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Autore: Francine    03/03/2021    1 recensioni
Ammesso che la passione umana abbia la virtù d'innalzarsi al di sopra di ogni assurdo, come si può sostenere che non abbia anche quella d'innalzarsi al disopra dei propri assurdi?
(Yukio Mishima, Confessioni di una Maschera, 1949)
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Aquarius Camus, Cancer DeathMask, Capricorn Shura, Pisces Aphrodite, Scorpion Milo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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6.



  «Che giornata assurda...»
 
Il diadema di Aiolia finisce su un canterano senza troppe cerimonie. Come se fosse il berretto impolverato di un monello. 
Si massaggia le tempie, poi si volta verso il proprio ospite e gli domanda:«Gradisci qualcosa di fresco da bere?».
 
Non era così che Ruy aveva immaginato il loro chiarimento.
Anzi, a dirla tutta, a voler essere smaccatamente sinceri, Ruy aveva immaginato tutto, tranne quello. Una resa dei conti che, prima o poi, ci sarebbe stata – anche se, a voler essere sinceri, Ruy avrebbe gradito lasciare le cose come stavano. Nel loro equilibrio, magari precario, ma sicuramente indolore. Perché stuzzicare il can che dorme?
Perché sono un masochista, si risponde Ruy, mentre un angolo del suo cervello gli ricorda che Aiolia aspetta una sua risposta.
 
«Acqua, grazie.»
 
Aiolia sparisce dietro una tenda e torna poco dopo, posando un vassoio con due bicchieri spaiati e una brocca d’acqua fresca con dentro un paio di rametti di menta e una fettina di limone. Ed è solo a quel punto che Ruy capisce di essere nelle stanze private di Aiolia, quelle sul retro della Quinta Casa. 
«Scusa il disordine», gli dice, quando è vero l’esatto opposto. Non c’è uno spillo fuori posto. O un granello di polvere. E quella brocca d’acqua sembra essere stata preparata per tempo.
«Non preoccuparti», ribatte Rodrigo. Per cortesia, ovvio. Ma anche perché tutto lascia supporre che Aiolia lo stesse attendendo al varco. E lui si chiede perché. Che Marin si sia lasciata scappare qualcosa? E se sì, quanto? Meglio giocare di sponda, lasciando ad Aiolia la prima mossa. Dopotutto, è il padrone di casa, giusto? «Grazie per l’acqua.»
«Finalmente è finita», sospira Aiolia; e se si stia riferendo al chrysos synagein o a qualcos’altro, Ruy non sa dirlo. «Non ne potevo davvero più.»
Ruy annuisce.
«Scusami per stamane», prosegue Aiolia, come se avesse provato quel discorso tra sé e sé. «Andavo di fretta. Sai com’è, quando si decide di prendere il toro per le corna, meglio non avere tentennamenti.»
Ruy annuisce. Ancora. Aiolia ha ragione. Si parla spesso di coraggio e ardimento e un’altra mezza chilata di nobili - nobilissimi - sentimenti, ma è facile quando si tratta di qualcosa di esterno a noi. Quando siamo noi, quelli sulla graticola, la faccenda cambia. Radicalmente. E alle volte, a voler prendere il toro per le corna, finisce che è la bestia ad incornare te.
«Spero sia andato tutto per il meglio», gli dice Shura. Tanto per riempire il silenzio imbarazzato che sta scendendo tra di loro. E per passare la palla ad Aiolia. Che annuisce e risponde: «Sì. Mi sono tolto un peso dal cuore.».
Criptico, il ragazzo. 
Ruy beve un altro sorso. E un secondo. E un terzo. Fino a quando il bicchiere si svuota pericolosamente e non si accorge che Aiolia lo sta fissando. E da un pezzo pure.
 
«Di cosa volevi parlarmi?»
 
Eccola, la stoccata mortale. Quella che punta dritto per dritto al cuore, sbaragliando la parata di quarta e quinta. Questo è quello che succede a farsi cogliere con la guardia abbassata, si ripete Ruy, dandosi dell’imbecille; ma è tardi, ormai, troppo tardi per avere paura. Aiolia è entrato nel suo spazio e adesso sta a lui difendersi. O limitare i danni.
 
«Mah, sai… Il solito...»
 
Aiolia piega la testa da un lato, come un cane che non ha capito bene il comando del proprio padrone. 
«Il solito?», ripete, come un pappagallo senza troppa convinzione.
«Beh, sì… sai...»
«No, non lo so.» Aiolia posa il proprio bicchiere. «Non avevamo detto di metterci una pietra sopra, dopo Asgard e tutto il resto?»
«Sì?»
«E allora perché torni a rimestare quel brodo?» Aiolia incrocia le braccia e lo fissa. «Se un discorso è chiuso, è chiuso. Riaprirlo non porta a niente di buono. Sbaglio?»
Attenzione. Aiolia ha le palle girate. Fai. Attenzione.
«No. No, non sbagli», ribatte Shura posando il proprio bicchiere. «È che avevo avuto un’impressione sbagliata.»
«Definisci, sbagliata...»
 
Rodrigo sospira. Poi si passa una mano davanti al viso e si dice che non è il caso. Non è pronto. Non lo sarà mai, lui e il suo immane senso di colpa che lo accompagna da così tanto tempo; e, forse, è proprio lui il primo a non voler chiudere la questione una volta per tutte. Forse si è talmente abituato a ricevere l’odio di Aiolia che, adesso, la sua indifferenza lo ferisce più dei suoi pugni. 
«Credevo che tu mi avessi perdonato per quieto vivere, visto il tuo umore… mercuriale.»
«Niente affatto», si affretta a spiegare Aiolia. «È che avevo pensieri, ultimamente.»
«Mi spiace», ed è sincero, Rodrigo, nel dire quelle parole; ma quel che gli rincresce davvero è che Aiolia non sia andato a confidarsi con lui. Forse è troppo presto. O forse non succederà mai. 
 
«Fa nulla. Ormai ho risolto.»
«Com’è andata con Marin?»
 
Ma tu vuoi proprio essere picchiato?, gli domanda la coscienza, mentre Aiolia lo guarda come se gli fosse spuntata una seconda testa.
«Tu che ne sai?»
Eh, già. Io che ne so?, ché a Rodrigo preme comunque conservare l’onore di Yngve. Sarà pure un disgraziato, sarà pure uno stronzo, e sarà pure colpa sua se adesso si ritrova invischiato in questo delirio; ma Yngve è un amico. Nonostante tutto. 
Sì. Tu vuoi proprio essere picchiato.
«Aiolos.» Rodrigo lo dice scoprendo di essere uno scaricabarile coi controfiocchi. Non gli pesa, come dovrebbe essere invece nell’ordine naturale delle cose. Forse l’influenza di Yngve è stata più incisiva di quanto avesse preventivato? Risparmiati quel forse, tesoro... «Mi ha confidato che ti eri deciso a parlare ad una ragazza», e siccome Leaphya è ad Asgard… Ma Rodrigo non porta a termine la frase.
«Parlare con. Non a. Con.»
Sì, ma di cosa?, vorrebbe chiedergli Ruy. Quello gli preme di sapere, non di un balletto tra casi. Di cosa dovevi parlare a Marin? Di Leaphya? 
«Dovevo chiedere il parere di Marin su una questione delicata.»
«Capisco...»
«No. Non hai capito proprio niente.»
 
E le mani di Aiolia si avvicinano.
E le mani di Aiolia si sbarazzano del suo bicchiere.
E le mani di Aiolia si posano sul suo, di diadema, che finisce chissà dove – su un canterano accanto a quello del Leone? Possibile. Probabile. Sicuro – e gli sfiorano l’accenno di barba che ha sul mento.
Gli occhi di Ruy sono smarginati.
Da qualche parte, il suo cuore ha smesso di battere, come se anche quel muscolo stesse trattenendo il respiro assieme ad ogni cellula del suo corpo.
Aiolia sorride, un lampo bianchissimo nella penombra della stanza. E all’improvviso Ruy sente caldo, un caldo asfissiante. Come se stesse andando a fuoco, come se Capricornus stessa fosse diventata incandescente.
 
«Marin sta con un altro. Lo so da quando eravamo ragazzini.» Pausa. «Me l’ha confidato lei, un giorno. Togliendosi la maschera.»
«Cosa?»
«Faceva caldo», si giustifica Aiolia. «E poi a me piaceva già un’altra persona.»
Chi?, vorrebbe chiedere Ruy. Invece la sua voce riesce ad articolare solo un: «Ah...».
«Io e Marin siamo amici. E siamo stati… qualcosa di più, per un certo periodo.» Pausa. Aiolia lo fissa, come a voler cogliere qualcosa sul suo volto. Un’espressione, un segno, qualsiasi cosa. «Avevamo entrambi bisogno di una stampella.»
 
Fa male. Oh, se fa male.
Ruy ha sempre saputo che, prima o poi, una cosa del genere sarebbe successa, sicuro come il Sole sorge ad Est.
Prima o poi, qualcuno sarebbe apparso all’orizzonte e si sarebbe accalappiato Aiolia. Ma un conto è immaginarsi una simile eventualità di notte, quando il vento fischia e non si riesce a prendere sonno. La si esorcizza, una catarsi tascabile e pronta all’uso, da tenere sul comodino alla bisogna. Fa male, fa schifo e terrorizza; ma poi si sta meglio.
Un altro paio di maniche è sapere che sì, è successo. Più e più volte, e poco importa se in quel mentre eravamo morti stecchiti – esplosi in una miriade di atomi come una supernova da passeggio. 
Fa male. Un male cane. Guardatevi dalla gelosia, eccetera eccetera.
Ma Ruy non vuole perdersi nemmeno mezza parola, nemmeno mezza sillaba della confessione di Aiolia. Forse è lui, il mostro dagli occhi verdi che divora se stesso. Cominciando dal cuore.
Fa un gesto con il capo ad invitare l’altro a continuare.
 
«Marin sta con Yngve. E Leaphya sta bene ad Asgard.» Altra pausa. «Alla Celebrante di Odino serve un eroe senza macchia e senza paura. E io, di macchie, ne ho fin troppe.»
«Ma allora perché le hai regalato il ciondolo di Aiolos?», gli domanda Rodrigo, le mani che si posano su quelle di Aiolia, come a ribadirgli che sono allo stesso livello. Che non deve tacergli più nulla.
Gli occhi di Aiolia si assottigliano. Un gatto che sta per papparsi un incauto  cardellino grassoccio che, credendolo assopito, s’è avvicinato troppo alle sue zampe. 
«Oh, qualcuno l’ha notato...»
«L’abbiamo notato tutti.»
«Sì, ma solo tu ne stai facendo una questione di Stato...»
«Hai illuso una povera ragazza.»
«Nossignore.» Aiolia si ritrae di un paio di centimetri. Vuole che lo veda bene in volto, così da spazzare via ogni qualsivoglia dubbio. «Leaphya. È. Innamorata. Di. Frodi.»
«Ah, sì? Perché, sai, a me sembrava che la Celebrante di Odino pendesse letteralmente dalle tue labbra...»
«Siamo gelosi, Shura di Capricornus?»
«Non cambiare discorso», e la voce di Ruy è acciaio temprato, adesso, gli occhi fissi in quelli azzurri di Aiolia.
«Era tutta scena. Voleva solo farlo ingelosire.»
«Ah.»
«E io volevo far ingelosire te.» 
«Ah.»
«E poi, quel coso porta sfiga.» Aiolia si stringe nelle spalle. «Gliel’ha regalato una ragazza che l’ha piantato in asso senza troppe cerimonie.»
«Ah.»
«Sai dire solo “Ah”, come un disco rotto?»
«N-no. No di certo.» Aiolia sorride. E a Ruy esplode una salva di fuochi d’artificio in mezzo al petto. «Che cosa vuoi dirmi, Aiolia?»
«Non ci arrivi?», gli chiede. E di fronte all’espressione più disorientata del suo repertorio, Aiolia ridacchia, tra il divertito e l’esasperato. «No, non ci arrivi.»
 
Lo dice come fosse una constatazione lapalissiana. E Ruy si sentirebbe offeso se, nel frattempo, Aiolia non rompesse gli indugi, chiudendo le labbra sulle sue e facendogli schizzare il cuore in gola e l’anima alle stelle.
Un bacio lieve, uno sfiorarsi appena, tanto per annusarsi e conoscersi, prima di fare sul serio.
«Adesso? Ci sei arrivato, adesso
La voce di Aiolia è troppo, troppo bassa per fare qualsivoglia ragionamento serio e ponderato. E le labbra di Ruy sono ancora attraversate da una leggera scarica elettrica per articolare un suono di senso compiuto. Così si ritrova ad annuire, la testa che va su e giù come quella di un pupazzo a molla, prima di contraccambiare la cortesia.
Ed è un bacio meno delicato, il suo, meno gentile. C’è la voglia – il bisogno – di colmare distanze e appianare ogni divergenza, di dare un senso a tutto il tempo perduto in inutili ripicche e dissapori, di cancellare in un attimo ogni timore e gelosia. Di reclamare Aiolia come suo. A partire da questo stesso istante.
E quando il Leone si stacca, alla ricerca di aria buona da respirare, il Capricorno non lo lascia andare, continuando a marchiargli zigomi, mascella e collo.
Aiolia ridacchia, soddisfatto, una mano che affonda nella massa di capelli scompigliati ad arte di Ruy. Fa quasi le fusa mentre si avvicina all’orecchio dell’altro e gli soffia: «Continuiamo il discorso in un posto più comodo?».
   
 
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