Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    17/03/2021    0 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
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Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
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Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
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Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Shizuka non si era mossa, per una volta non era stata colpa sua. Era zitta e buona e ferma dietro agli Hirose e a suo padre che tentava di separare a tutti i costi Okuyasu da quella tipa strana, quando all’improvviso cadde.

Tutto divenne nero, come se fosse caduta in un buco, un tunnel, qualcosa. Shizuka non riusciva a vedere niente, se non l’ombra più buia. Decise di chiudere gli occhi e aspettare che la luce tornasse, perchè cos’altro poteva fare? Sembrava non potersi muovere, che quel tubo in cui era caduta senza muoversi da dove era prima fosse troppo stretto per un qualsiasi movimento.

Dopo un'interminabile sfilata di istanti, il terreno tornò sotto ai suoi piedi e Shizuka cadde a terra. No, non era terra, e non era nemmeno il ciottolato della piazza Castello.

Erano mattonelle bianche.

Quando alzò lo sguardo e riuscì a tornare a ragionare, cercando di spingere in un angolo la paura che l'aveva acciecata fino a poco prima, capì che si trovava in un laboratorio. Neon appesi al soffitto, pareti bianche, e un puzzo insostenibile di sostanze chimiche.

Un'ombra strisció da sotto di lei e si ricongiunse a quella di uno dei ragazzi che la stavano circondando, tutti in piedi attorno a lei.

Quello con l'ombra che si muoveva, palesemente uno stand, era vestito elegantemente di viola scuro e aveva i capelli corvini laccati all'indietro. Le fece un mezzo inchino. "Scusami, il modo per portarti qui non è stato il migliore, ma era l'unico disponibile."

Shizuka notò che tutti i ragazzi attorno a lei erano giovani, almeno quanto lei. Al fianco del ragazzo alto e magro elegante, c'era la ragazzetta vestita di spine che l'aveva salvata il giorno prima alla Città della Moda. Era fredda e distante come il giorno prima, e sul suo viso pallido non c'era nessun tipo di emozione. L'occhio destro sotto gli occhialini gialli che portava ora era una luce fissa rossa, uno scanner che la stava studiando fuori e dentro.

La porta dei laboratori era socchiusa, dunque aperta. Avrebbe potuto diventare invisibile e correre via, ma appena tentò di muoversi quattro potenti braccia la bloccarono sul posto. Era stato un ragazzo- dalla pelle olivastra e abbronzata e i lunghi capelli castani a fermarla. Benché fosse ben più basso dell'altro ragazzo era almeno largo il doppio, e oltre alle sue grosse braccia a tenerla ferma vi si aggiungevano anche un paio di braccia, palesemente stand, sotto le sue ascelle.

Le passò una corda attorno al corpo, a bloccarle le braccia contro i fianchi. "Troppo stretto?" Chiese lui, con un accento ancora più marcato degli altri e forse più stentato, come se l'italiano non fosse la sua lingua natia. 

Shizuka negò. Andavano bene. Lui sorrise. "Neh che queste corde sono più morbide?"

"Piero, siamo in missione, per favore…" lo rimbeccó il ragazzo alto ed elegante. Piero gli rispose qualcosa in una lingua che Shizuka era sicura di non conoscere. Dialetto labassese, sicuramente. 

Piero continuava a tenerle la corda per non lasciarla scappare mentre la ragazza mora fece qualche passo in avanti. Shizuka notò che non era molto più alta di lei, si e no dieci centimetri, e Shizuka era solo un metro e cinquanta d'altezza.

"Io sono Zarathustra Bennutti, e sono il boss della Banda delle Onde Concentriche." iniziò a spiegare lei. Shizuka volle non ascoltarla, ma sembrava emettere un'aura di potenza a cui Shizuka non poteva sottrarsi. Avrebbe potuto dimenarsi, tirarle un calcio, ma non lo fece. Si sentiva oppressa anche solo dalla sua vicinanza.

“Benvenuta nel nostro quartier generale. Queste sono le scuole di La Bassa, un grande polo scolastico che comprende le scuole di tutti i gradi, dall’asilo nido fino all’università. Come puoi notare, ora ci troviamo nel laboratorio di scienze chimiche.”

Le sue parole erano ben scandite, la sua voce cristallina ma gelida. Al suo fianco il ragazzo elegante sembrava voler prendere la parola, e alle loro spalle l’enorme ragazza combattente del giorno prima- che superava entrambi in altezza, e di molto. Doveva essere alta almeno quanto Josuke, pensò Shizuka, con a malapena la forza di alzare gli occhi. Quella doveva essere una guardia del corpo, o qualcosa del genere. Vicino a lei, un ragazzo vestito almeno barocco quanto lei, dall’espressione più concitata e i capelli corti e di diversi colori- dal nero all’oro al platino.

Mentre Zarathustra parlava, Shizuka si guardò un po’ in giro. C’erano altri ragazzi poco lontano, ma loro sembravano decisamente troppo giovani per essere guerrieri- due ragazzini e una ragazzetta, tutti emozionati di far parte di quella strana messa in scena, evidentemente.

Non ti fidare, disse la voce della coscienza nella mente di Shizuka, che però non suonava affatto come la propria voce che affollava la sua mente. Mantieni la calma, studia un piano e non agire finchè non sei sicura di cosa fare. Valuta tutte le opzioni. Aspetta. L’ora giusta arriverà presto, ma non ora.

E Shizuka obbedì e cercò di farsi un’idea della situazione.

“Perchè mi avete rapita, legata e portata qui?”

“Perchè ti vogliamo, Shizuka.” la interruppe Zarathustra. Shizuka non osò controbattere. “Io voglio che tu faccia parte della Banda, ma non voglio i Joestar trai piedi. Tu ci servi nel nostro compito.”

“Non vogliamo farti del male, che sia chiaro. Le corde sono più per il tuo bene che per altro.” aggiunse il ragazzo alto e snello, appoggiandosi elegantemente una mano sul petto. “Io mi chiamo Ludovico Scuvani, piacere di conoscerti, Shizuka. Sono il vice di Zara nella Banda.”

Ludovico sembrava molto più diplomatico di Zarathustra, che invece era grezza e diceva quello che doveva dire senza troppi giri di parole. Ludovico era probabilmente quello che doveva mettere lo zucchero sulle parole del Boss.

“Zara vuole dire che tu sei eccezionale, unica nel tuo genere.” continuò Ludovico, mentre al suo fianco Zarathustra rimaneva ferma e immobile, l’occhio rosso che aveva ricominciato a pulsare. La stava studiando?!

“Il tuo sangue” disse Zarathustra, “il tuo sangue è qualcosa di cui noi abbiamo un assoluto bisogno nella nostra lotta contro i vampiri. Ma non ci serve solo il sangue, ci servi tu. Il tuo sangue contiene tracce del vampiro più potente mai esistito, e delle più forti onde concentriche, tutto assieme. Ciò ti rende immune agli effetti del veleno dei vampiri, e invisibile ai loro sensi. Per loro, il tuo odore non è umano. Il calore del tuo corpo non è umano. E legato alla tua abilità di diventare invisibile, ti rende l’arma perfetta contro il vampirismo.”

Shizuka rimase interdetta. Se non avesse avuto le corde e le braccia di Piero a tenerla ferma, sarebbe caduta sicuramente.

Ecco perchè i vampiri, alla Città della Moda, non l’avevano attaccata al contrario di ciò che era successo a Morioh.

“E tu come sai tutto questo?” borbottò Shizuka, ancora confusa da quella rivelazione inaspettata. 

Zarathustra toccò la lente dell’occhialone che portava sul viso, indicando il bagliore del suo occhio sotto di esso. “Il mio stand, 42. Io vedo tutto. Io so tutto.”

“E con il mio Black or White ti ho portata qui. Spero che il viaggio sia stato abbastanza confortevole.” le sorrise Ludovico.

La porta si aprì appena e una donnina di mezz’età con un tailleur rosa antico bussò alla porta mezza aperta. Indicò l’orologio di oro rosa che portava al polso, uno stranissimo, enorme orologio fatto a più pezzi, e Zarathustra annuì. Lei e Ludovico si scambiarono una veloce occhiata.

“Ovviamente non possiamo obbligarti a far parte della nostra Banda.” iniziò Ludovico, ora vagamente più nervoso. 

“Hai cinque minuti per scegliere, prima che i Joestar siano qui.” tagliò corto Zarathustra. Alzò un braccio, attirando l’attenzione di tutti.

“Regina e Ferdinando all’ala Verde, Anna e Lisa nell’Ala Rossa e ricordati di stare vicino alla classe Forte, Piero e Enrico all’Ala Blu. Veloci.”

I ragazzi si dispersero velocemente, mentre solo uno rimaneva. Piero gli consegnò il lembo di corda che teneva Shizuka e quel ragazzo- alto, biondo e dal fisico abbastanza forte ma il viso di un ragazzino- non ne sembrava particolarmente contento.

“Alex, tu rimani qui con lei. Al mio segnale, dirigiti sul retro della scuola, nell’aula magna. Non uscire nei corridoi, attraversa solo le classi con le porte. Non metterti in pericolo, capito?”

Con lui, il boss sembrava molto più paternalistica. Il ragazzo, che la superava di almeno venti, trenta centimetri d’altezza, annuì con un vago broncio sul viso pallido. “Sì, sorellona.”

Zarathustra fu soddisfatta della reazione che quello che doveva essere suo fratello minore aveva avuto. 

“Zara, perchè non posso partecipare al piano anche io?” chiese però il ragazzo, Alex, con un tono di voce da capriccio. “Sono un allievo, è vero, ma anche Annalisa e Enrico lo sono ma loro combattono. Perchè non mi fai mai combattere?”

Zarathustra si voltò verso il fratello minore, senza nessuna espressione sul suo viso, come sempre. “Perchè sei debole, Alex, e io devo proteggerti al meglio. Annalisa e Enrico hanno sviluppato un po’ il loro stand ed è utile in battaglia, ma il tuo non lo è. Sei debole e il mio compito è difenderti. Sta’ qui e fai il bravo.”

Alex smise di parlare, e Shizuka si sentì mancare un battito al suo cuore già lento. Guardò quell’Alex negli occhi verdi e vide la sua stessa determinazione, e la sua stessa tristezza.

L’ombra di Ludovico cambiò forma e si trasformò in un cerchio, in cui Zarathustra saltò dentro e ne venne inglobata. Ludovico saltò a sua volta, e l’ombra, ridotta a un piccolo cerchio nero delle dimensioni di un pallone da calcio, scivolò sotto la porta e sparì.

   
 
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