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Autore: Sophie Ondine    06/03/2021    3 recensioni
I pranzi in famiglia richiedono tempo ed energia. Rin lo sa bene: marito, figlie, cognati, suoceri e nipote tutti sotto lo stesso tetto. Ce la farà a preparare un pranzo degno di questo nome? Certo se poi ci si metteno di mezzo quelle pasticcione di Towa, Setsuna e Moroha, il danno è assicurato.
Seguiremo passo passo i preparativi dalla sera prima fino all'epilogo finale tra fornelli, litigi e imprevisti.
Riuscirà Rin ad arrivare salva fino alla fine della giornata?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Domenica, parte II

 

Moroha si era tappata il naso ficcandosi due fili di carta igienica su per le narici. Le mani erano impregnate dell’odore di quel prodotto per lucidare l’argenteria.

-Mi chiedo perché il lavoro sporco tocchi sempre a noi- chiese alle cugine, intente a svolgere la stessa mansione.

La zia le aveva affidato il compito di pulire le posate d’argento, non prima di aver lucidato i bicchieri. E l’odore di quel prodotto era davvero nauseante per le sue narici sensibili.

-Aaaaah, non riesco a sopportarlo!- si lamentò ancora Moroha.

Towa la guardò incredula.

-Quante storie fai. Se ti sbrighi facciamo prima-

Moroha sperava di trovare un appoggio in sua cugina, ma dopo quella risposta dovette ricredersi. Inutile pure era fare affidamento su Setsuna, la quale continuava a lucidare l’argenteria in religioso silenzio.
Non era quello il suo piano per quella mattina: obiettivo primario era quello di scoprire qualcosa riguardo la situazione sentimentale tra Setsuna e Hisui, se poi avanzava un po’ di tempo non avrebbe disdegnato dare una soddisfazione a suo padre punzecchiando lo zio per farlo infuriare. Sicuramente Inuyasha sarebbe arrivato con qualche frase studiata appositamente per innescare un litigio con il fratello maggiore.

La testa di Rin sbucò dalla cucina, affacciandosi nel salotto dove le ragazze stavano lavorando.

-Tutto bene?- chiese.

Se Towa e Setsuna si limitarono ad annuire, Moroha prese parola.

-Alla grande, zia Rin, tra poco abbiamo finito. Anche perché non ce la faccio più a sostenere questa puzza- esclamò strappando un sorriso alla donna.

Si avvicinò al tavolo per osservare il lavoro.
Sesshomaru comparve, vestito e con indosso il cappotto.

-Io vado- disse.

-Dove vai, papà?- chiese Towa senza capire.

-Ho chiesto a tuo padre di uscire a prendere qualche bottiglia di vino per oggi- rispose Rin per il marito.

Gli occhi di Moroha si illuminarono: era come se le fosse stata servita su un vassoio d’argento la battuta punzecchiatrice. Suo padre avrebbe trovato una situazione fantastica al suo arrivo.

-Che cane obbediente che sei, zietto!- e rimarcò con enfasi le parole “cane” e “zietto”.

Le narici di Sesshomaru divennero più piccole, stava inspirando profondamente per evitare di scattare contro la sosia femminile di suo fratello e staccarle la testa.
Da quando aveva conosciuto Rin, si era impegnato, senza darlo a vedere, di contenere i suoi istinti omicidi di demone nei confronti di quel fratellastro misto.
Inuyasha era una palestra costante, perché non perdeva occasione per fargli notare come alla fine si fosse ritrovato ad avere quello che, anni prima, sosteneva di disprezzare più di ogni altra cosa al mondo: una moglie umana e due figlie mezzodemoni.

Buttò fuori l’aria rumorosamente e per Moroha fu il segnale che aveva fatto centro.

-Noi puro sangue siamo in grado di controllarci… al contrario di voi meticci-

-SESSHOMARU!- urlò Rin furiosa.

-PAPà!- la seguì Towa.

Setsuna invece continuò a lucidare la forchetta che aveva tra le mani. Senza distogliere gli occhi dalla posata, sussurrò alla cugina:- Soddisfatta?-

Moroha sogghignò.

-Non ancora!-

 

***

Izayoi era in bagno intenta a sistemare i lunghi capelli neri. Non lo aveva detto al marito, ma ogni mattina controllava in maniera ossessiva che non fosse spuntato qualche capello bianco.
Era cosa nota che gli umani invecchiassero in maniera più veloce rispetto ai demoni, ma la vanità di una donna non si accontenta di certe spiegazioni e Izayoi voleva piacere al marito il più possibile.

Toga, invece, si godeva la tiepida domenica mattina seduto sul divano della sua casa e leggeva il giornale con un sorrisetto compiaciuto sul viso. Anni ed anni di domande, dubbi e congetture sul perché suo figlio maggiore provasse un così odio profondo nei confronti degli umani, finalmente avevano trovato il loro riscatto nella figura di suo nuora.

Inuyasha non gli aveva dato grandi preoccupazioni da quel punto di vista e Kagome era perfetta per lui.

Ma Sesshomaru era sempre stato il suo cruccio. Aveva preso malissimo la sua relazione con Izayoi, non tanto per la fine del matrimonio con Kimi, sua madre, ma per il fatto che avesse scelto una compagna umana. Per non parlare dell’arrivo del suo secondogenito.
Con il  passare degli anni, per i continui litigi tra i fratelli e l’ostinazione di Sesshomaru, Toga aveva perso ogni speranza. Eppure nemmeno Kimi, nonostante l’atteggiamento altezzoso che le piaceva assumere, non era una donna che provasse particolare disprezzo per gli umani.

E pensare che da bambino era così innocente, aveva pensato spesso.

Per questo l’arrivo di Rin l’aveva accolta come una benedizione degli dei, un vero e autentico miracolo. Un essere così piccolo e fragile capace di domare il caratteraccio di suo figlio: cosa poteva desiderare di più?
E poi l’arrivo di Towa e Setsuna, due nipoti mezzodemoni. Gli piangeva il cuore ogni volta che ritornava con la mente al giorno della loro nascita. Poi era stata la volta di Moroha. Tre nipotine nel giro di due anni.

Quando aveva ricevuto qualche giorno prima la chiamata di Rin, non riusciva a credere alle sue orecchie: un pranzo tutti insieme, un sogno che diventava realtà.
Cullato da quei pensieri, Toga continuava a sorridere sereno e positivo alla vita. Non pretendeva che Sesshomaru e Inuyasha potessero andare d’amore e d’accordo, ma era grato del fatto che ormai fossero in grado di trovarsi nella stessa stanza senza tentare di ammazzarsi.

Il suono dei tacchi di Izayoi sul pavimento lo ridestarono dai pensieri.

-Ancora in panciolle?- lo rimbeccò la moglie.

Toga consultò l’orologio appeso alla parete.

-Abbiamo ancora tempo. Siediti qui con me-

Izayoi fece come le era stato detto e prese posto accanto al marito, infilando la testa nell’incavo dove il collo e la spalla di suo marito creavano uno spazio. Si accoccolò beata.
Poi però prese parola.

-Pensi che faremo bene?-

Il demone non capì.

-Intendo, dirlo proprio oggi. Non so, forse avremmo dovuto organizzare noi un pranzo…-

-Forse, ma ormai è andata così- tagliò corto lui senza alcuna voglia di incagliarsi in un inutile ragionamento basato su quello che gli esseri umani chiamavano buon senso.

Izayoi non andò oltre. Anche se ancora titubante, decise di fidarsi del marito.
Rimasero ancora qualche minuto in silenzio, poi la donna, guardando il grande orologio a pendolo del salotto, disse:- Vai a cambiarti. Tra poco dobbiamo andare-

Toga non potè fare altro che eseguire gli ordini. Non lo avrebbe mai detto a nessuno, ma in quella casa il vero “generale” era proprio Izayoi.

Che fama usurpata!

***

Rin continuava a maledirsi in qualsiasi lingua possibile, cercando anche di parafrasare le frasi in maniera fantasiosa.
China sul lavandino del bagno, sfregava con energia le mani sulla camicia bianca dove, ormai, troneggiava una macchia di salsa marrone. E non accennava ad andare via.

-Ma perché mi sono vestita quando ancora non avevo finito di cucinare?- si chiese singhiozzando per l’ennesima volta.

Aveva spedito anche le ragazze fuori per comprare le ultime cose fresche da disporre sulla tavola, come il pane.
Towa si era lamentata: perché non chiederlo a suo padre, dal momento che era già fuori?
Bella domanda. Ma Rin non aveva coraggio di dire alle sue figlie che voleva assolutamente un momento di silenzio per lei… sarebbe stato troppo crudele.
Con un sorriso in faccia, aveva snocciolato una scusa non del tutto plausibile. E se ne accorse dalle facce perplesse delle tre ragazze.

-Dì la verità, zia, vuoi che ci leviamo di torno?- l’aveva canzonata Moroha.

Per sua fortuna Setsuna aveva provveduto a dare un pugno in testa alla cugina, per poi afferrarla per il collo del maglione che indossava per trascinarla verso l’uscio di casa.
Oltre a quello, Rin si domandò più e più volte perché mai le fosse venuto in mente di cucinare un menù occidentale, invece del tanto amato cibo giapponese? Colpa di quel corso serale di cucina che aveva seguito con Kagome, Sango e Ayame sulle basi della cucina occidentale.

Forse sperava che servendo un arrosto ben cotto e succulento, sarebbe riuscita ad accaparrarsi l’ammirazione di tutti… o forse lo aveva fatto per il semplice fatto di tenere la mente occupata ed evitare di fare pensieri strani.
L’acqua scorreva ancora forte dal lavandino, ma Rin per un momento sembrava non darci peso. Il suo sguardo si era perso in un qualche punto nel vuoto e con la mente era tornata a qualche sera prima: Towa si era affacciata in cucina e l’aveva vista intenta a montare una meringa a mano.

-Perché non usi lo sbattitore elettrico?- le aveva chiesto avvicinandosi con una faccia perplessa.
Setsuna, seduta al tavolo della cucina e impegnata nel pelare le patate, aveva lanciato uno sguardo di fuoco alla sorella gemella.

Rin scosse il capo: non era il momento di pensare a quello adesso. I suoi ospiti sarebbe arrivati a breve e avrebbe fatto meglio a preoccuparsi del fatto che le ragazze e Sesshomaru non erano ancora rientrati.
Decise di lasciar perdere la camicia, l’avrebbe portata in lavanderia il giorno successivo, e risoluta si diresse in camera da letto per trovare un’altra cosa da mettere.
Dopo aver meditato a lungo, la scelta ricadde su un dolcevita verde smeraldo. Lo afferrò e tornò in bagno per potersi sistemare il trucco nel caso si fosse rovinato nell’infilare il dolcevita.
Davanti allo specchio sopra al lavandino, Rin infilò la testa nel collo alto e trovò una certa resistenza: ricordava che era molto aderente e bisognava fare un po’ di forza per riuscire ad infilarlo.
Sperò con tutta sé stessa che il mascara non si sbavasse lungo le guance: non avrebbe retto anche ad una cosa del genere.

Ma il Karma per lei quel giorno aveva in serbo un bel po’ di sorprese: se infatti riuscì a riemergere da quell’intreccio di maglie color verdi, Rin si accorse troppo tardi che lo sforzo che aveva fatto per riuscire nell’impresa aveva allentato gli orecchini che suo marito le aveva regalato la sera prima. Fu anche troppo tardi quando vide la forma piccola di una farfalla cadere nel lavandino.

-NO!- urlò lei cercando di fermarlo.

Ma fu troppo tardi: l’orecchino cadde senza esitazione nel tubo.
Rin rimase imbambolata lì a fissare quel buco nero con la braccia a penzoloni.

Poi il campanello suonò.

 

  
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