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Autore: dracosapple    14/03/2021    2 recensioni
La vita nelle campagne del Kansas scorre tranquilla e monotona per tutti, anche per il giovane Dean a cui non dispiace affatto essere un semplice ragazzo di campagna, gli va bene così, non pretende nulla di diverso per sé stesso, anche se vive negandosi la libertà per non deludere la sua famiglia.
Il destino però, anche se in modo crudele, certe volte presenta l'occasione di ricominciare, perché la vita è una sola, anche quando sembra distrutta e non resta altro da fare che rimettere insieme i pezzi.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo 8: See Me, Feel Me1
 
New York, New York, febbraio 1989

 
Non era successo davvero, non poteva essere successo veramente. Si stavano baciando e probabilmente sarebbero andati anche oltre e Charlie li aveva interrotti perché non aveva le chiavi di casa.
Questo cinque giorni fa. Non avevano avuto più occasione di rimanere completamente da soli, sembrava quasi che l’universo si fosse improvvisamente svegliato e avesse deciso di non concedere più a loro due un attimo di pace. Se Adam non era a casa c’era Charlie e viceversa, in più sia Adam che Charlie avevano preso l’abitudine di portare amici e conoscenti a casa ogni sera e così Dean aveva trascinato anche Sam e Jessica un paio di volte.
Castiel non portava mai nessuno, a quanto pare non aveva molti amici e nella libreria dove lavorava i suoi colleghi non erano esattamente tipi da festini, ma non sembrava importargli, rimaneva sempre con loro a quelle specie di festini che si protraevano per ore e ore e ogni occasione era buona per avvicinarsi a Dean e sfiorarlo.
Dean non sapeva se gli altri si fossero accorti che fra loro due era cambiato qualcosa. Sam lo sapeva ovviamente, ma il ragazzo non faceva che chiedersi se Adam o Charlie sospettassero qualcosa.
Forse Charlie sì, lei aveva il suo…come l’aveva chiamato una volta? Sesto senso gay. Ma non aveva detto nulla, forse non se n’era accorta.
In tutto questo Dean non sapeva come sentirsi. Da una parte era spaventato a morte, non aveva più messo piede alla Roadhouse per paura che Ellen lo guardasse e capisse al volo, come aveva fatto la prima volta che si erano incontrati.
Anche in officina era costantemente sul chi vive per paura di lasciarsi sfuggire un atteggiamento o uno sguardo che lo tradissero. Non era più nel Kansas ed era lontano chilometri da quella realtà, ma continuava a sentirsi oppresso e schiacciato e gli incubi continuavano a perseguitarlo impedendogli di dormire.
Nessuno sapeva di lui, a parte Sammy e Cas, e questo era già abbastanza. Gli era costato uno sforzo di dimensioni bibliche confessarlo a loro due, non aveva intenzione di sbandierarlo ai quattro venti.
Sapeva che New York non era il Kansas, ma le notizie di quei ragazzi e ragazze picchiati o peggio erano ovunque. Ma non era quello a bloccarlo e neppure lo spettro dell’AIDS che aleggiava sulla sua testa così come su quella di qualunque altro ragazzo come lui. Era la verità che lo terrorizzava.
Dire a troppe persone chi e che cosa fosse realmente era un’idea che non riusciva a sopportare perché, nel disastro completo che era la sua testa, dire quello era come costruire una casa.
Adesso c’erano solo due mattoni ma se avesse continuato a dirlo prima si sarebbe costruito un muro, poi un altro, fino a costruire una stanza e poi un’altra e poi tutta la casa. E se avesse costruito la casa intera tutti avrebbero potuto vederla.
Stava pensando proprio a quello durante l’ennesimo festino improvvisato nell’appartamento di Brooklyn quando Adam, visibilmente alticcio nella sua serata libera, gli piazzò in mano un bicchiere pieno di gin tonic. L’ennesimo.
Qualcuno aveva acceso il loro scalcinato impianto stereo nel soggiorno e la musica si diffondeva a livello assordante per tutta la casa dove in quel momento si trovavano almeno quindici persone compresa Jo Harvelle la quale si avvicinò a Dean con fare speranzoso e una birra in mano.
-Sembra che Adam si stia divertendo- gli disse indicando il più giovane che stava appoggiato al frigorifero mentre parlava con una ragazza.
-Già- rispose Dean. Cominciava anche lui a sentirsi un po’ brillo e Jo era pericolosamente vicino. Troppo vicino.
Iniziò a lanciare occhiate in giro per casa finché non individuò Cas nel corridoio, liquidò Jo con un cenno della mano e raggiunse l’altro ragazzo.
-Che ci fai qui? Non vorrai perderti la festa- fece allegramente Dean porgendogli il proprio bicchiere ancora mezzo pieno.
-Mmmm non mi fanno impazzire le feste- rispose Cas con un’alzata di spalle. Stava per aggiungere qualcos’altro quando Adam li raggiunse e afferrò Dean per un braccio.
-Hey Dean perché non ci suoni qualcosa?- domandò il ragazzo biondo a voce altissima.
-Adam non penso di essere nelle condizioni migliori adesso- rispose Dean sentendo le parole un po’ biascicate.
-Eddai ti prego!- lo implorò Adam che stava tenendo un braccio attorno alle spalle della ragazza dai capelli neri con cui stava parlando poco prima.
Era veramente come un fratellino fastidioso e insistente ma Dean non poteva dirgli di no, proprio come un bravo fratello maggiore.
-Okay, ma ricordati che è il chitarrista quello che fa colpo- rispose strizzandogli un occhio e alludendo alla ragazza aggrappata al braccio di Adam, poi si voltò ed entrò nella sua stanza dirigendosi verso l’armadio dove teneva la sua chitarra.
Sentì la porta chiudersi alla sue spalle e il rumore della musica e il vociare confuso si attenuarono mentre dei passi si avvicinavano a lui. Non ebbe bisogno di girarsi per riconoscerli e non si voltò neppure quando sentì le braccia di Cas avvolgersi attorno alla sua vita per stringerlo.
Dean si irrigidì per un istante per rilassarsi immediatamente dopo.
-Scusa- disse Castiel staccandosi.
-No…va bene. È solo che non sono abituato- rispose Dean portandosi una mano dietro la nuca e guardando per terra imbarazzato.
Il tocco di Cas gli piaceva ma non poteva fare a meno di pensare a quello che era successo con suo padre ogni volta che lo sfiorava, ed era tutta colpa sua.
Lui e Cas erano in piedi l’uno di fronte all’altro, guardandosi intensamente negli occhi e per la prima volta Dean non si sentiva troppo a disagio sotto lo sguardo dell’altro, era come se Cas capisse solo guardandolo e forse non era una brutta cosa.
-Okay…mmmm…credo che dovrei prendere la chitarra ora- balbettò Dean rompendo il silenzio fra loro.
-Sì, dovresti. Ti stanno aspettando- gli rispose l’altro con tono pacato. –Cosa gli suonerai? Loro non sanno quanto sei bravo-
Dean arrossì leggermente, si era dimenticato che Cas lo sentiva spesso suonare di notte perché dormivano in camere adiacenti e nessuno dei due era esattamente uno che dormiva molto. Dean per i suoi incubi e Cas perché scriveva.
Glielo aveva detto pochi giorni fa che scriveva, poesie, racconti, tutto quello che gli passava per la testa Cas lo metteva su un foglio.
Dean avrebbe voluto leggere qualcosa ma non aveva avuto il coraggio di chiederlo a Castiel, anche se era sicuro che se avesse potuto dare una scorsa a quelle scritture sarebbe riuscito a capire qualcosa di più del suo enigmatico…coinquilino? Amico?
-Qualcosa che conoscono tutti, non posso sfoderare le mie conoscenze altrimenti rimarrebbero spiazzati- replicò Dean con un sorriso.
La porta della stanza poi si spalancò d’improvviso facendo entrare la figura di quasi due metri di Sam Winchester, appena uscito dal suo turno alla Roadhouse.
-Hey Joe Satriani2, il pubblico ti reclama!- esclamò passandosi una mano tra i capelli che diventavano ogni giorno più lunghi.
-Sì Raperonzolo, arrivo- rispose il maggiore con un sorrisetto alludendo alla chioma folta di Sam, il quale stava osservando Dean e Castiel con un sorriso ebete stampato in faccia.
Dean lo fulminò con lo sguardo poi uscì dalla stanza imbracciando la chitarra seguito dai due e notò distrattamente che Sam aveva messo un braccio attorno alle spalle di Cas.
Sembravano andare d’accordo quei due, ogni volta che si incontravano lasciavano spesso Dean e Jessica a chiacchierare di quanto loro due fossero secchioni visto che si lanciavano in lunghissime conversazioni sulla letteratura o sull’arte.
I tre fecero ritorno nel salone mentre gli altri invitati alla festa ballavano sulle note di Cindy Lauper.
-Gesù- commentò Charlie avvicinandosi a loro. –Questa canzone è orribile-
-Naaaah, tu non vuoi solo divertirti?3- fece Dean ridendo e alludendo a Dorothy, l’ultima fiamma di Charlie, che si stava scatenando a ritmo della canzone. –E comunque adesso ci penso io-
-Un attimo di attenzioneeeee- gridò Adam, completamente andato.
Una ragazza si avvicinò allo stereo per spengerlo e tutti si voltarono verso Dean, il quale iniziò a sentirsi terribilmente in imbarazzo. Era di nuovo al centro dell’attenzione e non gli piaceva per niente.
-Non devi farlo se non vuoi- gli sussurrò con dolcezza Cas all’orecchio, ma prima che potesse rispondere qualcuno gli piazzò in mano un altro bicchiere, stavolta pieno di qualcosa che era probabilmente Jack Daniel’s.
-Posso farcela- rispose Dean buttando giù il whisky con un sorso solo sotto gli occhi sbalorditi di Sam.
Si sedette sul divano mentre gli altri invitati si radunavano attorno a lui, come se fossero a un falò sulla spiaggia.
Cas e Sam si sedettero sul divano mentre Adam iniziò a lanciare a Dean delle occhiate molto eloquenti, con la ragazza di prima totalmente abbandonata a lui.
-Bene- iniziò Dean con la testa più leggera per via dell’alcool. –Questa non è esattamente una canzone d’amore, ma mi auguro che la conosciate tutti, altrimenti potete anche prendere la porta e andarvene-
Qualche risatina femminile si sparse per la sala. Jo si alzò e si fece spazio per posizionarsi più vicino a Dean.
-E poi- aggiunse Dean –è ottima per fare sesso, funziona sempre- continuò strizzando l’occhio ad Adam.
Contrasse le dita e poi iniziò a suonare. Non appena pizzicò le corde per comporre l’arpeggio iniziale tutti quanti sorrisero pronti a cantare.
 
“There’s a lady who’s sure all the glitter is gold
And she’s buying a stairway to Heaven
When she gets there she knows
If the stores are all closed
With a word she can get what she came for.
Ooh, ooh, and she's buying a stairway to Heaven”4
 
Le voci degli altri gli arrivavano attutite, persino quella di Sam che era accanto a lui. L’unica voce che gli arrivava dritta all’orecchio era quella di Cas, roca e un po’ stonata.
Continuò a suonare e a cantare a bassa voce, le sue dita si muovevano sinuose sulle corde mentre le parole gli uscivano dolcemente dalla bocca.
 
 
“Ooh, it makes me wonder,
Ooh, it makes me wonder.
There's a feeling I get
When I look to the west,
And my spirit is crying for leaving.
In my thoughts I have seen
Rings of smoke through the trees,
And the voices of those who stand looking”
 
Si voltò a guardare Castiel mentre le sue dita continuavano a suonare, non aveva bisogno di guardare quello che stava facendo, conosceva ogni nota, ogni accordo e ogni parola, gli vibravano dentro da sempre e in quel momento mentre guardava di nuovo Cas dritto negli occhi gli sembrò che il mondo si fermasse.
C’erano solo loro due seduti su quel divano e la canzone di sottofondo, era come essere trasportati in un’altra dimensione, avrebbe voluto baciare Cas in quel momento, lasciare la chitarra a terra e gettarsi tra le braccia di Castiel senza alcun ritegno.
-Okay la festa è finita! Sgomberare!- gridò improvvisamente Sam spezzando l’incantesimo. –Hanno telefonato quelli del piano di sotto, hanno detto che sono stati fin troppo pazienti ma se non la smettiamo subito chiameranno la polizia- spiegò sbrigativamente Sam invitando le persone ad uscire indicandogli la porta.
Alcuni ragazzi si alzarono sbuffando trascinandosi stancamente verso l’uscita dell’appartamento.
-Tornate presto- disse Charlie sarcastica mentre prendeva Dorothy per mano e spariva nella sua stanza.
Adam cercò invano di trattenere la ragazza coi capelli neri che prima era così disponibile con lui ma che adesso stava seguendo le sue amiche fuori dalla porta. –Dai Tessa! Rimani qui a dormire-
La ragazza gli rispose ridendo e dandogli un bacio sulla guancia. –Buonanotte Adam- e poi uscì dall’appartamento insieme ad un gruppetto di ragazze in età da college.
-È fuori dalla tua portata- disse Dean mettendo un braccio attorno alle spalle del più giovane. –Punta più in basso, dai retta a me- aggiunse con aria esperta.
Adam lo guardò con aria interrogativa per qualche istante prima di scuotere la testa e andarsene non prima di aver lanciato a Dean un’occhiata furtiva seguita da un sorriso.
Nel salotto c’era la confusione più totale, bicchieri di plastica sparsi ovunque, piatti con rimasugli di cibo, bottiglie vuote e Sam un po’ ubriaco che cercava di rimettere tutto a posto in un sacco nero aiutato da Castiel.
Dean si avvicinò ai due, stando attento a non calpestare il cibo a terra e soprattutto gli alcolici che si erano rovesciati.
-Credo che rimarrò qui a dormire- annunciò Sam biascicando un po’ le parole.
-Sì, credo anche io che sia meglio così- rispose Dean infilando un paio di bicchieri nel sacco della spazzatura.
Ripulirono in silenzio alla bell’e meglio asciugando gli alcolici rovesciati e cercando di togliere quanti più piatti e bicchieri possibile, finché Cas non si accorse che erano le quattro del mattino e fra poche ore si sarebbe dovuto svegliare per il suo turno alla libreria.
-Non è vero che hanno chiamato quelli del piano di sotto- disse Sam buttandosi sul divano dopo che Dean gli ebbe lanciato una coperta.
-E allora perché hai mandato via tutti?- domandò il maggiore.
-Ero stanco e poi…-
-E poi cosa?-
-Dean se non vi avessi fermati tu e Cas avreste fatto sesso sul divano davanti a tutti. Vi stavate guardando in un modo…per fortuna erano tutti ubriachi- fece Sam sghignazzando.
Dean si massaggiò la base del naso con un sospiro.
-Scommetto che adesso farete sesso- bisbigliò il più piccolo. Era decisamente ubriaco.
-Noi non…non facciamo sesso- farfugliò Dean improvvisamente a disagio. Sì, Cas gli piaceva ma l’idea di fare sesso con un altro uomo dopo quello che gli era capitato…no era ancora troppo difficile elaborare.
-Sì e io sono una principessa- rispose Sam.
-Beh lo sei, Raperonzolo- lo prese in giro Dean.
-Fottiti- rispose il minore rigirandosi sul divano cercando di trovare una posizione, cosa alquanto difficile data la sua imponente stazza.
Dean scosse la testa con un sorriso e poi se ne andò, attraversando il corridoio per dirigersi verso la sua stanza. Si sentiva veramente a pezzi, la stanchezza iniziava a farsi sentire e l’alcool aveva smesso di circolargli nel sangue da un po’, aprì la porta della camera e si gettò malamente sul letto sentendo il materasso cigolare ed abbassarsi sotto il suo peso.
Non aveva nemmeno intenzione di spogliarsi da quanto era stanco, sperava di essere troppo stanco persino per sognare, non aveva bisogno di rivedere quella scena ancora e ancora.
Chiuse gli occhi e scivolò nel sonno.
Si svegliò di soprassalto col sudore che gli appiccicava la maglietta al corpo e le lenzuola completamente aggrovigliate attorno alle gambe, il battito accelerato e il respiro affannoso.
Era successo di nuovo. Non riusciva più a dormire senza che la sua mente producesse di nuovo il ricordo di quella sera, lo riviveva così vivido che gli sembrava quasi reale e gli impediva di dormire in modo sereno.
La sveglia sul comodino segnava le sei del mattino. Fantastico aveva dormito ben due ore, che era più o meno la sua media quotidiana di sonno da quando era arrivato a New York.
Ieri sera aveva bevuto troppo poco per riuscire a collassare senza avere sogni che lo perseguitassero.
Si strofinò gli occhi con il palmo delle mani e decise di alzarsi, non avrebbe sicuramente ripreso a dormire, era impossibile. Fuori dalla finestra il cielo plumbeo prometteva una giornata di pioggia e lasciava filtrare la luce bianca dalle tende.
Si alzò alzando le braccia per stirarsi la schiena e si rese conto che il collo gli faceva malissimo per aver dormito in quella posizione terribile.
“Gesù, ho ventisei anni e me ne sento duecento” pensò mentre si infilava una felpa per contrastare il gelo maledetto che avvolgeva l’appartamento di Brooklyn di prima mattina.
Uscì dalla sua stanza e, dopo aver attraversato il corridoio, lanciò un’occhiata in salotto dove sul divano vide Sam, placidamente addormentato in una posizione che sicuramente gli avrebbe procurato un tremendo torcicollo ma non lo svegliò, almeno il suo fratellino riusciva a dormire.
Entrò in cucina dove fu accolto da un forte odore di caffè e vide Castiel, di spalle, che si stava preparando la colazione.
-Ehi- lo salutò Dean con voce roca.
-Ciao Dean- rispose l’altro girandosi. –Come mai in piedi così presto?-
-Non riuscivo più a dormire, sai cosa succede quando dormo- rispose Dean piano.
Cas si avvicinò a Dean guardandolo come faceva sempre, con quegli occhi blu che sembravano aver visto il mondo intero e non sembravano affatto appartenere a un ragazzo così giovane.
-E tu perché sei già sveglio?- domandò Dean mordendosi un labbro. Erano di nuovo da soli e lui moriva dalla voglia di baciare Cas, ma si sentiva di nuovo come paralizzato. Era quella la sensazione che si prova quando si è attratti da qualcuno?
Dean non ne aveva la più pallida idea, non gli era mai successo prima ed era una sensazione nuova.
-Non avevo sonno- rispose semplicemente Castiel alzando le spalle. –Non sono uno che dorme molto-
Dean sbadigliò in risposta pensando che invece lui avrebbe voluto dormire parecchio ed evitare di avere un perenne cerchio alla testa dato dalla stanchezza.
-E poi penso ci siano modi più saggi di occupare la notte- aggiunse Cas guardandolo.
Dean sussultò impercettibilmente. Cas stava…flirtando?
Il composto, pacato Cas stava flirtando con lui alle sei del mattino?
-Effettivamente ci sono cose più produttive del dormire- fece Dean di rimando. Ecco, l’aveva fatto. Si morse immediatamente la lingua, ma come gli veniva in mente che non riusciva nemmeno ad avvicinarsi spontaneamente a un altro ragazzo senza che quella spiacevole sensazione gli attanagliasse le viscere.
Cas appoggiò la tazza di caffè sul tavolo e si avvicinò di più a Dean, proprio come qualche sera fa e come ieri sera mentre Dean suonava. Sapeva che quel momento aveva significato qualcosa, non sapeva esattamente cosa però.
-Non devi andare a lavorare?- chiese deglutendo.
-Inizio alle dieci- rispose Cas facendo un altro passo in avanti e alzando i suoi incredibili occhi blu verso il viso di Dean.
Dean sfiorò istintivamente le labbra dell’altro con le sue e Cas gli gettò le braccia al collo attirandolo più vicino e alzandosi leggermente sulle punte dei piedi per colmare la differenza di altezza che li separava.
Dean gli mise le braccia intorno alla vita per sentirlo più vicino, di nuovo il calore dei loro corpi stretti assieme, di nuovo vicini, in quella cucina deserta alle prime luci del mattino mentre il silenzio li avvolgeva e una debole luce filtrava dalle finestre.
Cas lo prese per mano e Dean si lasciò docilmente guidare verso la camera da letto, la testa leggera e il cuore a mille che gli batteva contro lo sterno e gli rimbombava nelle orecchie.
Ripresero a baciarsi ma stavolta c’era di più, una sorta di urgenza che li teneva insieme, stretti l’uno all’altro come se avessero paura di perdersi, finirono sul letto sfatto di Castiel in un groviglio di braccia, gambe e coperte.
Dean era sdraiato sulla schiena e sentiva su di sé il calore del corpo di Cas che quasi lo bruciava, la sua lingua calda nella bocca.
Il bacino di Cas sfiorò il suo e Dean sentì il basso ventre andargli totalmente in fiamme e i suoi fianchi scattarono istintivamente in avanti per cercare più contatto.
Dio, era bellissimo. Affondò le mani nei capelli spettinati di Cas e un gemito gli sfuggì dalle labbra non appena Cas gli fece scivolare la mano lungo il petto e la portò in mezzo alle gambe.
Gemette di nuovo quando la mano di Cas iniziò a muoversi sempre più rapidamente poi però sobbalzò mentre l’ansia risaliva dal basso ventre fino al petto. Prese la mano di Castiel e la scostò.
-Cas…- ansimò. –Cas fermati io…non ce la faccio-
L’altro si tirò su a sedere e guardò Dean con una strana espressione sul viso. –Che succede Dean?-
Dean non sapeva come spiegarsi. Come poteva dirgli quanto desiderasse tutto ciò ma non appena Cas l’aveva toccato aveva sentito di nuovo in bocca il sapore metallico del suo stesso sangue e si era visto di nuovo per terra pieno di lividi.
-Io non…non ce la faccio adesso. Mio padre…-balbettò gesticolando con le mani.
-Ehi, ehi, calmati- fece Cas appoggiandogli una mano sulla spalla e stringendo delicatamente. –Tuo padre non è qui Dean-
-Lo so- rispose lui –ma ogni volta continuo a vederlo. È…orribile-
Cas sospirò e poi si sedette accanto a Dean cingendogli le spalle con un braccio. Dean posò la testa sulla sua spalla.
-Scusami- mormorò.
-Non ti devi scusare di nulla, non è colpa tua-
Dean si strinse di più a Castiel.
-Non c’è nessuna fretta Dean. Possiamo prenderla con calma- disse con dolcezza.
-Okay- rispose Dean chiudendo gli occhi. Per il momento si disse che andava bene così, non sapeva bene cosa si stesse costruendo fra lui e Cas e non aveva intenzione di starci troppo a pensare, Cas sembrava essere così buono e paziente…
-Dovresti provare a dormire di nuovo- suggerì Cas –io andrò al lavoro e ci vedremo per pranzo okay?-
Dean annuì e poi si lasciò andare, sdraiandosi sul letto di Cas e stiracchiandosi cercando di trovare una posizione.
-Sei adorabile- commentò Castiel guardandolo.
-Mmmmf- bofonchiò Dean con la faccia parzialmente seppellita nel cuscino. Si sentiva le palpebre pesanti adesso, forse Cas aveva ragione, doveva provare a dormire.
-Ci vediamo dopo- disse Castiel prima che Dean chiudesse gli occhi e cadesse completamente tra le braccia di Morfeo.
Si svegliò per colpa di un tuono che fece tremare i vetri delle finestre e che spezzò il suo ennesimo incubo. Si tirò su a sedere e controllò l’ora sull’orologio. Era quasi mezzogiorno.
Da fuori la camera di Cas gli arrivava la voce attutita di Sam che stava discutendo animatamente con i suoi altri due coinquilini. Scivolò fuori dalle coperte e si rese conto di essere nella stanza di Cas.
Cas. Un sorriso spuntò sul suo viso nonostante la giornata uggiosa che si prospettava fuori dalla finestra.
Con uno sbadiglio si alzò e tornò in cucina dove trovò Sam, Adam e Charlie attorno ai fornelli.
-Ma come fai anche lontanamente a compararli!- stava dicendo Sam mentre gesticolava animatamente con le mani. –Non puoi mettere a confronto Luke Skywalker5 e il Capitano Kirk6-  continuò rivolgendosi a Charlie.
-Potete smetterla di fare i nerd e aiutarmi!- sbottò Adam.
-Buongiorno- li salutò Dean prendendo una sedia facendola strusciare rumorosamente contro il pavimento già rovinato.
-Ah ciao Dean. Cas mi ha detto di darti questo- disse Sam porgendogli un foglietto. Sopra, nella grafia elegante e precisa di Castiel, c’era scritto un indirizzo, probabilmente quello della libreria dove lavorava.
Dean prese il foglietto e lo ripiegò, poi fece per alzarsi e andarsi a cambiare per uscire quando Charlie lo fermò mettendogli una mano sul braccio.
-Tu e Cas sembrate andare molto d’accordo- disse la ragazza con un sorriso sincero.
-Sì lui è…è okay- rispose Dean impacciato.
-Beh se non altro adesso sappiamo almeno che è vivo- fece Adam mescolando qualcosa in una pentola sui fornelli che iniziava a emanare un preoccupante odore di bruciato. –Prima era un miracolo se ci rivolgeva la parola-
-Magari Dean gli piace di più- insinuò Sam con un sorrisino. Dean lo fulminò con lo sguardo e poi uscì dalla cucina seguito di passi pesanti del fratello minore.
-Loro non lo sanno- sibilò Dean chiudendosi la porta della stanza alle spalle.
-Sì come no- replicò Sam.
-No- disse Dean con una nota di durezza nella voce. –E vorrei che continuassero a non saperlo per ora-
-E perché?-
-Perché sono fatti miei- tagliò corto il maggiore ficcando la testa nell’armadio alla ricerca di una maglietta.
-Sì ma avete un appuntamento- continuò Sam.
-Non è un appuntamento e giuro che se non la smetti ti spacco il naso- rispose Dean riemergendo dal guardaroba con in mano una maglietta nera e una spessa camicia verde militare.
-Come vuoi tu-
Sam alzò le mani in segno di resa guardando di sottecchi il fratello.
-Prima o poi dovrai dirglielo Dean-
-Lo so- sospirò il più grande. –Ma ho troppi pensieri per la testa per poter badare anche a questo-
-Papà?-
Il corpo di Dean si irrigidì istintivamente. –Sam…-iniziò.
-Scusa. In ogni caso, credo che a Cas tu piaccia più di quanto voglia far vedere-
Dean sorrise e poi aspettò che Sam uscisse prima di vestirsi.
 
Pioveva davvero forte quando si mise al volante, i tergicristalli grattavano contro il vetro dell’Impala e la pioggia tamburellava costante sul tetto dell’automobile mentre dalla radio accesa proveniva un pezzo degli Aerosmith.
La libreria dove lavorava Cas era in fondo a una piccola strada in centro. Era un edificio di piccole dimensioni ma il suo colore rosso acceso contrastava col grigiore del cielo di febbraio.
Parcheggiò l’auto e si guardò intorno. Era in un quartiere che non si sarebbe mai aspettato di vedere a New York, non c’erano grattacieli ma piccoli edifici colorati e strade strette.
Gli piaceva, era diverso dalla New York che aveva visto lui, tutta cemento e grattacieli d’acciaio, quel posto era più simile a ciò che era abituato, a una sorta di piccolo paese in campagna.
Si portò la giacca di pelle sopra la testa per ripararsi dalla pioggia ed entrò nella libreria.
Era un locale davvero minuscolo, stracolmo di libri che sembravano per la maggior parte molto vecchi e un po’ sciupati, c’era odore di chiuso e i suoi passi rimbombarono quando s’incamminò verso il bancone di legno.
-Ciao Dean-
La voce di Cas lo fece voltare di scatto. –Ciao Cas- rispose un po’ impacciato.
-Se aspetti dieci minuti finisco il turno anche se…-
Fece un gesto con la mano indicando il locale vuoto. –Non viene quasi mai nessuno qui, i testi antichi non attirano granché. I nostri clienti sono per lo più studenti o collezionisti- spiegò Castiel passandosi una mano tra i capelli neri.
-Dove vuoi andare a pranzo- domandò Dean.
-Dove vuoi- rispose l’altro alzando le spalle e accennando un sorriso, poi si avvicinò e gli lasciò un bacio fugace sulle labbra. –Ci sono dei vantaggi a non avere clienti, oltre a riuscire a studiare-
Dean gli rivolse il suo sorriso un po’ sghembo e poi aspettò che Cas prendesse il suo malandato trench beige dall’attaccapanni vicino alla porta.
Il ragazzo chiuse a chiave la libreria e lasciò le chiavi sotto il vaso accanto all’entrata dove un’agonizzante pianta stava per esalare i suoi ultimi respiri.
I due salirono nell’Impala di Dean. –Okay, ho un’idea- disse il biondo accendendo il motore.
Guidò in silenzio mentre ascoltava Cas raccontargli della sua giornata e del suo capo, il signor Beckett, che ormai era talmente vecchio da non mettere nemmeno più piede in libreria e aveva accennato di volergliela lasciare.
-E tu la prenderai?- domandò Dean.
-Nah io vorrei fare lo scrittore, oppure l’insegnante. Non è che con una laurea in letteratura possa fare molto- rispose Castiel guardando le gocce di pioggia che si infrangevano contro il vetro del finestrino.
-I tuoi genitori dovrebbero essere orgogliosi di te- disse improvvisamente Dean.
Castiel lo guardò con aria interrogativa.
-Beh sei qui a New York da solo, hai trovato un lavoro e hai una borsa di studio all’università. Io non ne so molto ma so che la danno a quelli intelligenti perché anche Sam la ha. Solo perché non sei diventato un medico i tuoi genitori non dovrebbero disprezzarti-
-Non mi disprezzano. È solo che avrebbero preferito altro per me e me lo rimarcavano continuamente, è per quello che me ne sono andato. Ero stanco di sentire le loro lamentele ogni giorno della mia vita, e poi almeno ho visto un po’ di posti- fece Castiel con una scrollata di spalle.
Dean lo guardò affascinato, lui non aveva visto molto del mondo, anzi, non aveva visto niente. Era sempre stato a Lawrence, Kansas, e gli era sempre andato bene così.
-Dove sei stato?- chiese con curiosità.
-Io sono di Miami- iniziò Cas –quindi avevo bisogno di un luogo simile inizialmente, così sono andato a Los Angeles da mio fratello Gabriel-
-Tuo fratello sta a Los Angeles?-
-Sì lui lavora nel cinema e anche lui come me se n’è andato di casa. La famiglia Novak tiene alle tradizioni e né io né Gabriel le abbiamo rispettate-
“Beh” pensò Dean “nemmeno io le ho rispettate…”
-Sono stato un paio di mesi a Los Angeles poi mi sono spostato a Sacramento, sono andato a Seattle, poi a Portland, Baltimora e poi sono finito qui. Ho fatto veramente di tutto per mantenermi- gli raccontò.
-Wow, io mi chiamo come lui ma tu sei proprio come Dean Moriarty!7- esclamò Dean.
Castiel lo guardò stupito.
-Che c’è? Ogni tanto leggo anche io. Non sempre, ma qualche volta lo faccio- rise Dean voltandosi a guardare Castiel per qualche secondo.
-Beh allora un giorno potremmo fare come loro. Tu sarai Dean, per ovvie ragioni, e io Sal8. Gireremo l’America sulla tua Impala e vivremo alla giornata- disse Castiel.
Stava sorridendo davvero adesso, un sorriso aperto e sincero che colpì Dean direttamente al centro del petto.
-Sì- rispose. –Sì, mi piacerebbe-
 
 
Spazio autrice: ehilà! Eccomi qui con un nuovo capitolo, vorrei aggiornare più frequentemente ma con l’università e lo studio mi trovo sempre stracolma di cose da fare e non ho mai tempo L.
Comunque, spero che questo capitolo vi piaccia, se vi va fatemi sapere che ne pensate con una piccola recensione, mi farebbe molto piacere.
Un abbraccio!

1Brano dei The Who del 1969
2Chitarrista ed ex membro dei Deep Purple
3Si riferisce alla canzone Girls Just Wanna Have Fun di Cindy Lauper
4Serve davvero la nota? Va beh, brano dei Led Zeppelin del 1971
5Personaggio protagonista di Star Wars
6Personaggio di Star Trek

7Personaggi di On The Road di Jack Kerouac

 
  
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