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Autore: NPC_Stories    20/03/2021    2 recensioni
Una raccolta di flashfic e oneshot che attraverso una parodia quasi sempre comica di alcuni cliché letterari racconteranno frammenti di vita dei miei personaggi ricorrenti, o anche piccoli missing moments di altre storie.
Aggiornamento a random quando mi sento ispirata.
Genere: Fantasy, Parodia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1322 DR: Damsel out of Distress


Città portuale di Arthyn, capitale del regno di Mukshar, regione del Lago dei Vapori

Beith aveva proprio voglia di una vacanza. La vita della ladra non è semplice né tranquilla, e dopo aver lasciato in fretta e furia la città di Ankhapur aveva girato buona parte dei piccoli regni che si affacciavano sul Lago dei Vapori. La sua fortuna era stata altalenante, a volte era riuscita a sgraffignare molto, a volte poco, spesso aveva perso tutto e poi aveva dovuto ricominciare.
Aveva una mezza idea di andare a cercare fortuna nella città di Ormpur o addirittura nel più lontano regno del Lapaliiya, ma prima di tutto voleva prendersi una meritatissima pausa. Per farlo però le occorreva denaro, che attualmente non aveva.
E quale luogo migliore per sgraffignare un po' di quattrini, se non un regno piccolo ma in crescita come il Mukshar? Quale momento più propizio, poi, della festa di nozze del re del Mukshar con una principessa straniera? Le strade della capitale erano in festa, gremite di gente che arrivava da tutto il regno e da ambasciatori dei regni confinanti. Le guardie erano troppo poche per controllare tutti. E, ciliegina sulla torta, il Palazzo aveva bisogno di molto personale temporaneo: preparare il banchetto, sistemare le sale del castello, organizzare l'ospitalità per gli ospiti non erano incombenze che si potevano affidare al caso.
Era un periodo d'oro per garzoni, artigiani, cameriere… e aspiranti ladre.

Beith si era fatta assumere come sguattera di cucina. Aveva passato tutto il giorno delle nozze a pelare radici e lavare piatti, le delicate manine le dolevano terribilmente ed erano piene di taglietti e vesciche.
Che pessima idea ho avuto! Si rimproverò mentre staccava dal suo turno di sedici ore. Le mani le dolevano così tanto da essere quasi insensibili; come avrebbe fatto ad alleggerire il tesoro reale, se non poteva fare affidamento sulla destrezza delle sue dita? Dannazione, perché non mi sono offerta come cortigiana e accompagnatrice? A questa gente appaio come un'elfa, ho il mio fascino. Dovrei farlo fruttare.
Ma era un ozioso volo pindarico, lei lo sapeva bene: non si sarebbe mai finta una cortigiana. Una come lei, che in passato era stata una schiava di piacere, aveva il vomito all'idea di farsi toccare da un uomo. Specialmente da un nobile che credeva di poter fare qualsiasi cosa con totale impunità, come l'arcimago che un tempo l'aveva posseduta.
La creatura fatata fissò con tristezza le sue dita arrossate e i polpastrelli raggrinziti. Che vita grama. Se almeno fosse riuscita a mettere le mani su un bel bottino, avrebbe potuto rifarsi di quei tremendi giorni di lavoro.

Abbandonato il grembiule da sguattera di cucina, Beith tenne comunque l'abito da serva con lo stemma della casata regnante cucito sul petto. Era una sorta di lasciapassare: bastava prendere qualche oggetto da un armadio di servizio - coperte, una brocca d'acqua, un set da toeletta - e inventarsi di essere una cameriera, perché le guardie del castello la lasciassero andare ovunque.
In realtà non avrebbero dovuto. Le cameriere importanti indossavano i guanti, quelle di basso livello no, e una guardia attenta si sarebbe accorta dell'inganno: Beith indossava i guanti (per coprire i segni del lavoro nelle cucine) anche se era chiaramente una ragazza assunta a servizio solo per il matrimonio. Ma nemmeno gli uomini d'arme del palazzo erano molto attenti a questi dettagli: in quei giorni il vino scorreva a fiumi, e Beith era abbastanza carina da mandare gli uomini in confusione con i suoi sorrisi. Fu così che l'ultimo giorno dei festeggiamenti, il giorno del matrimonio vero e proprio, Beith riuscì ad introdursi in molte stanze di ospiti importanti e sgraffignare un po' di bottino: qui una spilla, lì un sacchetto di monete, un anello con sigillo, qualche gemma cucita ai ricchi abiti delle dame… non male, ma non abbastanza per ripagarla di quelle dure giornate di lavoro.
Alla fine trovò qualcosa che valeva davvero la pena. Nella stanza di uno dei principi rinvenì un bellissimo pugnale cerimoniale con l'impugnatura in electrum[1] e zaffiri, probabilmente magico. Aveva lasciato le stanze dei reali per ultime, appena prima di lasciare il castello per sempre. Una scelta saggia, comprese, mentre si allacciava il pugnale e il suo bel fodero alla cosciera che teneva ben celata sotto la gonna. Era probabile che i nobili e i reali sarebbero tornati nelle loro stanze a breve.
Quello che Beith non sapeva era che il re e la sua nuova regina erano già saliti alle loro stanze, per consumare il matrimonio mentre gli invitati si godevano il banchetto. E molto altro doveva essere successo, ma lo scoprì solo quando uscì dalla stanza del principe attraverso un passaggio segreto[2] e sbucò in un corridoio laterale. Più in profondità in quella galleria, dove nemmeno le torce riuscivano a illuminare, sentì delle voci umane. Concitate. Qualcuno stava litigando: erano un uomo e una donna, stabilì dal timbro delle voci.
Incapace di resistere alla sua naturale curiosità di folletto[3], oltre che all'indignazione che le sorgeva dentro quando una donna si trovava in pericolo a causa di un uomo, Beith mise da parte ogni buonsenso e si diresse verso la fonte di quella confusione.

In una piccola stanza circolare, poco più di uno slargo all'incrocio fra i corridoi, la nuova regina stava discutendo con quello che Beith riconobbe come uno dei principi del regno. Lui la stava accusando di qualcosa, ma la ladra era arrivata troppo tardi per capire di che cosa. I due non l'avevano ancora vista e lei era incerta, non sapeva bene cosa fare.
Poi lui afferrò con malagrazia un polso della regina e la sbatté contro il muro, afferrando la gonna di seta con l'altra mano nel tentativo di alzarla, o strapparla. Beith a quel punto non ebbe più dubbi su cosa fare.

Fu con grande stupore che il Secondo Principe si ritrovò conficcato nella schiena il suo stesso pugnale. Era un'arma cerimoniale, senza filo, ma la punta funzionava benissimo.


**********
Questa storia è il sequel della precedente ed è ispirata al trope Damsel out of Distress, cioè quando una donna è abbastanza tosta da salvarsi da sola. In questo caso non è proprio letterale perché Beith salva un'altra ragazza; Beith è troppo furba per farsi sorprendere in distress.

[1] L'electrum è una lega di oro e argento che vale nominalmente la metà dell'oro, ma a volte vale di più a causa della sua rarità. Il regno dell'Halruaa è noto per essere la patria dell'electrum, ma è anche una terra di maghi, motivo per cui Beith pensa che il pugnale sia magico.
[2] I castelli erano spesso pieni di passaggi "segreti" che venivano usati dalla servitù per passare senza farsi vedere dai nobili. Niente di losco quindi: Beith sta solo usando un passaggio che ha visto usare da altre cameriere.
[3] Dimenticate i folletti alla Memole: in questo mondo, che si basa sulle meccaniche di D&D, "folletto" è un iperonimo col significato di "creatura fatata"; è la traduzione che qualcuno ha scelto per l'inglese fey nei manuali ufficiali.
   
 
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