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Autore: Always_Potter    15/03/2021    3 recensioni
Quando Ryuk lascia cadere il suo quaderno sulla Terra, l’unica speranza dell'umanità è il primo detective al mondo... e una squadra non troppo scelta di Auror.
°*°*°*°
«No, aspetta, fammi capire. Tu hai passato gli ultimi vent’anni a fingere di non esistere, c’è gente seriamente convinta che tu sia un vampiro, e ho visto Robards sull'orlo delle lacrime perché ti sei rifiutato di apparire davanti al Wizengamot per quattordici volte. Ora lanci minacce in diretta televisiva, prendi il tè delle cinque con sei Auror e vuoi presentarti al primo sospettato? Il prossimo passo qual è? Invitare Kira a prendere parte alle indagini e diventare amici del cuore?!»
«Beh, all’incirca… sì, quello sarebbe il piano a lungo termine. Acuta come sempre».
La strega, allibita, accarezzò l’idea di piantare qualcosa di molto acuto nel cranio del detective. Tipo un coltello da cucina.
O una katana.
Avrebbe fatto un sacco di scena.
°*°*°*°
Un detective dal genio imbattuto.
Una Auror dalle abilità eccezionali.
Una quantità sterminata di bugie.
Il Mondo Magico ha di nuovo bisogno di essere salvato.
Genere: Fantasy, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7

La faccia tosta che ti ritrovi

31 dicembre 2003

«Bentornato, Sovrintendente.»

Il saluto parve cadere nel vuoto, mentre l’uomo scandagliava la stanza con la fronte aggrottata.

«Solo cinque, eh? No, anzi…» fece una pausa, alzando il mento con fare determinato. «Significa che ci sono ben cinque uomini disposti a rischiare la vita per combattere il crimine.

«Ma, a parte ciò, non so proprio come faremo visto che, me compreso, non siamo che in sei» aggiunse il Sovrintendente, andando a sedere alla sua scrivania.

«Non dica così» intervenne un agente dall’aria giovane, sorridendo. «Contando L siamo in sette. E con Watari fa otto, no?»

«… Se il vostro senso della giustizia è tale, non posso che avere fiducia in voi.»

«U-un momento… L avrà anche fiducia in noi, ma siamo noi che non ci fidiamo di lui!» sbottò un agente dai folti capelli ricci, voltandosi verso la videocamera del computer. Dopo qualche secondo di silenzio, si spiegò in tono più pacato, quasi a disagio: «L, noi abbiamo deciso di catturare Kira a tutti i costi e dovresti sapere che rischio comporta, eppure non fai che darci ordini, senza mai mostrarti in volto»

«Noi vogliamo dare la caccia a Kira, ma come possiamo fare squadra con te?» intervenne un collega dal volto spigoloso e corti capelli lisci. «E non siamo certo gli unici a nutrire dei dubbi sul tuo conto! Anche l’opinione pubblica inizia a voltarti le spalle!»

«Sfido io! Per colpa sua sono morti dodici Auror! Per non parlare di quella scomparsa, di cui ci ha ordinato di annunciare la morte anche se non ne abbiamo mai trovato il cadavere! Cosa vuoi che pensi la gente?!»

Sophie, rannicchiata sulla poltrona di L con un libro in grembo, si sentì chiamata in causa. Corrucciò la fronte e fece per parlare, ma il detective alzò una mano pallida, senza voltarsi a guardarla.

Lei si trattenne, continuando ad ascoltare il Sovrintendente confermare i dubbi dei suoi sottoposti con tutto il garbo e il rispetto possibili, per poi cercare di tornare alla sua lettura, imbronciata. Una manciata di secondi dopo, però, non riuscì a non guardare L con gli occhi strabuzzati dopo che gli agenti giapponesi insinuarono che lui e Kira fossero la stessa persona.

Il ragazzo le dava le spalle, seduto davanti al pc adagiato sul tappeto, ma lo vide irrigidirsi appena sotto la maglietta bianca.

 «Ascolta, L» la voce dosata del Sovrintendente Soichiro Yagami si levò nuovamente, «se intendi catturare Kira insieme a noi, perché non vieni qui al Quartier Generale?»

«Giusto! Se ci mostrassi chi sei e lavorassi al nostro fianco, allora anche noi potremmo fidarci di te e collaborare!»

Sophie fissò L, in attesa che si muovesse: cosa aspettava a dire che il suo piano era di farli venire a lavorare con loro fin dall’inizio? Perché aveva omesso quell’importantissimo dettaglio, anche ora che gli agenti erano rimasti così pochi? Era un altro test?

«Come ho detto poco fa, io ho fiducia in voi» affermò il detective, «Watari, procedi»

«Subito».

L prese a digitare sulla tastiera, ma da quell’angolazione Sophie non riusciva a vedere lo schermo. Si sporse in avanti, provò a raddrizzarsi, ma leggeva solo brandelli di messaggio. Guardando il detective con aria circospetta, iniziò a scivolare dalla poltrona al pavimento, per avvicinarsi a lui.

Inutilmente.

Stava praticamente per ansimare sul collo di L, quando lui smise di digitare e ruotò millimetricamente il capo all’indietro. «Ho dato loro un’ultima chance per farsi indietro prima di incontrarmi».

Sophie arretrò di botto finché non fu schiena contro la poltrona, mentre il detective si voltava a guardarla con un sopracciglio alzato. Lei tossicchiò, guardando altrove. «Sì, ehm, incontrarci, semmai»

L replicò con un cenno di assenso, ma era evidente che fosse divertito dall’averla colta per una volta con le mani nel sacco. «A questo proposito, comunque, gradirei se lasciassi che sia io a spiegare agli agenti la tua situazione, non voglio che sappiano più del dovuto». Sophie incrociò le braccia, contrariata.

«So parlare, eh»

«Questo lo so» replicò L, prima di alzarsi e porgerle la mano. Lei, senza pensarci, la prese e si fece aiutare.

«E cosa staresti insinuando con questo, Ryuzaki?» ribatté, in un misto di sorpresa e finta indignazione. Lo guardò con quella che avrebbe dovuto essere un’espressione minacciosa, se fosse riuscita a trattenere il sorrisetto all’angolo della bocca.

«Non sto insinuando niente, Sophie… sto candidamente affermando» le rispose il detective, con quella che lei non avrebbe saputo definire altro che una faccia da schiaffi.

«La faccia tosta che ti ritrovi» sibilò, scuotendo il capo e sorridendo apertamente.

«Mh mh…»

Mentre L la guardava negli occhi con un sorrisetto, Sophie realizzò improvvisamente di essere in piedi di fronte a lui. Realizzò anche come fosse finita in piedi di fronte a lui. Realizzò anche di avere la mano ancora in quella del detective, un calore strano in quel contatto freddo e il cervello completamente in tilt.

«B-beh, sarà meglio che vada a preparare un po’ di caffè, ci aspetta una notte lunga» si affrettò a dire la strega, sfilando la mano dalla presa del detective e dandogli le spalle.

Si fermò un momento a chiudere il libro abbandonato sulla poltrona. Poltrona che, per inciso, aveva preso l’abitudine di occupare ogni volta che ne aveva l’occasione… o, meglio ancora, quando voleva una piccola rivincita su L.

E dopo la conversazione di quella mattina, Sophie aveva parecchio bisogno di una rivincita.

Certo, forse il ragazzo le aveva concesso una momentanea vittoria in quella partita a scacchi di cose non dette, quando l’aveva lasciata ai suoi studi con un sorrisetto sulle labbra. Lei, tuttavia, non era riuscita più a fare nulla per il resto della giornata, tormentata da come fosse venuto a sapere di…

“Mi è giunta voce di un… incidente, avvenuto durante la cattura di un Mangiamorte.”

Solo i suoi amici lo sapevano, ed era certa che non avrebbero mai detto niente. Inoltre, non era possibile che fossero entrati in contatto, anche indiretto, con L…

D’un tratto, le si accese una lampadina.

«Ryuzaki?»

«Sì?» fece il detective, nuovamente impegnato a digitare sulla tastiera.

«… È stato Robards? A dirtelo, intendo». Il ticchettare dei tasti si fermò per un attimo, prima di riprendere indisturbato per una manciata di secondi. Dopodiché il ragazzo chiuse il pc, voltandosi verso di lei.

«Pensi che ti darò una conferma?» le chiese, atono.

Sophie sbuffò. «No, in effetti può essere stato solo lui»

«Ne sei sicura?» La domanda di L l’aveva presa in contropiede. La guardava con il capo lievemente piegato di lato, i capelli che gli cadevano obliquamente sul volto e sui grandi occhi spalancati. La sua espressione e la sua voce sembravano denotare del sincero interesse, come se fosse confuso dalla sua affermazione.

Sophie aggrottò la fronte e aprì la bocca per ribattere che sì, ne era sicura, perché era assolutamente ovvio, era assolutamente scontato che-

Si bloccò un attimo prima di prendere parola, richiudendo lentamente la bocca e assottigliando lo sguardo.

Mi sta fregando!

Se la guerra fosse stata più clemente con Malocchio Moody, e se il guardingo, diciamo pure paranoico Auror le avesse fatto da mentore, l’avrebbe sicuramente strigliata un giorno sì e uno pure. Questo perché Sophie, della figura criptica e di poche parole tipica degli Auror, aveva ben poco: tendeva, piuttosto, a essere un libro aperto e di una sincerità disarmante… tranne su alcune cose.

L’incidente di alcuni anni prima, il tremendo errore che aveva fatto e sepolto in un passato non troppo lontano, era decisamente tra quelle cose.

«Ryuzaki, se sapessi, non avresti bisogno di chiedere» disse infine, inarcando un sopracciglio. Se il mago avesse conosciuto i dettagli, avrebbe saputo benissimo che gli unici coinvolti erano i membri della sua squadra, i suoi amici più stretti, e che quindi solo Robards avrebbe potuto sia saperne qualcosa sia averne parlato con lui.

«E poi, seriamente, la faccia da pesce lesso non attacca» aggiunse la strega, tentata di tirare un cuscino in faccia al detective. Ogni traccia di innocente interesse scivolò dal suo volto, sostituita da un leggero sorrisetto.

«No?»

«No, l’hai bruciata quando ci siamo conosciuti» Sophie lo vide alzare le sopracciglia in una muta domanda, e sbuffò. «Ok, senti, ti sei comportato come un perfetto e freddissimo stronzo! Tutta la recita da grandi-e-innocenti-occhi-scuri era da considerarsi scartata dopo i primi dieci secondi di conversazione.»

L la fissò per un momento.

Poi ridacchiò.

Era un suono caldo, profondo, un po’ roco.

Sophie voleva scomparire nel nulla e anche rimanere ad ascoltarlo per sempre.

«Ok, cercherò di impegnarmi di più» decretò il giovane, un genuino sorriso ancora ad aleggiare sulle labbra sottili.

Lei deglutì, annuendo un paio di volte.

Poi scappò in cucina, con tutta la dignità che potesse chiamare a sé.

 

Gli agenti rimasti a indagare ora erano cinque in totale, e si erano cambiati le divise tradizionali con dei comunissimi e impeccabili completi babbani, accortezza suggerita da L ma in realtà molto comune nella Comunità Magica giapponese.

Mentre li attendeva in salotto, Sophie li udì presentarsi -Matsuda, Aizawa, Ukita, Mogi, e ovviamente il Sovrintendente Yagami, e iniziare quasi subito a perdersi in una serie di domande, obiezioni e mormorii concitati. La strega, ormai abile nel navigare la piattezza della voce di L, riconobbe subito il tono tediato delle sue risposte.

Tedio che non migliorò quando Matsuda, il giovane ed esuberante agente che aveva sentito incoraggiare i colleghi qualche ora prima, la vide comodamente seduta in salotto.

«LEI DOVREBBE ESSERE MORTA!» sbottò, indicandola con gli occhi strabuzzati.

Sophie sbuffò nel tentativo di trattenere una risata, nascondendo il volto in una mano.

Mooolto, molto meno divertito pareva essere L, che aveva serrato le labbra in una linea pericolosamente sottile. Onde evitare ulteriori incidenti diplomatici, Sophie decise di contravvenire ai suoi ordini, affrettandosi a spiegare le circostanze della sua morte sfiorata.

«No, non sono morta, piacere» ridacchiò, vagamente a disagio sotto gli sguardi sbigottiti degli agenti. «Ehm, Kira ha ucciso grazie a un documento fornito dal Ministero americano, documento che riportava anche la mia identità…»

«Sì, ma-»

«Ma, non era corretto. Semplicemente, Kira aveva il mio volto ma non il mio nome… o meglio, pensiamo conosca il mio volto, per questo ho mantenuto un profilo ancora più basso in questi giorni… non ho bisogno che Kira arrivi a finire ciò che ha iniziato» spiegò la strega, stringendosi nelle spalle.

I colleghi iniziarono ad annuire, scambiandosi qualche sguardo pensoso.

«Perciò il nome sul fascicolo era errato…»

«Ed L ci ha chiesto di comunicare la sua morte per poterla proteggere da Kira»

«Esattamente» confermò Sophie, sorridente. L’entusiasmo dei colleghi, però, non pareva pronto a scemare tanto in fretta.

«Che sia stata una coincidenza? O che ci sia qualcosa sotto?» rifletté Aizawa.

«In effetti, potrebbe essere che qualcuno abbia volutamente trasmesso le informazioni sbagliate…» convenne Matsuda.

«Forse dovremmo investigare…» la proposta di Ukita fu tranciata di netto dalla profonda e gelida voce di L.

«Quanto accaduto a Sophie è una questione già risolta. Le indagini di dovere sono state già eseguite, perciò vi inviterei a concentrarvi sul caso. E chiamatemi Ryuzaki, d’ora in avanti».

Nella stanza calò un silenzio carico di disagio; Sophie stessa spiò il ragazzo con la coda dell’occhio, confusa da quello scatto. Probabilmente, si disse, stava già accusando il colpo di interagire con tante persone alla volta.

Del resto anche Sophie era ormai disabituata ad altri che non fossero Watari o L stesso, ma per lui doveva essere anche peggio: non solo il mostrarsi ad altri agenti era, in fondo, una sconfitta, ma se cinque persone erano una miseria di fronte a un’emergenza internazionale del calibro di Kira, per gli standard di L dovevano essere una folla.

Folla che, certamente non si aspettava ciò che aveva trovato in quella stanza d’albergo: nello specifico, un ventenne con gravi problemi d’insonnia, una capigliatura fuori controllo e una mano alzata a mo’ di pistola.

Se io fossi Kira, voi sareste già morti” aveva spiegato L, dopo che ogni agente aveva mostrato la propria foto e fornito nome e cognome.

In effetti, almeno il “BANG” iniziale avrebbe potuto risparmiarselo.

La strega però l’aveva trovato estremamente divertente. E poi, forse era meglio che L esasperasse i nuovi arrivati in piena libertà, di modo che si abituassero in fretta al loro eccentrico superiore.

«Ehm, ok» fu Matsuda a spezzare il silenzio, evidentemente incapace di stare zitto per più di cinque secondi. «Scusa Ryuzaki, stavo pensando… se sappiamo che Kira ha bisogno dei volti e dei nomi, non possiamo chiedere ai media di non pubblicare più tali informazioni sui criminali? Questo ridurrebbe il numero delle vittime, no?».

L rivolse lo sguardo a metà verso di lui. «Se lo facessimo, a rimetterci sarebbe la gente comune»

«La gente comune?»

«E perché?»

Sophie combatté l’istinto di portarsi una mano agli occhi.

«Perché Kira è infantile, e non sopporta di perdere» disse L. «A dire il vero anch’io sono infantile e detesto perdere. Per questo lo so… anche Sophie ha avuto l’accortezza di farmelo notare».

La strega arrossì, mentre cinque paia di occhi si posavano su di lei. «Tecnicamente, non l’ho negato» bofonchiò, facendo ammorbidire appena il cipiglio del detective.

«Bene, posso dire la mia su questo caso?» riprese parola lui. Tenendo il pollice premuto contro le labbra sottili, come di consueto, iniziò a esporre la sua teoria riguardo agli sviluppi delle indagini. «Kira agisce da solo e ha sottratto informazioni al precedente Quartier Generale»

«Co… come fai a capire che agisce da solo?».

«Aspetta, Aizawa. Prima seguiamo tutto il suo ragionamento. Dopodiché, se ci saranno domande, rivedremo i singoli passaggi» disse il sovrintendente Yagami, bloccando ulteriori interventi. Sophie fissò l’uomo per qualche secondo, sentendo improvvisamente la mancanza di Harry: nonostante la sua celeberrima impulsività, spesso era lui a frenare l’irruenza della sua squadra, in momenti come quelli. La ragazza scacciò quel pensiero, cercando di concentrarsi sulle parole di L.

«Per uccidere, ha bisogno di un volto e di un nome. Entro certi limiti, può manipolare il tempo della morte, e anche gli avvenimenti che immediatamente la precedono.

«Tenete a mente ciò che vi ho detto e ascoltate attentamente quanto sto per dirvi» fra le sue dita apparve un pennarello indelebile, con cui iniziò a scrivere sul tavolino da caffè. Sophie sperò vivamente che il mobile non fosse costoso quanto sembrava. «Tra il 14 e il 15 dicembre arrivano in Giappone tredici Auror. Il 19, Kira svolge dei test su alcuni carcerati, allo scopo di provare a manipolare gli eventi precedenti alla morte. Ciò significa che, nell’arco di quei cinque giorni, Kira si è accorto della presenza degli agenti. Sentendosi minacciato, ha ritenuto necessario fare dei test sui criminali, per provare fino a dove poteva spingersi nel manipolare le azioni precedenti la morte. Questi esperimenti gli serviranno a uccidere gli Auror, dei quali non conosce né il numero, né i volti, né i nomi.

«Il 27 dicembre, infatti, si serve dei risultati di tali test per ottenere il documento contenente i volti e i nomi dei tredici Auror, riuscendo così a ucciderli.» Udendo quello scarno e lineare resoconto, indice dell’agghiacciante semplicità con cui Kira aveva fatto fuori i suoi colleghi, Sophie sentì un brivido lungo la schiena. A disagio, si alzò per andare ad appoggiarsi alla finestra più vicina.

«Questa è la prova che aveva bisogno di impedirci di comprendere chi fosse l’agente a cui apparteneva il file. Ma ciò implica anche che era entrato in contatto con uno di loro.

«Tutti i cadaveri dei dodici agenti sono stati rinvenuti nell’area di Tokyo. Per quanto ne sappiamo al momento, tra il 19 e il 27 dicembre in tale area sono morte di arresto cardiaco ventitré persone, tra ricercati e pregiudicati. L’obbiettivo di Kira è chiaramente differente da prima.

«In parole povere, per uccidere gli agenti, ha avuto bisogno di manipolare qualche criminale da poco conto. E ne ha usati così tanti per non farci capire quali gli siano serviti veramente. In realtà dubito che siano stati molti. Allo stesso modo, gli otto giorni trascorsi dai test all’attuazione del piano gli sono serviti a nascondersi, facendo sì che gli Auror indagassero anche su altra gente. Tuttavia possiamo affermare senza ombra di dubbio che Kira era tra le persone sulle quali indagavano.

«E così, Kira è costretto a fare i salti mortali per scoprire il volto e i nomi di tutti i membri del gruppo spedito qui; ma, per far sì che tutti posseggano quella pergamena, prima deve farla avere a qualcuno. Grazie all’aiuto del Magico Congresso degli USA, sappiamo anche l’ordine in cui gli agenti sono entrati in possesso del file. Non mi è concesso mostrarli ad altri, ma stando al loro contenuto…» L fu interrotto nuovamente.

«Fantastico! Con queste informazioni, possiamo farcela pure da soli!»

«Per prima cosa, dobbiamo trovare i punti in comune tra i ventitré morti per arresto cardiaco e gli Auror del MACUSA, no?»

«Dividiamoci in due gruppi, e vediamo se hanno lasciato qualche indizio».

Beh, almeno non mancano d’entusiasmopensò Sophie, osservando divertita L che, con una nota assassina nello sguardo, si stava preparando l’ennesima tazza di tè.

«Beh? Domande?»

«Io avrei una domanda, Ryuzaki» intervenne il Sovrintendente. «Prima hai detto che detesti perdere… ma il fatto di esserti mostrato a noi in volto non costituisce già una vittoria per Kira?»

«Esatto» rispose secco il detective, impassibile. «Il fatto che abbia dovuto mostrare il mio volto, così come la morte dei dodici Auror… rappresentano una sconfitta per me.

«Tuttavia…» riprese, grattandosi le ginocchia, sotto gli occhi attenti di tutti i presenti, «… alla fine sarò io a vincere… Anch’io sto rischiando la vita per la prima volta» Sophie lo fissò con sguardo sospettoso, mentre vedeva la sua bocca incurvarsi in un sorriso sottile. «Tutti noi che siamo radunati qui mettendo in gioco le nostre vite dimostreremo che la giustizia trionfa sempre.»

Gli agenti dell’Ordine esplosero in una sfilza di esclamazioni euforiche, mentre lei incrociava lo sguardo di L.

“Sul serio?” articolò silenziosamente, le sopracciglia inarcate verso l’alto e un sorriso divertito sulle labbra.

Lui mantenne la faccia da pesce lesso ma, in un attimo quasi impercettibile, la strega avrebbe giurato che le avesse fatto l’occhiolino.

Sbuffò, incredula, tornando a guardare fuori dalla finestra: in lontananza, dietro la neve sottile che punteggiava la notte, i lampi colorati dei fuochi d’artificio illuminavano la città. La strega sfiorò il vetro gelido, poggiandovi quasi la fronte… era il primo Capodanno che passava da sola.

Poteva ricordarne parecchie di notti passate a sparare fuochi d’artificio nel cortile della Tana, facendo strillare un’apprensiva mamma Weasley. Oppure a Hogwarts, a ubriacarsi in Sala Comune e a fare baccano finché la McGranitt non abbaiava di fare silenzio, perché non era intenzionata a fare l’alba con loro. E poi… le notti trascorse giocando a Monopoli e Spara Schiocco con la sua famiglia, con i suoi genitori…

Sophie trasalì al tocco gelido che le sfiorò un polso.

«Scusa, non volevo spaventarti. Sembravi molto… assorta».

Sophie batté le palpebre un paio di volte, lieta di non sentire gli occhi umidi mentre L la fissava con sguardo indagatore. «S-sì, sono solo un po’ stanca» disse in fretta, rimanendo immobile, la mano di lui ancora a un soffio dalla sua. Prima, quando l’aveva aiutata ad alzarsi, aveva notato quanto quelle mani affusolate fossero grandi rispetto alle sue, le dita lunghe, nocche e tendini pronunciati, la stretta insospettabilmente forte.

Non sapeva perché si fosse fissata su quel dettaglio.

Non era proprio un dettaglio che dovesse interessarle, come fossero le mani di L.

Però, ecco, non aveva mai notato-“Ok, è ufficialmente una spirale.”

Sophie si trattenne fisicamente dallo schiaffarsi una mano in fronte.

«Mh, mh…» fece il detective, lasciando cadere la questione.

Sophie si sentì vagamente dispiaciuta, ma soppresse quel pensiero mentre, a braccia conserte, lo ascoltava spiegarle che avrebbe parlato singolarmente con ogni membro del gruppo. Questo, comprese subito la strega, per assicurarsi che nessuno di loro fosse Kira.

«Come vedi, non sono poi così sconsiderato come direbbe qualcuno» aggiunse infine L, una sfumatura canzonatoria nel modo in cui aveva sollevato le sopracciglia in un cenno.

Sophie, sorpresa, ridacchiò. «E va bene, va bene, vai ora» gli diede una spintarella.

Stavolta, nessun dramma: lei non perse il sorrisetto di scherno che le colorava le labbra, e lui sembrava rilassato, divertito quasi.

Il detective fece per andarsene, ma si fermò dopo qualche passo, gettandole uno sguardo da sopra una spalla. «Sai, dovresti coprirti, fa freddo»

«Beh, qualcuno non mi ha ancora restituito il mio maglione preferito…» sospirò la rossa, incrociando le braccia, coperte dalle maniche ampie di una blusa sottile. «Non ne sai nulla?»

«Mh… no, ma conosco un ottimo detective che potrebbe aiutarti».

Lei rise, scuotendo il capo. Si ritrovò a fissarlo per un momento di troppo, mordendosi un labbro. «Buon anno nuovo, Ryuzaki» lo disse a voce bassa, quasi un mormorio nel trafficare del salotto.

La voce di L fu egualmente pacata quando le rispose, e i suoi occhi grigi parevano aver perso ogni traccia di freddezza.

«Anche a te, Sophie».

Forse non era poi così sola, quel Capodanno.

 

***

 

Al Ministero della Magia britannico, i festeggiamenti erano ben lungi dall’iniziare.

Certo, gran parte degli uffici e degli atrii erano adornati da un misto di agrifoglio, sfere natalizie e scintillanti decorazioni dorate. L’ottavo livello, ovviamente, era il posto dove più erano stati concentrati gli sforzi per dare un’aria festosa all’ambiente: l’immenso Atrium, le sue pareti di legno scuro, la sua celeberrima fontana, i camini della Metropolvere, l’ingresso visitatori e i cancelli dorati da cui si accedeva agli uffici, tutto era stato tirato a lucido e agghindato di tutto punto. Vi era addirittura un enorme “2003” di un viola intenso che fluttuava nell’alto soffitto, pronto a diventare un “2004” allo scoccare della mezzanotte, in un tripudio di miniaturizzati fuochi d’artificio.

Inoltre, sebbene gran parte del personale sarebbe stato esentato dai turni di notte, ogni mago o strega sfoggiava le vesti più sfarzose e i cappelli più splendidamente squisiti che potessero essere indossati sul posto di lavoro. Persino il responsabile della sicurezza dell’Atrium indossava una veste da mago in velluto color smeraldo con ricami dorati, la spilla d’argento del Ministero ben lucidata e un piccolo cappello a punta in pendant con la veste sul capo.

Lui poi, come i pochi altri colleghi poco fortunati che avrebbero dovuto passare il Capodanno nei confini stregati del Ministero, si consolava tenendo in fresco una bottiglia di bollicine, magicamente raffreddata nel cassetto della sua scrivania. Stava appunto controllando che l’incantesimo reggesse con fare alquanto compiaciuto, quando un mago si avvicinò discretamente alla sua scrivania.

Riemerse dal cassetto con aria diffidente, dato che praticamente nessuno andava a far registrare la propria bacchetta per entrare al Ministero l’ultimo dell’anno, ma il broncio sparì rapidamente. «Paciock! Anche tu il turno di notte?» chiese speranzoso, ben sapendo che un invito al piano degli Auror gli avrebbe garantito dei festeggiamenti degni di essere definiti tali: non era un segreto che fossero assolutamente il Dipartimento più impudente del Ministero, anche quando non si trattava di duelli tra colleghi suscettibili.

Neville si portò una mano alla nuca ed esibì un sorriso di scuse. «No Tod, mi dispiace, stavo giusto andando a casa»

«Oh» esalò la guardia, senza nascondere la delusione.

«P-però so che Colin e Proudfoot restano! E Robards piuttosto che uscire a festeggiare si farebbe evanescere le braccia, quindi potresti fare un salto…»

«Oh!» esclamò Tod, raddrizzandosi nuovamente nella sedia. «Ti posso aiutare?» aggiunse poi, colto dalla spassionata urgenza di ricambiare il favore all’Auror.

«Effettivamente, volevo chiederti se… sai, normalmente non dovrei coinvolgere qualcuno al di fuori del Quartier Generale…» spiegò, tentennante, catturando l’immediato interesse di Tod, che si sporse in avanti con fare cospiratorio.

«Puoi dirmi tutto Paciock, questa bocca? Una tomba!» gli disse, picchiettandosi la faccia con la bacchetta. Neville fece per fargli notare di essersi appena colorato i sottili baffetti biondi di verde acido, ma preferì tacere.

«Ecco, le cose giù sono un disastro, con tutta la faccenda di Kira…»

Il volto del mago s’incupì all’istante. «Quel gran bastardo, non ho mai sentito qualcosa di così schifoso da quando qui giravano i Mangiamorte!» sbottò adirato, e Neville sembrò studiarlo per qualche secondo, prima di guardarsi in giro.

«Eh-ehm… già…» mormorò, pensoso.

Tod sembrò aggrottare ancor più la fronte, i baffetti verdi esageratamente arricciati sotto al lungo naso. «Paciock, mica… mica sarai uno di quelli lì, eh?» disse, grattandosi nervosamente il capo sotto al cappello a punta.

Neville si schiarì la voce. «Quelli… quelli lì?» ripeté, portandosi una mano allo stomaco con un’espressione di leggero dolore.

«Massì, Paciock, quelli lì che…» stavolta anche il controlla bacchette si fece guardingo, mentre un gruppetto di maghi superava i cancelli dorati accanto alla sua scrivania per dirigersi verso la Metropolvere, un allegro augurio di buon anno sulle labbra. «Uhm, quelli che lo sostengono» mormorò poi, sicuro che nessuno fosse a portata d’orecchi nella sempre agitata sala d'ingresso.

Neville prese un sospiro. «Tod, senti, la cosa che ti dovevo chiedere… ho bisogno di sapere se sei disposto a darmi una mano. Sei sempre in uno dei punti più affollati del Ministero, e sicuramente sentirai un sacco di… discorsi…» L’Auror contraccambiò distrattamente gli auguri di qualche collega del Terzo Livello, subito imitato dalla guardia.

«Ci puoi scommettere, anche se non quanto Eric, sai com’è Eric…» commentò Tod, roteando gli occhi al pensiero del suo superiore. Quel vecchio bacucco con la barba sempre sfatta non faceva che dormicchiare tutto il giorno, svegliandosi solo per lamentarsi di lui e, soprattutto, spettegolare. Eric stava alla Sorveglianza da prima che Tod nascesse, sospettava, e conosceva assolutamente ogni singolo dipendente del Ministero: Tod aveva dovuto imparare a caro prezzo a non raccontare gli affaracci suoi al vecchio mago.

Certo, il vantaggio era che quella bocca larga funzionasse a doppio senso.

«Beh, appunto…» commentò allora l’Auror, con l’accenno di un sorriso malgrado si tenesse ancora lo stomaco con una mano.

«Ohhh» fece allora la guardia, premendosi il cappello sulla fronte mentre si curvava ancora più in avanti.

«Tod, ho bisogno che tu mi prometta di non farne parola con nessuno…»

«Sulla tomba di mia zia!» sbottò la guardia, attirando lo sguardo divertito di un paio di maghi del quinto livello.

«… Dovresti tendere l’orecchio… ecco, per quelli lì

Tod sbarrò gli occhi. «Paciock… non che non voglia farlo ma… è roba seria, lo sai? Perché lo chiedi a me?» chiese il mago con voce incerta, non facendosi troppe illusioni su quanto in basso fosse nella catena alimentare del Ministero.

L’Auror però non si perse in ulteriori spiegazioni. «È un sì?»

La guardia tentennò per qualche istante, poi annuì vigorosamente. «Grazie Tod, sono in debito… mi fido di te»

«Non ti deluderò Paciock… ohi, lo vuoi un sorso di champagne?»

 

Quando Neville si infilò finalmente nella Metropolvere, guardò il suo orologio da polso con un sospiro pesante: non vedeva l’ora di farsi una doccia e cambiarsi per passare a prendere Hannah.

Iniziare a uscire con lei era la cosa migliore che gli fosse successa quell’anno, forse da sempre, anzi e, nonostante fosse un mago piuttosto ansioso per natura, sapeva che niente sarebbe potuto andare storto quella sera. La semplice presenza della bionda strega dalle guance sempre rosse avrebbe potuto spazzare via ogni cupo pensiero dalla sua testa.

Tranne…

Si strofinò nervosamente all'altezza della bocca dello stomaco, al pensiero di ciò che stava facendo: non era abituato a tenere segreti, non con i suoi amici, nemmeno con i suoi colleghi, e sicuramente non con Hannah. Robards, però, era stato perentorio.

Quando, una manciata di giorni prima, lo aveva chiamato nel suo ufficio, aveva onestamente pensato di aver combinato qualcosa. D’altronde, in quei giorni il Capo sembrava essere ancora più irascibile del solito.

Sicuramente, non si aspettava di vedersi affidata una delicata operazione di… spionaggio? Lo avrebbe potuto definire così? Robards avrebbe sicuramente storto il naso, se avesse usato una parola del genere a voce alta.

Così come aveva storto il naso alle sue obiezioni.

 

«Tutto chiaro, Paciock?» gli aveva chiesto, senza nemmeno guardarlo in faccia»

«Beh, sì Capo ma… posso chiederle perché me?»

«Uhm?» aveva grugnito il mago, alzando gli occhi piccoli e freddi su di lui.

«Perché sta assegnando questo compito a me? Non sono esattamente uno dei più, err, qualificati, qui dentro?»

Robards aveva sfilato gli occhiali, il che non era mai un buon segno, e aveva storto sì il naso, anche tanto. «Paciock, ti stai lamentando perché ti sto dando un lavoro? Cosa vuoi che ti assegni? La pulizia dei bagni?!»

«N-no Capo, ehm… Non intendevo…» la voce di Neville si era spenta in un mormorio poco convinto.

Robards aveva assottigliato ulteriormente lo sguardo. «Ascolta Paciock, usa la testa, questo è un lavoro di discrezione ma non di infiltrazione, e mi caschi quel che rimane dei miei capelli se c’è uno solo dei tuoi colleghi che possa fare un’indagine del genere dentro a questo maledetto posto senza attirare attenzioni inutili! L’unica a cui affiderei una cosa del genere-» Robards si era interrotto di botto, e il suo cipiglio si era fatto ancora più cupo.

Neville non aveva bisogno di essere un Legilimens per capire che stesse pensando a Sophie. Allora aveva annuito. «D’accordo, Capo, se crede che sia la scelta migliore… farò del mio meglio».

L’uomo lo aveva fissato ancora per qualche secondo, poi lo aveva liquidato con un grugnito.

 

A Neville non restava che credere nella scelta di Robards, e ed essere il più cauto possibile.

Il suo stomaco brontolò nervosamente, sicuramente contrariato dal bicchiere di champagne.

Antiacido, avrebbe dovuto anche iniziare a procurarsi una pozione antiacido.

 


LUMOS

Helooooo, capitolo molto più lungo del previsto perché ho aggiunto un pezzo e mi sono presa bene. LOL perché sono così autodistruttiva? Vabbè, riuscirò a tirare tutte le fila, lo prometto.

Plus, scusate la lentezza ma sto prendendo delle decisioni riguardanti la trama e non voglio creare incongruenze o buchi (neri) di trama, quindi sopportatemi, in cambio il prossimo capitolo lo pubblico in anticipo perché ve lo meritate, ahahah

Plus, oggi sono affettuosa e volevo dirvi che vi adoro immensamente per starmi seguendo in questa avventura, quindi ecco, grazie a tutti :3

Un abbraccione virtuale <3

P.S./disclaimer: una parte dei dialoghi è ovviamente presa direttamente dal manga, tutto merito del buon Ohba. O della buona Ohba. Avete capito.

NOX

 

 

 

 

 

  
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