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Autore: Loda    26/08/2009    2 recensioni
Cherise a soli diciotto anni non crede nell'amore. Elena è appesa a un filo e sotto di lei c'è la depressione. Mattia è sessualmente confuso. Luca è innamorato della sorella. Andrea nasconde un mare di guai sotto l'apparente perfezione. Sono alcuni dei ragazzi che cercano di fare una sola cosa: vivere, ognuno con la propria storia in primo piano. Situazioni familiari disastrose, altre troppo perfette. Intrecci, preoccupazioni, scelte difficili, colpi di scena. L'amore in tutte le sue sfaccettature per un racconto reale che è solo un'altra storia, ma è la nostra storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sporco desiderio
Non vi vedo entusiasti” stava dicendo Elena.
“Ho solo sonno” replicò Cherise con uno sbadiglio “vedrai che verso le otto mostrerò la mia gioia”.
“Veramente sono le nove” osservò Mattia.
Cherise lo guardò attonita. Le nove? Aveva fatto talmente fatica ad alzarsi dal letto che sembravano le cinque di mattina. Pensò con odio a Tonio, sicuramente ancora a letto con quel rimbambimento di musica house nelle orecchie.
“Entriamo?” fece Elena, che mostrava un tale misto di agitazione e felicità da far venire la nausea.
Cherise si voltò pronta a scambiarsi un’occhiata di rassegnazione con Mattia ma rimase interdetta nel vedere il ragazzo che sorrideva guardando Elena. E quella arrossiva.
Bene, pensò Cherise, funerea, da oggi in poi mi toccherà guardare un film d’amore tutti i giorni in prima fila.
Continuò a guardare i due amici. Mattia era alto sul metro e ottanta, mingherlino, castano e spettinato, due occhi incavati che gli davano uno sguardo da serial killer. Ma i gusti erano gusti. Elena era, nonostante lei lo  negasse, una delle ragazze più amate (per non dire sbavate) della scuola. Era alta, bionda, snella, due occhi grandi azzurri con delle ciglia di un metro. La sua rovina era suo fratello Luca, che andava in giro per tutta la scuola a dire che il loro fratello maggiore, Andrea, aveva mandato all’ospedale un paio di elementi che ci avevano provato con Elena. Il che era tutta una balla.
Cherise si sentiva un po’ insignificante, col suo metro e sessanta, con una faccia che avrebbe potuto essere quella di chiunque e con i suoi capelli castano né-ricci-né-lisci che lei odiava e teneva sempre legati.
I tre, fermi sull’entrata del Pianeta da circa un quarto d’ora, si decisero ad entrare.
“Che peccato” fece Cherise, allungando un passo verso il bar “dobbiamo già separarci”. Lanciò un’occhiata agli amici. Elena sembrava moralmente distrutta.
“Dai, ci vediamo per pranzo” disse Cherise, tentando di rimediare “Venite da me, vi servo io”. Fece una risata diabolica che strappò un sorriso ad Elena, salutò Mattia che la guardava come se fosse pazza e si avviò verso il bar.
C’erano poche persone sedute ai tavoli e al banco c’era un uomo moro sui venticinque anni, seduto su uno sgabello che leggeva il giornale .
Cherise gli si avvicinò. “Ciao” disse.
“Ciao” rispose quello senza alzare lo sguardo “Cosa ti servo?”.
“Io lavoro qui”.
Il ragazzo finalmente la degnò di uno sguardo. “Ah sei tu”.
“Sono io”.
Quello si alzò e le tese la mano. “Mi chiamo Francesco”.
“Cherise” disse la ragazza, stringendogliela.
“Sei straniera?”.
“Il mio bisnonno è morto in Canada”.
Francesco sembrò soffocare una risata. “E gli rende onore il tuo nome?”.
Cherise rimase sorpresa. “Non l’aveva mai detto nessuno”.
“Perché, dici spesso che il tuo bisnonno è morto in Canada?” fece il barman, divertito, facendole cenno di andare dall’altra parte del banco.
“A dire la verità, non so neanche se è vero”
“Allora puoi anche inventarti di essere mezza americana”.
Cherise ci pensò su. “Mi sembra una bugia più grave”.
“E’ più grave una bugia sui morti”.
“Ma più credibile”.
Francesco la guardò con le sopracciglia alzate. Non era malaccio, sembrava simpatico.
“Allora, oggi non ci sarà tanta gente, quindi puoi anche combinare dei guai, se ti servono per impratichirti”.
“Perché oggi non ci sarà tanta gente?”.
“Il martedì è sempre così”.
Cherise si diede un’occhiata intorno. C’erano varie macchine e vari panini. Davanti a sé una sala tranquilla di poche persone che bevevano il caffè. Aveva tempo di imparare qualcosa.  Per ora stava andando bene.
Magari fosse sempre martedì
 
 
Mattia aveva appena finito di riordinare dei dischi che la gente ovviamente non metteva mai al posto giusto.
Diede un’occhiata all’orario. Era quasi l’una.
“Ehi, Fabio” disse in direzione di una testa riccia che s’intravedeva sotto la cassa “Quando smetto per mangiare?”.
Fabio si alzò da terra con una pila di giochi per computer. “Metti questi in esposizione” disse, tendendoglieli.
Mattia li prese, continuando a fissarlo interrogativo.
L’altro guardò l’orologio. “Adesso. Hai un’ora”.
Mattia trovò uno scaffale mezzo vuoto e ci ficcò dentro i giochi che aveva in mano.
“Mattia!” si sentì chiamare.
Il ragazzo si voltò, riconoscendo la voce.
Elena era appena entrata nel negozio con un sorriso smagliante e lui le andò subito incontro. Era davvero bella. Aveva un viso delicato, una carnagione di porcellana, gli occhi più belli che avesse mai visto e dei folti ricci lucenti. Si accorse che la stava guardando come un cretino senza proferir parola. E lei sembrava così carinamente impacciata. “Com’è andata?” chiesero all’unisono, dopo un po’ che si fissavano. Subito scoppiarono a ridere.
Fabio rovinò il momento con un fischio. “Mattia, chi è la tua amica?”. Aveva un’espressione da pesce lesso mentre esaminava ciò che camicetta e pantaloncini corti non coprivano. Mattia sperava tanto di non avere la stessa espressione. “Nessuno che ti voglia presentare”.
Elena rise nervosamente.
“Noi andiamo a mangiare, Fabio” continuò Mattia.
“Va bene ho capito, portami qualcosa”.
Senza neanche rispondergli, Mattia si avviò al fianco di Elena verso il bar.
“Allora? Che mi dici?”.
“E’ fantastico stare in mezzo a tutti quei vestiti” partì a raffica la ragazza “poi Jessica e Roberto sembrano simpatici e lui è un gran figo!”.
Elena faceva tanto la timida ma a volte con lui la sua timidezza se ne andava a farsi benedire. Lui amava questa cosa di lei. E chi sarebbe questo Roberto?
“Bene” fece, poco convinto.
Elena lo stava fissando, come per studiarne la reazione. “Ma è gay” disse poi.
Mattia scoppiò a ridere, sollevato. “Tal cred, un ragazzo che lavora in un negozio di vestiti è per forza gay!”.
“E’ un peccato” continuò Elena “è proprio vero che i bei ragazzi o sono stronzi o sono gay”.
Il ragazzo la guardò offeso.
“Esclusi i presenti ovviamente” ridacchiò lei.
“Così va meglio” fece Mattia, assumendo un’aria altezzosa.
“Dai vediamo come se la cava Cher”. Elena stava già correndo verso il bancone del bar dove Cherise era in compagnia di un ragazzo. Mattia accelerò il passo per starle dietro.
Arrivati, Cherise mostrò loro un assortimento di panini e tranci di pizza appena sfornati mentre l’altro tizio stava servendo qualcun altro.
“Adesso Ele ti dirà che c’è un gran figo che lavora con lei” disse Mattia, imitando la voce di una ragazzina stridula e indicando a Cherise due panini.
Elena lo guardò storto. “E che…”.
“E’ gay” concluse il ragazzo.
Cherise scoppiò a ridere mentre Elena gli tirava un pugno sul braccio. “Lo volevo dire io!”.
“Sorry mi è scappato” fece lui, premendosi la mano sulla bocca, ancora imitando una ragazzina “Era una tale notizia…”.
“Ele, tu cosa vuoi?” li interruppe Cherise.
“Un trancio di margherita” rispose quella “E che mi dici di quello?” aggiunse sottovoce alludendo al ragazzo alla cassa, mentre l’amica prendeva la pizza. Mattia alzò gli occhi al cielo.
“Ha le sopracciglia sporgenti” fece Cherise, con noncuranza, porgendo loro pizza e panini.
Elena lanciò un’occhiata al tipo in questione. Annuì. “E le braccia troppo pelose”.
Mattia fissò prima l’una poi l’altra, stralunato. “Siete delle beshtie” disse, con forte accento bolognese.
Cherise sorrise angelica, con in mano due lattine di coca. “Siamo alla continua ricerca del principe azzurro”.
Mattia aggrottò la fronte. Non poteva essere lei a dire una cosa del genere.
“Che non esiste” continuò la ragazza, col sorriso scomparso dal volto. “Sono nove euro e ottanta”.
“Faccio io” disse subito Mattia, aprendo il portafoglio. Che Cherise non credesse nell’amore vero era risaputo, e anche un po’ triste. Non sapeva perché. Non sapeva neanche se aveva avuto dei ragazzi. Era carina, ma era sempre stata piuttosto acida coi maschi.
Le porse i soldi. “Un giorno offri tu”.
“Non contarci troppo”.
Cherise sparì ad ascoltare altri clienti e i due si sistemarono in un tavolo.
“Tu sai se Cher ha avuto della storie?” chiese Mattia, mettendo da parte il panino per Fabio e addentando il suo.
“Non me ne ha mai parlato” rispose Elena con un’alzata di spalle.
“A volte mi dà l’impressione che non lo voglia un ragazzo. Deve aver preso parecchi pali in fronte”.
“Anche tu hai preso dei pali in fronte”.
Mattia strabuzzò gli occhi. “Come?”.
“Chiara”.
“Ah. Già”. Chiara lo aveva lasciato solo il mese scorso, eppure non la pensava mai.
“Valentina, Francesca, Sara…”.
Ehi, cos’era quella lista?
“E chi sarebbero queste?”.
“Valentina è la ragazza di 3°D a cui hai chiesto di uscire e lei manco ti ha risposto” spiegò Elena, meditabonda “Francesca era quella a cui stavi sempre incollato in seconda e lei ha minacciato di denunciarti e Sara… neanche Sara ti ricordi?”.
Mattia scosse la testa.
“Stavi con Sara alle medie fino a che non hai fatto un brutto commento sui suoi capelli”.
“Ah”.
Elena scoppiò a ridere.
Pazzesco, ricordava cose a cui lui non aveva prestato la minima attenzione.
“Perché sai un sacco di cose su me?”.
“Perché tu parli sempre di te”.
“Anche tu parli sempre di me”.
“Lo vedi che andiamo d’accordo?”.
Mattia rise. Ma era vero. Parlavano spesso di lui, mai di lei. Non conosceva molto della ragazza che aveva davanti. Sapeva solo che aveva due fratelli, uno dei quali era un gran rompipalle.
“Anche tu hai una collezione di disfatte come questa?”.
Elena masticò a lungo un pezzo di pizza. Poi rispose. “Diciamo che quando arrivavo al secondo appuntamento i miei fratelli mi facevano vergognare di essere nata”.
“Sono terribili” fece il ragazzo “io non mi comporto così con Giulia”.
“Andrea si preoccupa. Adesso un po’ meno perché sono grande. Luca invece è insopportabile”.
Mattia rise. “Il piccoletto che va in giro a dire che Andrea è cintura nera di karatè?”.
“Proprio lui”.
Né Andrea né Luca lo spaventavano. Se avesse voluto mettersi con Elena, l’avrebbe fatto e basta. Non dire idiozie, si disse, se fosse così l’avresti fatto da un bel po’, tu sei spaventato eccome, ma da lei. Non si sentiva affatto all’altezza.
Fatti coraggio, scemo, invitala ad uscire. Stava per aprir bocca ma lei lo precedette. “Ti va di accompagnarmi a casa dopo il lavoro? Cher smette più tardi e non voglio prendere l’autobus da sola. Poi stai un po’ su da me”.
Perfetto. Cos’era, telepatia?
Mattia sorrise. “D’accordo”.


Sentiva risate provenire da quella camera da oltre un’ora. Che nervi. Tentò di concentrarsi al massimo sul fumetto che aveva in mano, ma era inutile, l’aveva già letto. Lo lanciò sul letto frustrato e prese a dondolarsi dalla sedia. L’anno scolastico era finito da due settimane ormai, non aveva più da studiare, compiti da fare che lo aiutavano a non pensare.

Che cosa avrebbero detto mamma e papà?
Che sono un mostro.
Sentì la voce di quel ragazzo nel corridoio. “Dai, si è fatto tardi, vado”.
“Okay, ti accompagno alla porta”.
Luca si alzò e uscì dalla stanza.
Elena e quel Mattia Parisi erano sulla soglia di casa e si stavano salutando.
“Dovremmo trovare il ragazzo a Cherise comunque”.
“Fabio che impressione ti ha fatto?”.
“Idiota…”.
“Lui o io?”.
“Tutti e due!”.
E ridevano.
Nauseato, Luca si avvicinò facendo un cenno col capo.
“Ciao” fece Parisi, cordiale.
Avanti, salutalo, sii gentile. Eppure non riusciva a smuovere un solo muscolo della sua espressione infelice e arrabbiata. Elena lo guardò male. Lo odiava per questo. E si odiava anche lui.
Parisi sparì dietro la porta e tutto tornò calmo e silenzioso, a parte un sano russare che proveniva dalla camera del nonno.
Elena si voltò a fissare Luca. “Fammi indovinare, non ti piace”.
No, sembrava un ragazzo a posto. “Non è che non mi piaccia”.
“Potresti fare uno sforzo almeno con gli amici” fece lei, rabbiosa “Mattia è mio amico da anni, non è il mio ragazzo, non mi porta a letto!”.
“Non urlare, nessuno ti ha chiesto niente!” ribatté Luca.
“Lui mi piace, Luca” fece la sorella, abbassando la voce “Non rovinare tutto come sempre, per favore”.
Luca serrò la mascella. Non è il mio ragazzo, non mi porta a letto! Per il momento, poteva precisare.
Non voleva che Elena fosse di quello lì con gli occhi che sembravano scavati nel cervello. Balle, si disse, gli occhi non è che avessero una gran importanza. Ma che argomenti aveva?
“Puoi trovare di meglio”.
Elena gli si avvicinò, arrabbiata. “Posso trovare di meglio? Ma saranno cavoli miei, piace a me!”.
“A me no!”.
“Si può sapere che ti prende!” urlò la ragazza, dandogli uno spintone.
Luca non disse niente, lasciandosi colpire.
“Che ti prende!” continuò Elena, dandogli un altro spintone “La morte di mamma e papà ti ha dato alla testa?!”.
La mano di Luca volò all’istante.
Non voleva farlo, non poteva farlo, non doveva farlo.
Le aveva dato uno schiaffo.
Lei lo guardava incredula, la mano sulla guancia, con gli occhi pieni di lacrime.
Luca scosse la testa, sgomento. “Io… io non…”.
Il suo balbettio sfumò nell’aria mentre la ragazza correva in camera.
Cosa avrebbero detto mamma e papà?
Che sono un mostro.
Come aveva potuto farlo? La sua mano era partita così, prima che le arrivasse il comando dal cervello.
“Cos’è successo?” fece una voce.
Luca si voltò.
Andrea era appena comparso in salotto con aria inquisitoria. “Vado a lavoro”.
Il ragazzino annuì.
Doveva andare da Elena e chiederle scusa. Fece per muovere un passo ma c’era ancora Andrea sulla soglia della sala e non si muoveva. “Cosa hai fatto ad Elena?”.
Non voleva dirglielo, anche se lo sapeva già.
Andrea si era avvicinato. “Dannazione Luca!” esclamò “Che cazzo c’è che non va in te? Non è normale comportarsi così con la sorella!”.
Lo sapeva. Sapeva tutto.
Sembrava non avere altro da aggiungere, e con sguardo esasperato si diresse verso l’uscio.
Ma non era finita.
Batté con violenza la mano sulla porta. Una volta. Due volte. Tre volte.
“Smettila!” urlò Luca. Sentiva gli occhi bruciare. Elena lo odiava. Andrea era arrabbiato con lui. Cosa c’è che non va in me?
Andrea si voltò con furia.
“Smettila tu!”.
Ma non poteva smetterla. Era così difficile da capire?
“Perché devo pensare a tutto io?!” gridò Andrea.
Sei il più grande.
“Fa qualcosa di utile, prepara la cena per Elena e il nonno”. Andrea sembrava calmatosi. E uscì, senza più dire una parola. La porta si chiuse e Luca crollò sulle ginocchia. Le lacrime uscivano senza ritegno dagli occhi e ogni lacrima che scendeva era una bugia, un tormentato silenzio, un’odiosa repulsione di sé. Andrea sapeva. Il suo vergognoso segreto era stato scoperto. Non è normale comportarsi così con la sorella!
Luca si asciugò gli occhi. Era così, era anormale. Ma cosa c’era di tanto sbagliato? Tutto. Era sbagliato, illegale e immorale.
Cosa avrebbero detto mamma e papà?
Che sono un mostro.
Forse era stato un bene che mamma e papà fossero morti in un incidente stradale, perché altrimenti li avrebbe uccisi lui stesso col suo sporco desiderio. Sarebbero morti nella vergogna della consapevolezza che il loro figlio più piccolo era innamorato della sorella.

   
 
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