Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Lucreziaa31    15/03/2021    0 recensioni
Boston, 2005 stazione Centrale. Leah è una piccola bambina di sei anni che, in compagnia del padre si trova lì per prendere il treno diretto a Worcester. All’improvviso però, il caos. La gente si ammassa, e i due vengono quasi schiacciati. Proprio qui la bimba perde il genitore per qualche secondo, e tra la folla scorge chi è la causa di tale scompiglio: un uomo. I loro sguardi si incrociano immediatamente e tra i due sembra nascere una sorta di connessione.
Successivamente il padre la ritrova, e tutto sembra essere tornato alla normalità . Ma ciò che è appena successo non sarà un episodio isolato, e Leah riscoprirà il perché di questo avvenimento solamente tredici anni dopo.
Strani sogni, misteri enormi, bugie...
Quella di Leah è un’avventura alla ricerca di se stessa, che nasconde il desiderio di ognuno di noi di sfidare il destino, con la speranza di cambiarlo per sempre. Ed è anche la storia di un uomo, che aspetta che quelli siano, finalmente, i suoi ultimi cent’anni.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

                                         13 anni più tardi...

 

«Papà ti ho già detto un sacco di volte che se vuoi puoi andare da Cust.» Leah si stava spazientendo, era forse la terza volta che ripeteva a Frank che non si sarebbe dovuto preoccupare di andar via, lei avrebbe badato al negozio per tutto il pomeriggio, non era più una bambina! Era perfettamente capace di gestire tutto da sola, aveva diciannove anni per qualcosa, dopotutto. 

«Sicura... non è che?» nonostante la figlia di dimostrasse così ferma nella sua decisione, lui era ancora titubante, aveva ancora un leggero timore che potesse succedere qualcosa; sì, certo, il piccolo folletto curioso di anni prima aveva lasciato spazio ad una giovane donna matura e sicura di sé, ma per lui sarebbe per sempre rimasta la sua bambina, bisognosa di aiuto. Soprattutto, dopo il terribile periodo passato da Connor.

«Papà. Vai.» le iridi azzurre della figlia fissarono con decisione quelle del padre, che in quell'attimo trasalì improvvisamente. Quello sguardo valeva più di mille parole, quando lei faceva così significava molte cose, tra cui: "togliti dai piedi e fidati di me una volta per tutte". Okay, ora ne era certo, si sarebbe potuto fidare. 

«Va bene, tornerò il prima possibile, mi raccomando stai attenta, se ci sono problemi chiama.» l'uomo, i quali tratti del volto ormai erano invecchiati visibilmente da quelli di tredici anni prima, oltrepassò il bancone.

«Sì.» Leah rimase ferma, con gli occhi puntati sul genitore, mentre lui la salutava prima di andarsene. 

Quando se ne fu andato, sospirò sollevata: non poteva assolutamente perdersi questo incontro di lavoro che sarebbe potuto risultare davvero fruttuoso, solo perché era preoccupato per lei. Insomma, come lasciarsi scappare un cliente che voleva trattare per comprare un'intera fornitura di trentocinquanta pezzi di lampadine led di eccelsa qualità!

 

Per un secondo si fermò a riflettere, pensando da dove erano partiti, per arrivare a quel punto. Dopo essersene andati da Connor, all'improvviso, e del quale motivo lei ne era del tutto allo scuro, tornarono a Boston, dove presero in affitto un locale, nel quale avviarono una piccola attività di ferramenta e oggetti per la casa, e l'appartamento sopra, che poi, avrebbero comprato definitivamente in seguito, quando possedettero una loro stabilità economica. Infatti Frank, prima di andare da Connor, si era licenziato dal suo piccolo lavoretto da impiegato sottopagato, e la casa era stata venduta, anche di questo, la motivazione le era del tutto sconosciuta; per anni le aveva sempre detto che lo aveva fatto per pagare i vari debiti e quello era anche la causa del trasferimento da quel diavolo di Miller, ma a lei questa cosa aveva iniziato a puzzare, soprattutto dopo le varie incongruenze che si erano presentate negli anni. Come mai aveva perso ogni rapporto con suo cognato? E Se era veramente colui che diceva di essere, in qualche modo doveva sapere dove fosse finita Eirene...

Queste erano domande senza risposta, come tutte quelle che si poneva da dodici anni a quella parte. All'inizio le irritava assai questo fatto, alimentava il suo pensiero di essere un'incompresa e sola, alla quale nessuno doveva rendere risposta. La sua piccola testolina non faceva altro che farsi domande, alle quali non riceveva mai risposta. La sua intera esistenza era basata su risposte mai date e misteri irrisolti. Ma in quel momento della sua vita, ci aveva perso le speranze, non le importava più così insistentemente sapere dove fosse sua madre o cosa si celasse dietro la figura terribile di Connor Miller. Ogni tanto i quesiti se li poneva, forse anche un po' più di "ogni tanto", ma rimanevano dentro la sua mente...

La cosa che le faceva più male, anche a distanza di anni, era non sapere dove fosse finita sua madre... Frank, quando era piccola non faceva altro che ripeterle che se ne era andata e che un giorno sarebbe tornata, ma non fu mai così, e quelle affermazioni si dimostrarono pure fandonie. 

 

Una volta, a tredici anni, ormai consapevole del mondo che la ospitava e di come giravano le cose, chiese a suo padre se Eirene fosse morta. Voleva una risposta secca, diretta, non voleva giri di parole. Avrebbe accettato qualsiasi genere di risposta, ma ne voleva una. Non poteva continuare a rimanere zitta e subire.

«No.» era stata la risposta secca del suo genitore, così convincente e veritiera. Una parte di lei voleva chiudere lì il discorso, ma la sua indole da adolescente intraprendente voleva ricevere molto di più di una semplice risposta monosillabica, a costo di arrivare ad una discussione.

Gli chiese dove fosse allora, e lui le rispose che non lo sapeva. Allora iniziarono a discutere, quella sera volarono parole grosse dalla bocca della tredicenne, stanca di ricevere risposte incomplete «Ti odio!» urlò. «Avrei voluto avere mamma con me piuttosto che te!» 

L'uomo si infuriò a dismisura, ed a differenza di chiudersi nel suo guscio di tristezza e dolore, come ogni volta che si tirava fuori l'argomento di Eirene, urlò a sua volta contro la figlia, con la rabbia che gli pompava nelle vene, e la mise in punizione nella sua stanza. Si ricordava quel giorno come se lo stesse vivendo sul momento, mai aveva visto il padre così arrabbiato. Dal canto suo, l'uomo, doveva affrontare prima o poi l'eta dell'adolescenza di sua figlia, ed era così estremamente dura... da bambina era sempre stata un po' vivace, ma in quel periodo era ingestibile. Sapeva che non sarebbe stato facile, e che lei pretendeva risposte da lui, il quale non poteva, e non voleva ancora darle. 

Alla fine lei decise di scappare di casa, dalla finestra di camera sua. Non sapeva dove andare, forse da Margaret, la sua amica delle medie, e poi, chi lo sapeva... voleva soltanto vedere Frank sparire dalla sua vista.

Preparò il suo zainetto con le cose essenziali: succo di frutta, il suo amato "Dracula", il suo cellulare e una barretta di cioccolato.

Così, a mezzanotte, uscì dalla finestra, pronta per andarsene.

Inutile dire, che il giorno dopo il padre la cercò per tutto il tempo, e alla fine, la madre di Margaret, spinta dai sensi di colpa, gli rivelò la verità: Leah era a casa sua, e non aveva intenzione di tornare a vivere con il genitore. 

Così lui decise di irrompere a casa di Margaret, volarono altre parole pesanti, la ragazzina corse fuori dalla porta come un fulmine. L'amica, che stava assistendo alla scena incredula, non riuscì a mettersi in mezzo tra i due, e, quando uscì insieme a Frank, dopo aver fatto circa cento metri di strada, entrambi si trovarono davanti ad una scena agghiacciante. 

«Leah!»

La ragazzina era ai lati della strada, accasciata a terra, stava tremando. Un'auto poco prima che uscissero, la aveva quasi investita, ma per fortuna lei era riuscita a schivarla, anche se il trauma emotivo era più presente che mai. Stava piangendo, e quanto desiderava interrompere quelle maledette lacrime. Doveva farsi vedere forte agli occhi del genitore, fargli vedere che non aveva bisogno del suo aiuto, che in realtà stava benissimo. Ma come nascondere una cosa talmente evidente? Oh, ma chi voleva prendere in giro? La verità è che aveva avuto paura di morire e di non vedere più suo padre, la sua amica...

Per fortuna nulla di tutto ciò era successo, ma il terrore di quei pochi secondi continuava a ripresentarsi nella sua memoria. In realtà non odiava Frank, in realtà lui era la persona più preziosa che ella avesse mai avuto nella vita. Era solo maledettamente furiosa con lui perché le nascondeva sempre delle cose che lei riteneva importanti. Non voleva dirgli di odiarlo, non voleva dirgli che avrebbe voluto Eirene al posto suo. Lui era suo padre, e sua madre. Eirene non c'era, lui aveva scelto di restare, e quella era la scelta migliore che potesse mai fare, la fortuna più autentica di tutte. L'amore che entrambi si professavano era immenso, indescrivibile. Né Eirene, né Margaret, né chiunque altro avrebbe mai potuto sostituirlo. Nonostante i problemi, la situazione economica non certo florida, i loro caratteri così diversi, loro due erano insieme da tutta una vita. L'uomo che l'aveva vista nascere, crescere, non l'aveva mai abbandonata. Non esiste dimostrazione di amore più puro di un padre che ama la propria figlia, proprio come Frank con Leah. Frank era un dono per Leah, e Leah lo era per Frank. Il problema è che ella lo aveva capito solo in quei tre secondi che potevano esserle fatali. Improvvisamente non agognava così insistentemente le risposte alle sue domande, non le interessavano quasi più, lei era viva, lei aveva suo padre, lei non era sola, nonostante tutto.

Al genitore stava per esplodere il cuore, mai aveva visto la sua piccola in quelle condizioni, così minuscola davanti al mondo che lei stessa voleva sfidare, e che quel pomeriggio stava per ucciderla. Mai, aveva provato una sensazione del genere, nemmeno quando la donna della sua vita aveva lasciato vuota la parte del letto affianco alla sua, quella mattina di tredici anni prima. Lui non aveva bisogno di conferme, sapeva che la figlia in realtà era il suo più grande amore, il suo dono più grande, la sua intera vita. Il solo pensiero che lei stesse per morire, faceva spirare anche lui.

«Papà scusa, io ti voglio bene. Non andartene, non odiarmi.»

 

Quelle immagini erano ancora vivide nella sua mente, ogni tanto ci ripensava. Se non avesse mai vissuto quell'orribile esperienza, forse, non avrebbe mai compreso tante cose che dava invece per scontate. Da quel giorno non vi furono più discussioni a riguardo della madre, non voleva più vivere istanti del genere. 

Si dedicò alla scuola, e ora, si era presa un anno sabbatico per capire cosa fare della propria vita, se frequentare un college, o trovarsi un'occupazione, e tendeva alla seconda opzione. Nel frattempo, ovviamente, stava aiutando il genitore con il lavoro, e siccome aveva sempre tempo, fare gli straordinari per lei non era affatto un problema. Di recente avevano assunto un ragazzo, Ernest, che lavorava due giorni a settimana, aiutandoli con il negozio. Era molto efficiente. 

Tutto sommato le cose non potevano essere più tranquille di così.

 

Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si accorse che era entrato un nuovo cliente.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Lucreziaa31