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Autore: CatherineC94    28/02/2021    2 recensioni
Ogni notte alle tre l’ha svegliato, con una scusa meno probabile dell’altra; Aberforth sobbalzando l’ha vista lì, con quelle carte in mano. Il tutto è andato avanti per almeno un mese, fino a quando non ha avuto il buon senso di spazzarle via ed afferrare ben altro; lei a quel punto ha esclamato indignata:« Stai oscurando la mia visione dell’etere!».
Lui con le mani già occupate ha ribattuto piccato:« Te lo mostro io l’etere, fidati».
#Siberforth
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Aberforth Silente, Albus Silente, Sibilla Cooman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie '#Aberforth'
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Rogne

 
Aberforth appena spalanca gli occhi avverte dentro sé il forte presentimento che quella mattina sarà una vera  e propria  rogna.
L’esigua stanza da letto è già satura dei suoi grugniti misti ad imprecazioni, quando con un occhio aperto e l’altro chiuso inciampa nella sua paccottiglia disseminata un po’ per tutta la stanza.
«Dannata mosca con gli occhiali!» esclama furioso, mentre con un calcio ben assestato lancia una stramba sfera di cristallo dall’altra parte.
Storce il muso ancora irato, indossa il kilt color grigio sporco e si guarda intorno alla ricerca della sua capretta.
Con grandi falcate si avvicina alla finestra posta al lato del letto; il vetro è ricoperto di fuliggine ma riesce ad intravedere che il sottile filo che la tiene solitamente ferma è posto lì, senza la presenza dell’animale. Riesce a vedere Milly nella parte a sud del Pub, intenta a distruggere qualche cespuglio incantato; immagina che, i vicini verranno sicuramente a protestare. Sente già quelle ciarle inutili in testa e la pena di dover incontrare ed affrontare quel branco di maghi lo persuade sempre più a nascondersi nelle grotte a nord; in effetti non incontrare esseri viventi sembra essere un’idea molto allettante ultimamente, quel tonto di Black gli ha detto poco tempo prima che da quelle parti i topi non sono niente male. Una sorta di speranza invade il petto, forse una possibilità c’è di non avere contatto con gli esseri umani.
Aberforth scende al piano di sotto e come se non bastasse ritrova sul bancone altro ciarpane che lei ha dimenticato; come se lui non ricordasse quando le ha trascinate lì, quel giorno di bufera. La ricorda alla porta, con quei capelli che sembrano un groviglio di rovi sferzati dal vento e quel suo bagaglio color rosso accesso.
« Chi ti ha detto che puoi portare queste scemenze qui?» ha chiesto lui giustamente.
Lei ha alzato il viso in tono di sfida e con quel labbro pronunciato che mette solo quando qualcuno la punge sul vivo ha blaterato:« Gli strumenti di una Maestra Divinatoria sono fondamentali!».
A quel punto lui ha riso sprezzate ed ha ribattuto:« Stai attenta, potrei rivendere tutto al mercato nero».
Lei non ha risposto, anzi ha aumentato il passo e con fare quasi traballante ha trascinato tutto al piano di sopra occupando tutta la parte destra della stanza, come l’omonimo lato del letto.
Ogni notte alle tre l’ha svegliato, con una scusa meno probabile dell’altra; Aberforth sobbalzando l’ha vista lì, con quelle carte in mano. Il tutto è andato avanti per almeno un mese, fino a quando non ha avuto il buon senso di spazzarle via ed afferrare ben altro; lei a quel punto ha esclamato indignata:« Stai oscurando la mia visione dell’etere!».
Lui con le mani già occupate ha ribattuto piccato:« Te lo mostro io l’etere, fidati».
Quando arriva al bancone, ciò che vede lo fa ritornare bruscamente alla realtà e capisce che quelle rogne mattutine sono solo l’inizio.
« Non hai niente da fare di prima mattina, tipo salvare il mondo o mettere a punto qualche tuo strano e  ambiguo piano che ucciderà persone innocenti?» sghignazza in direzione di suo fratello.
Avvolto in una veste color cammello, Albus Silente con occhi scintillanti e con un largo sorriso risponde:« Ogni tanto mi concedo una pausa. Non mi offri nulla da bere? Non mi dire che devo andare da Rosmerta per avere un buon bicchiere della staffa!».
Aberforth fa un verso ironico e versa del liquido ambrato in un bicchiere e lo poggia malamente davanti al fratello.
« Ah! Vacci pure, ma quella ultimamente è persa nei bolidi della tua professoressa di volo se sai cosa intendo…» dice malizioso.
«Giusto! L’amore, sono venuto da te per questo» irrompe Albus allegro.
Un sospetto losco pervade Aberforth e gli fa assottigliare lo sguardo.
«Dovresti fare un salto al castello nel pomeriggio. Ultimamente ho problemi, ehm, una sorta di conflitti d’interesse, ecco».
A quel punto Aberforth ha sempre più timore che qualcosa di orribile gli stia per accadere, non riesce neppure a scorgere Milly, persa in qualche meandro più in là.
«Ho un piccolo problema con la mia Professoressa di Divinazione, dopo che la Umbridge ha deciso di licenziarla…» inizia lui soave.
Aberforth lo interrompe, sbattendo il pugno contro il bancone.
«Non ti immischiare, non te lo permetto!» urla con il sangue alla testa.
«Non era mia intenzione, ma vedi quando ha capito che deve dividere il corso con un Centauro non l’ha presa bene e si è rinchiusa nella botola della Torre Nord» risponde garbato Albus.
«Probabilmente tutto il suo ciarpame l’ha soffocata, in quel caso è un problema in meno!» dice Aberforth voltandosi di scatto.
«Dovresti invece venire. Tu sei il solo che può convincerla, ho già avvisato Milly farà lei la guardia al Pub» conclude suo fratello col suo tono da mistico indiscusso uscendo dalla stanza.
Aberforth impreca, si guarda il kilt e già pensa che farà freddo in quel castello diroccato.
«Milly non prende ordini da te!» sbraita, ma poco dopo indignato la vede rientrare tutta allegra dentro la stanza  con i resti del cespuglio tra i piccoli denti gialli aguzzi.
 
 
Si ritrova così a camminare in quei corridoi che non avrebbe mai più voluto rivedere; l’ipotesi di Black che contempla la grotta e i piccoli roditori da mangiare sembra ancora più plausibile, specialmente fino a quando non si ritrova davanti all’entrata della  botola.
L’osserva per un po’, bussando.
Nessuno risponde e dopo un paio di minuti esclama roco: « Dannazione, apri!».
Una strana scaletta di srotola davanti ai suoi occhi, mentre un forte odore di incenso misto a qualche altra erba allucinogena lo stordisce. Nota che la stanza è ricolma di candele e posti vuoti; si avvicina rapido facendo dondolare il leggerlo kilt, impaziente.
«Bleah, sembra un cimitero questa stanza!» esclama disgustato.
«Chi osa irrompere nelle mie stanze? Non riesci, tu, visitatore straniero ad avvertire le vibrazioni che emano? Sto interrogando i segni, come osi tu?» irrompe una voce funerea dal lato destro della stanza.
«Esci da lì, che mucchio di stupidaggini blateri?» dice Aberforth al limite della pazienza.
Sente qualche rumore strano, seguito dal fracasso di porcellana che si rompe e poi l’avvicendarsi dei suoi passetti lievi; ha sempre pensato che lei avesse piedi troppo piccoli, quasi come una bambina.
Quando lo vede rimane impacciata; i grandi occhiali cadono quasi dal viso e il solito rumore di campanelli è agitato in quel momento.
« Ho saputo che ti sei rintanata qui, per quale motivo?» le chiede Aberforth a brucia pelo.
«Non mi aspetto che tu capisca» risponde Sibilla con i grandi occhi già luccicanti.
«Come sempre io non capisco, eppure sei andata via senza dirmi nulla» aggiunge lui con una smorfia distorta.
Sibilla caccia fuori il labbro e sussurra:« Tu non mi lasciavi interrogare le carte, devo farlo è un bisogno che sento e quindi sono dovuta andar via!».
La risata rude e senza gioia di Aberforth riempe la stanza facendola arretrare di un passo.
«Pensavo che l’altro modo di interrogare l’etere ti piacesse, da come arrossisci non ho dubbi quindi che motivi avevi per scappare?» rincara lui la dose.
«Nessun altro, te l’ho detto!» squittisce lei.
Aberforth non le crede e fa un giro della stanza con i nervi a fiori di pelle; quel giorno si sta dimostrando sempre più terribile e non vede l’ora di andare.
«Insomma che ti salta in testa, perché non esci di qua?» dice lui interrogativo.
«Ho subíto un affronto, anzi due affronti!  Prima quella funzionaria del Ministero che dice che io non ho l’occhio, che non riesco a predire nulla!» urlacchia lei in prenda all’isteria.
«Finalmente una che riconosce la verità!» aggiunge lui tagliente.
«Poi tuo fratello che fa venire un ronzino e questo mi usurpa metà degli studenti!» conclude lei senza badare alle sue parole.
Aberforth ride per una volta di gusto, immaginandola tutta sbatacchiante contro il Centauro; si avvicina rapido verso l’imbocco della botola.
« Pensavo avessi paura delle capre non dei cavalli» osserva Aberforth malizioso.
Lei lo guarda stranita.
«Comunque, che ne dici di alternarle,le serate... quando interroghi lo stupido Oracolo con l’esplorazione fisica del luogo mistico?» chiede ancora.
«Questo è un sacrilegio!» ribatte Sibilla oltraggiata ma con uno strano sorriso sghembo.
Aberforth non la sta sentendo, rapido ritorna al suo pub con un sorriso sporco sul viso e soddisfatto; quelle rogne mattutine sono state seccanti, ma forse gli hanno assicurato qualche altra capatina là, in quelle zone recondite e pulsanti dell’etere.
 
 
 


Note.
Ciao a tutti! Vi chiedo scusa per questa storia che non so come sia venuta, da giorni meditavo di scriverla. Spero che vi abbia strappato un sorriso, un abbraccio.
 
 
 
 
 
 
   
 
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