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Autore: ROSA66    04/03/2021    10 recensioni
“Terza classificata al contest “Che bella parola ‘per sempre’” indetto da Pampa313 sul forum di EFP”.
Godric's Hollow, estate 1899. Due giovani maghi promettenti e ambiziosi, un sole cocente, un piccolo laghetto, una promessa d'amore ...
Dal testo :
C’era un’alchimia, tra loro due, una comprensione infinita che travalicava i confini del tempo e dello spazio e che li portava a trovarsi sempre e ovunque senza neanche cercarsi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Ti amerò per sempre.
Più un giorno.


 
Godric’s  Hollow, Estate 1899
 
L’estate era scoppiata quasi all’improvviso quell’anno, il sole accecante a seccare le zolle aride della campagna e quel caldo asfissiante che bruciava la pelle e il respiro.
Già dalle prime ore del mattino gli abitanti di Godric’s Hollow si ingegnavano per trovare un sistema per fuggire da quell’assurda calura estiva. I più decidevano proprio di non uscire di casa per restare tra le fresche mura domestiche in modo da evitare almeno la disidratazione dovuta all’esposizione al sole cocente.
A differenza degli altri, però, Albus non aveva alcuna intenzione di rimanere in casa, dove ogni giorno era uguale al precedente.
Era vero, i suoi fratelli avevano bisogno di lui, del suo sostegno, soprattutto Ariana, bella e fragile, la mente profondamente segnata dalle sventure che avevano colpito la loro famiglia.
Albus, da bravo fratello maggiore, avrebbe dovuto aiutare Aberforth a prendersi cura di quell’adolescente inquieta nella quale la magia, forzatamente repressa, era esplosa in maniera incontrollabile e fatale.
Lui, lo studente più dotato di Hogwarts, il migliore del suo corso, una mente brillante unita ad una grande abilità negli incantesimi e in trasfigurazione, aveva uno splendido futuro dinanzi a sé.
Avrebbe potuto diventare grande, stupire il mondo con le sue straordinarie capacità magiche tanto decantate da amici e professori, ma questo suo desiderio si era scontrato ben presto con la tragica realtà della morte di sua madre Kendra.
Così, a soli diciassette anni, si era ritrovato con la responsabilità della sua famiglia sulle spalle e la consapevolezza di non avere una via d’uscita.
Come una mosca intrappolata in un bicchiere rovesciato.   
Aveva bisogno di uscire Albus, di respirare, di togliersi di dosso la pesantezza di quella situazione castrante che cominciava ad andargli stretta ogni giorno di più.
Aveva bisogno di sfogarsi, di parlare con qualcuno che lo capisse, che fosse in grado di lenire quella malinconia che ormai gli si era cucita addosso come una seconda pelle.
Aveva bisogno di una persona che lo facesse sentire bene.
Aveva bisogno di vederlo
Così, lavatosi alla svelta, indossò i primi abiti che trovò in camera e, vergate frettolosamente due righe su una piccola pergamena per avvisare i suoi fratelli, uscì in strada.
Il sole accecante dell’ultimo luglio di quel secolo lo investì in pieno facendolo boccheggiare.
Merlino, pensò, un caldo così non è normale.
Senza indugio si diresse verso la campagna, dove la terra si abbeverava di sole per potersi rendere feconda, lasciandosi crepare docile in attesa di quei semi che, germogli di vita nuova, sarebbero stati sparsi in autunno.
Albus sollevò la mano per tergersi col dorso il sudore che aveva iniziato a brillargli sulla fronte. Mancava ancora poco, doveva solo attraversare i campi di alberi da frutto, giungere fino alle lunghe file di pioppi e sarebbe arrivato. Passò vicino a un pesco, i cui rami erano talmente carichi di gemme succulente da essere sul punto di spezzarsi. Sorrise al pensiero di quanto a lui piacessero le pesche, così ne colse due in tutta fretta, nascondendo quei frutti dolci e vellutati dentro le tasche dei calzoni.
Una piacevole frescura lo accolse non appena si inoltrò tra i pioppi, dall’ elegante e longilinea bellezza, giungendo finalmente a destinazione.
Davanti a lui si snodava un piccolo fiume, poco più di un torrente in realtà che, insinuandosi in un’enorme depressione, creava una specie di laghetto naturale. Il solo ascoltare lo scorrere di quell’acqua era un dolce balsamo per il corpo e per l’anima.
Il sole rifletteva i suoi raggi su quello specchio che, a guardarne la superficie, ti abbacinava gli occhi. La calma di quel paesaggio incontaminato venne interrotta da un rumore ritmico come di qualcosa che fendeva l’acqua.
Cercò con gli occhi la fonte di quel suono, e fu allora che lo vide.
Dando delle lunghe bracciate, prima a destra e poi a sinistra, Gellert nuotava placidamente, scivolando nell’acqua con leggerezza.
I lunghi capelli biondi erano incollati al capo, e così bagnati sembravano di un colore più scuro. Albus sorrise nel vederlo. Gli piaceva guardarlo senza che se ne accorgesse, così decise di rimanere nell’ombra un altro po’.
Era bello, Gellert, di quella bellezza angelica e sfrontata insieme che ti rimane incastrata negli occhi e nel cuore.
Di fronte a quella vista sentì un languore all’altezza dello stomaco, una sensazione di abbandono dei sensi che conosceva bene.
Troppo bene.
Da quando aveva conosciuto Gellert Grindelwald, quella stessa estate, ne era rimasto letteralmente incantato.
Quel ragazzo che proveniva dall’est Europa, che aveva frequentato Durmstrang, che era stato affascinato un po’ troppo dalle arti oscure che si studiavano in quella scuola, aveva quell’aria misteriosa e ammaliatrice da serpente tentatore.
E lui ne era stato travolto.
All’inizio era nata una piacevole amicizia tra due menti intelligenti e ambiziose ma, col passare del tempo, un’innegabile attrazione li aveva portati ad avvicinarsi sempre di più. Anche se non era solo una questione puramente fisica.
C’era un’alchimia, tra loro due, una comprensione infinita che travalicava i confini del tempo e dello spazio e che li portava a trovarsi sempre e ovunque senza neanche cercarsi.
Il giovane avrebbe voluto rimanere in quel suo piccolo paradiso personale per sempre.
Con lui.
Come ipnotizzato da quella visione, Albus non si accorse di essere uscito dal fresco riparo delle fronde e di essersi lentamente avvicinato alla riva.
Gellert sentì su di sé una specie di formicolio, come se qualcuno lo stesse osservando, così smise di nuotare e si guardò intorno.
Fu allora che si accorse della presenza dell’amico, e alzando il braccio per salutarlo, lo chiamò.
« Albus!»  gli gridò sorridendo.
Era bello, Albus, di quella bellezza solida e fragile che gli provocava una quantità indefinita di emozioni dentro al cuore ogni volta che se lo trovava dinanzi.
Come attratto da una calamita, nuotò verso la riva, verso di lui.
Uscì dall’ acqua lentamente, molto lentamente, quasi non volesse offrire all’amico la vista del proprio corpo tutta insieme ma poco per volta.
E Albus godette di quella vista fino in fondo.
Le goccioline d’acqua scivolavano sul torso nudo di Gellert, creando dei percorsi impertinenti verso il basso, dove scomparivano nella cinta dei pantaloni che, completamente fradici, gli si erano incollati addosso fasciando i fianchi sottili e le cosce magre .
Albus ruppe quell’attimo di imbarazzante silenzio distogliendo a malincuore lo sguardo dall’amico e, infilando le mani nelle tasche, ne tirò fuori le due pesche che aveva colto nel frutteto pochi minuti prima.
«Ehm» si schiarì la voce che sembrava essergli rimasta incastrata in gola. «Ecco… tieni, questa è per te… ». Con un gesto veloce gli lanciò uno dei due frutti, che Gellert afferrò al volo.
«Grazie». Un lieve sorriso gli increspò le labbra. «Ti sei dato al furto?» celiò con leggera malizia guardando la pesca tra le dita, il pollice ad accarezzarne il velluto. «Beh, se questi sono i risultati, devo dire che hai il futuro assicurato come ladro… Altro che il desiderio di essere il più grande mago di tutti i tempi… ».
Il riferimento alle loro conversazioni, nelle quali sognavano un ordine nuovo nel quale i maghi avrebbero dominato nel mondo, era palese.
Un leggero rossore si diffuse sul volto pallido di Albus, che sperò potesse essere interpretato come dovuto a una vampata di caldo e non come reazione involontaria al velato complimento dell’amico.
Si misero seduti all’ombra dei pioppi a mangiare silenziosamente quelle dolcezze della natura, gli occhi a guardare lontano per non incrociarsi, e nell’aria profumo d’estate e di pesche.
Gellert appoggiò la schiena contro un albero, chiudendo gli occhi. Sembrava dormisse, i muscoli rilassati al lieve sussurro del caldo vento estivo.
Da qualche giorno, ogni volta che si incontravano, si veniva a creare una strana atmosfera tra di loro: una sensazione indefinita di cui avevano timore e desiderio insieme.
Albus guardò l’amico, le lunghe ciglia a contornare le palpebre socchiuse, il naso dritto, i capelli biondi quasi asciutti che gli cadevano sulle spalle e le labbra. Oh, quelle labbra…
Come chiamato da una forza sconosciuta, il giovane Grindelwald aprì gli occhi, puntandoli dritti in quelli di Albus.
Il tempo pareva essersi fermato in un limbo di emozioni, sospeso tra cielo e terra, in quell’attimo irripetibile e unico dove ogni respiro è una promessa di felicità.
Il giovane Silente si perse nell’azzurro intenso di quelle iridi, e trovò il vero sé stesso.
E molto di più.
In quel momento non esisteva più nulla: Aberforth, Ariana, la casa Grifondoro, Hogwarts, Durmstrang, Godric’s Hollow, erano solo dei nomi, una semplice accozzaglia di vocali e consonanti senza alcun senso logico.
Albus si chinò verso Gellert, le labbra ormai a un soffio dal suo respiro e, sospirando silenziosamente, le posò con delicatezza su quelle dell’amico.
Un dolce nettare, un sapore di pesche e d’estate inebriò entrambi, incapaci di fermarsi. Così furono due, cinque, dieci, mille baci, tenerezza e passione ad alternarsi senza sosta.
Avrebbero voluto prolungare quel momento all’infinito, persi per sempre in quell’attimo raro e prezioso.
Quando si staccarono, febbricitanti ed emozionati, si guardarono intensamente negli occhi perché l’amore non si nutre di parole.
Albus sentì dentro il proprio cuore un’emozione fortissima e in quel silenzio infinito la sua anima sussurrava.
Ti amerò per sempre, Gellert.
Più un giorno.
 
 
 
 
 
 
 
Nota dell’autrice :
“Questa storia partecipa al contest “Che bella parola ‘per sempre’” indetto da Pampa313 sul forum di EFP”.
Parto come sempre dai credits. La frase pronunciata da Albus Silente alla fine della storia, che è anche ripresa dal titolo, su Internet viene attribuita ad anonimo, anche se, secondo me, è un rimaneggiamento del verso : “ Per sempre e un giorno “ della commedia “ Come vi piace “ di W. Shakespeare.
Questa one – shot è ambientata durante l’estate del 1899, quando Albus e Grindelwald si incontrano e nasce una storia tra i due.
Al solito, i personaggi appartengono alla cara zia Row, e qualsiasi riferimento a fatti e situazioni già trattate da altre fan fiction è puramente casuale e non voluta.
  
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