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Autore: Lodd Fantasy Factory    13/03/2021    1 recensioni
Non ho tempo per le introduzioni. Devo raccontare questa storia, e voglio farlo il prima possibile. Prima che qualcosa mi possa fermare... prima che loro... sono dietro ogni angolo. Sono nella mia casa... cancelleranno tutto. Persino me...
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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13 Marzo 2021,

 

 

Indietro non si può tornare. Quel che è fatto, è marchiato a fuoco nella storia. Quanto dolore può ospitare un cuore, prima di cedere del tutto allo sconforto, alla pazzia, all’oblio?

Ho trovato rifugio in una singolare abazia.

Ho creduto la fede potesse aiutarmi nella mia ricerca della salvezza. Ma non è un’atmosfera sacra, quella che si respira chiusi tra queste mura. I sacerdoti si occupano perlopiù di sopravvivere, dedicando le loro vite alla trascrizione di vecchi volumi. È un passato che rimane ancorato a sé stesso, ciò che vedo. Non esiste futuro nelle loro vite. Si comportano come fanciulli, costretti dal padre eterno a fare i compiti sino al rattrappirsi delle dita, sino all’ultimo respiro increspato da una preghiera.

Nel cercare la salvezza, mi sono chiuso nella mia agonia: i ricordi di mia moglie, dei miei figli, o anche solo dei conoscenti che hanno rappresentato tutta la mia vita… sono spettri intrappolati nella mia mente. Non posso più raggiungerli… non esistono più. Quale dolore mi infliggono!

Non si conosce una cura a questo male; né la preghiera né il suicidio possono liberarmi dal fardello che porto con me: la prima è inutile, la seconda mi affiderebbe alla volontà dell’Uomo Ombra. Se avessi voluto questo destino, lo avrei accettato su quella nave.

Quali alternative mi restano?

Rimanere chiuso fra queste mura che puzzano di bollito di pecora e peccato maschile? Dove altro potrei andare, ora che ho investito tutto il mio denaro in questo luogo? Errare come un folle, come un reietto, sinché non sarà la vita ad abbandonare il mio corpo, e con esso anche il mio segreto? Trovo sarebbe una scelta da egoisti.

Il mondo deve sapere!

Qualora dovessi svanire tra queste mura, il mio verbo morirà come la giovinezza di questi sacerdoti: annegherà nel proprio ricordo, sino a sbiadire dalle pagine della storia.

La figura di Padre Alberto, colui che dirige il luogo, considerato uno fra i Maestri Esorcisti della Chiesa, mi aveva convinto a rimanere sotto la sua ala protettrice.

Ma ho maturato un nuovo pensiero negli ultimi giorni: solo i mostri hanno le ali!

Per quanto uomo colto e dotato di squisita loquacità, non è altro che un fantoccio, un fenomeno da baraccone. Si imbelletta con l’acqua benedetta, indossando le tonache consacrate dal Papa; poteste vedere come brillano di avidità i suoi occhi, ogni volta che porge verso i cieli la sua Bibbia placata in oro, nell’ora della preghiera. L’esistenza di questo culto è un paradosso della dottrina professata. I suoi esorcismi non sono altro che torture infarcite di latinismi, i quali, a volere essere sinceri, sono anche abbastanza confusionari: trattandosi di formule sacre, direi più che egli sia sempre più vicino ad evocare un diavolo piuttosto che invocare la benedizione di Dio.

Padre Alberto sostiene che dentro me alberghi il male antico.

Una legione.

Sono sempre stato un uomo di scienza. Credo poco alle sue pratiche.

Ho così maturato la decisione di raggirarlo, per mettere alla prova le sue capacità. Cadrà nel mio tranello?

Oggi andrò al suo cospetto, come ogni altro giorno da quando sono entrato in abazia. Fingerò la possessione, così potrò finalmente smascherare questo prete invaghito della ricchezza. Quanti sono morti sotto le sue torture? E dire che la gente, così come ho avuto modo di credervi io, è convinta il suo operato tenga alto lo stendardo della fede.

L’umanità è una razza sciocca. (Questa frase mi ha fatto venire i brividi.)

Gli esorcismi riusciti – ho dolore di confessarvi, Signor Lloyd – perlopiù tendono anche a privare il posseduto della sua stessa vita. Ma chi preferirebbe un’eternità di ombra, quando è la radiosa mano di Dio a richiamarci a dimorare nel suo Regno dei Cieli? Lì, ove la luce è eterna promessa di salvezza, ci sarà concesso di riabbracciare i nostri cari. I pochi che vi sopravvivono, invece, scelgono spesso il silenzio e la confessione per il resto delle loro esistenze terrene; si uniscono alle schiere dei braccianti di Dio. Alcuni, i più toccati intimamente dal male, assurgono a rivestire rare estensioni della volontà divina: Esorcisti. Quale che sia il vostro futuro, Philipp, vi sarà la salvezza. Ma avremo da scoprirlo solo se vi libererete dei vostri beni terreni, entrando in abazia.’

Era stato un bel discorso, senza alcun dubbio.

Mi aveva convinto.

Ma nei mesi che ho trascorso qui dentro, mi sento sempre più indebolito, più fiacco. Ho potuto tenere solo questo diario. Cosa succede all’esterno? Cosa accade nel mondo è per me un mistero.

Lontano dai dadi di Zhùt, gli incubi si sono fatti più intensi, vividi.

È tempo che smascheri questo apostata!”

 

Philipp Lloyd si è confinato in quell’abazia nel disperato tentativo di ottenere aiuto.

Le torture di cui parla, a distanza di quasi un secolo, sono state effettivamente smascherate da molte indagini. Gli Esorcisti… tutti voi ricorderete di certo un film in particolare. Io ho sempre avuto difficoltà a credere a certe cose, finché non ho avuto la possibilità – sarebbe più accurato dire sfortuna – di toccare con mano il paranormale, sovrannaturale o come lo si voglia effettivamente definire. Tutto ciò che non posso spiegarmi della mia storia, insomma.

Ciò che è accaduto al vero Philipp, però, è andato ben oltre ogni mia immaginazione. Per una volta, la sua scrittura si presenta frettolosa, tremolante, con degli errori di battitura e parole troncate a metà. Non me la sento di trascriverne il seguito.

È grottesco.

Il fatto stesso di raccontarlo, potrebbe far apparire la mia storia come una vicenda costruita di proposito per spaventarne i lettori. Ho bisogno di metabolizzarla, prima di trovare il coraggio di condividerla con voi. Ma posso assicurarvi che si respira tutta la sua frustrazione, il suo sentirsi prigioniero di quel luogo. Quella sensazione, non credete sia molto simile alla stessa che permeava le mie parole nelle prime pagine di questo diario?

La casa era la mia abazia. Devo forse attendermi l’arrivo di un Esorcista?

 

 

Ieri sono scappato di nuovo, tormentato da quei simboli sui Dadi.

Vorrei mostrarveli, come vi ho promesso, ma una strana sensazione di pericolo m’invita a non farlo. Ogni volta che ho provato a fotografarli, così come li ho trovati, il mio telefono prende ad impazzire: cominciano ad aprirsi tutte le App, mandando in surriscaldamento il dispositivo, sino a farlo spegnere. Per ora dovrete basarvi sulle mie sole descrizioni.

Non sono stato in giro tutta la notte, come le altre volte.

Troppe ambulanze.

Troppi suoni.

Sono rientrato e mi sono costretto a dormire, Avorio sempre al mio fianco.

Mi sono ritrovato in quel sentiero sotto il ponte. Era tutto così assurdamente reale. Per essere certo di trovarmi all’interno di un sogno, ho provato a tornare indietro all’ingresso della galleria, e avrei potuto continuare, se solo avessi voluto.

Ero come sospeso in una realtà parallela.

Potevo sentire odori, percepire al tatto l’erba, la terra bagnata. Sentivo il sapore amarognolo della birra sulla mia lingua. Non era un ricordo, perché ho chiamato il nome di Avorio, quando i miei occhi si sono posati su quella luna famelica, livida di malvagità.

Ma ho sottovaluto un aspetto di quella nuova dimensione.

L’ombra era ormai svanita nei meandri al di sotto del ponte, ma non avevo bisogno di seguirla per sapere dove fosse diretta. Ricordavo tutto. Provate solo a trovarvi in quella mia stessa posizione: all’interno di una specie di sogno, consapevoli di esserlo, ed intenti a far appello alla memoria per ricordare dove andare. Possiamo ancora parlare di sogno?

Oppure ho avuto una specie di esperienza simile a quella che viene definita: Proiezione Astrale?

Sotto il ponte ci sono molte grotte, per ognuna di esse esistono decine di storie. I racconti che ricordo con più lucidità, sono quelli che hanno a che fare con un distinto rintocco di tamburi nell’oscurità, tetre litanie in lingue sconosciute e presenze terrificanti. Proprio come quel giorno, mi sono così deciso a tornare all’ingresso della prima grotta, la più piccola tra tutte.

Un dettaglio in tutta la visione era diversa: non avevo la stessa sensibilità all’oscurità, riuscendo a distinguere i colori, i contorni. Quante volte devo aver rischiaro di perforarmi una mano o una gamba con le pareti acuminate!

Una lunga rampa di scale, inoltrandosi nella terra umida, conduceva ad un intrico più complesso di corridoi e stanze che, anche seppur spogli di qualsivoglia arredamento, possono ricordare strutture costruite dall’uomo. Ma la roccia non era stata lavorata con mezzi a me conosciuti, non che sia un esperto architetto oppure uno storico per poterlo dire con certezza. Era tutto grezzo, così naturale ma al contempo artificiale. È una specie di paradosso, lo so.

Vi starete chiedendo come ho fatto, nel mio ricordo, a seguire un’ombra nell’oscurità di quelle gallerie?

L’olfatto non avrebbe potuto aiutarmi, perché l’intero luogo aveva quello stesso odore; tanto meno avrei potuto basarmi su l’eco degli zoccoli, che scuotevano l’intera caverna. È questo il suono che i passanti scambiano per il rullo di tamburi?

Ma non siete pronti a sentire la mia verità. Di questo ne sono certo.

La parete era viva!

Una ragnatela di vene pulsavano sotto un’epidermide rocciosa, vibrando di una tetra luce verdognola, ogni tanto tendente al viola. Come allora, mi indicavano una direzione.

Ma ciò che non avevo potuto vedere nella realtà – se posso definire questa una proiezione di quello stesso momento, e su questo ho grandi dubbi – mi si palesò grazie alla mia nuova vista.

Invece di proseguire giù per l’ennesima rampa di scale, mi sono così ritrovato a fermarmi davanti ad una figura che mi diede l’impressione di essere emersa dalla roccia, avvolta interamente in un saio scuro. I riflessi di verde e viola delle venature non misero in risalto alcun volto, nessuna parte del suo corpo era visibile.

Un mormorio confuso, quasi quello stesso gorgogliante linguaggio che avevo già avuto occasione di udire, si è poi trasformato in un italiano comprensibile, dal timbro a metà fra il maschile e il femminile, dotato di una eco surreale:

Sapevo saresti venuto da me. Ti stavo aspettando.”

 

Ho scritto abbastanza per oggi.

So che sembra lo abbia fatto di proposito a chiudere in questo modo, per invitarvi a tornare domani; sento che c’è ancora troppo da dire sulla questione, e non voglio tediarvi oltre, per oggi. Avrei altre mille pagine da riempire su questo momento che ho vissuto.

 

 

Aggiornerò… ne sento il bisogno. Ora più che mai. */

*/ Mi sento diverso. Ragiono in modo diverso. Cosa mi sta accadendo? Il mio stile di scrittura… è come se fosse un’altra persona a scrivere per me. Utilizzo termini che non mi appartengono. Non scherzavo su Philippo: ho pena di lui… forse nello stesso modo in cui voi ne provate per me. È bello sentire la vostra presenza. Non voglio essere solo… non ora.

 

 

Philipp Lloyd

 

   
 
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