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Autore: Lodd Fantasy Factory    14/03/2021    1 recensioni
Non ho tempo per le introduzioni. Devo raccontare questa storia, e voglio farlo il prima possibile. Prima che qualcosa mi possa fermare... prima che loro... sono dietro ogni angolo. Sono nella mia casa... cancelleranno tutto. Persino me...
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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14 Marzo 2021,

 

 

Cosa siamo, amici miei, se non cellule abbandonate a loro stesse nella fredda miseria dell’universo? Ci arrabattiamo per ottenere qualcosa, per costruirci un’esistenza dai più reputata dignitosa… Tutto questo incessante lavorio... per che cosa?

Per stare bene mentalmente?

Per mandare avanti la specie?

Per crearci un futuro?

Cosa è la vita, per come noi possiamo intenderla, nell’immensità dell’universo?

Non so il perché di queste domande, ma affollano la mia testa. Insinuano che stia andando dalla parte sbagliata… che sto guardando l’esistenza con l’arretratezza tipica della specie umana. Siamo una razza troppo giovane per sperare di poter assegnare un senso alla vita.

È questa l’ardua verità.

Dobbiamo nascere, crescere, riprodurci ed infine morire.

Questo è il nostro destino, tale e quale ad ogni altra forma di vita nel nostro pianeta.

Siamo polvere di stelle che, all’interno di un’atmosfera controllata, cerca inutilmente di tornare a brillare. Agogniamo a raggiungere di nuovo lo spazio, con una tale tenacia e disperazione da farmi pensare al fatto che non siamo noi gli artefici di questa richiesta.

Qualcosa vuole tornare alle stelle.

Sta utilizzando noi come mezzo per ottenere questo obiettivo.

Chi sia, o che cosa sia: questo non lo so. */

*/ Questi pensieri... da dove vengono? Questo modo di scrivere…? Ho cancellato quelle parole tre volte, e altrettante ho finito per riscriverle. L’ho fatto meccanicamente, come se volessero essere scritte. Ma non da me. Non voglio più scrivere di me, non se quello che digito non corrisponde ai miei pensieri. Sono le parole di un folle. Chi parlerebbe così? Cosa mi sta accadendo?

È una giornata strana, con un forte vento e un freddo da gelare il cuore. Mi sento terribilmente stanco, spossato, triste, solo. Avorio si è fatto più vicino, quando mi ha visto scrutare il mondo all’esterno della finestra, come imbambolato. Mi ha piantato i suoi artigli nello stinco. Non ho sentito dolore. Allora è andato più in profondità, scalando il mio corpo sino al ventre. Solo quando l’artigliò ha incontrato l’osso del bacino ho lanciato un urlo di dolore.

Avevo il fianco in sangue.

Ho continuato a ripensare a quei simboli sui Dadi:

Un teschio.

Un occhio.

Chi mi ha consegnato questo Diario?

Dopo essermi dato una ripulita e disinfettato le ferite, ho deciso di tornare a leggerne una pagina, dopo quei fatti che ho omesso dell’abazia; vi trascrivo di seguito il ricordo di Philipp, sospendendo le parti che ho trovato di troppo. Ho parlato anche troppo di me, per oggi. */

*/ Rammentate la sensazione di stanchezza descritta da Philipp? Credo di percepirla a mia volta. Ma qui non c’è nessun Padre Alberto a trattenermi tra queste mura. Non è il denaro a mancarmi. È la forza di volontà. Molti di voi sono spariti… non ho più vostre notizie. Vi è accaduto qualcosa?

Giorno...? Anno...?

Quanto tempo è trascorso dall’ultima volta che ho scorto un volto amico? Quale mese sferza le sue tempeste di piogge acide, con giorni brevi e notti eterne?

Ho pianto.

Ho maledetto me stesso.

Avrei dovuto prendere il tuo posto, Adeline, mia adorata.

Edgar era già svanito. La nostra famiglia era di già nell’oblio di dolore che l’avrebbe distrutta.

Quella notte [...], con tutto me stesso, avrei voluto disfarmi del fardello delle responsabilità e stringerti a me per un’ultima volta, prima di abbandonarmi all’oscurità. Se solo avessi avuto abbastanza coraggio, forse questa storia si sarebbe già conclusa da tempo.

Tu, vedova del mio ricordo, avresti cresciuto Elisa e Allan.

Invece, ho permesso che l’Uomo Ombra trovasse la nostra casa.

Dopo averci privato di Edgar, tornò per averne ancora.

La curiosità di un uomo è il suo biglietto per la dannazione.

Ricordo la città, […] (descrive Providence) appariva come uno spettro di nebbia, capace di distendere i suoi molti arti evanescenti in ogni dove, con mani dotate di innumerevoli falangi d’osso gassoso. Ma la gente non credeva alle nostre parole. Tu, mia dolce Adeline […] neanche tu credevi alla mia verità su Edgar. Ma quella notte hai avuto da ricrederti. Non ho fatto abbastanza per aprire i tuoi occhi. Ora sono cosciente del fatto di aver provato a nasconderti questo orrore. Ma la verità è che, anche se non puoi vederli, Essi dimorano nell’ombra. Essi ci osservano. Essi ci governano.

Quale dolore, quale penitenza vedere il tuo bel viso di [...] deformato dal greve volere del fato; i capelli, rossi più del focolare, impallidire come la più fredda luna di dicembre; e quei tuoi occhi di mandorla sprofondati nella gelida tenebra, aprirsi infine verso ignote lande di perdizione. Mai la tua voce era stata quel confuso gorgoglio che ancora riesce a destarmi terrorizzato nel cuore della notte, col terrore di averti sdraiata di fianco a me nel letto, in quella forma orripilante!

L’Uomo Ombra è ora il tuo sposo, da quando le sue labbra di cava tenebra hanno risucchiato la tua umanità. Quanto ti avevo implorata, oh, mia dolce Adeline, di non seguire il canto di nostro figlio Edgar verso quelle colline vive di quei bagliori boreali. La sua voce era perduta ormai per sempre, ma non hai voluto credermi!

Avrei dovuto prendere il tuo posto, mia adorata Adeline.

Avrei dovuto morire quella notte; prima di avere questi dadi di ossa e carne umana; prima d’incontrare lo Sciamano Zhùt; prima di violare la terra sacra dei Pokanoket, al seguito dell’entusiasta Professore Poegrim. Avrei dovuto morire in quella specie di tempio rinvenuto durante gli scavi per il nuovo acquedotto.

È lì che ho incontrato l’Uomo Ombra per la prima volta.

È lì che tutto ha avuto inizio.

Perdonami, mia dolce Adeline.

Perdonatemi, figli miei.” */

*/ Non devo coinvolgere nessuno in questa mia tragedia. Ora mi è chiaro più che mai. Philipp, quanto vorrei poterti parlare! Ascoltare la tua storia è come viverla sulla mia pelle. Non ho avuto la forza di proseguire con la lettura. Ma voglio sapere del tempio, dei Pokanoket, di Zhùt. Forse loro possono aiutarmi a venire fuori da questa situazione. Spero di non avervi compromesso con le mie storie...

Le pagine del Diario di Philipp sono segnati da strani rigagnoli. L’inchiostro è sbiadito in alcuni tratti. Credo abbia pianto a lungo sulle sue stesse parole. Non posso comprendere del tutto la sua sofferenza, ma mi è più facile accettare questo suo declino, questo suo abbandono alla tristezza. Devo raccontarvi cosa è accaduto il giorno in cui ha mentito. È opportuno farlo, anche se non mi crederete e mi accuserete di aver inventato tutto.

 

Anche oggi qualcosa di diverso mi ha tenuto lontano dal raccontarvi il proseguo della mia storia. Del mio incontro con quell’Essere. Ma non c’è molto da aggiungere.

Il sogno – o proiezione – si è concluso in quel preciso istante. Mi sono svegliato di soprassalto.

Ma devo raccontarvi cosa ho visto nella realtà. Cosa ho sentito in fondo a quella scalinata di roccia naturale.

Non oggi.

Presto.

 

Aggiornerò, amici miei.

 

 

Philipp Lloyd

   
 
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