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Autore: CatherineC94    14/03/2021    6 recensioni
«Non sono la persona giusta per te, sei così bella e giovane, talentuosa. Hai bisogno di un uomo che possa darti un futuro; non guardare indietro. Noi abbiamo perso l’occasione, lascia stare le parole di Sirius. Noi siamo ombre di ciò che eravamo e io sono un mostro» sussurra gelido.Gli occhi di Tonks sono ricolmi di lacrime.«Non andare, ti prego» lo implora.
"Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna".
[Storia partecipante al contest “Canon’s Revenge” indetto da lapacechenonho sul forum di EFP].
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Quei raggi del sole che lambiscono i loro corpi
 
 
 
Remus non ha mai stretto così tanto qualcuno per paura di frantumarlo.


Le dita di Remus lasciano impronte calde lungo tutta la sua coscia destra.
Ninfadora è rapita, quel tocco delicato che si scontra con la sua pelle nivea le crea un groppo alla gola che non si spiega; le mani di Remus sono grandi e lei vorrebbe tanto che lui stringesse il suo viso.
Spesso lui le dice con un sorriso camuffato da quei baffetti che lei tanto ama, che la mattina è il suo momento preferito della giornata.
«Perché?» a quel punto lei domanda.
Lo vede ridacchiare e perdersi nel muro davanti al loro letto, nei ricordi, in qualcosa che nemmeno lei può sapere.
A quel punto Remus la guarda, quasi come se volesse dire qualcosa ma poi non lo fa.
«Non c’è la luna» dice solamente stendendosi su un lato e voltandole le spalle.
Tonks ci riflette sopra, ancora nuda si alza e si dirige verso la finestra.
Il piccolo appartamento dove vive è a quel punto irrorato dalle prime luci dell’alba che prepotenti sfiorano ogni cosa che incontrano sul loro cammino.
«Però la mattina devo alzarmi e non posso stare a letto con te!» si lamenta sbuffando e i capelli assumono uno sprazzo di color rosso acceso.
Remus non si volta, solo affiora l’ombra di un sorriso.
«Dovresti andare a lavorare, la colpa è mia che ti faccio perdere tempo» mormora stanco. Lei sbuffa sonoramente, quando lo sente mugugnare non lo sopporta; quasi saltellando lo raggiunge e cingendo le sue spalle, si bea del suo cuore che batte.
«Il tempo con te è sempre ben speso» dice maliziosa, alludendo al loro amarsi voracemente.
Si aspetta una sua risata, ma Remus non profferisce alcun suono; si volta e nei suoi occhi legge uno sterminato rammarico che la fa indietreggiare.
«Tutto questo è sbagliato» afferma.
«Abbiamo già fatto questo discorso, sai bene come la penso. E poi anche Sirius dice che stiamo così bene insieme…» tenta lei.
Al nome dell’unico amico rimasto ancora in vita, Remus scuote la testa rabbioso e per un attimo lei riesce a scorgere il lupo che dorme nei suoi angoli più reconditi e che solitamente tiene a bada. Quei discorsi nascono dalle infinite serate a Grimmauld Place, quando Sirius con l’ultima scintilla di malizia rimasta dei vecchi tempi di gloria decide di pungolarli; lui non può aspirare a tanto e l’amico lo sa.
«Lascialo fuori da tutto questo a Sirius. Chiuso là dentro non ha più la percezione di ciò ch’è giusto o sbagliato, vive solo di ricordi confusi e amarezze!» sbotta con voce incrinata dalla rabbia mentre con fare turbolento inizia a vestirsi. Non vuole dirle, non vuole pronunciarle quelle parole, ma loro sono solo echi sbiaditi che non appartengono a questo mondo.
«Remus! A me non importa nulla, lo sai! Hai visto cosa abbiamo provato poco fa, non negare l’evidenza!» ribatte Tonks con gli occhi ridotti a fessure.
Lo sguardo di Remus è già puntato verso la porta, il corpo scosso dai tremiti e il volto sfigurato.
«Non sono la persona giusta per te, sei così bella e giovane, talentuosa. Hai bisogno di un uomo che possa darti un futuro; non guardare indietro. Noi abbiamo perso l’occasione, lascia stare le parole di Sirius. Noi siamo ombre di ciò che eravamo e io sono un mostro» sussurra gelido.
Gli occhi di Tonks sono ricolmi di lacrime.
«Non andare, ti prego» lo implora.
Il capo di Remus fa un cenno stanco, il sorriso sul suo volto non è più nostalgico, ormai è solo un agglomerato di dolore tagliente e disillusioni recondite.
Lo vede mettere i vestiti di fretta e nel farlo un rumore tagliente squarcia il beato silenzio di quella mattina dorata.
Tonks si avvicina preoccupata e lo ritrova con gli occhi fissi sulla vecchia giacca di tweed logora.
«Remus?» chiede lei titubante.
Il ringhio sommesso di lui la fa ancora una volta arretrare, quando comprende che l’indumento, provato dal tempo e dalla sua condizione si è stracciato a causa dell’impeto scaturito dall’irruenza di Remus.
Il suo volto è pallido, allunga il braccio candido e sfiora la spalla di Remus che scopre essere avvolta da singulti e tremiti.
«Ascolta, io non vado bene per te. Renditene conto, ti prego. Lasciami andare» dice stizzito Remus indossando la veste color grigio topo.
Tonks lo segue con occhi sbarrati; non fa caso alla sua nudità, non fa caso a quella mattina di lunedì che nei suoi piani si sarebbe dovuta svolgere nel talamo e avvolta da sussurri e gemiti.
«Tu sbagli! Sei un uomo meraviglioso, Remus! Non ho mai conosciuto una persona così bella come te!» esclama Tonks puntando i pugni contro le proprie cosce, lì dove proco prima le grandi mani di Remus accarezzavano ogni lembo di pelle.
Lui si volta di scatto, aggressivo.
«Cosa ti potrei dare io? Non ho nulla, io sono stato privato di ogni cosa molto tempo fa!» dice cinico, uscendo e sbattendo la porta.
Tonks osserva il punto dove lui è scomparso, una lacrima solitaria solca il suo viso pieno.
Deglutisce, amaramente.
«Io non ti chiedo nulla, non l’ho mai fatto».
Non sa se l’ha pronunciato, oppure se ha urlato.
La stanza è satura dei suoi singhiozzi, il calore è scomparso assieme alla dolcezza dei suoi occhi, che rivede in ogni sfumatura color oro che entra dal vetro cupo della finestra e lambisce il suo corpo, inerme.


 
Però ha compreso che lei è così forte, che nemmeno ciò che cela nel profondo può abbatterla.
 
 
«Non ti volevo svegliare» le sussurra.
Sono passati molti giorni di sole, altri sottomessi alla tempesta.
Quella stanza invece Remus la ricorda sempre ricolma della luce del sole, anche Dora lo sta abbagliando in quel preciso istante. La sua mano-tremante a volte, sta stringendo il suo seno sinistro pieno a causa della gravidanza da poco giunta al termine. I suoi occhi ambrati si spostano nella culla; Teddy sta dormendo beato, con i piccoli pugni tesi che ogni tanto muove. Remus non le dirà mai che quella notte, quando ha deciso di nascere, lui l’ha osservato per tutto il tempo, come se perderlo di vista fosse una grave colpa. Semplicemente non ci vuole credere, che lui, un mostro ributtante potesse dare vita ad un miracolo così grande e meraviglioso.
Dora dorme, il suo corpo arrotondato tempio di dolcezza ed amore, che lo accoglie e lo fa sentire a casa; Remus trattiene il groppo alla gola che prova quando pensa che tutto quello non lo merita.
L’altra mano invece sta percorrendo la scia del suo viso, quella che parte dalla parte finale dei suoi lucenti occhi fino alle labbra piegate in un sorriso.
Gli occhi sono ancora mezzi chiusi.
«Che succede?» mugugna.
Remus potrebbe parlare per ore, quella domanda ha molte risposte.
Potrebbe dirle che quella notte ha dormito poco e niente a causa della giornata che hanno avuto. Vorrebbe invece tanto sussurrare straziato che, nella mente ritrova ancora quei momenti orribili che l’ha costretta a sopportare, sola, con un bimbo in grembo.
Sospira greve e poggia il capo sul suo ventre ora vuoto; Dora sorride e carezza i capelli di Remus quasi come se dicesse ancora una volta che l’ha perdonato, che tutto quel dolore è acqua passata.
Immancabili, i pensieri di Remus sono ritornati al caldo estivo di luglio, quando l’ha vista pallida e stesa sul piccolo divano della cucina; per un misero attimo Remus ha temuto per la sua vita. Vederla cerea, quasi come se fosse morta gli ha fatto mancare il respiro per quell’infinitesimale momento che ricorderà per sempre; ma quando nota che un sorriso sta increspando il suo viso, qualche altro strano e cattivo pensiero prende posto nella sua mente.
«Remus, sono incinta» dice.
Lei non ha fronzoli, non nasconde la notizia e nemmeno l’insulsa e vomitevole gioia che sembra trasparire dalla sua voce.
Remus invece sente che la nausea sta prendendo il sopravvento alla bocca dello stomaco.
Si ripugna, si odia con ogni fibra del suo essere per averla condannata, per aver marchiato quel povero bambino ignaro. Così scappa, veloce  nel tentativo di dimenticare; mai come quel momento avrebbe voluto essere morto. Il disgusto sul volto di Andromeda Black alla notizia l’ha rivisto negli occhi di Harry, quando l’ha supplicato quasi di fornirgli un alibi per scappare via dalle sue responsabilità. Ha rivisto tante facce perite tra l’ira sincera di quel ragazzo e quasi come scottato è tornato indietro sui suoi passi; come se volesse chiedere scusa per la sua inettitudine e codardia.
Tornato a casa, lei  però l’ha perdonato.
«Ti somiglia molto, sai?» mormora gettando un’occhiata ricolma di amore a Teddy.
Remus ritorna al presente, ancora inebetito assorbe il suono della voce di sua moglie, assaporandone l’infinita delicatezza.
La risposta di Remus rimane incastrata in gola, assieme alle lacrime che vorrebbe tanto versare; come potrebbe mai un miracolo del genere somigliare a lui? Piuttosto è la personificazione dell’amore immenso ed infinito che Dora prova nei suoi confronti; si volta dall’altra parte, non vuole far vedere che, una lacrima sta solcando il suo viso.
Altri raggi del sole entrano dalla finestra, i loro corpi attraversati da quel calore che inonda la stanza.
«Ho sempre saputo che saresti tornato» aggiunge sua moglie con voce limpida, prendendo Teddy tra le braccia.
Remus non resiste e la stanza è satura dei suoi singhiozzi.


 
I raggi del sole lambiscono i loro corpi, un’ultima volta.

 
«Perché sei qui, saresti dovuta rimanere con Teddy!» sbotta Remus.
Il suo sguardo è agitato, i capelli fuori posto e la giacca che gli ha regalato a Natale ha qualche graffio sulla manica destra.
Dora scuote la testa e punta i suoi occhi in quelli del marito.
«Non potevo rimanere lì senza sapere nulla» dice con semplicità disarmante.
Lui sorride, con occhi tristi.
Allunga la mano verso quel viso a cuore così morbido che vorrebbe stringerlo a sé senza tregua ed amarlo.
Lei chiude gli occhi e si bea di quel contatto, dentro sé ha uno strano presentimento, come una fitta che non l’abbandona.
Remus ora capisce perché James ha offerto la sua vita per salvare quella di Lily ed Harry; avrebbe anche lui lottato a mani nude pur di salvarli.
«Questa volta, sei tornata tu da me» le dice stringendo la piccola mano.
Dora ride, un suono che riempie il suo cuore di gioia; camminano diritti verso la Sala Grande e il loro destino avverso, mentre attorno i boati e le urla distruggono la quiete di quel giorno.
«Perché mi hai perdonato?» chiede curioso, vuole saperlo prima della fine.
«Sapevo che saresti tornato, non ci avresti mai abbandonati » ripete con occhi sinceri e pazienti.
Adesso Remus l’ha capito, che in un mondo così oscuro c’è un posto per lui dove poter essere felice.
La battaglia inizia, i loro sguardi non si perdono mai fino a quando diventano vacui.

 
I loro corpi posti a terra, ancora una volta, giacciono lambiti dal sole di un giorno nuovo.
 
 
Note.
Questa storia nasce per il contest di Chiara che ringrazio; il pacchetto che ho scelto doveva per forza contenere l’angst visto che io mi nutro essenzialmente di questo. Ho scelto il pacchetto numero 7: Prompt: Se ami una persona, lasciala andare, perché se ritorna, è sempre stata tua. E se non ritorna, non lo è mai stata. (Khalil Gibran). Genere: angst. Raiting: giallo. Questa storia è molto amara, ho provato a trovare le parole per descrivere la tragedia; il personaggio che ho voluto maneggiare è Remus. Non è la prima volta che scrivo su di loro, ma questa storia è quella che preferisco; ho già anche scritto del momento di pentimento di Remus, quando ho pubblicato “Twinge”. Questa One riempie quei buchi che mancavano in quella flash. Insomma, vi chiedo scusa se vi ho fatto crogiolare nella tristezza e spero davvero che la storia sia di vostra gradimento. Vi abbraccio.
 
   
 
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