esseri sta lavorando in particolare? Elfi e draghi. La cosa dovrebbe farti suonare un campanello nella testa vuota che ti ritrovi. Tutto questo non sarebbe stato possibile se tu ti fossi tenuto il drago, come avevi deciso nella tua imbecillità, in quanto esso avrebbe potuto fare come voleva, non avremmo saputo la sua precisa posizione e non avremmo potuto studiarlo per capire come abbatterlo. Invece, eccoci qui. E non è merito tuo.
La regina scosse la testa e concluse il discorso.
-Avrei tante altre cose da rinfacciarti; tuttavia, tu saresti dovuto morire fuori dal castello, non qui, e non abbiamo altro tempo.
Macbeth fece per protestare, per dire che non era possibile, ma la lama che aveva al collo lo fece desistere. La donna mormorò.

-Ho sempre pensato che quando questo momento sarebbe arrivato avrei avuto tante cose da dirti…
Gli accarezzò la guancia e, per un attimo, la sua espressione si fece più incerta.
-Eppure, adesso… Adesso mi sembra che invece non ci sia niente.
La sua bocca si storse in una smorfia, poi il suo volto tornò impassibile. Il comandante chiese.
-Finisco il lavoro, mia signora?
La donna per un attimo non rispose e Macbeth ne approfittò.
-Bea, pensa attentamente a quello che stai per fare. Vuoi davvero avere il sangue di tuo marito sulle mani?
La donna trattenne il respiro per un attimo e la sua voce si fece dura e tagliente, tanto che addirittura la spia Donald tremò dal suo nascondiglio.
-Di’ il mio nome.
Macbeth non rispose e la regina quasi sibilò quelle parole tra i denti stretti.
-Di’. Il. Mio. Nome.
-Bea…
-Il mio nome completo, dannazione!
L’uomo non parlò e la donna sbuffò e scosse la testa.
Fu un attimo. Il comandante si ritrovò senza nulla tra le mani mentre il re agonizzava sotto di lui, colpito alla trachea. Il sangue colava copiosamente sul suo corpo e sul trono, mentre la donna teneva il pugnale che aveva strappato al soldato stretto tra le dita bianche.
Per un singolo istante, nei suoi occhi brillò la luce della vittoria e le sue labbra si alzarono in un sorriso sincero, poi ella respirò a fondo e ridere l'arma all'uomo che aveva accanto.
-Io vado a fare la mia scenata. Tu portalo dal medico e di' che un contadino l'ha accoltellato durante la rivolta, come ci eravamo detti.
-Ma cosa ne faremo di tutto questo sangue?
La regina scosse le spalle.
-Ti ho mai detto quanto si sente in colpa nei miei confronti l'ultima amante di mio marito? Davvero, l'anima di quella ragazza si sta sgretolando e nelle ultime settimane ho fatto di tutto perché il mio sguardo cadesse su di lei, per farle pesare la condotta di questo imbecille come se fosse stata la sua. Se ne occuperà lei.
-E non dirà nulla...?
-Oh, no... E nel caso osasse, non sarà certo una lavandaia in meno a far crollare il mio nuovo regno. Ora vai.
La donna tirò fuori un fazzolettino per pulirsi il sangue che aveva tra le mani, poi parve cambiare idea. Sussurrò un "No, questo farà molta scena" e si diresse con calma verso l'uscita. Si scompigliò un po' i capelli e slacciò un singolo bottone dei polsini; si stropicciò la gonna, poi si raddrizzò e aprì la porta con tutta la serenità del mondo.
Il comandante si tolse la fascia che aveva al braccio e che indicava il suo grado per legarla intorno al collo del cadavere, nel tentativo di non farlo continuare a sanguinare ancora per molto. Si tirò addosso il corpo di quello che era stato il suo re, ormai deceduto, e lo portò via.
Il Donald, impietrito da quello che aveva appena visto, rimise la pistola nella giacca e si passò entrambe le mani sulla faccia, sospirando. Poi, uscì anche lui dalla stanza.
Non appena aprì la porta si ritrovò il viso dell'agente della Città Vecchia a pochi centimetri dal suo.
-Buongiorno, Donald.
La spia fece in tempo a portare la mano verso l'arma che aveva appena riposto, prima di venir colpito in testa.
Nessuno ne seppe più nulla.

Note di Elfin
Buonasera :3 Capitolo lunghissimo oggi, ma volevo assolutamente dirvi tutto della morte di Macbeth l'infame, ucciso da sua moglie, infamina anche lei. Lo avevamo detto che questa donna aveva un suo perché, eh, non si può dire non ci fossero delle avvisaglie. Sono molto emozionata perché la salita al trono di Bea indica che ci sono altre bombe che stanno arrivando e che è il momento di chiudere tutti i "fili" lasciati svolazzanti nella storia. Infatti vi dico che il ritmo adesso diventerà molto serrato, tenetevi sulle sedie :)
Voglio ringraziare tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, come dreamlikeview, uelafox, BalestraHolmes e lilyy (che ha recuperato anche le cose che le mancavano, quindi doppio wow) :D Spero di non aver deluso nessuno di voi e ci vediamo domenica prossima, quando ci saranno altre cose molto interessanti *sguardo furbo*
CiaH! <3
Kiss

 

   
 
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