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Autore: RLandH    11/03/2021    1 recensioni
Magnus Bane ha un problema: non sa dire di no ad un’amica; il resto va fuori controllo
“Ah” aveva accettato Magnus con leggera indignazione, “Sarei percepito solo così?” aveva chiesto risentito, “Sono uno stregone di quattrocento anni con una carriera rinomata, tra cui, vorrei ricordare, la fuga su una mongolfiera con Maria Antonietta e la stesura degli Accordi” aveva aggiunto, suo marito lo aveva guardato con estremo stupore, “Ma sarei considerato solo come il marito di Alec? Cioè non fraintendetemi, adoro essere considerato il marito-di-Alec. Tipo mi piace così tanto che potrebbe essere il mio secondo nome, il Grande Magnus Marito-di-Alec Bane, suona benissimo, ma ecco, una persona si aspetta un po’ più di riconoscimento. Ho anche formato una setta che è diventata problematica ad un certo punto” aveva detto. Voleva che il discorso fosse serio, ma non c’era riuscito e dal sorriso teso di Tessa, per nascondere la risata gli sembrava evidente.
Alla fine la stregona aveva riso ed anche sul marito, che aveva posato la fronte sulla sua spalla.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Ragnor Fell, Theresa Gray
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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E niente narratore d’eccezione (Ma come mi piace allungare il brodo?).
Spero potrete gradire questo capitolo!
Vorrei ringraziare chi legge/ricorda/segue ed ovviamente chi recensisce (Grazie Arwen Fenice <3);
Buona Lettura
RLandH

 

 

Puoi essere e smettere di essere qualsiasi cosa, tranne un genitore

 

Alec aveva dato un bacio a suo marito sulle labbra, si era allontanato lentamente, poi, ma Magnus lo aveva inseguito con la bocca, rubandone un altro, poi aveva sorriso con delicatezza, dopo avergli accarezzato una guancia con gentilezza.
Si era chinato all’altezza di Rafael ed aveva sussurrato qualcosa in spagnolo a suo figlio.
All’inizio loro figlio non parlava altra lingua che quella, ma era stato molto abile nell’apprendere l’inglese, però lui e Magnus ogni tanto la parlavano comunque, infondo era la lingua di nascita di Rafael ed era una delle prime che suo marito aveva imparato. Anche Alec la stava studiando, ma non era particolarmente ecclettico in quello studio.
Di quello che aveva detto suo marito aveva compreso alcune cose. “Proteggi” e “Papà” ed immaginava che fosse più sul genere ‘Proteggi papà per me’ che ‘Papà ti proteggerà’.
“Lo farò!” aveva sinceramente giurato Rafael, in inglese, prima di farsi abbracciare – e strapazzare – da Magnus.
Non era stato un addio particolarmente lungo ne sofferto, probabilmente si sarebbero rivisti in giornata, ma Alec aveva comunque un certo senso di magone. Era la prima volta che lui e Magnus erano ambedue lontani dal loro piccolo mirtillo, dalla parentesi di Shangai, ed ora si stavano di nuovo separando.
Magnus aveva baciato loro figlio sulla fronte e poi aveva baciato di nuovo lui, prima di seguire Ragnor verso il treno, accompagnati da una divertita Ej.
“Spero non combini niente di pericoloso” Alec aveva sentito la voce di Magriet cristallina alle sue spalle, ammiccando a sua nipote, che si era accodata a Ragnor – funereo – e Magnus. “Puoi provare a proteggerli dal mondo, ma sei destinata a fallire” aveva dichiarato poi, mesa.
“So cosa provi” aveva dichiarato Magnus, lanciando uno sguardo a Rafael, che era lì, nella sua mano ma aveva gli occhi luminosi rivolti verso i treni.
“Ho tirato su io, Ej da quando aveva sette anni, praticamente è mia figlia” aveva dichiarato Magriet, incrociando le braccia sotto il seno, “Come Deidre” aveva aggiunto.
Alec poteva comprendere quel sentimento bene, Jace prima di essere il suo parabatai era suo fratello, come Izzy e come era stato Max ed i suoi figli erano i suoi figli anche se non condividevano neanche una goccia di sangue, Alec non gli amava meno che se l’avessero avuta.
“Tranquilla Magnus la proteggerà” aveva detto alla donna con sicurezza.
Magriet aveva sorriso, era una persona spigolosa in tutto anche nel sorriso, “Me lo auguro. Spero non sia il sommo stregone di Brooklyn solo per simpatia, lo dico perché Bo lo è” aveva detto con una punta di cattiveria, che aveva fatto scuotere il capo scuro di Alec.
“Sono felice comunque che tu sia divenuto console, ho votato per te d’altronde” aveva confessato Magriet, “Certo se un decennio fa me l’avessero detto non ci avrei mai creduto” aveva dichiarato.
Alec le aveva rivolto uno sguardo piuttosto confuso, aggrottando le sopracciglia, “Pregiudizi e cose insulse come figli ombre dei propri padri. O almeno diceva sempre così il mio” aveva raccontato con voce spenta.
“Gisbert Ipke Zwartekust” aveva detto Magriet imitando un tono pomposo, come se si stesse rivolgendo al Re di Olanda in persona, “In realtà era un buono terribilmente borioso, presuntuoso ed in alcuni momenti anche terribilmente bigotto ma era il mio paus e io ero la sua prinses” aveva dichiarato lei.
Alec le aveva sorriso di rimando, poi aveva scompigliato i capelli di suo figlio, che osservava i due con interesse. Doveva ammettere di ritrovarsi anche su quegli ultimi pensieri, sebbene facesse male, ancora male, pensare a suo padre. “Cos’è Paus?” aveva chiesto Rafael con i suoi occhi miele, “Papà” aveva dichiarato Magriet, “E Bigotto?” aveva chiesto poi suo figlio scambiando forse anche quella parola per una olandese.
Rafael era una spugna per quanto imparava in fretta l’inglese, ma alcune cose restavano per lui ostiche; “Qualcuno che spero vivamente tu non debba mai incontrare” aveva dichiarato poi Magriet materna, dolce, qualcosa che si sposava male con la sua rigidità, accarezzando con le nocche la guancia del bambino.
“Tuo padre votò perché i miei genitori fossero rinchiusi nella Città di Ossa” aveva ricordato Alec, in qualche meandro della sua testa, nella sua memoria, non sapeva esattamente da dove l’avesse tirata fuori.
Magriet aveva annuito, un leggero colorito rosato di imbarazzo, “Colpevole” aveva riconosciuto lei, “Nonostante abbia vissuto tutta la vita senza mai riconoscere un nascosto o un mondano come suo pari, mio padre credeva ciecamente nell’Istituzione e nel sacro ruolo dei Cacciatori – e non riusciva a tollerare che chi ne aveva fatto un tale sprezzo ne uscisse impunito” aveva dichiarato.
Alec non credeva che i suoi genitori ne fossero usciti in quella maniera, ma forse, ad occhio esterno la loro punizione poteva risultare lieve, un esilio a New York, a capo di un istituto, rispetto ad altri.
“Mia madre era solo preoccupata di come ti avrebbero cresciuto” aveva aggiunto calma, poi, “Sono felice di sapere che entrambi avevano torto” aveva aggiunto, con un sorriso un po’ più sofista sulle labbra.
“Anche io” aveva concordato Alec, mentre suo figlio osservava quello scambio di battute confuso.
“Rafael ti andrebbe di comprare della cioccolata?” aveva chiesto Magriet poi, rivolgendosi a suo figlio, “Ne, volevo prendere per Deidre” aveva dichiarato.



“Non hai mai avuto problemi con le barche” aveva valutato Alec, osservando sua sorella con un cipiglio preoccupato.
“Non ho mai vissuto così tanto su una barca” si era difesa sua sorella, sollevandosi, lanciando uno sguardo nauseato alla bacinella, prima di roteare gli occhi.
Il ponte dell’istituto di Amsterdam, continuava a mostrare la pittoresca città dai suoi canali. Alec era ammirato da quanto suo figlio Rafael ne fosse entusiasta, meno erano Izzy che aveva cominciato ad accusare i sintomi di un paio di giorni in barca ed il povero Danny, continuamente distratto dalle nudità evidenti di Isolde ed un certo interesse di Magriet per lui – che sembrava ricambiare.
Rafael in quel momento aveva perso di vista il panorama della città per girovagare attorno al mondano Henrich, che approfittava del bel tempo, per stare all’aperto e leggere il suo libro, con ancora le macchie di cioccolata sulle labbra.
Il mondano doveva dare un esame, perché era un universitario a quanto pareva.
Era strano come pensiero: uno studente.
Ne Alec ne Izzy ne Jace avevano mai sentito il bisogno di esserlo, universitari, ma aveva notato nel corso degli anni come quello avesse frustrato ambedue i suoi futuri cognati, Simon più di Clary e più di quanto avesse sofferto rinunciare alla sua band con gli amici mondani.
Alec non si era mai sentito così sfacciato da voler chiedere bene, differentemente da Izzy – e Jace – ma forse perché in effetti per loro quello poteva essere un problema.
Erano stati educati così, Clary era nata Shadowhunters e Simon lo era diventato, ma erano cresciuti come Mondani ed un certo senso una parte di loro lo era rimasta per sempre, avevano avuto un percorso prima … e sarebbe stato come se Alec improvvisamente non fosse più stato un cacciatore.
Suo figlio Rafael sembrava apprezzare il frequentare anche le attività mondane, come la colonia estiva e Jocelyn li aveva invitati a provare anche con una vera scuola, ma per Alec sembrava difficile dividersi tra l’addestramento e l’educazione da cacciatore e il mondo scolastico.
Quanto era fattibile studiare l’enochiano, il latino, la geometria, allenarsi come cacciatore e partecipare alle partite di calcio?
“Quando andiamo all’Aia?” aveva chiesto sua sorella, risvegliandolo dal suo stato perso, “In giornata, chiamo la mamma ora” aveva stabilito.
Era anche preoccupato per Magnus, domandandosi come sarebbe andato a fine il suo incontro con la Stregona di Leiden, chiedendosi quanto ancora del mondo di Magnus li fosse ignoto.
Aveva letto il suo diario, aveva saputo dei suoi amori ed amanti, aveva conosciuto i suoi amici ed aveva sentito le sue storie, ma ancora tanto della vita del suo compagno, di suo marito erano per lui ignoti.
Sapeva che sarebbe stato così anche se Magnus non fosse stato uno stregone vecchio di quattrocento anni, ma quello pesava ancora di più.
Certi momenti Alec lo aveva superato, certi altri no, come in quei giorni, in cui Alec aveva sentito il suo compagno vomitare nomi e nomi di illustri sconosciuti, come se fossero stati i suoi buoni amici che incontrava ogni sera al pub.

“Guarda, Mirtillo, è papà” aveva sentito la voce di Jace bella melodiosa dall’altra parte della videocamera del cellulare, aveva chiamato Maryse, ma era stato il suo parabatai a rispondere, con un sorriso raggiante e Max, festoso, sulle gambe.
“Ciao Mirtillo” aveva detto subito Alec, sentendo una fitta nel suo petto a non poter stringere suo figlio in quel momento e alla mancanza che sentiva nel cuore in quel momento.
Alec lo aveva saputo, dal primo momento che lo aveva preso in braccio e lo aveva chiamato suo, che nulla sarebbe stato più lo stesso, che la sua vita non sarebbe potuta essere più quella di Alec Lightwood cacciatore, ma sarebbe stato prima un padre, che tutta la sua vita sarebbe stata devota a Max e poi Rafael.
Anche in quel momento che era il Console, nella crisi più profonda mai vissuta dal mondo Nascosto dall’apertura del Sentiero da parte di Samael, Alec si sentiva prima un padre.
Max lo aveva salutato a gran voce e gran gioia, con gli occhi luminosi, facendo scintillare le sue dita di magia.
“Ti stai comportando bene, non stai facendo impazzire lo zio Jace?” aveva domandato subito Alec.
“No!” aveva risposto risoluto suo figlio.
“No a quale dei due?” aveva chiesto Alec, godendosi un espressione confusa di suo figlio per un secondo, “Sono un bravo bambino” aveva stabilito perentorio, “E zia Clary lo dirà a babbo natale” aveva aggiunto.
Alec aveva guardato Jace, che aveva mimato con le labbra un ‘te lo spiego dopo’.
Aveva continuato ad interrogare il suo piccolo Mirtillo, evitando accuratamente ogni parola relativa a Magnus e perché non fosse lì, sapeva che aveva provato a chiamare quella mattina, prima di prendere il treno per Leiden, ma il Mirtillo dormiva ancora.
“Rafeeeee! Vieni a salutare tuo fratello!” aveva esclamato con vigore Alec attirando l’attenzione di suo figlio, perché smettesse di cercare di leggere a tutti i costi il libro di Henrich, nonostante fosse in olandese.
Rafael era arrivato subito, con un sorriso bello pieno, “Oh! Puffo!” gli aveva detto chiaro, Max aveva fatto una smorfia a suo fratello, “Zio Jace! Questo posto è fantastico ed amo la cucina” aveva esclamato subito, riconoscendo immediatamente il biondo, “Rafeee” aveva dichiarato Max, “Voglio mangiare anche io” aveva aggiunto poi, con sicurezza, “Papino ha promesso di farlo!” aveva dichiarato subito Rafael “Proprio oggi!” aveva ricordato le parole che il padre gli aveva detto alla stazione.
Gli occhi di Max si erano illuminati come stelle, “Oh, che bello! Dove è papino?” aveva chiesto subito.
Alec aveva avuto una certa prontezza di riflessi – merito di anni di caccia ai demoni e che da quando era diventato padre si era fatto crescere gli occhi anche dietro la testa – ed aveva urlato immediatamente: “Izzy vuoi venire a parlare con tuo nipote?”
L’attimo dopo Isabelle ancora grigia in viso era venuta verso di loro per salutare.
“Oh, sembra che ti abbia preso un mostro shax in faccia” aveva commentato Jace, guardando sua sorella, “Sono su una barca, Jace, tu che scusa hai?” aveva risposto schietta quella, incrociando le braccia sotto il seno.
Poi davanti il faccino blu di suo nipote si era sciolto terribilmente, “Oh, la prossima volta verrai con noi, Mirtillo, portiamo anche Simon – Jace no che è cattivo” aveva replicato Izzy.
“Niente Babbo Natale per zio Jace” aveva confermato Max con un tono terribilmente sicuro.
Era sicuramente il bambino più fermo di sempre, buono, gli sarebbe stato utile nella vita, “E neanche per Papà e Papino che mi hanno lasciato qui” aveva aggiunto perentorio.
Il resto delle chiacchiere si era esaurito in fretta, per quanto Alec avrebbe voluto rimanere a parlare ancora con suo figlio, avevano un mestiere da fare.

 

“Devo rimanere di guardia con il bambino?” aveva domandato Danny Graymark con espressione contrita, “Si, con Henrich, Grootmoder e … Zieg, mi pare” aveva spiegato subito Izzy, “Non possiamo lasciare Amsterdam senza valenti Shadowhunters, oltre che mio nipote ovviamente” aveva sottolineato, “Ed io non conosco questi olandesi, ma conosco te, mi hai spaccato il naso più di una volta, mi fido” aveva stabilito tassativa Isabelle, prima di sistemarsi con sicurezza il guanto di pelle dura sulle mani.
Indossava i pantaloni di pelle nera resistente, gli anfibi ed una maglietta aderente, lo stilo legato alla coscia ed il frustino nella forma di serpente brillante al polso.
Aveva ancora una carnagione grigiolina sul viso, ma si stava dando un certo tono. Magriet al suo fianco indossava lo stesso abbigliamento, solo che aveva legato delle protezioni alle ginocchia e i gomiti.
La piccola bambina, coetanea di Rafael, Deidre, la guardava piena di aspettativa e preoccupazione, somigliava molto alla donna, stesso viso chiaro come una perla ed i capelli biondissimi.
Dagli sguardi che Alec aveva visto lanciare Magriet a Danny, poteva indovinare non ci fosse nessun compagno della donna. Non erano fatti suoi ed aveva preferito non indagare in alcuna maniera, sarebbe sembrato indelicato fare domande, si conoscevano da troppo poco. Una volta Alec aveva preteso, a Shangai, di conoscere tutti i segreti di uno shadowhunter, in quel momento, più maturo, riconosceva di poter chiedere e pretendere solo quelli inerenti alla caccia e alla sacralità della loro missione.
Magriet si era apposta chinata per accarezzare la testa della bambina e sussurrandole parole di conforto in quella che immaginava dovesse essere olandese, le aveva anche accarezzato il viso, gioviale. Deidre aveva sorriso dando poi un bacio sulla guancia di sua madre e saltellando poi per raggiungere Rafael ed Henrich.
Suo figlio aveva accolto la bambina con un sorriso allegro e pieno di gioia.
All’infuori di suo fratello Max, Rafael non aveva altri amici, coetanei con cui stare, fino a che non avevano seguito il consiglio di Jocelyn e l’avevano iscritto alla colonia estiva – sebbene lì dovesse sempre mentire. Doveva essere bello per suo figlio avere una coetanea che conosceva il mondo nascosto.

 

Per la loro visita non esattamente di piacere all’Istituto dell’Aia, Willem aveva selezionato sé stesso, la sua rigida sorella ed uno Shadowhunters dall’espressione cupa, l’incarnato olivastro ed un pizzetto nero e riccioluto. che Alec ricordava non avesse spiccicato neanche una parola durante il pranzo del giorno prima.
Anche sua moglie Isolde, che per l’occasione aveva dismesso la pelle di foca ed indossava una cotta di maglia di un griglio lucente, che Alec sospettava non fosse ferro, sopra pantaloni neri di pelle. “Alcuni miei amici potrebbero aggiungersi ed altri nascosti” aveva rivelato subito la selkie con estrema sicurezza, “Questa è una guerra di tutti, infondo” aveva ammesso, strizzando gli occhi verso di lui, sfacciata.
Willem si era allungato per baciare sua moglie sulle labbra, con un tocco veloce, ma rassicurante, “Mi piace vederti così” aveva detto, ammiccando al vestiario che la faceva apparire terribilmente simile ad una cacciatrice, “L’unico uomo che può preferire sua moglie vestita che no” aveva risposto Isolde fingendosi offesa.
“Non è pericoloso per te lasciare la pelliccia?” aveva domandato Isabelle avvicinandosi alla donna, “Grazie per l’interessamento” aveva risposto prontamente quella, con una certa dolcezza, “Ma ho lasciato tutto a Grootmoder … Credo che Satana in persona abbia paura di quella donna” aveva ammesso sfacciata, guadagnando una gomitata da suo marito, “Inoltre durante la Pace Fredda l’Istituto di Amsterdam ha difeso strenuamente il mio tesoro” aveva dichiarato, “Non avrei mai pensato a luogo più sicuro”.
“Poi sono curiosa di sapere come è andata tra voi, adoro il gossip nascosto” aveva ridacchio Isabelle con un certo divertimento, “Oh, si è una storia tremendamente bagnata” aveva risposto Isolde.
“Non è un eufemismo” aveva chiarito Willem.
Alec non sapeva molto dei rituali di corteggiamento delle ondine, immaginava che di quei tempi, come quasi tutti i fey, le cose non fossero troppo diverse dal resto dell’universo, ma una volta ricordava di aver letto in un libro che era coinvolta la pelle di foca.
“Stiamo aspettando Bo, sarà qui in fretta, Alec” aveva detto subito Willem, guardando Alec, per giustificare perché stessero ancora temporeggiando.
Il capo dell’Istituto di Amsterdam si era rivolto a lui con titoli formali solo nelle prime due ore, che si erano conosciuti, preferendo di gran lunga l’informalità.
Anche Alec la preferiva, si sentiva sempre un po’ stordito, quando la gente lo appellava ‘Console Lightwood’ come se stessero parlando di qualcun altro.
A volte pensava si riferissero a suo padre, anche se non era mai stato Console … e non era più lì. Era strano essere il Console.
Lo aveva desiderato sì, così come aveva desiderato cambiare il mondo, ma la cosa lo disorientava ugualmente.
Magriet li aveva raggiunti, aveva un’espressione tesa sul viso, sfoggiava una lama bastarda, che teneva legata con una cinta che attraversava il busto di traverso.
“Spero che Ej e i vostri amici stiano bene” aveva detto alla fine con ancora una punta di preoccupazione, “Stiamo andando noi a combattere” aveva valutato Izzy, “Sì, ma mia sorella non può smettere di preoccuparsi” aveva dichiarato Willem con un sorriso bonario, dando una pacca sulle spalle della sorella. “Iemand zal het moeten doen
[1]” aveva replicato Magriet.

 

 

Bo DeWit era arrivato con un certo ritardo.
Non ci volle molto né per Alec, né per Izzy, stabilire fosse un personaggio piuttosto pittoresco. Era piuttosto alto, anche per gli standard degli uomini del nord. La sua pelle era coriacea e squamata come quella di un rettile, di un bianco perlaceo, con sfumature grigiastre. Gli occhi erano gialli e con la pupilla verticale.
Tutto di lui urlava: Rettile! Nonostante avesse la corporatura di un uomo ed anche cinque dita per mano.
“Audace!” si era lasciata incantare Izzy, ammiccando probabilmente alla camicia lasciata aperta sul busto, che esibiva una serie di palme in campo azzurro.
“Bo, ho l’onore di presentarti il Console Alexander Lightwood e sua sorella Isabelle Lightwood” aveva dichiarato immediatamente Willem, presentendoli per bene. Aveva usato un inglese fluente, forse per avvertire Bo su quale lingua usare.
Bo aveva sorriso, scoprendo una serie di denti aguzzi, un po’ inquietanti, ma tutto sommato nel complesso risultava un po’ buffo. Lo stregone aveva cominciato a dire qualcosa che sembrava l’inizio di un ‘Sono onorato di …’ ma era stato sopraffatto da Magriet e la sua voce imperiosa.
“Sai di essere in ritardo?” aveva domandato schietta quella.
“Maggie, non ci sono i manifesti, ma al momento la comunità degli Stregoni sta passando quello che si chiamerebbe un brutto quarto d’ora” aveva risposto sagace quello.
“Per la questione di Antonius Vir?” aveva indagato Alec, senza molta sottigliezza, probabilmente lo stesso stregone si era fatto la sua idea dall’improvviso desiderio del Famoso Magnus Bane, marito del Console dei Nephilim, e del suo altrettanto noto amico Ragnor Fell, volevano incontrare la somma stregona di Leiden – a quanto pare molto indaffarata.
“Sì, sua altezza” aveva risposto immediatamente Bo.
Alec si era lasciato scivolare quel titolo addosso, “Alec, va bene” aveva aggiunto poi; “Non conosco Antonius, ci ho parlato, credo, una volta” aveva raccontato Bo, cercando di liquidare la faccenda, “Però tu cosa stavi facendo?” aveva chiesto Isolde sfacciata, battendo le ciglia scure.
“Io non ti faccio tutte queste domande quando vai alla Coorte Unseelie” aveva risposto Bo, senza alcuna incertezza. “Ma perché io sono stata l’ultima improbabile Dama di Palazzo della Venticinquesima Principessa[2]” aveva sminuito la questione Isolde.
“Ed io ho sempre ignorato piacevolmente il Consiglio a Spirale” aveva ribattuto Bo, prima di rivolgersi verso Alec ed Izzy.
“Come dicevo per me è un onore incontrarvi … Alec ” aveva dichiarato poi con una certa eleganza, portando una mano sul petto e chinando il capo con eleganza e rispetto.
Isabelle aveva rivolto uno sguardo divertito verso di lui, consapevole di quanto tutto quel formalismo rendeva parecchio rigido Alec.
“Anche per noi lo è” aveva squittito Izzy squillante, pareva incredibilmente divertita dalla situazione. Alec le aveva lanciato uno sguardo leggermente indispettito, “Credo dobbiamo, adesso, arrivare all’Aia ed occuparci dei Pangborn – non permetterò che il morbo che sono questi cacciatori rovinino gli Shadowhunters” aveva dichiarato ferreo.
Credeva in ogni parola.
“Perfetto, mi mancavano queste cose” aveva canticchiato Isabelle, smorzando la tensione che si era venuta a creare dopo l’intervento di Alec.
Willem aveva annuito, dicendo qualcosa al suo stregone di fiducia in quello che doveva essere olandese.
“Bene, aprirò il portale, conosco un posticino dove apparire che non dovrebbe destare troppo sospetto – sapete, l’Aia tende ad essere sempre brulicante di gente … e non possiamo apparire all’Istituto, immagino” aveva rivelato poi Bo, facendo schioccare le dita, piccole scintille di fuoco verde ne erano fuori uscite, poi senza la minima esitazione aveva imposto le mani e dopo un forte brivido di vento, nell’aria si era aperto un vortice verde ribollente e ventoso, che si era poi rischiarato, fino a che non era diventata una finestra su un bugigattolo, nascosto dietro un’ovale perfetto, il cui bordo scintillava di verde brillante.

“Una domanda veloce” aveva detto poi Alec, attirando l’attenzione di Bo, “Come era parsa la Somma Stregona di Leiden all’idea di incontrare Magnus?” aveva domandato Alec, cercando di mantenere l’espressione più granitica che potesse esibire.
Quello aveva cruciato le labbra, o almeno il taglio sul viso squamato, che somigliava ad una bocca, “Oh, sembrava entusiasta di rivedere il Grande Magnus Bane – a proposito, dispiace a me di averlo mancato – meno per Ragnor Fell, ha sciorinato una serie di epiteti molto poco carini in greco antico” aveva raccontato.
Alec aveva annuito, rincuorato, prima di ascoltare bene le parole dello stregone: “Rivedere?” aveva chiesto.
Magnus non conosceva Justine Vale o così aveva detto ad Alec.
“Basta chiacchiere, ci penserai più avanti” lo aveva richiamato Izzy, “Magnus se la sa cavare e a noi spetta un assedio” aveva dichiarato.



[1] Qualcuno dovrà pur farlo

[2] In questo momento si sta rivolgendo ad un’ipotetica sorella di Kieran (che ai tempi in cui governava il padre di quest’ultimo non aveva un gran ruolo, ovvero quello di venticinquesima figlia femmina – ma non venticinquesima figlia, per intendere). Invece il ruolo di Dama di Palazzo era quello più basso tra le dame di compagnia (in importanza decrescente: Sovrintendente della casa, Dama d’Onore e Dama di Gala) secondo la corte francese.

   
 
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