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Autore: Miss All Sunday    14/03/2021    1 recensioni
“Lei aveva famiglia?“
“Sì. Noi.”
“Dovevo andare io. Ha sacrificato la sua vita; ha messo la sua vita nella mani di quella maledetta gemma.“
[Post Avengers Endgame]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Zenit


Clint aveva trattenuto il fiato per qualche istante pronto a intervenire alla prima occasione. 

L’intruso aveva fatto il suo ingresso. Era vestito completamente di nero e il rumore degli stivali sul pavimento seguiva ogni suo passo. Si era chiuso la porta alle spalle. 

Stava per togliersi il giubbotto in pelle scura e il casco integrale che gli nascondeva il viso, quando la sua attenzione era stata catturata dalla bottiglia e dal bicchiere sul tavolo. Si era voltato verso il breve corridoio della casa su cui si affacciavano la stanza di Nat e il bagno.

Barton l’aveva visto avvicinarsi e si era preparato per agire furtivamente. Liho, dalla cucina, aveva però deciso di prendere parte attiva all’ispezione. Si era diretto nella stanza, era salito sul letto, e aveva iniziato a miagolare in modo insistente verso il nascondiglio improvvisato dell’arciere che aveva imprecato mentalmente. L’intruso aveva seguito le rumorose indicazioni del gatto. 

Senza aspettare oltre, Clint era uscito allo scoperto trovandosi davanti il casco del suo rivale; pistola carica puntata su di lui.

“Fermo o sparo.”

Il diretto interessato si era fermato e si era limitato ad alzare le mani in segno di resa. Occhio di Falco aveva avanzato lentamente verso di lui. Era a pochi passi quando l’altro, che fino a quel momento non si era mosso, era scattato in avanti verso il muro e, usando la parete per darsi la spinta necessaria, era saltato addosso a Clint che era crollato a terra. Il suo avversario aveva colto l’occasione per bloccarlo e prendere la pistola. Aveva puntato la canna alla testa del vendicatore, che però era riuscito, grazie a un agile movimento di reni, a liberarsi dalla presa e colpire con un calcio la mano dello sconosciuto che teneva l’arma facendola così cadere lontano da loro. 

“Chi sei?”

Senza nemmeno rispondere, l’altro era passato nuovamente all’attacco colpendo il biondo in faccia con un pugno. Stava per colpirlo nuovamente, ma l’ex artista circense era stato pronto a schivare e ad attaccare a sua volta con una gomitata la schiena del rivale trovandosi così alle sue spalle. Aveva caricato e con una spallata l’aveva fatto sbattere contro il muro. Non era però riuscito a bloccarlo definitamente perché era stato colpito sul naso da una testata che, a causa del casco, era stata molto più dolorosa del normale. L’intruso si era liberato e allontanato quel tanto che bastava per non essere nell’area d’azione dell’ex agente dello SHIELD. 

Clint si era portato una mano al naso per pulirsi dal sangue che aveva preso a colare. Aveva fatto passare le dita fra il suo collo e la collana di Natasha che il legale della russa gli aveva fatto avere. Aveva allentato un po’ la catenella stringendo per un paio di secondi la freccia argento fra le dita.

Non aveva mai spostato lo sguardo dalla persona che aveva di fronte. L’aveva vista irrigidirsi non appena la freccia aveva fatto capolino dal colletto della sua maglietta. L’aveva notato chiaramente raddrizzare la schiena. Si era tolto il casco lasciandolo cadere a terra. In quel momento di stallo fra i due, Barton aveva potuto osservare chi avesse davanti.

La ragazza non aveva mai distolto lo sguardo per poter controllare ogni mossa. I suoi capelli fulvi avevano immediatamente riportato alla mente del biondo la figura di Natasha. La prima volta che si erano visti, quando era stato mandato a ucciderla, la russa doveva avere più o meno l’età della giovane donna che adesso si trovava di fronte a lui. Quell’immagine, però, si era dissolta quando l’uomo aveva incontrato il suo sguardo e, invece degli occhi verdi di Nat, aveva incrociato le iridi scure della sconosciuta.

Poi la ragazza aveva parlato e l’arciere aveva sentito l’ansia prendere il sopravvento.

“Gdie ti nashla eto?”

Non era stato tanto il ‘dove l’hai presa?’ riferito alla collana a farlo preoccupare, quanto il fatto che fosse stato chiesto in russo. Nella sua mente aveva subito preso forma un unico pensiero. Il collegamento fra Natasha e la Russia poteva essere solo uno.

“Vieni dalla Stanza Rossa?”

La sua avversaria, che in quel momento aveva assunto una collocazione ben precisa nel cervello di Clint, si era portata una mano dietro la schiena per estrarre un coltello che evidentemente si trovava in un fodero nascosto. 

“Dov’è Natalia?”

Era accaduto di nuovo. Un ennesimo tassello che sembrava avvalorare l’ipotesi del vendicatore. Si era espressa con un perfetto accento americano, ripulito da qualsiasi inflessione slava; cosa che aveva visto fare in modo perfetto e così semplice solo da Natasha. Inoltre, il fatto che avesse usato il nome nativo della russa, lasciava presagire una conoscenza fra le due precedente alla defezione di Vedova Nera. Oppure la giovane conosceva l’agente Romanoff solo con quel nome, opzione che comunque riconduceva Clint alla terra d’origine di Nat. 

“Ti hanno mandato a cercarla?”

La sua interlocutrice si era rigirata la lama fra le mani prima di stringere saldamente la presa sull’impugnatura. Non aveva risposto.

“Dovresti sapere che Natasha ci ha raccontato tutto sulla Red Room. Lo S.H.I.E.L.D. sa chi siete e dove vi trovate. Non potete più nascondervi!”

“Sei dello S.H.I.E.L.D.?”

La sua voce aveva cambiato tono; non era più sicura come prima. 

Erano rimasti così per un paio di minuti, fermi a studiarsi e a calibrare la prossima mossa. Poi qualcosa era scattato e la ragazza si era messa in posizione d’attacco. Era bastata una frazione di secondo prima che si avventasse contro Hawkeye.

I fendenti erano rapidi e precisi e, se non fosse stato per la notevole agilità del suo rivale, sarebbe riuscita a prevalere in poco tempo. 

Clint era riuscito a bloccarle il polso, ma lei non si era data per vinta. Aveva allentato la presa sull’arma, lasciandola cadere per poi afferrarla con l’altra mano e aveva provato ad affondare la lama nell’addome del biondo. Si era scostato appena in tempo, ma non abbastanza da evitare di essere raggiunto. Si era subito controllato la ferita; sembrava abbastanza superficiale, non perdeva molto sangue. 

Lo scontro serrato, però, non ammetteva pause. La ragazza gli era stata nuovamente addosso e, dopo aver schivato una pugnalata che aveva mirato al suo collo, Occhio di Falco era riuscito a colpirla al fianco con un calcio tornando poi in posizione di difesa e pronto al contrattacco. La giovane aveva accusato il colpo più di quanto l’arciere si aspettasse. L’aveva vista portarsi una mano sotto al giubbotto e poggiarla sul fianco facendo pressione. Quando l’aveva scostata, il sangue cremisi aveva spiccato sulla sua pelle chiara; doveva avere un taglio o una ferita fresca.

Barton sapeva dove colpire.

Si era lanciato in avanti prendendo alla sprovvista colei che era stata mandata dalla Stanza per Natasha. Anni prima aveva risparmiato una Vedova Nera; non l’avrebbe fatto una seconda volta.

Aveva azzerato le distanze e colpito di nuovo dove sapeva esserci la ferita. 

Con il fiato mozzato a causa del dolore lancinante, la ragazza non era riuscita a difendersi in modo efficace. Il sangue aveva iniziato a impregnarle la maglietta e delle gocce di sudore le avevano imperlato la fronte. Era accaduto tutto in un attimo.

La giovane aveva alzato lo sguardo, fisso negli occhi dell’arciere. Il fiato era corto e, a causa dell’emorragia ormai evidente, era più pallida rispetto a poco prima. La sua voce era stanca, provata.

“Non voglio tornare là.”

Aveva puntato la lama che ancora stringeva tra le mani verso di sé e aveva chiuso gli occhi pronta a porre fine a quella lotta; farla finita alle sue condizioni. 

Aveva esitato per un istante. 

Clint non aveva perso tempo, si era avventato sulla pistola che giaceva a terra poco lontano da lui e, dando onore al soprannome di Occhio di Falco, aveva sparato al coltello. Il rumore del proiettile che andava contro il metallo della lama per poi conficcarsi nella parete era stato secco.

Si era immediatamente alzato e posto davanti alla sua avversaria ormai sconfitta. Non si era mossa.

“Sono pronta.”

Il Vendicatore aveva subito compreso cosa volesse dire.

“Credi davvero che voglia ucciderti? Sei stata mandata per Nat e non me ne andrò senza sapere ciò che voglio. Sta a te decidere se dirmi tutto ora o costringermi a trovare un modo per farti parlare.”

Non aveva ottenuto riposta.

“D’accordo. Hai fatto la tua scelta.”

Aveva puntato l’arma verso la spalla della ragazza. Natasha era morta e nonostante questo si trovava ancora sulla lista nera della Stanza Rossa. Avrebbe spedito un messaggio forte e chiaro al mandante della ragazza, ma prima l’avrebbe costretta a parlare. 

Stava per fare fuoco quando il rumore di un altro sparo l’aveva preceduto. La porta dell’appartamento posta alle spalle della giovane era stata spalancata con un calcio dopo che la serratura era stata fatta saltare.

“Clinton, abbassa subito la pistola.”

“Agente May?”

“Non costringermi a prendere una scelta di cui entrambi potremmo pentirci. Ti spiegherò tutto, ma prima lasciala andare.”

Clint non aveva obbedito.

“Mi stai davvero chiedendo di risparmiare un’assassina mandata per Nat? Mi spiace, ma non posso. Mi servono delle risposte.”

Melinda aveva lasciato cadere la propria arma e alzato le mani in segno di resa, sperando di farlo ragionare. 

“Clint...”

Si era avvicinata alla ragazza per poi mettersi tra lei e Barton. Aveva poggiato le sue mani su quelle dell’uomo e aveva preso la pistola. Infine aveva messo la sicura e riposto l’arma sul tavolo della cucina. Si era voltata verso la giovane che ancora non aveva proferito parola. Melinda l’aveva aiutata ad alzarsi facendole poggiare il braccio sulle sue spalle, ma questa aveva faticato a far leva sulle gambe per mettersi in piedi. 

“Clint, una mano sarebbe gradita.”

Risvegliatosi dai suoi pensieri il biondo aveva seguito il suo esempio. L’avevano portata in camera di Natasha e fatta sdraiare sul letto della russa. L’agente May le aveva tolto il giubbotto in pelle e, con un gesto deciso, aveva strappato la maglietta all’altezza della ferita. Aveva fatto pressione con il pezzo della maglia stracciata per ridurre la fuoriuscita di sangue e quando si era accorta che Clint era rimasto fermo a osservarla si era rivolta direttamente a lui.

“Barton, tu pensa a tamponare la ferita mentre io cerco qualcosa per ricucire il taglio.”
Aveva spostato le mani e costretto il biondo a prendere il suo posto.
“Tienila sveglia!”

Aveva lasciato la stanza con rapide falcate decisa a trovare qualcosa per aiutare la giovane. L’arciere era rimasto solo con lei. La rossa stava sudando e stringeva i denti per resistere al dolore; non aveva nemmeno urlato, stava sopportando in silenzio e questo aveva colpito Clint. 

“May mi ha detto di parlarti ed è quello che farò. Come ti chiami?”

La giovane aveva alzato appena lo sguardo spostandolo dal suo sangue verso il Vendicatore.

“Villanelle.”

“Ritenta. Conosco benissimo le vostre tecniche da assassine russe, so quando mentite. Come ti chiami?”

Aveva visto la ragazza stringere per un istante le labbra dal dolore. Dopo un iniziale tentativo di evitare qualsiasi conversazione con l’uomo, era stata costretta a cedere.

“Ava.”

“Ok d’accordo, Ava, perché sei qua? Chi sei?”

Stavolta non aveva risposto, si era limitata a richiamare l’attenzione di May che si trovava in cucina.

L’asiatica poco dopo era riapparsa sulla soglia della camera. Si era avvicinata prendendo il posto di Clint al fianco della ragazza per poter vedere la ferita. Aveva tolto lo straccio che aveva assorbito il sangue della giovane. Aveva imbevuto dell’ovatta con dell’alcol per disinfettare il taglio e ripulirlo. Una volta finito, aveva notato i punti raffazzonati che, a causa dei movimenti di Ava, non avevano retto. Il taglio era gonfio e arrossato.

Melinda aveva poggiato una mano sulla fronte della rossa che stava continuando a sudare. 

“Scotti. Hai la febbre. Da quant’è che hai questa ferita?”

“Tre o quattro giorni.”

“Perché non sei tornata prima? Ha fatto infezione. Ti rendi conto del pericolo che hai corso?”

“Credevo sarei guarita dopo poco come sempre.”

May le aveva scoccato un’occhiata di rimprovero per poi iniziare a occuparsi della ferita senza troppi complimenti. L’agente eseguiva il suo lavoro con la precisione di chi aveva ripetuto quei momenti varie volte; Clint aveva associato quella sicurezza nei suoi gesti alle numerose missioni in solitaria della famosa Cavalleria. Colei che era considerata un caposaldo dell’organizzazione e che, nonostante ufficialmente lo SHIELD non esistesse più, l’arciere aveva sentito stesse continuando a operare per una sorta di squadra d’élite.

“Sapevo che non saresti dovuta andare. Sei sparita per cinque mesi e l’unica cosa che sapevamo era che ti trovavi da qualche parte qua in Nord America.”

“May ti prego non adesso.”

Melinda non aveva aggiunto altro, si era limitata a concludere il suo lavoro. Aveva tagliato il filo dopo aver sistemato l’ultimo punto per poi dedicarsi a fasciare i fianchi della ragazza con una garza pulita. Aveva recuperato una siringa. 

“Cos’è?”

“Morfina, ti aiuterà a far diminuire il dolore. Per il momento devi riposarti, non sei nelle condizioni di alzarti da quel letto senza far riaprire di nuovo la ferita.”

Aveva infilato l’ago nel braccio della ragazza e premuto lo stantuffo iniettando così il liquido.

“Quando ti sarai ripresa dobbiamo parlare.”

Solo in quel momento l’agente aveva rivolto la sua attenzione a Clint che, poggiato con la schiena alla parete, aveva seguito con lo sguardo ogni movimento della Cavalleria.

“Ti devo delle spiegazioni.”

Aveva atteso che Barton uscisse dalla stanza per poi seguirlo chiudendo la porta alle sue spalle. Melinda si era diretta in bagno per liberarsi delle garze sporche e ripulirsi dal sangue della ragazza.

Infine aveva raggiunto l’uomo in cucina, recuperato una sedia e preso posto.

“Posso sapere cosa sta succedendo? Perché sei qua? Cosa ci fa lei nell’appartamento di Nat? È una Vedova Nera immagino, mentre tamponavo la ferita ho visto le cicatrici sui polsi.”

May aveva preso in braccio Liho che aveva iniziato a strusciarsi sulle sue gambe.

“Io ho provato ad avvisarti. Ho saputo da Ross che ti trovavi qua e sapevo che anche lei stava arrivando. Avessi risposto alla mia chiamata tutto questo si sarebbe potuto evitare. Comunque, avrebbe  dovuto dirtelo Natasha, ma credo che ormai non ci sia molta altra scelta.”

“Dirmi cosa, Melinda?”

La voce di Clint si era alzata per un attimo prima che il biondo riacquistasse una certa calma.

“Da dove posso iniziare...”

“Direi dall’inizio. Voglio sapere ogni cosa, specialmente se da quello che ho capito Ava, o qualsiasi sia il suo vero nome, è legata in qualche modo con Nat!”

L’asiatica aveva taciuto per qualche secondo prima di prendere la parola.

“Si chiama davvero Ava e, sì, in un certo senso è una Vedova Nera...”

   
 
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