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Autore: Renegade_Outcast    18/03/2021    1 recensioni
Il Malvagio drago viola Malefor è stato sconfitto, l'esercito oscuro si ritira. Non è più tempo di guerra: è tempo di pace. O almeno, così ci si aspetterebbe. Dopo la battaglia più dura della sua vita, Spyro è convinto che nulla possa più andare storto, che finalmente potrà trascorrere giornate tranquille con i suoi cari. Un finale da fiaba, della serie "e vissero tutti felici e contenti". A quanto pare, il destino ha ancora qualcosa in serbo per i due draghi che hanno sconfitto il grande male. Scheletri nell'armadio finalmente disvelati, vecchie ferite vengono riaperte, e sanguinano ancora. Solo il tempo mostrerà la storia, la vera storia, di come tutto questo è iniziato. Qualcosa che Spyro e Cinerea forse non sono pronti a sapere, e che potrebbe cambiare la loro concezione della guerra, e delle loro intere vite...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Quella notte faceva molto freddo, tirava vento e infuriava la tempesta. I rami dei pochi alberi presenti nella pianura si piegavano fin quasi a spezzarsi, sotto la forza inarrestabile delle gelide raffiche. Tutti gli animali che erano riusciti a trovare riparo se ne stavano fermi nelle loro tane a tremare dal freddo e dalla paura. Tutti gli altri... meglio non pensarci.

 

In una caverna buia sul fianco di una collina, due giovani draghi, un maschio e una femmina, se ne stavano rannicchiati davanti ai resti di un falò prossimo a spegnersi.

 

Il maschio aveva squame di un brillante color porpora, il petto dorato e ali giallo scuro. Lungo la schiena correva una lunga serie di pinne dorate, che terminavano sulla punta della coda, anch'essa d'oro. D'oro erano anche le due grandi corna che aveva ai lati della testa, e gli affilati artigli.

 

La femmina aveva squame nere come il carbone, rosse nella parte inferiore del corpo, ali dello stesso colore. Aveva artigli d'argento, sei lunghe corna e spine affilatissime dello stesso materiale. Dello stesso materiale erano i gioielli che indossava sulle zampe anteriori, sulla coda e intorno al collo. Il viso, le zampe e la schiena erano decorate da tatuaggi bianchi.

 

Lui stava dormendo, con la testa appoggiata sulle zampe anteriori, la coda viola che oscillava dolcemente al ritmo del suo respiro. Lei invece era ben sveglia, cercando con tutte le sue forze di ignorare i dolori causati dalle ferite, ritornati solo ora, quando per tutto il giorno non si erano fatti sentire.

 

E poi c'era Silenzio.

 

Ciao Silenzio, ne è passato di tempo vero? Ti sono mancata? Immagino. Tu a me non sei mancato per niente.

 

Cinerea detestava il silenzio. A dispetto del nome, per lei era più rumoroso di qualsiasi cosa, anche della tempesta che infuriava all'esterno della grotta. Gridava, le gridava le peggiori maledizioni, la faceva sentire sola. Le ricordava il suo passato. Se per riflettere bisogna avere silenzio, allora per lei sarebbe meglio non riflettere più, non portava mai niente di buono.

 

Mostro...

 

Assassina...

 

Demonio...

 

Ombra...

 

Abominio...

 

Aberrazione...

 

Macchia...

 

Malattia...

 

Bestia...

 

Ogni volta che c'era silenzio, le tornavano in mente ricordi di anni prima, di quando ancora imperversava la guerra. Quando lei era ancora il terrore dei cieli, la servitrice del male, la morte in persona, il burattino del maestro delle ombre.

 

Se chiudeva gli occhi, poteva vedere sé stessa, in una forma adulta, alla testa di uno sconfinato esercito di scimmie in armatura. Intere città ridotte in macerie e date alle fiamme. Gli abitanti catturati, torturati e uccisi. Lei aveva condotto tutto questo per anni. Grida di dolore e sangue, morte ovunque, le città date in pasto ai mostri e ogni cosa che gli abitanti possedevano tra le mani delle scimmie.

 

All'inizio, dopo che Spyro l'aveva liberata dal controllo di Malefor, aveva dimenticato la maggior parte di quello che era successo negli anni precedenti. Quando gliel'avevano raccontato, aveva fatto molta fatica a crederci. Poi, col tempo, le memorie erano tornate, un po' alla volta, come una tortura psicologica.

 

E le erano crollate addosso come una valanga.

 

 

Attraversò di corsa i corridoi del tempio, da una porta all'altra, che si aprivano da sole al suo passaggio. Il silenzio era assoluto quella notte, l'unico suono in tutta la palude era il ticchettio dei suoi artigli sulla roccia, e l'occasionale gracidio delle rane.

 

I pochi animali che si trovavano all'interno dell'edificio scappavano immediatamente quando la vedevano, facendo versi terrorizzati. Persino gli insetti non volevano stare in sua compagnia. I ragni fuggivano davanti a lei.

 

Attraversata l'ennesima porta, dovette rallentare, causa la presenza di quattro grossi draghi, addormentati attorno a un'enorme statua. Erano tutti e quattro molti anziani, grandi almeno sei o sette volte lei. Ognuno di loro rappresentava un elemento naturale: fuoco, ghiaccio, terra ed energia.

 

I quattro draghi guardiani.

 

Fino a poco meno di un anno prima, loro erano i suoi peggiori nemici. Tre di loro – Volteer, Cyril e Terrador – erano stati per anni suoi prigionieri. Ignitus, il guardiano del fuoco, era l'unico ad esserle sempre sfuggito.

 

Ad uno sguardo attento, sui loro corpi potevano essere viste decine, se non centinaia di cicatrici, segni di spade e artigli. Molte delle quali causate da lei stessa.

 

Mi dispiace” mormorò, fregandosene del fatto che rischiava di svegliarli. Come se delle scuse, un semplice e banale “mi dispiace”, potesse bastare in qualche modo a riparare a tutti i torti che aveva fatto loro. A loro e a tutti gli altri.

 

Si voltò e tirò dritto, lasciandosi alle spalle la statua del drago, che pareva seguirla con malevoli e stranamente familiari occhi gialli.

 

Dopo altre due porte, finalmente, si ritrovò fuori dal tempio, nell'oscurità della foresta. Qui gli insetti e gli animaletti nascosti tra la vegetazione facevano molto più rumore, un suono rilassante, che sapeva di natura, di vita.

 

Rimase ferma per alcuni secondi ferma a contemplare il cielo stellato sopra di lei, le due lune gemelle, una rossa e una verde, che completavano quello che sembrava una vera e propria opera d'arte.

 

Cinerea, cosa fai qui? È pericoloso stare fuori di notte” chiamò qualcuno alle sue spalle.

 

Si voltò. Spyro era lì, con Sparx, la libellula gialla e fratello adottivo, che gli svolazzava attorno. “Spyro, ti prego, non rendere le cose più difficili di quanto non siano” disse. Nella sua voce c'era così tanta tristezza...

 

Vorrei solo capire” replicò il drago viola, facendo un passo avanti verso di lei. Cinerea scosse la testa: “me ne vado Spyro, non ho diritto a rimanere qui. Dopo tutto quello che ho fatto, che ti ho fatto...” disse, venendo subito interrotta da Spyro. “Cinerea, non dire così, nessuno ti biasima per quello che è successo”.

 

Ma io sì, parla per te” intervenne la libellula gialla. “Sparx!” lo rimproverò il drago viola, incredulo che avesse detto una cosa simile. “No, Sparx ha ragione, e ogni giorno che passa ne sono più convinta”. “Spyro, il tuo destino è qui, il tuo futuro è qui. Il mio è là fuori, da qualche parte, e devo trovarlo” aggiunse. “Cinerea, non andare...” la supplicò lui, tendendole una zampa. Lei scosse la testa, cercando di nascondere le lacrime che le stavano riempiendo gli occhi.

 

Arrivederci, Spyro” disse, e corse via, lasciandosi il suo unico amico alle spalle, forse per sempre.

 

 

Sapere di aver fatto del male a tutte quelle persone le aveva strappato l'anima... ghepardi, draghi, talpe... centinaia, se non migliaia, erano caduti sotto i suoi artigli...

 

Scosse la testa. No, si disse. Quello era il passato, è finita, era libera. Spyro l'aveva liberata, l'aveva salvata da Malefor e da quella cosa che era prima. Ora lei era qui, non doveva più pensarci. Giusto?

 

Ma che sto dicendo... quella ero comunque io, la colpa è mia...”. Si voltò a guardare il drago viola, beatamente addormentato. Se avesse detto una cosa del genere davanti a lui... sicuramente avrebbe cercato di dissuaderla, dando tutta la colpa a Malefor. Qualsiasi cosa pur di non dare la colpa delle sue azioni a lei.

 

Dolce, stupido drago viola... metti sempre gli altri al primo posto”

 

La sua stessa coscienza era divisa in due: da un lato, una parte di lei le stava gridando a pieni polmoni di lasciar perdere, dimenticare tutto e andare avanti. “È finita. Hai Spyro, Sparx, Hunter, i guardiani. Smettila di preoccuparti. Non hai colpe” ripeteva incessantemente. L'altra parte diceva alla prima di stare zitta.

 

Lasciò cadere stancamente la testa sulle zampe, chiudendo gli occhi, stremata da questo conflitto che da anni la dilaniava. Riuscì finalmente a scacciare quegli orrendi pensieri, e il sonno sopraggiunse da sé. Ma se Spyro sembrava venir cullato dolcemente dalle braccia di Morfeo, a lei non venne concesso lo stesso privilegio. Tutto il contrario...

 

 

La stanza era completamente nera. Non buia, anzi, riusciva a vedere benissimo, grazie alla moltitudine di cristalli blu-viola presenti sulle pareti. Queste erano semplicemente nere, come la pece, così il pavimento e il tetto, se c'era, ma era fin troppo alto per essere visibile.

 

Il centro era occupato da un grosso simbolo tracciato con quello che sembrava un gesso viola, tendente al rosso. Tre cerchi concentrici, collegati tra di loro da due quadrati sovrapposti e da una grande X che attraversava l'intero disegno. Brillava.

 

Fece qualche passo incerto in direzione del simbolo, anche se non sapeva perché: si sentiva come... attratta. Aveva la sensazione che fosse giusto andare verso quella cosa. La stava chiamando.

 

Si sedette a poco meno di un metro dal bordo del disegno. Sollevò una zampa e la strinse, affondandosi gli artigli nel palmo. Una fitta di dolore si diffuse rapidamente nella sua zampa, mentre un rivolo di sangue – stranamente molto scuro – gocciolava a terra, raggruppandosi in una pozza rosso-nera, macchiando il simbolo.

 

Cinerea si portò la zampa alla bocca, leccandosi via il sangue dal palmo e dagli artigli. Aveva un buon sapore.

 

Il terreno iniziò a tremare, il disegno brillava sempre di più, illuminando le pareti rocciose della stanza.

 

E poi esplose in una tempesta di luce e fiamme violacee.

 

Quando la luce diminuì, e il terreno smise di tremare, davanti a lei, sospeso da terra e circondato da una sorta di aura violacea, eccolo, il maestro.

 

Era solo un'ombra violacea semitrasparente, una testa e un lungo collo squamoso, coperto di pinne e spine affilate. Cinque enormi corna ricurve, denti appuntiti che sporgevano dalla bocca, occhi gialli e luminosi.

 

Malefor, il maestro delle ombre.

 

Cinerea si inchinò rispettosamente, la fronte che quasi toccava il terreno. Non osava guardare negli occhi lo spettro che le stava davanti. Il calore delle fiamme eteree le bruciava la pelle e le faceva lacrimare gli occhi, ma rimase ferma dov'era.

 

Trascorsero pochi secondi, che per lei erano minuti, e poi ore, un'eternità passata ferma, con la testa china, davanti al suo maestro, inchinata davanti a un dio dell'oscurità. Sentiva lo sguardo del drago sulla nuca, aveva la sensazione che le stesse guardando dentro la mente. Probabilmente era così.

 

E poi qualcosa iniziò a cambiare.

 

La luce si faceva sempre più scura, quasi nera, se questo aveva un senso. Anzi, tutto quanto attorno a lei stava diventando più scuro: i cristalli perdevano colore, le pareti simili a inchiostro. Aveva quasi il terrore di sprofondarvi dentro e perdersi in un oceano nero e infinito, un pozzo di tristezza e solitudine eterna.

 

Malefor iniziò a ridere, una risata strana, distorta, divertimento dato dal male, gioia data dal dolore altrui.

 

Cinerea sentì che il suo controllo su di lei stava sfumando, si guardò intorno terrorizzata, e poi alzò lo sguardo. Guardò lui, il maestro delle ombre, il signore dell'oscurità, mostruosamente spaventoso anche in quella forma eterea. Gli occhi gialli incontrarono quelli di smeraldo, scavando dentro di essi. Se gli occhi sono la finestra dell'anima, allora lui non ne aveva una.

 

Lei dietro quegli occhi non vedeva assolutamente niente.

 

Fece qualche rapido passo indietro... ma era con le spalle al muro. La grotta era improvvisamente più stretta. Malefor si fece più vicino. La sua sagoma diventava lentamente più scura, calda e fredda al tempo stesso, scura e luminosa contemporaneamente.

 

Cinerea” chiamò, con quella voce infernale. Il tono era invitante... quasi seducente.

 

Una grossa zampa scura, artigli nerissimi e squame di roccia, emerse dalla luce, tesa verso di lei. Dapprima sembrava un gesto invitante, gentile, di un amico. Fu quasi tentata di prendere quella zampa, come un aiuto, come un gesto di affetto.

 

Si ritirò appena quella iniziò a brillare, quasi come il sole.

 

Cinerea” disse ancora lui, stavolta più forte.

 

La zampa del drago scattò nella sua direzione ad artigli sguainati, pronta a squarciarle la faccia. Cinerea si riparò dietro le ali con un grido, e fu il nero.

 

Cinerea...”

 

Cinerea...!”

 

Cinerea!”

 

 

“Cinerea..?”

 

 

 

(Cantando con voce orrenda)

What good is memory? What good are througth and preyers?”

She was taken from me! She never will be there!”

If this is what love can bring, wipe the tears from your eyes!”

Now only blackness sings, now destruction's on the rise!”

Now destruction's on the rise...!”

Now destruction's on the rise...!”

Now destruction's on the rise...!”

Rip a hole in the fabric of reality's design”

Cast aside what will never be mine!”

Never be mine!”
“No happy ending this time”

(Tenete a mente questa canzone, tornerà utile pres- SPOILER)

 

Oh, salve.

 

Avevo per caso detto che non avrei fatto passare due mesi per scrivere il nuovo capitolo? Avevo detto che avrei fatto un capitolo stra-lungo? Ehm... vabbè, linciatemi.

 

Lo so, lo so, sono stato un po' kttv, ma fidatevi: il dolore è solo all'inizio. Questa storia è targata arancione proprio per questo *risata malvagia*. Altra cosa: avete sicuramente notato come ho spezzettato la storia in piccoli paragrafi. Il muro di testo mi faceva schifo, ma questo dannato sito fa degli spazi enormi. Boh, ditemi quale preferite.

 

Cya cya!

   
 
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