Ha scoperto ormai da tempo che Barbara ama cantare.
Non lo fa volontariamente, semplicemente tutto la ispira ad esternare le sue emozioni in dolci e candidi vocalizzi.
Razor non capisce ancora troppe parole, le canzoni di Barbara gli appaiono come misteri intricati e contorti.
Ma non può fare a meno di ascoltarla.
Un bisogno istintivo, come l’ululato tanto rappresentativo dei lupi tra cui è cresciuto, un richiamo che lo attira verso di lei a cui non sa dare spiegazione.
-Quelle occhiaie mi preoccupano, dovresti badare di più a te stesso.- glielo dice spesso, le guance sono di un leggero colore rosato e accompagnano i suoi lucidi occhi azzurri luccicanti di sincera apprensione.
L’immagine di un lago, ogni volta che li guarda, dal quale, se vi annegasse, non tenterebbe la riemersione.
Non è sicuro, ma crede che il termine da usare sia carina…sì, Barbara è carina.
E gentile, si preoccupa sempre per lui, fa dono a tutti della sua gentilezza, il suo canto rende tutti felici.
-Io… bene.-
-Su, vieni qui.- un timido rimprovero che ottiene la sua immediata obbedienza, tende a fare tutto da solo, ma non con lei, non si oppone quando gli indica di sedersi accanto a lei e al suo successivo invito a sdraiarsi, l’istinto lo guida a fidarsi.
Ogni volta gli afferra delicatamente il volto e lo appoggia sulle sue gambe, agli albori, quando per lei era ancora La Bestia del Wolvendom, non ricercava contatto fisico, forse intimorita, insicurezze che il tempo aveva dissipato in favore di quei piccoli gesti che ora lui riconosce essere d’affetto.
L’incantesimo comincia già dalle prime note: soavi e morbide, gli massaggiano le orecchie con gentilezza.
Man mano che le parole si susseguono aumenta il calore che gli divampa in petto, forse dovrebbe chiedere alla maestra Lisa cosa sia, ma sa che riceverebbe nulla di più di un sorriso e un silenzio che non cancellerebbero la necessità di tornare dalla Diaconessa.
La guarda rapito, la ascolta ammaliato, come se ogni frammento della sua essenza divenisse creta in attesa di essere plasmata secondo la sua volontà.
Ignora il significato, non sa che sorta di magia lei eserciti su di lui, ma ogni volta ogni triste ricordo e la solitudine che adombrano il suo animo spariscono, rischiarati dalla sua voce e dal suo viso.
In quei momenti Barbara diviene tutto il suo mondo: nel suo animo non alberga malvagità, ma se dalle sue labbra giungesse la richiesta di sterminare il suo stesso Lupical vi adempierebbe col cuore stretto in mano.
Il sonno giunge insieme alle ultime strofe, lo accompagnano per mano verso un riposo sereno.
Razor ignora ancora tanto degli uomini, ignora ancora tanto di lei, ignora come il suo canto gli faccia ardere il fuoco in petto, ma con la sua semplice presenza si sente in pace.
La visione finale di un sorriso e carina diventa Bella.
E prima del tepore la realizzazione che forse il termine che cercava era quello fin dalla prima volta.
Forse… Barbara è sempre stata Bella.