Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    10/03/2021    0 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
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Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
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Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
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Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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“Per La Bassa ci sono dieci, forse quindici minuti di tragitto. È una strada molto semplice- semplicemente andare dritto, passare il ponte e continuare finché non arriviamo al cartello stradale con scritto ‘La Bassa’.” Disse Koichi, appoggiandosi all’autovettura. “Matuzia, la giornalista, ci ha detto che ci aspetterà lì con la sua moto. Dobbiamo seguirla, e ci porterà alla piazza centrale di La Bassa dove ci spiegherà per filo e per segno cosa sta succedendo in quella città. Chi si offre di guidare? Jos?”

Josuke negò, tenendosi una tempia con nonchalance. Sembrava davvero pallido. “Nah, non credo che abbia il tasso alcolemico giusto per guidare.” Sbottò Shizuka, ancora evidentemente infuriata col padre. Attraverso gli occhiali da sole lilla, messi ancora di più in risalto dal leggero trucco attorno ai suoi occhi affilati, le sue iridi baluginavano di un rosso sangue rabbioso. Josuke non rispose. Koichi non sapeva che Josuke avesse iniziato a bere.

Okuyasu si offrì di guidare, con un sorriso tirato, come a scappare da qualcosa- forse da Josuke stesso. Focalizzarsi sulla strada invece che su quell’uomo che sembrava ormai il vago ricordo del ragazzo modello di Morioh del 1999.

Roccarolo, dove si trovava l’hotel Colori del Tramonto, era un piccolo comune spalmato sul grande fiume Po sotto di esso. A separarlo dall’enorme comune di La Bassa, solo quel fiume. Certo, Shizuka da brava aveva fatto i compiti e si era informata su dove quell’avventura l’avrebbe portata, ma da wikipedia alla realtà c’era una grande differenza.

Il fiume Po, a parole, era un fiume come tanti: trentottesimo fiume più lungo d’Europa- benchè fosse l’undicesimo per portata d’acqua. Le nevi delle Alpi si scioglievano e, attraverso molti affluenti e fiumi minori, giungevano nel Mediterraneo proprio con quel fiume. Un fiume abbastanza potente da essersi scavato una pianura attorno, chiamata anche spesso Val Padana perchè, effettivamente, era la sua valle personale. Conosciuto per le enormi golene ai lati e i diversi argini che servono a contenerlo. 

Sì, sembrava qualcosa di abbastanza imponente, ma quando Shizuka si accorse che quella cosa che baluginava all’orizzonte era proprio il fiume, sentì il respiro fermarsi in gola.

L’auto iniziò il suo lungo cammino sul ponte principale e il più lungo sul fiume Po.

Era forse mezzo chilometro, e l’acqua sotto di loro era… grigia. Non era colorata, era di un colore incredibilmente spento come il cielo e al contrario della fitta vegetazione verde tra gli argini del fiume. Benchè il sole nel cielo giocasse a nascondino e la luce bianca a malapena raggiungesse la terra, riusciva a riflettersi nel fiume, con giochi di luce che qualche volta colpivano Shizuka e quasi le provocavano una fitta di dolore. Non era un dolore vero. Sembrava quasi di essere colpiti da uno stand, da una forza non di questo mondo. Tra le onde grigie e bianche, mulinelli neri come la notte portavano a fondo chissà cosa, in un lento destino.

Il fiume, infine, sembrava perdersi all’orizzonte, senza finire mai, come un lungo serpente velenoso di cui non sai dove si trovi la bocca irta di denti mortali.

E la magia finì com’era iniziata, con l’auto che raggiungeva l’altra sponda del fiume e Shizuka che si rendeva conto di essersi persa in un mare di pensieri inutili. Notò che, tra la boscaglia di pioppi nella golena del fiume, vi erano delle strane impalcature di legno. Difficile dire cosa fossero, dato la velocità con cui stava viaggiando.

Shizuka poi si ritrovò davanti al finestrino distese di verde e giallo, campagna ed erba e qualche sparuto centro abitato lungo il piattissimo orizzonte, e capì che la magia era finita.

Ogni tanto, a interrompere paesi e campagne, piccoli fiumi serpeggiavano nella terra portandosi dietro una lussureggiante vegetazione verde scuro, tutto attorno alle sue sponde, come stretti e lunghissimi boschi.

Vide perfino una lepre, grigia e quasi marrone, correre in un cespuglio. Shizuka sorrise. A Liverpool non aveva mai visto animali selvatici, e a Morioh non aveva mai avuto nessun interesse nel cercarli.

Passando per un’altro piccolo centro abitato e lasciandosi alle spalle cantieri in disuso, case padronali disabitate ricoperte di vegetazioni e vecchi cimiteri in pietra rossa e brillante, finalmente il glorioso cartello di “LA BASSA” fu visibile a tutti. Davanti a esso c’era una donna in una stretta divisa da motociclista su una moto nera e lucida come l’ossidiana, che partì davanti a loro con un sonoro e fortissimo rombo che spaventò Shizuka e, dato il saltello che aveva fatto sul sedile, anche Koichi. Yukako ridacchiò della cosa.

La donna in modo davati a loro sembrava far fatica a stare al loro passo, abbastanza lenta da non essere persa di vista mentre si addentravano nel centro di La Bassa- sempre meno campagna, sempre più case, parchi, alberi, ma ancora le persone sembravano quasi mancare. Non era una città particolarmente abitata, benchè le case- villette a schiera di ceto medio, interrotte da vere e proprie ville moderne- fossero tutti attorno a loro.

Poche persone diedero loro il benvenuto nella città, che non sembrava davvero tale. Sembrava uno di quei paesi che avevano passato, solo poco più affollato e in scala molto maggiore.

Shizuka stava ancora guardando fuori dal finestrino quando notò due figure ferme davanti a quello che sembrava una grossa villa d’epoca, forse un teatro. Avevano dei pacchi ai piedi, ed erano al telefono. Stavano fissando l’auto in cui erano loro, e la ragazza gesticolava animatamente al telefono- Shizuka notò solo, con quella vista che sembrava essere migliorata- che fece un segno particolare: si indicò gli occhi. L’altro ragazzo al suo fianco, più alto e dalla pelle scura, indicò proprio Shizuka, sembrando sbraitare al telefono, gesticolando nello stesso modo esagerato dell’altra. 

Oh no. Sembrava qualcosa di sospetto. Avrebbe dovuto chiamare qualcuno? Dire agli altri dell’accaduto? Forse era solo paranoica, forse l’avventura le stava dando alla testa.

Quando si voltò a guardare, l’auto voltò a un incrocio e Shizuka non fece in tempo a seguire i movimenti, e il vecchio teatro o villa e i due ragazzi sospetti sparirono dal suo campo visivo. Shizuka si agitò sul posto, guardandosi attorno. Suo padre Josuke stava scorrendo la home di Instagram con gli occhi socchiusi, Yukako, Koichi e Okuyasu stavano amabilmente parlottando del più e del meno nei sedili anteriori. Nessuno si era accorto di quei ragazzi?

Nessuno si era nemmeno accorto della sua reazione terrorizzata. Decise di calmarsi, agire con cautela e pensare, soprattutto. Tendeva ad agire senza persare molto, ma doveva cambiare questa sua tendenza se voleva davvero vivere la propria avventura e non creparci.

Si strinse tra le mani la sciarpa che si era messa al collo, non particolarmente calda ma estremamente morbida e leggera, che era appartenuta alla sua bisnonna Elisabeth. Chissà se le sarebbe servita in quella avventura. Chissà se sarebbe stata un’avventura, chissà se avrebbe combinato qualcosa lì in Italia?

L’auto si fermò quando la moto parcheggiò. 

Era un piccolo parcheggio, immerso nel verde a sua volta e contornato da parchi e un grosso edificio in cui persone di ogni tipo entravano- anche se non erano molte. 

“Questa è la grande biblioteca di La Bassa.” disse Minerva Matuzia, indicando l’edificio, una volta che tutti furono fuori dai loro veicoli. Era di una pietra bianca scoperta ed era diviso in tre edifici principali, su più piani, e sopra di esso svettava una pesante torre campanaria. “Un tempo, serviva anche come comune. Ora si è trasferito nella piazza del Castello.”

“C’è un castello a La Bassa?” chiese Okuyasu. Minerva si voltò a guardarlo, e il suo volto duro si incrinò con un sorriso per un attimo. “Beh, c’era. È rimasta solo la torre centrale, ma è uno spettacolo. Vi sto proprio portando lì.”

Anche Okuyasu rispose al sorriso fugace di Minerva, e in tutto ciò Josuke rimase a guardare quella scena con aria disgustata. Forse arrabbiata, o ingelosita.

Josuke all’inizio della camminata che dal parcheggio li avrebbe portati al centro della città era rimasto dietro Shizuka ad osservare ogni suo movimento, ma ora si era quasi dimenticato di lei, sprintando davanti a Yukako e mettendosi quasi tra Okuyasu e Minerva. 

Shizuka era rimasta indietro, in coda al gruppo, e non poteva chiedere di meglio.

La Bassa era una città palesemente antica, con stradine strette e contorte attorno agli edifici che sembravano schiacciarsi per larsciar spazio agli altri. Una casa che un tempo doveva essere stata una villa di campagna, seguita da una piccola e modernissima casetta high-tech con pannelli solari, attaccata a una vecchia casa a schiera anni ottanta. 

E tutte, stranamente, recintate e schermate dall’esterno, con enormi reti e pali metallici, a dividere non solo i giardini l’uno dall’altro ma anche al marciapiede in pavè in cui stavano camminando loro. Anche tra il marciapiede e la strada, praticamente non trafficata benchè fossero quasi in centro, si ergevano dei pali a distanza di circa un metro l’uno dall’altro.

Shizuka ne toccò uno, e le diede una lieve scossa alla punta delle dita. Un lembo della sua sciarpa toccò uno di essi, e lasciò una forte scarica elettrica, che scoppiettò nell’aria. Koichi si voltò a guardare cosa fosse stato a fare quel rumore, ma Shizuka rispose che era stata lei. Nulla di preoccupante. Per qualche motivo, non si sentì di dirgli cosa era stato davvero.

Finalmente, voltato ancora l’angolo, davanti a loro si stagliò qualcosa che doveva essere stato un muro di cinta secoli orsono, e ora era poco più che un arco con un muro diroccato attorno. C'era uno stemma intarsiato poco sopra l'arco da cui stavano entrando, e dentro lo stemma c'era una fenice che prendeva il volo. Il simbolo di La Bassa, la città della fenici.

Oltre ad esso, Piazza Castello.

Era quadrangolare, e al mezzo si ergeva proprio l’enorme torre dell’orologio in tutta la sua imponenza, rosso-dorata contro il cielo argento.

La piazza aveva una pavimentazione di ciottolato, grandi sassi levigati dal potente fiume Po lì vicino, grossa almeno quanto, effettivamente, un castello. Attorno ad esso, delle antichissime case in mattoni simili a quelli della torre, rosso-dorati e grossi.

Minerva indicò gli uomini in giacca fluorescente che stavano prendendo un caffé a uno dei bar incastrati nei portici attorno alla piazza. “Ora sono in pausa, ma mi hanno permesso di farvi vedere il cantiere. Stanno impiantando i fili di alta tensione sotto terra, così che le Onde possano passare sotto la città e collegare tutti i cancelli che avete visto lungo la via.” spiegò velocemente Minerva, accompagnandoli in un angolo più stretto della piazza, dove qualcuno li stava aspettando, avvolto in un cappotto blu notte.

“Ci avete impiegato.” borbottò Jotaro, guardando il gruppo in cagnesco.

Tutti ignorarono quella frecciata.

“Minerva, hai accennato alle Onde… parli di quelle Concentriche?”

Minerva annuì, e la sua lunga coda di cavallo viola si scosse in quel movimento. “Sì, loro provvedono a quella. I fili di alta pressione sotterranei, così come i cancelletti delle case e degli edifici pubblici e le protezioni per i marciapiedi, sono costruiti in una lega unica di Niobio- Tantalio- Manimantio, una lega ultra-resistente, ultra-flessibile e che si trova solo nelle profondità della terra di La Bassa. Questa lega ha la proprietà non solo di condurre le Onde Concentriche al 100%, ma anche di immagazzinarla.”

“Così i vampiri non possono attaccare le persone nelle case o mentre girano per strada, giusto?” chiese Okuyasu a Minerva, che gli sorrise ancora. “Esatto. Ma nelle frazioni più lontane del comune, le onde non arrivano. Così mio padre, il sindaco di La Bassa, assieme a loro, ha deciso di…”

Loro…” la interruppe Josuke, con una nota di aggressività che in quella situazione davvero non serviva. “Per loro intendi la Banda, vero?”

A Minerva parve gelarsi il sangue, e per la prima volta quel muro di freddezza che aveva costruito attorno a lei si sgretolò un po’. “Come li conosci?!” chiese di getto. Josuke alzò le spalle. 

Che te ne frega, strega? avrebbe voluto risponderle. Ma Jotaro lo avrebbe cacciato via, o forse colpito, così decise di collaborare. “Quando i vampiri hanno attaccato me Shizuka alla Città della Moda, due ragazzine ci hanno salvate coi loro stand e hanno detto di far parte della Banda.”

Minerva strinse i pugni e sembrò impallidire. “Non dovete avvicinarvi alla Banda. Saranno pure i paladini della città, ma possono essere davvero, davvero pericolosi. Non dovete avvicinarvici e avere contatti, non finchè sarete in contatto con me e con la Fondazione Speedwagon.”

Il suo tono era cupo, e quasi tremante. Oh no. Questi della Banda sembravano essere tipi tosti. Josuke fece spallucce, anche se sentiva a sua volta i brividi lungo la schiena.

Erano un’organizzazione così preponderante sul territorio? Erano davvero così pericolosi?

“A proposito, Josuke” chiese Jotaro nel silenzio che si era creato. “non hai fatto venire Shizuka con te oggi?”

Sì che era lì. Si voltò e non c’era.

Ah, forse si era allontanata. Era diventata invisibile e aveva deciso di giocare a nascondino nella piazza.

Il cuore iniziò a battere forte nella gola di Josuke, che si diresse fuori dalla via e dentro la piazza. Non sentiva la sua aura. Non sentiva che fosse nemmeno vagamente nelle vicinanze.

“Shizu?!” tentò di gridare, ma si beccò solo qualche occhiataccia dai lavoratori e dagli anziani nei bar e fuori dalle farmacie.

Pestò qualcosa di rumoroso. Sotto la suola delle sue scarpe, un bigliettino.

Josuke lo stritolò tra le dita una volta letto, e lanciò un urlo rabbioso contro al cielo.

 

Voi Joestar e voi traditori della Fondazione Speedwagon avete deciso di schierarvi con il nemico. L’amico del nostro nemico è, ovviamente, a sua volta nostro nemico.

Se le cose stanno così, se avete avuto il coraggio di venire nel nostro territorio e cercare di rovinare la nostra città, allora avrete la punizione che vi spetta.

Grazie per il regalo inaspettato, che ci siamo già presi.

Ora tocca a voi.

Venite alle nostre Scuole e finiremo ciò che avete iniziato.

 

Firmato: la Banda delle Onde Concentriche.

   
 
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