Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: KiaeAlterEgo    10/03/2021    1 recensioni
Dallo scontento per l’adattamento de “Lo Hobbit” a Thorin e Thranduil che finiscono in una ricerca imbarazzante dei propri vestiti, il passo è più breve di quanto ci si potrebbe aspettare.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thorin Scudodiquercia, Thranduil, Valar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

II. I boccioli

 

Thorin marciò subito dietro l’Elfo, i pugni stretti.

Che nervi!

Dannate quelle sue gambe lunghe e nude come la pelle dei vermi, non riusciva a superarlo. Mahal doveva averlo abbandonato, per fargli soffrire quel sedere così liscio e senza nemmeno un pelo. E quella noncuranza con cui lui camminava! Come se non fosse completamente nudo, e quella sua dannata mazza elfica non fosse all’altezza dei suoi occhi. 

Se mai fosse sopravvissuto a tutte le prove, Thorin avrebbe pregato una Nana qualsiasi di sposarlo.

Non importava chi! Solo un matrimonio con tutte le cerimonie ufficiali e ufficiose gli avrebbe mondato gli occhi e la mente. Solo così avrebbe potuto dimenticarsi quella vista e dormire sonni tranquilli.

Senza mazze elfiche all’aria!

C’era una svolta davanti a lui e Thorin si fermò, per lasciare che il sedere dell’Elfo sparisse, e poggiò il palmo sulla parete rocciosa. Era fredda e liscia come se fosse stata lavorata dai migliori dei suoi artigiani, e di un bianco sporco.

Marmo.

In quali montagne si trovava marmo, così in profondità e così perfetto?

Scavò nei suoi ricordi ma nulla ne venne fuori. Né le parole di Balin o Dwalin sui Regni Antichi gli furono d’aiuto. Thorin riprese a camminare, i passi misurati sulla pietra fredda, una mano che accarezzava la parete.

La roccia era sempre familiare.

Come erano finiti in quel guaio? 

Tutto era iniziato ad andare a rotoli quando quell'inutile Re di Bosco Marcio aveva iniziato a straparlare sulla sua impresa. Thorin stava morendo di fame, era stato preoccupato per i suoi, non aveva avuto nessuna intenzione di parlare di oro e gioielli e quello si era messo a dire "se non mi dai una parte di tesoro non ti lascio andare"?! 

Chi gli aveva fornito quell'informazione? 

Il sospetto numero uno era quel maledetto Gandalf, che guarda caso li aveva lasciati andare da soli nel bosco. 

Ed era amico degli Elfi. 

Puah!

«Sbrigati, Nano».

La voce irritante del Re di Bosco Marcio lo raggiunse, spocchiosa e annoiata, e Thorin riprese a camminare con passo rilassato, per fargli un dispetto. Ma non aveva altri posti in cui andare e alla fine lo raggiunse.

Gli occhi freddi dell’Elfo lo inchiodarono sul posto. Thorin strinse i suoi e incrociò le braccia.

Thranduil, con quel suo… Be’, quella sua mazza sotto i suoi occhi, avrebbe dovuto vergognarsi. La sua virilità nanica era migliore, più grossa e con vera peluria attorno, non quei quattro peli chiari che si confondevano con quella pelle bianchiccia. Da verme.

«Non so cosa sia un Comitato per il Canon e non sopporto la tua compagnia, ma una cosa è chiara: ho bisogno della tua mano» disse Thranduil.

Thorin alzò il mento, quanto era fastidiosa in quel momento la differenza delle loro altezze!

«Non ho nessuna intenzione di aiutarti, Thranduil».

Le labbra dell’Elfo si incurvarono in un sorrisetto fastidioso. 

«C’è scritto che bisogna appoggiare le mani su questa parete per passare. Vuoi collaborare?» gli chiese.

Certo, la sua faccia non era alla sua portata, ma i suoi attributi sì, e glieli avrebbe schiacciati come noci. Chissà se avrebbe sorriso, dopo.

Allungò la mano ma l’Elfo la schiaffeggiò prima che lui raggiungesse il suo obiettivo. Thranduil si chinò e gli afferrò il polso, tirandolo verso la parete. Era incisa di rune sotto le quali c’erano due incisioni rettangolari.

«Qui» sibilò irritato il Re di Bosco Marcio.

Thorin gli mostrò i denti in quello che doveva essere un sorriso, ma gli uscì un ringhio dalla gola. Il suo palmo incontrò una sostanza morbida e Thorin si voltò a guardare la parete. Quella sostanza era morbida come fango e inghiottì la sua mano allo stesso modo. 

Un tepore caldo e viscido l’avvolse.

Thorin sollevò la testa verso l’Elfo, per trovarlo che affondava a sua volta la mano in quella sostanza.

«Potete passare» disse una voce incorporea e la parete di fronte a loro svanì, rivelando un’apertura su un giardino. Thorin si fissò la mano, pulita come se non fosse stata avvolta dalla sostanza, ma la strusciò lo stesso sulla pietra. La roccia l’avrebbe mondata dalla Magia Nera residua.

Thranduil era già andato avanti, quel suo sedere nudo ancora all’aria come se niente fosse. In quel momento Thorin avrebbe voluto ficcarsi due coltelli negli occhi, piuttosto che continuare a vederlo.

Si fece avanti una donna, probabilmente di Spocchia Elfica, vestita di un abito… rosa? Bah, di un colore chiaro, i lunghi capelli intrecciati e adornati di fiori gialli. Sorrise e si inchinò a loro.

«Benvenuti nel Giardino di Yavanna, sovrani».

Una ancella della Regina della Terra? Ah! Mahal sarebbe stato fiero di uno dei suoi figli al cospetto della sua Sposa.

Peccato fosse completamente nudo. 

Non è che lei l'avrebbe preso come un affronto e questo avrebbe influenzato la prova? Thorin strinse i pugni per non portare le mani tra le gambe a nascondere la sua mazza. Se il Re di Bosco Marcio non temeva di mostrarsi nudo, non si sarebbe preoccupato nemmeno lui.

La donna allargò le braccia. «Lasciate che vi illustri la prima prova».

«Prima prova?» sussurrò Thorin.

«Hai sentito quell’Esecutrice Junior anche tu. Dobbiamo superare tre prove per spezzare la maledizione».

Thranduil lo guardò dall’alto col mento sollevato. Pensava di essere tanto intelligente, lui? Certo che aveva capito che riguardava la maledizione! Non era quello il senso della sua domanda. Thorin incrociò le braccia e lo guardò storto a sua volta.

«Seguitemi, prego» disse la donna e si voltò con un fruscio di vesti chiare e leggere.

Attraversarono un prato, la terra calda e l’erba soffice sotto le dita dei piedi, fresca di rugiada, una carezza sulla pelle: c’era qualcosa di positivo in quel posto. 

La donna li condusse di fronte a un’alta siepe.

«Andrete al cospetto della mia Signora e titillerete i Suoi boccioli rosei con le dita. Dovrete raccogliere in queste ampolle la rugiada che spillerà da loro».

La donna porse una fialetta di vetro all'Elfo e si chinò per consegnarla anche a lui. Poi indicò un’apertura tra le foglie della siepe. 

«Prego, ora inoltratevi nel Suo giardino. La mia Signora vi attende e sarà lei stessa a dare un giudizio».

Thranduil fu il primo ad addentrarsi tra le foglie della siepe, e a Thorin non restò che seguirlo. Sempre dietro quel bianco posteriore.

Mahal, che bruci nelle tue forge!

Thorin abbassò la testa e procedette nella siepe. Come si sarebbe dovuto comportare di fronte alla Regina della Terra? Così nudo e per fare cosa? Come aveva detto quell’ancella?

Titillerete i suoi boccioli rosei.

La rugiada che spillerà da loro.

La sua mente lo portò a immaginarsi seni enormi, con capezzoli rosei, e coperti da una leggerissima peluria bianca, un vellutino caldo e setoso, perfetto da accarezzare.

E perché non continuare con quella fantasia? Le sue mani si strinsero su quei seni e la sua bocca su uno di quei capezzoli.

Thorin scosse la testa per il pensiero osceno.

Che Mahal lo perdonasse, stava diventando pazzo a forza di soffrire la vista di quell’inutile Thranduil.

Thorin si grattò la nuca. Era anche sporco dal viaggio, aveva i capelli unti, puzzava di goblin e pelle di capra di sicuro, e fango, foglie marce e putridume di quella foresta maledetta.

Sospettava che quell’Elfo avrebbe fatto una figura migliore. Non solo l’ancella era di Spocchia Elfica, era noto che la Regina della Terra non amasse le creazioni di Mahal. Non poteva, dannazione, non poteva fallire!

Si guardò le mani, sputò sui palmi e li strusciò sulle cosce per pulirli il più possibile.

Anche se si trattava di lei e titillare i suoi boccioli rosei, Thorin l’avrebbe compiaciuta. Non poteva darla vinta all’Elfo.

Il cammino circondato dalla siepe si aprì su un giardino pieno di fiori.

Ce n’erano davvero tanti, tutti con colori assurdi, pallide imitazioni delle gemme: viola, blu e azzurri, come quel gruppo di fiori alti quanto un fungo alla sua destra, e fiori color giallo piscio con il centro color fanghiglia, alti quanto il Re di Bosco Marcio e peggio, tipo quegli orrori screziati di rosa e bianco, una patetica imitazione dell’agata rosa e con una forma così ambigua che poteva solo essere il tesoro che ogni Nana nascondeva tra le gambe. 

E quanto erano ridicoli? Per imitare lo scintillio delle gemme, alcuni avevano gocce di rugiada sui petali. Ah!

Niente a che vedere con le loro caverne. Per quanto non gli piacesse il giardino, era sicuro che nemmeno la Spocchia Elfica sarebbe stata in grado di averne uno come quello, e questo pensiero gli fece sollevare un angolo della bocca.

Thorin si voltò, ancora il mezzo sorriso sulle labbra. Thranduil era di fronte ad una pianta con le spine, e sfiorava con le dita un fiore chiaro dalla forma ovoidale, l’espressione concentrata.

Era ridicolo! Quello non era mica il bocciolo giusto!

Thorin si sfregò le mani, per scaldarle, la sicurezza di saper cosa fare che gli curvò sempre di più le labbra in un sorriso. 

Al centro del giardino, la Regina della Terra.

Era un’alta pianta, dalla forma umana, con la corteccia di una betulla bianca, le gambe formate da due tronchi che affondavano i piedi nelle radici e le braccia alzate che si ramificavano, così come i capelli dalla testa, fatti di rami sottili, di foglie verde-dorato e fiori gialli.

Sì, doveva essere proprio lei.

La Regina della Terra voltò la testa, il volto  liscio come una pietra levigata, gli occhi brillanti come il cuore di una fucina.

E lo sguardo di Thorin, al pensiero della prova, scivolò dal viso al collo e più giù... e –meraviglia!– sotto i suoi occhi la Regina della Terra stava mutando aspetto, la corteccia che diventava pelle, i rami che ricadevano in lunghi capelli, fiori gialli e foglie dorate nell’acconciatura, e vesti di foglie e tessuto che avvolgevano la sua figura, il seno prosperoso.

Quando lo sguardo di lei si posò su Thorin, lui deglutì, le sue guance bollenti e abbassò gli occhi. Era arrivato il momento di approcciarsi a lei, ma era troppo alta!

«Non stare a bocca aperta, figliolo, cogli la rugiada» gli disse la Regina della Terra e la sua voce era strana, come se parlasse tramite il fruscio di foglie o col rumore di una pianta che cresce, lento, pacato.

Thorin strinse la fialetta tra le dita, la fissò, poi risollevò lo sguardo su di lei.

Coraggio!

«Regina della Terra, posso chiederti di abbassarti, per favore?» disse e deglutì ancora, l'agitazione che gli seccava la gola.

Lei piegò la testa di lato, lo sguardo incuriosito. Ma si accovacciò accanto a lui, e un’onda di profumi di fiori e frutti della terra lo investì.

Come iniziare? Subito, toccandola senza preamboli, senza una parola prima?

Thorin deglutì un’altra volta e allungò la mano.

Le dita gli tremarono quando sfiorò il tessuto. Sollevò lo sguardo su di lei, per trovare l'espressione della Regina incuriosita come prima.

«Re-regina, i tuoi boccioli sono coperti, permetti?» disse con un filo di voce.

«I boccioli sono ancora chiusi e carichi di rugiada» gli rispose.

Che risposta era? Un sì? Un no?

Thorin strinse la fialetta e infilò la mano nel tessuto, per toccare il seno della Regina della Terra. Era grande per la sua mano e caldo e liscio. Lei lo guardò frugare nella scollatura, sempre quell'espressione incuriosita sul viso.

Lui deglutì e fece scivolare la mano sul capezzolo. Non poteva vederlo, ma al tatto era già turgido. Thorin pregò che il suo corpo non reagisse.

Come cogliere la rugiada? Doveva stringere il capezzolo tra le dita? No, si ricordò, lo doveva titillare.

La Regina della Terra sollevò lo sguardo su di lui e inclinò la testa dall’altra parte, le palpebre abbassate.

«Per la barba di ferro di mio marito, Aulë! Aulë!» Si alzò in piedi e Thorin ritirò la mano. «Aulë!» chiamò lei.

«Perché le tue creazioni pensano che le mie tette siano boccioli? Gli hai insegnato a distinguere le gemme, ma la loro conoscenza delle piante lascia a desiderare!» 

La Regina della Terra si girò su sé stessa, gli occhi luminosi e il sorriso sulle labbra. «Si vede quali sono i figli dell'Uno, loro sanno cosa sono i boccioli. Aulë! Mi ascolti!?» 

La sua espressione divenne corrucciata e continuò a parlare all'aria. 

«Aulë! Non fingere di non sentirmi!»

Il Re di Bosco Marcio stava ridendo, di gusto.

Thorin doveva essere rosso, tanto era l'imbarazzo che provava. Aveva toccato le tette della Regina della Terra e non erano quelli i boccioli... Dannazione! 

Era in un giardino pieno di fiori, perché aveva pensato alle tette? Dannato Ori e le sue letture perverse!

La Regina della Terra smise di parlare al vento e si accucciò di fronte a loro e li guardò, la sua espressione era come le acque di un lago di montagna: calma e imperscrutabile.

Thranduil continuò a ridere, la mano sulla pancia e le lacrime agli occhi. Teneva in mano una fialetta piena di un liquido che sembrava acqua.

Thorin ringhiò: «Smettila!»

«I boccioli sono di rosa e li trovi laggiù» disse il Re di Bosco Marcio, tra una risata e l'altra.

Per la barba di Mahal, quanto avrebbe dato per poter vedere quell'Elfo umiliato più di quanto si sentiva lui ora!

Lanciò un’occhiata di puro odio nella speranza di fulminare il Re di Bosco Marcio sul posto. Ma il cielo rimase sereno e Thranduil gli rispose con un sorrisetto odioso, così Thorin si voltò verso i boccioli di rosa.

Erano quelli che aveva visto Thranduil scuotere prima. E così la rugiada non serviva a far scintillare i fiori come gemme.

Come aveva potuto pensare che si trattasse dei… dei…

Thorin scosse la testa e quando fu vicino, prese lo stelo e scosse la rugiada dal bocciolo alla fialetta. Tornò dalla Regina della Terra, le spalle abbassate, lo sguardo in terra, e gliela consegnò.

Lei si alzò in piedi e allungò le braccia verso l’alto, le fialette in mano, scrutandole con le palpebre abbassate. Si rivolse all’Elfo, il viso che si apriva in un sorriso.

«La tua prova è superata, Thranduil».

Si accucciò di nuovo e fissò Thorin. «Mi dispiace, Thorin, ma non posso considerare la tua prova valida».

Lui abbassò le spalle ed evitò di guardare in direzione di Thranduil. Gli era bastato vederlo che si spanciava a sue spese. 

«Regi–»

«Non devi preoccuparti del tuo gesto, figliolo. Non mi hai offesa». Gli accarezzò la testa e fu come ricevere la carezza di un albero, dita ruvide di corteccia e rametti che si impigliano tra i capelli. «Anche se non posso considerare la tua prova come superata, posso rendere il tuo passo leggero e alleviare il disagio del percorso accidentato che ti aspetta nella prossima prova».

Un formicolio sotto i piedi gli fece abbassare lo sguardo, ma non c'era nulla di diverso.

Cosa gli aveva fatto? E che voleva dire con percorso accidentato?

La Regina della Terra si alzò in piedi. «Andate, figlioli! Buona fortuna».

Due ancelle si fecero avanti, le vesti che frusciavano al vento, i fiori tra i capelli. Una delle due portava un paio di stivali di cuoio argentato.

Dietro di loro non c’erano altre ancelle, né sembrava che quella che portava gli stivali avesse altro. Consegnò gli stivali a Thranduil e disse: «La maledizione è spezzata sui piedi».

«Dovete proseguire con la prossima prova» disse la compagna.

Thorin strusciò i piedi sull'erba. Le altre due prove sarebbero state altrettanto strazianti?

Soprattutto, come poteva recuperare?

Almeno Thranduil aveva smesso di ridergli in faccia e non sembrava contento mentre infilava gli stivali. Ah! 

Le due ancelle si voltarono, una di fronte all’altra, e Thorin sbatté le palpebre e si strofinò gli occhi. Le due ancelle giunsero le mani sollevate e il loro corpo mutò in un arco fatto di rami e fiori e radici. Una cascata d’acqua cominciò a scorrere dalla cima dell’arco, fino a coprire tutta l’apertura come un velo.

Thranduil allungò una mano e lasciò che la sostanza gli sfiorasse le dita, cauto. 

Invece, Thorin si buttò dentro. 

Questa volta non avrebbe sofferto la vista di nessun sedere elfico!

 


 

Angolo dell’autrice

Accidenti!

Con una prova riuscita e una prova fallita… Che succederà?!

E cosa dovranno affrontare alla prossima? 

Chissà se la supereranno entrambi...

Lo vedrete nel prossimo capitolo!

Un grazie a chi legge&commenta!

kiaealterego

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: KiaeAlterEgo