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Autore: Greenleaf    20/03/2021    5 recensioni
Sotto l’ombra degli alberi di Amon Hen giace il corpo di una ragazza di nome Eldihen. Quando riapre gli occhi ed incrocia lo sguardo di Legolas, entrambi avvertono una sensazione intensa, qualcosa di inspiegabile e ancestrale.
La storia di Eldihen però, prenderà forma attraverso delle scoperte che le indicheranno il percorso giusto da seguire e, tra intrighi e falsi nemici da combattere, si ritroverà a vivere momenti mai pensati. Stregata da parole, sguardi e mostri che in realtà non sono poi così crudeli come lei temeva.
Vivrà l’incanto di un amore minacciato dalla guerra. Sarà vittima di un nemico tanto incantevole quanto misterioso. La sua storia inizia ad occhi chiusi, e per giungere alla fine Eldihen dovrà imparare a camminare nel buio.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eowyn, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
 
 
Rimase immobile dinanzi alla porta aperta, osservando Legolas scomparire tra gli alberi. Avvertì un tumulto dentro al suo cuore quando l’elfo si girò per guardarla, rimanendo svariati attimi fermo.
 
“Mia signora…” Nihil mosse qualche passo in sua direzione, appoggiandosi alla porta in legno “Chiudo la porta? Se ne sono andati”
 
Eldihen acconsentì, non spostando però lo sguardo dall’uscita, fino a ché non si ritrovò a guardare le sfumature marroni del portone ricamato con delle incisioni in ferro battuto. Si massaggiò ritmicamente le braccia, rattristita per aver lasciato Legolas. Piegò il viso alzando le sopracciglia, quando notò di portare ancora sulle spalle il mantello del suo amico Gimli. Non glielo aveva restituito. A stento riuscì a trattenere le lacrime, stringendo la stoffa del mantello. Gli mancavano molto, ma soprattutto gli mancava Legolas.
 
“Eldihen siediti!” Nihil si avvicinò a lei con una sedia in mano.
 
“No tranquillo… dalla a me” la ragazza asciugò velocemente le lacrime e prese la sedia appoggiandola a terra “Grazie molto gentile” intimidita si accomodò, rimanendo immobile con le braccia conserte ed i pensieri che vagavano nella sua mente.
 
“Tutto bene?” Nihil la studiò per diversi istanti, aprendo un fiasco di vino che aveva preso da dentro la sua credenza.
 
“Si, si. Mi spiace disturbarti!” rigidamente si piegò in direzione dell’elfo, osservando le sue larghe spalle avvolte da una lunga tunica blu. I capelli scuri erano semiraccolti da due trecce. Eldihen lo guardò dalla testa ai piedi.
 
“Nessun disturbo, anzi, devo ammettere che la tua compagnia è gradevole!” si voltò verso Eldihen con il calice di vino tra le mani, roteando il liquido presente nel bicchiere. Lo annusò, alzando le palpebre per guardare la fanciulla“Non ti devi crucciare ragazza, fa come se fossi a casa tua” con una certa dose di nonchalance, Nihil superò il tavolo, riponendo la bottiglia di vino dentro la credenza, sotto lo sguardo attento della ragazza.
 
“Casa tua è molto bella” guardò un quadro appeso di fronte la parete in cui lei era seduta, raffigurava un paesaggio invernale, alte montagne bianche ed un cielo grigio.
 
 
“Personalmente preferisco le case lontano dalle città. La confusione non fa per me” ammise appoggiandosi al camino a braccia conserte. Eldihen incontrò il suo sguardo e rimase ipnotizzata dai suoi occhi chiari e belli. Era affascinante e misterioso, doveva proprio ammetterlo.
 
“Concordo!” si costrinse a distogliere lo sguardo dal volto serio di Nihil, anche se con difficoltà.
 
“Quindi ragazza sei stata attaccata da un gruppo di orchi?”
 
Quella domanda la spiazzò completamente. In cuor suo riaffiorarono i vecchi timori, e nella sua mente si susseguirono delle scene orribili, tanto da sentire l’ansia crescere senza controllo. Respirò profondamente ricacciando i cattivi pensieri, l’immagine degli orchi e del sangue che macchiava il terreno. Strinse con le dita lo schienale della sedia, mordendosi un labbro. Si passò nervosamente la mano tra i capelli castani, chiudendo le palpebre, ripetendo più volte in silenzio che tutto era passato e che ora lei era salva.
 
“Eldihen, per caso ti senti poco bene?” Nihil notando la reazione della ragazza le si avvicinò repentinamente, chinandosi a terra per guardarla bene in viso. Era sorpreso, non la capiva.
 
“Scusami è che…” tirò la stoffa della gonna, aprendo gli occhi “ho difficoltà a parlare o a ricordare quel brutto episodio. E’ troppo doloroso per me” spiegò pacatamente ammirando il taglio sottile e sfilato degli occhi di Nihil. Lui non poteva immaginare quanto aveva sofferto. Era stato Legolas a tranquillizzarla parlandole, annullando tutte le sue paure. Lui sapeva che era doloroso affrontare l’argomento inerente all’attacco, infatti, non aveva mai turbato Eldihen in quei giorni trascorsi insieme. Legolas non gli avrebbe mai posto quella domanda, ma lui se ne era andato.
 
“Comprensibile. Mi spiace averti turbata, non era mia intenzione”
 
“Non potevi di certo sapere nulla, tranquillo!” cercò di non pensare a Legolas, concentrandosi su Nihil.
 
“Che ne dici di pranzare insieme?” cercò di sviare il discorso, sperando di calmarla.  Si trovava di fronte a lei, piegato sulle ginocchia.
 
“Accetto il tuo invito, grazie!” sorrise flebilmente spostandosi una ciocca di capelli.
 
“Basta con i ringraziamenti Eldihen, non fare complimenti” si rialzò da terra, seguito dall’occhiata della fanciulla “Se desideri qualcosa dimmi pure!”
 
“L’unica cosa che desidero in verità è darmi una sistemata…”
 
“Lì dentro c’è una stanza, troverai una vasca, se aspetti un attimo ti riscalderò l’acqua, anzi vado subito a preparare…” gli lanciò uno sguardo indulgente, la sua voce pacata ed affascinante la sorprese”Aspetta!” alzò una mano, allontanandosi da lei.
 
 Eldihen annuì soddisfatta, era stanca della sporcizia che aveva addosso da giorni. Avrebbe tanto voluto starsene ammollo in una vasca, lavandosi dal corpo polvere e fango.
 
 Seguì i movimenti di Nihil con gli occhi: aveva aperto la porta della camera, entrando dentro. Uscì dopo qualche istante con una bacinella colma d’acqua, indifferente alla ragazza che lo scrutava. Versò il liquido incolore dentro una pentola nel fuoco, scostando con uno spiedo di ferro, la brace e la cenere dalla pietra sotto il fuoco, producendo un rumore stridulo.
 
“Grazie” Eldihen si alzò, allontanando la sedia da lei. Guardò Nihil girato di spalle, raggiungendolo lentamente, stretta nel suo mantello verde. Superò il tavolino e si fermò a suo fianco incuriosita.
 
“Non avevamo detto che non mi avresti ringraziato?” Nihil si volto e sorrise ironicamente. Si alzò costringendo Eldihen a sollevare il collo per guardarlo. Era molto alto. Fu inebriata dal suo profumo di pino, molto gradevole. Deglutì, incrociando gli occhi di Nihil che non si erano spostati da lei.
 
“Hai ragione!”
 
L’elfo con un semplice sguardo aveva già compreso il carattere di Eldihen: pacata, sensibile, introversa, anche se non più di tanto e tremendamente turbata dall’evento vissuto. La trovò in un certo senso molto ingenua. Sicuramente era giovane tra gli elfi, di certo non aveva assaporato l’amarezza della guerra, visto che era molto impaurita da un semplice attacco da parte degli orchi. Poteva credere nelle sue idee. Eldihen era piccola.
 
“Dovrei avere qualcosa per te, anche se non ne sono sicuro” la lasciò vicino al camino, per ricercare all’interno del suo armadio una delle sue vecchie tuniche. Spostò frettolosamente diversi indumenti, trovando dopo un bel po’, una lunga veste di un color rosso vinaccia, con dei lacci nella parte davanti e le maniche di un tono leggermente più chiaro.
 
“Eccola!” se la passò tra le mani, allargandola per vedere se andasse bene “Di certo è piccola. Non so se ti starà bene, ma  tranquilla, potrai indossare una cintura, adattandola al tuo corpo perfettamente” camminò in direzione della ragazza, porgendole la veste.
 
“Gra…” Eldihen prese la tunica. Stava per ringraziarlo, ma si bloccò notando che Nihil aveva alzato un sopracciglio contrariato “Andrà bene”
 
“Speriamo!” soddisfatto per aver finalmente fatto capire alla ragazza di non doverlo ringraziare ripetutamente,  si abbassò per controllare la pentola dentro il camino. Adagiò una mano su di essa, era calda “Anche l’acqua sembra andare bene. Vado a prepararti il bagno. Attendi un attimo!”
 
 
 
Era tutto pronto. Nihil aveva detto ad Eldihen di recarsi in camera, lasciandola da sola.
 
L’elfo si trovava in cucina. Quando Eldihen richiuse la porta alle sue spalle, sicuro del fatto suo, si affrettò a raggiungere Epon con un mazzo di chiavi in mano. Aprì la gabbia velocemente, allungando il braccio per permettere al falco di stringere le zampe intorno ad esso. Si spostò quando l’animale aprì le ali, iniziando a muoverle.
 
“Fermo!” lo strattonò. Non avrebbe mai voluto attirare l’attenzione di Eldihen, soprattutto ora che era riuscito a trovare un minuto di solitudine.
 
“Ascoltami bene Epon” svelto si avvicinò alla parete rischiarita dalla luce delle candele bianche, aprendo la finestra. Un vento gelido mosse le tende candide, scostando i capelli di Nihil dal viso “Segui Legolas e Aragorn senza farti notare. Vola Epon, spiali e torna da me per raccontarmi ogni cosa: voglio sapere dove stanno andando. Vai in fretta prima che la ragazza esca dalla camera”aprì il suo braccio lasciando prendere il volo al falco che, obbediente si allontanò dalla casa, volando sugli alberi scuri pronto a raggiungere la compagnia, per spiarne i movimenti. Nihil rimase qualche istante a fissare l’animale, risoluto e freddo.
 
 
“Bene!” richiuse velocemente la finestra, nascondendo il mazzo di chiavi che aveva in mano sulla mensola vicina “Chissà se ho un minuto di tempo da concedere al mio bianco amico!” sorrise divertito, camminando avanti e indietro nella stanza. Si bloccò per scrutare la sua ombra lunga e nera. Gli sembrò di avere dinanzi la sua stessa anima, piena di malinconia e risentimento. Sospirò, distogliendo lo sguardo dalla parete portandolo alla porta chiusa alla sua destra, dove si trovava Eldihen “Tornerò presto!” andò davanti all’armadio aperto, ricercando l’armatura nera e blu che aveva deposto precedentemente. Aprì un cassetto trovandola.
 
La indossò e spedito uscì di casa, richiudendo la porta silenziosamente. Doveva muoversi in fretta approfittando dell’assenza di Eldihen. Il suo amico attendeva di vederlo.
 
Coperto dall’ombra dei rami Nihil camminò spedito, superando il sentiero, le mattonelle a terra e il laghetto vicino casa sua. Ignorò il canto degli uccellini che volavano liberamente sopra la sua testa. Era agitato ed anche un po’ nervoso, procedeva frettolosamente osservando i suoi piedi muoversi tra i sassi.
 
Si fidava di Saruman, lo stregone era stato l’unico ad apprezzarlo, accogliendolo, quando Legolas l’aveva bandito dal regno. La sua decisione era stata ingiusta, e pensare che lui aveva combattuto a fianco di re Thranduil sacrificando il suo stesso padre per il suo popolo. I suoi sforzi erano stati resi vani, Legolas l’aveva bandito senza considerare i suoi sacrifici e il suo dolore.
 
Saruman approfittando del suo stato confusionale lo aveva preso sotto la sua ala, ingannandolo, attraverso oscuri incantesimi che gli avevano offuscato la mente. Era diventato un burattino.
 
Raggiunse uno spiazzo, ricoperto da rocce appuntite intorno, pochi alberi avvizziti e molta oscurità. Si spostò avanti e indietro, ricercando con gli occhi la presenza di qualcuno. Fermò la sua attenzione su un rumore in lontananza. Un fetido odore lo costrinse a stringere le palpebre. Si appoggiò con una mano alla parete fredda di una pietra, rialzò il volto scorgendo quattro sagome farsi vicine, fino ad incrociare il suo percorso.
 
“Nihil, ho visto il tuo falco muoversi pericolosamente, i miei soldati avrebbero tanto voluto papparselo” un orco, dal brutale aspetto  mosse il collo ripetutamente, guardando Nihil negli occhi.  La sua carnagione era verdognola, i suoi occhi gialli e sottili. Aveva delle zanne e alcune cicatrici sparse in viso. Nihil trattenne il respiro per evitare di sorbirsi il puzzo dell’orco vestito di stracci.
 
“Taci feccia, grazie ad Epon i vostri piani si stanno concretizzando, anche se voi siete talmente stupidi da non riuscire a completare anche le missioni più semplici, branco di idioti” si girò, per osservare in lontananza i tre orchi rimasti dietro ad una roccia. Gli lanciò uno sguardo autorevole, continuando a parlare “ Circa un paio di settimane fa, vi avevo ordinato di massacrare la carovana diretta ai Porti Grigi, senza lasciare superstiti...”
 
“E’ così abbiamo fatto, li abbiamo trinciati tutti. Il tuo falco vede molto bene, ho mandato una pattuglia, gli elfi erano numericamente inferiori e sono tutti morti, nessuno ha lasciato queste terre” ringhiò battendo ripetutamente i denti giallastri. Nihil lo allontanò con il gomito, coprendosi il naso.
 
“Evita di starmi vicino. Comunque no, non li avete uccisi tutti, una ragazza è riuscita a scappare, è sopravvissuta, ma c’era d’aspettarselo da te lurido verme!” senza scomporsi o preoccuparsi del fatto che l’orco era armato di coltelli, Nihil si appoggiò su una roccia, a braccia conserte.
 
“E’ come fai a saperlo?” l’orco incuriosito piegò il capo, i suoi capelli crespi e sciupati gli ricaddero davanti.
 
“Non ti deve interessare… cambiando discorso, io avevo espressamente detto di voler incontrare Saruman il bianco!” alzò le palpebre, lanciando uno sguardo feroce all’orco davanti.
 
“Il mio signore Saruman non può allontanarsi da Isengard, è impegnato.”
 
“Digli che la compagnia è passata da queste parti, non mi chiedere dove è diretta o cosa hanno in testa perché non so rispondere. Ma tranquillo, ho la situazione sotto controllo!” sorrise beffandosi della faccia sorpresa dell’orco, lo spostò dal suo tragitto, lasciandolo vicino alla roccia. Uno strato sottile di nebbia si alzò da terra. Nihil si spostò, sotto lo sguardo attento del suo interlocutore.
 
“Tornatevene a Isengard o dove è richiesto il vostro servizio. Io ho una cosa urgente da sbrigare” si arrestò davanti ai primi alberi “Non c’è bisogno di incontrarci, invierò Epon con un messaggio per i futuri convegni”
 
Li lasciò sparendo tra le ombre degli alberi, senza timore.
 
Tornando a casa, pensò a come approcciarsi ad Eldihen. Aveva un’idea in testa e la ragazza faceva proprio al caso suo. Stavolta si sarebbe dato da fare per realizzare i suoi scopi personali, attuando un piano all’insaputa di Saruman.
 
Era stato lui ha richiamare l’attenzione degli orchi, ordinando di uccidere gli elfi di Imladris, ed anche se Eldihen era sfuggita al massacro, Nihil non si disperò, anzi, la considerò un’ottima pedina alla portata della sua mano.
 
 
 
 
 
La giovane dagli occhi azzurri si guardò intorno e chiuse la porta a chiave dietro le sue spalle. Esaminò la camera da cima a fondo: era piccola, un letto si trovava posizionato contro la parete, di lato un comodino con sopra una candela, un largo tappeto a terra e un piccolissimo baule all’angolo. Si perse nel verde delle pareti, ricordando la tunica di Legolas. Allungò una mano e tastò il muro con nostalgia, chiedendosi dove si trovasse l’elfo, se anche lui  la stava pensando. Sospirò, rassegnata al fatto che la sua mente ricollegava ogni cosa all’arciere. Non riusciva a cacciarlo dalla sua testa.
 
“Mi manchi”ammise tristemente. Si girò, trovando la piccola vasca colma di acqua, nascosta dietro il letto. Si avvicinò, slacciando il mantello grazie ad un veloce movimento.
 
Immerse la sua mano nel liquido trasparente per costatare la temperatura. Era tiepida, e sulla superficie galleggiavano dei petali di fiori profumatissimi. Era stupita di quel particolare, Nihil aveva pensato a tutto. Non aspettò molto, si svestì velocemente, lasciando che i vestiti ricadessero a terra. Si passò una mano tra i capelli arruffati e, dopo aver preso il sapone bianco vicino alla vasca, si immerse dentro l’acqua, bagnando il suo corpo ed i suoi lunghi capelli castani.
 
Il bagno caldo la rasserenò subito. Chiuse gli occhi e trattenendo il fiato si immerse dentro l’acqua, per poi lavarsi delicatamente, passando il sapone che profumava di lavanda, su ogni centimetro del suo corpo. Le bolle bianche avevano invaso la vasca, Eldihen appoggiò un gomito sul margine della superficie e si perse nei propri ricordi. Tornando indietro nel tempo, precisamente  a Gran Burrone.
 
 

 
Il rumore incessante del martello che colpiva la trave in legno, diede sui nervi ad Eldihen che, per aiutare suo padre si era allontanata da casa, sapendo di trascorrere la mattinata nel palazzo maestoso di sire Elrond. Si guardò intorno, mentre sistemava una sedia scricchiolante per ingannare l’attesa, lanciando di tanto in tanto una fugace occhiata alle cascate che si scontravano contro le rocce, producendo un rilassante fruscio che Eldihen avrebbe volentieri ascoltato per ore. Le vetrate erano immense, ricoprivano gran parte della parete, illuminando l’ambia biblioteca che si estendeva da un lato all’altro del muro.
 
“Passami i chiodi figliola” la richiamò il padre, senza distogliere lo sguardo dal cornicione che stava sistemando. Elrond si fidava cecamente di Ingin, considerandolo abile nel suo mestiere. Il migliore della Terra di Mezzo.
 
“Ecco, anche se servivano a me per la sedia” Eldihen che era comodamente appoggiata a terra si alzò per porgere una scatolina il legno al padre. Posò le mani sulle scale in cui era aggrappato, guardando da una parte all’altra con aria sbigottita. Era da poco arrivata ad Imladris, poiché aveva trascorso parecchi anni presso la casa di Círdan il carpentiere, e non era abituata a l’andirivieni a cui aveva assistito in quei giorni. Lindon era decisamente più silenziosa.
 
“Padre, vorrei ammirare da vicino il giardino di sire Elrond. Ti dispiace se ti lascio?” chiese addolcendo lo sguardo quando Ingin si voltò a quelle parole.
 
“Vai. In fin dei conti mi hai seguito per questo, o mi sbaglio?” domandò stringendo tra i denti dei chiodini di ferro. Si girò per assicurare il cornicione al muro, immaginando il sorriso che si era allargato sul volto della figlia.
 
“Torno subito” entusiasta Eldihen camminò velocemente in direzione della porta, un po’ emozionata di trovarsi dentro quel palazzo.
 
“Mi raccomando Eldihen non disturbare nessuno e rimani in zona” alzò leggermente la voce per far giungere alle orecchie della ragazza la sua ammonizione. Aveva educato Eldihen rigidamente, non avrebbe voluto che lei infastidisse qualcuno con le sue domande. Era una ragazzina curiosa. A detta di Ingin, aveva ereditato lo stesso carattere dalla madre.
 
L’ampia sala era illuminata dalla luce del sole. Eldihen udì in silenzio i canti provenienti dall’esterno, ammirando le scalinate in marmo ed i dipinti sulle pareti. Si fermò dinanzi ad una statua e con timore la sfiorò. Aveva imparato da Círdan a riconoscere i materiali, quando il padre a Lindon era impegnato a costruire delle possenti navi “E’ di berillio” tastò la superficie verdognola, in seguito passò il suo sguardo verso una grande porta in bronzo. Era chiusa, ma Eldihen avvertì come una dolce melodia e curiosa si avvicinò alla soglia, aprendo l’entrata con timore.
 
Era un po’ impaurita consapevole che  il padre l’avrebbe sgridata, o addirittura punita, così, con il cuore in tumulto entrò a passi felpati dentro una stanza molto particolare, dalle pareti argentate.
 
Al centro troneggiava una scrivania in legno, le gambe dalle sfumature dorate parevano assomigliare a delle donne. Vi era un vaso di cristallo pieno di fiori, affianco ad una pila di libri dalle copertine in pelle, di vari colori e grandezze.
 
Eldihen si avvicinò, sentendo la musica farsi sempre più forte, anche più del canto degli uccellini fuori. Ferma come un sasso vicino alla scrittoio, spostò con le mani dei fogli, trovando un anello dorato e brillante, con una pietra blu incastonata. Non osò prenderlo tra le mani, ma sfiorò con i polpastrelli il metallo freddo, avvertendo un fremito dentro al suo cuore: fu come investita da un vento tiepido, una voce che le sussurrava parole confortanti e piene d’amore. Rimase altri minuti immobile per godere di quella sensazione bellissima, isolandosi dal mondo intero, dai canti degli uccellini e dal rumore della natura. Si sentì cullata dalla melodia, rilassandosi completamente, trasportata in un’altra dimensione in cui non vi era né guerra, né sofferenza.
 
“Che ci fai qui dentro ragazza?”
 
Una voce perplessa la costrinse a ritrarre la mano, quasi come se fosse stata scottata.
 
“Io…” boccheggiò per qualche istante prima di trovare una valida spiegazione, scrutando le due figure che erano entrate in camera “Stavo guardando” disse infine girandosi con le braccia giunte dietro la schiena.
 
“Non è permesso entrare nello studio del re. Dovresti saperlo” continuò con tono di rimprovero l’elfo che aveva parlato poco fa. Era alto, indossava un’armatura d’argento. I suoi occhi scuri erano più taglienti di una lama, tanto da far abbassare le palpebre ad Eldihen che, rimproverandosi mentalmente, desiderò svanire in quel preciso istante.
 
“Chiedo perdono” si rincuorò considerando il sorriso sul volto dell’altro elfo, notando, con un’occhiata minuziosa di trovarsi dinanzi ad Elrond in persona “Sire…” schiuse le labbra insicura “Non vi ho riconosciuto, perdonate” chinò il capo in segno di saluto.
 
Elrond sollevò due dita, invitandola a ricomporsi “Perché sei qui ragazza?” chiese scambiandosi uno sguardo con il suo servitore.
 
“Mi è parso di udire una canzone… ma, mi sbagliavo” non avrebbe voluto confessare della sensazione avvertita poco fa, per paura di essere sgridata o giudicata.
 
“Non conosco il tuo volto. Chi sei? di chi sei figlia?” tornò a parlare l’elfo dai capelli neri, corrugando le sopracciglia. Costui era Madeos, una guardia fidata che per anni aveva protetto i confini di Rivendell.
 
“Il mio nome è Eldihen. Sono figlia di Ingin il carpentiere” spiegò imbarazzata respirando profondamente. Era difficile tollerare l’occhiata di quell’elfo. Fortunatamente dopo essersi presentata entrambi i signori parvero meno tesi, e sui loro volti comparve un’espressione più rilassata.
 
“Sei qui con tuo padre?” Elrond le si avvicinò ed Eldihen rimase ammaliata dal suo portamento così elegante e fiero allo stesso tempo. Persino i suoi vestiti enfatizzavano gli occhi grigi e penetranti, specie la tunica ricamata di velluto rosso.
 
“Si” annuì seguendo i movimenti con gli occhi.
 
“Sta sistemando un ripiano della biblioteca, l’ho chiamato perché è molto bravo. Non sapevo avesse una figlia. Ingin viaggia spesso, è rimasto poco tempo ad Imladris, forse per questo è la prima che ci incontriamo”
 
“Sicuramente. Sono rimasta per molto tempo ai Porti Grigi. Siamo tornati da poco” si sforzò ad apparire tranquilla anche se a cospetto del re, le tremarono le mani.
 
“E tu sei brava come tuo padre?” chiese con voce pacata, vedendola ansiosa.
 
“A costruire ed a riparare gli oggetti? Beh si. Ho imparato qualcosa, infatti ho aggiustato alcune sedie mio signore, non è una gran cosa ma meglio di niente” divenne rossa in faccia. In realtà non sapeva cosa dire, ma era meglio parlare piuttosto che rimanere muta come un pesce.
 
Elrond annuì sorridendole. Prese l’anello dell’aria, Vilya, mostrandolo alla ragazza “Stavi guardando questo poco fa?”
 
“E’ così!” ammise sentendosi trafitta dallo sguardo di Madeos che si irrigidì pensando al peggio.
 
“Lo studio di sire Elrond è un luogo vietato. Non saresti dovuta entrare qui dentro e curiosare tra le sue cose” Madeos mosse qualche passo verso Eldihen, ma Elrond lo immobilizzò sul posto con un semplice cenno.
 
“Ciò che dice Madeos è vero, ma credo che tu non sia entrata con malizia, e su questo non nutro dubbi” sembrò in grado di interpretare il suo sguardo anche meglio di sua madre che l’aveva messa al mondo, lasciando Eldihen a bocca aperta, con gli occhi sgranati dalla sorpresa.
 
“Non sapevo che fosse il vostro studio. Io sono entrata attratta da una dolce melodia”
 
“Difficilmente mi separo da Vilya, sei stata fortunata a trovarlo, in un posto che io reputo molto sicuro. Eppure non vi era alcuna guardia fuori dalla stanza. Non penso sia stato un caso. La melodia che dici di aver sentito proveniva dall’anello?” chiese infine, curioso di conoscere la sua risposta.
 
“Si. Ho sentito un dolce suono e mi sono subito incuriosita. Non volevo guardare, lo giuro, ma era come se l’anello emanasse un’energia, infondendo nel mio cuore un senso di pace mai avvertito” confessò infine per paura di essere stata fraintesa. Di certo non voleva far credere di voler prendere l’oggetto.
 
“Curioso” Elrond guardò l’anello senza dire più nulla, lasciando la ragazza sola con i suoi pensieri. Conosceva benissimo i poteri di Vilya, l’anello che per anni aveva mantenuto pace e tranquillità a Gran Burrone “Hai una percezione alquanto particolare della magia” disse infine con aria pensierosa.
 
“Io non me ne intendo di magia”
 
“Ma hai percepito l’energia di Vilya e non è cosa da poco”indossò l’anello avvicinandosi a Madeos.
 
“Meglio che tu vada ragazza” Madeos chiuse le palpebre spazientito, scrutando il volto di Elrond. Non comprese perché non l’avesse sgridata e, pensando che fosse il caso di allontanarla, parlò ad Eldihen con massima autorità.
 
“Certo” felice di ricevere quell’ordine Eldihen camminò verso la porta aperta, con le braccia incrociate e prima di congedarsi, si voltò con occhi impauriti, rivolgendosi alla guardia “Vi prego, non dite nulla a mio padre”
 
Elrond sorrise intenerito dall’ingenuità della ragazza.
 

 
 
 
 
Rimase immersa nell’acqua per una quindicina di minuti, ferma a riflettere sugli eventi accaduti, visto che non era riuscita a trovare un minuto di pace in precedenza. Immerse il viso tra le bolle bianche e profumate, trattenendo il respiro quando l’acqua le arrivò fino alla fronte. Il suo cuore riprese a battere vigorosamente ripensando al modo in cui Legolas l’aveva abbracciata prima di lasciarla. Arrossì, rialzando la testa dall’acqua per poter districare bene col sapone i lunghi capelli inzuppati e gocciolanti.
 
“Lui mi ha baciata vicino alla bocca sorridendomi” asserì tra sé e sé strofinando la saponetta tra i capelli, cercando di rievocare il ricordo delle labbra dell’elfo. Ritornò ad immergersi per risciacquare la schiuma chiara. Giunse le mani e li riempì di acqua, poi si lavò anche il viso, stringendo un petalo di camomilla che le era rimasto attaccato ad un dito.
 
 Si alzò dall’acqua, le goccioline sul suo corpo ricaddero dentro la vasca come delle piccole catenelle. Strizzò i sui capelli facendoli scivolare  dietro la sua schiena nuda e umida. Uscì dalla tinozza e si avvicinò al letto, lasciando una scia di vapore bianco dietro di sé. Afferrò velocemente un asciugamano di seta e lo tamponò sulla pelle umida.
 
La sua pelle era finalmente profumata e pulita. Eldihen passò la mano sulle coperte e svelta indossò la tunica che le aveva donato Nihil. Era morbida. La infilò, constatando che era un po’ larga. Certo, meglio della precedente ma decisamente ampia. Strinse intorno alla vita i lacci di cuoio, e la cintura marrone, in modo da far aderire bene la stoffa del vestito al suo corpo.
 
Sistemò i suoi vestiti, agganciò la sua preziosa collana dietro al collo, lanciando uno sguardo al piccolo specchio sopra il comodino, ritrovando il suo riflesso dinanzi ai suoi occhi: i capelli umidi le scendevano fin sotto la schiena, coprendola completamente. I suoi occhi erano leggermente arrossati e stanchi. Il suo viso era pallido e privo di sporcizia. La tunica le stava bene, anche se quella non era di certo la sua misura, ma almeno le fasciava il busto, ricadendole morbidamente sui fianchi.
 
Uscì dalla stanza, spalancando la porta in legno.
 
“Nihil perdonami se sono rimast…” ricercò l’elfo dentro la cucina, ma non c’era. Camminò verso il focolare, pensando che si trovasse lì, ma nulla, si era volatilizzato. Sorpresa girò il suo viso, guardandosi intorno. C’erano solo le candele ad illuminare la stanza ed i libri sparsi a caso sulla scrivania.
 
Sospirò aprendo le mani davanti alle piccole fiamme “Ma dove sarà andato?” esausta avvicinò una sedia sedendosi. Mentre guardava il fuco, completamente sola, ripensò al volto di Gimli e alla lunga corsa sotto il cielo stellato. Sorrise involontariamente. Il nano era adorabile “Chissà se si sarà accorto del mantello che mi ha lasciato”respirò profondamente, appoggiando una mano sul viso. Prese a scostare con un bastone di ferro vicino al camino la cenere che fuorusciva, ammirando le ombre prodotte dalle fiamme.
 
Dopo circa mezz’ora, Eldihen sentì la porta di casa aprirsi. Si drizzò alzandosi dalla sedia, voltando il capo. Nihil distrattamente entrò in casa, con in mano una scorta di ortaggi e funghi. Eldihen lo fissò, dando le spalle al fuoco, rimase in silenzio quando lui gli lanciò un lungo sguardo, spalancando di poco la bocca. Era molto bella, era rimasto colpito quando l’aveva rivista, trovandosi davanti non più la ragazza sporca e indifesa che era entrata quella mattina a casa sua, ma una fanciulla splendida e luminosa
 
“Spero di non averti fatto aspettare molto, sono andato a prendere qualcosa per il pranzo” depositò il cibo che stringeva in mano sul tavolo, sorridendo alla donna dinanzi a sé.
 
“No, tranquillo!”
 
Nihil non poté far a meno di guardarla un’altra volta, mentre impacciato sistemava le cose sul tavolo, mettendole dentro una cesta intrecciata. I suoi occhi ricaddero spesso sul volto delicato di Eldihen, presentava la bellezza tipica degli elfi. Sorrise notando che il rosso le donava particolarmente, accentuando il colore azzurro dei suoi occhi sfilati.
 
“C’è qualcosa che non va?” chiese curiosa la fanciulla, notando che lo sguardo di Nihil era caduto troppe volte su di sé.
 
“In realtà  ti trovo molto bella Eldihen” le sorrise disinvolto e sicuro, curvando gli angoli della bocca.
 
Imbarazzata e sorpresa la ragazza pensò a come rispondere, alzando ed abbassando le ciglia incurvate “Sei gentile”
 
Nihil camminò verso di lei, con in viso un’espressione indecifrabile. Stringeva i funghi tra le mani, si abbassò per lanciarli dentro la pentola sul fuoco, appoggiandosi sulle ginocchia. Lanciò uno sguardo furtivo alla giovane vicino a sé, sorridendo furbamente.
 
“Legolas è molto fortunato ad averti!” asserì non perdendosi l’espressione completamente impacciata di Eldihen.
 
“Tra noi due non c’è nulla, ti sei confuso!” Eldihen alzò le mani, muovendole all’aria, per smentire l’affermazione udita. Avvertì un tale imbarazzo, da volersi dileguare in quell’istante, risucchiata dal pavimento il legno.
 
“Eppure lui sembrava molto interessato e preoccupato… magari nascerà qualcosa!” con estrema indifferenza afferrò un cucchiaio di legno mescolando i funghi dentro la casseruola, si alzò da terra e seguito dagli occhi di Eldihen prese dal tavolo un coltello,  sminuzzando perfettamente le cime di prezzemolo.
 
“Ma no… lui mi ha solo aiutata, ti stai sbagliando” Eldihen indecisa appoggiò le dita sul tavolo, guardando Nihil dedicarsi al pranzo.
 
“Sicura?” chiese posando il coltello e  girando il volto per vedere il suo viso candido, soffermandosi sulle labbra rosate.
 
“Si”
 
“Meglio, potrò corteggiarti senza pensieri se dici così” tra le sue labbra si allargò un sorriso canzonatorio ed estremamente soddisfatto. Eldihen sgranò gli occhi arrossendo senza controllo. Era stupida, non credeva a ciò che aveva sentito.
 
“Sei ancora più bella quando arrossisci, lo sai?” si avvicinò pericolosamente al suo volto, facendola indietreggiare di poco.
 
“In realtà non sono abituata a simili…” pensò come poter definire le parole di Nihil, sistemando una ciocca dietro le orecchie “Complimenti”
 
“Non ti preoccupare, non voglio metterti a disagio” riportò l’attenzione al prezzemolo, raccogliendolo nelle mani per poi gettarlo in pentola con i funghi.
 
“In ogni caso è normale che lui si trattenga”  continuava a guardarla di sottecchi, lasciandola ferma alle sue spalle, meravigliata, proprio come lui desiderava. Stava indirizzando l’argomento proprio sulla compagnia, cercando di cogliere quante più informazioni possibili da Eldihen. Sicuramente lei conosceva qualcosa a riguardo, infondo era stata accompagnata proprio da due componenti a casa sua “Ha un compito duro da portare a termine. Essere un membro della compagnia dell’anello non è facile. Non può permettersi di intraprendere delle relazioni amorose, lo conosco, penso che non si è fatto avanti per paura di farti soffrire!”
 
Eldihen sempre più sorpresa rizzò le sopracciglia, storcendo la bocca “Lui fa parte della compagnia dell’anello?” forse non aveva capito bene. Tempo fa a Gran burrone si era aperto un consiglio per decidere della sorte dell’anello del potere, proprio nel periodo in cui lei stava organizzando il viaggio verso Valinor. Non avrebbe mai immaginato che Legolas avesse partecipato, rientrando tra i membri di quella famosa compagnia di cui aveva sentito parlare.
 
“Si” Nihil si voltò, lasciando stare l’acqua che bolliva dentro la pignatta.
 
“Non mi ha detto nulla!” dichiarò sorpresa. Quindi la missione di cui non voleva parlarle giorni fa era quella della compagnia. Sopirò deglutendo la sua stessa saliva. Non comprendeva il motivo che aveva spinto Legolas a non parlargliene, visto che Nihil conosceva quasi tutto, anche se sembrava che tra loro due non scorresse buon sangue.
 
“Sono sorpreso” Nihil si alzò da terra “Pensavo che sapessi di lui e della compagnia, mi chiedo come mai sei all’oscuro di tutto”
 
“Non so nemmeno io il perché” guardò il pavimento, facendo scorrere lo sguardo sul volto dell’elfo.
 
“Beh, il principe è stato sempre molto riservato, anche con me quando vivevo nel suo palazzo”
 
“il principe?” Eldihen lasciò il punto in cui si era appoggiata, muovendosi sinuosamente davanti a Nihil.
 
“Certo, non dirmi che non sai chi è lui!”
 
“Purtroppo ignoro questo dettaglio” amareggiata curvò il collo scrutando ogni centimetro dentro la stanza, per smorzare la tensione che stava avvertendo. Non  si spiegò perché Legolas le avesse taciuto così tante cose. Aveva sentito Gimli chiamarlo principe più volte, ma non gli aveva domandato mai nulla a riguardo, forse Legolas non le aveva parlato dando per scontato che lei sapesse già chi era, anche se lo ignorava.
 
 
“Lui è Legolas figlio di Thranduil. Principe di Bosco Atro e futuro erede al trono” spiegò ammirando i suoi capelli ondulati e l’espressione persa del suo viso. Era come se avesse davanti una ragazza, con il cuore di una bambina piccola. Ciò lo affascinò molto “Mi pare strano che tu non lo sappia, visto che lui è molto conosciuto”
 
“Eppure io non sapevo che lui fosse il figlio di re Thranduil, anche se conosco la sua fama. Forse non mi ha detto nulla proprio perché credeva che io sapessi già tutto” disse come se la sua riflessione fosse ovvia.
 
“Forse” sottolineò Nihil affiancandola “ma non ci pensare lui è così: un po’ ingiusto. Non so se ti ha raccontato cosa mi ha fatto, anche se non credo visto che non ti ha rivelato  dettagli più importanti”
 
“No so nemmeno questo” stava iniziando a riflettere sul fatto di non conoscere nulla di lui, a parte la sua gentilezza. Lo ripensò un’altra volta, con lo sguardo perso e la mente piena di ricordi.
                                                                                                                                                                                                        
“Lui mi ha bandito dal regno perché non lo avevo avvisato di una minaccia… ma il dolore più grande l’ho avuto oggi rivedendolo”
 
Eldihen notò subito lo sguardo pieno d’ira di Nihil. Guardava fisso la porta, ripensando a Legolas, al suo tono sprezzante e al suo viso autoritario. Portò un pugno chiuso sulle labbra, smaltendo silenziosamente la rabbia che stava crescendo dentro di sé.
 
“Perché?” delicatamente gli posò una mano sulla spalla. Era un po’ preoccupata dall’atteggiamento di Nihil, che era fin troppo imbronciato a parer suo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per fargli cambiare espressione.
 
 Nihil incrociò lo sguardo chiaro della fanciulla, rimanendo piacevolmente sorpreso dalla sua delicatezza. Era da tempo immemore che non riceveva simili attenzioni. Durante quegli anni aveva visto solo orchi e altre creature di sgradevole aspetto. Il male l’aveva tormentato e, messo alle strette, lui stesso aveva deciso di unirsi a Saruman. Nihil, esiliato dal regno e solo di fronte una forza così grande aveva accolto le parole dello stregone bianco, servendolo.
 
Per un attimo pensò a come rispondere e,  indeciso su come entrare nell’argomento, si girò avvicinandosi al volto di lei, per ritrovarla imbarazzata come poco fa. Doveva ammettere che gli piaceva tanto farla arrossire, ci godeva e ogni qual volta lei si allontanava lo rendeva sempre più soddisfatto e stranamente affascinato.
 
“Sai..” senza pensarci due volte  si posizionò davanti a lei, non allontanando il suo viso da Eldihen. La intrappolò velocemente con le braccia al muro, prendendola di sorpresa. Abbassò il suo viso, sfiorando le sue labbra con disinvoltura.
 
La ragazza sgranò gli occhi, era intrappolata tra il petto forzuto dell’elfo e il muro dietro le sue spalle, ignara di ciò che stava accadendo.
 
“L’arco che porta Legolas è mio” abbassò un braccio per tranquillizzarla vista la preoccupazione nei suoi occhi.
 
Eldihen sorpresa schiuse le labbra, , scosse lentamente la testa osservando gli occhi di Nihil “Che vuoi dire?”
 
“Che me l’ha rubato” mentì spudoratamente. L’arco che aveva scorto lo desiderava da tempo, la rabbia lo aveva accecato a tal punto da mentire ad Eldihen, escogitando nella sua mente un piano fantasioso, che avrebbe sicuramente portato quell’arma a sé, anche se Nihil desiderava fare un torto a Legolas per vendicarsi.
 
“Non è vero!” Eldihen scosse la testa non credendo a Nihil. Si allontanò, sgattaiolando dal punto in cui l’aveva intrappolata. Lui la lasciò andare senza fermarla. Non voleva spaventarla.
 
A differenza di Legolas, Eldihen trovò Nihil molto più rude nei suoi confronti. Il modo in cui le parlava era molto diretto, ma anche i suoi atteggiamenti erano fin troppo confidenziali. Legolas a differenza sua era gentile, l’aveva sempre protetta senza turbarla.
 
“Ti dico che è così, ma te ne parlerò mentre pranziamo” rimandò l’argomento. Aprì la credenza afferrando un vassoio. Tolse la pentola dal fuoco, appoggiandola ad un tripode di ferro. Servì i fungi sul tavolo, ignorando i pensieri che afflissero Eldihen che in silenzio lo fissava.
 
 
 
Durante il pranzo Nihil tentò in ogni modo di denigrare Legolas, senza successo. Eldihen non approvava i suoi discorsi, sostenendo che Legolas era un guerriero d’onore, gentile e fiero. Non credeva alla menzogna di Nihil, questo perché l’aveva un po’ conosciuto durante il viaggio, affezionandosi a lui senza riserva. Stimava sia Legolas che Gimli ed Aragorn. Di certo li avrebbe difesi e protetti, proprio come loro avevano fatto nei suoi confronti.
 
Nihil leggermente infastidito, versò il vino dentro il suo calice, richiudendo la bottiglia e guardando Eldihen che seduta davanti a lui lo fissava con i suoi occhi azzurri.
 
“Sei molto sicura delle tue idee!”
 
“Legolas mi ha protetta, non farebbe mai un gesto simile, ne sono certa”  terminato il pranzo, si passò tra le dita il fazzoletto di stoffa, piegandolo diverse volte su sé stesso, trovò che fosse un ottimo passatempo per scacciare l’ansia.
 
“Ed io ti dico che l’arco è mio, apparteneva alla mia famiglia…” tentò un’ultima carta Nihil, guardando le mani della giovane muoversi per creare un piccolo cigno con la stoffa. “Era di mio padre, lo regalò a me prima di morire ucciso dagli orchi. Un massacro lo strappò a me. E’ tutto ciò che resta della mia famiglia!” era sicuro che con quella storiella inventata sul momento la ragazza si sarebbe intenerita. Infondo era molto bravo a fingere e sarebbe andato oltre se ce ne fosse stato bisogno.
 
Nihil tempo fa aveva organizzato l’assedio al gruppo di cui Eldihen faceva parte, turbandola profondamente. Non poteva di certo immaginare che lei si sarebbe presentata a casa sua, ma una volta vista la fanciulla, si sentì leggermente in colpa, o meglio, si ritrovò ad apprezzare la sua compagnia. Era sorpreso, non si era mai concentrato sulle giovani fanciulle negli anni passati, eppure doveva ammettere che trovarsi a pranzare con Eldihen a tavola fu per lui gradevole.
 
 “Mi dispiace” Eldihen si sentì toccata dalle parole dell’elfo. Intristita alzò il viso e lo guardò profondamente, scossa dalla storia appena udita.
 
“Sono passati molti anni… l’unica cosa che desidero è quell’arco. E’ legato alla mia vita come potrai immaginare”
 
 Pensierosa Eldihen si passò una mano sul volto, strofinando le ampie palpebre e gli zigomi lievemente accennati.
 
“Capisco perfettamente”
 
Nihil soddisfatto assaporò il vino, bevendo dal calice di vetro. Trovò Eldihen più ingenua di quanto pensasse, perciò approfittando del suo momento di sconforto continuò con la sua falsa.
 
“Se solo qualcuno me lo potesse portare gliene sarei lieto!”
 
“Immagino, ma non so che dirti!” si alzò dal tavolo prendendo il piatto e il suo bicchiere tra le mani. L’argomento per lei era difficile da discutere. Cercò di rispondere con distacco, pulendo il tavolo con il suo fazzoletto bianco“Sparecchio la tavola o mangi ancora?” per non risultare ingrata,  tese la mano per prendere anche il piatto di Nihil. Egli si girò, fermandola dal polso.
 
“Sei mia ospite, mi occuperò io”
 
“Ma ti prego!”
 
“Dammi!” afferrò il piatto che lei stringeva in mano, alzandosi dalla sedia e superandola in altezza.
 
Sparecchiò velocemente la tavola, mettendo le stoviglie ammollo nella pentola che solitamente teneva sul fuoco. Si sentì toccato dallo sguardo di Eldihen. Si girò concedendole una lunga occhiata indagatrice. Qualsiasi elfo o uomo avrebbe potuto perdere la testa per Eldihen e per la sua bellissima espressione da bambina, espressione che personalmente gli piaceva parecchio.
 
“Quanti anni hai Eldihen?” chiese curioso.
 
“Duecentosettantre anni”
 
“Sei piccolina, una bambina. Io ne ho duemilaottantadue” rivelò ammaliato dal volto di lei “Comunque…” tornò a sistemare i piatti “partiremo quando te la senti, ma per stasera meglio di no…” pulì le posate e i bicchieri dentro l’acqua “Dormirai in camera, mentre io mi accontenterò di rimanere qui in cucina, anche se non avverto l’esigenza di riposare”
 
“E’ un gesto gentile da parte tua” Eldihen lo vide alzarsi ed asciugarsi distrattamente le mani  “Grazie”
 
Nihil percorse la distanza che lo separava da Eldihen, si fermò davanti a lei, appoggiando una mano tra i suoi capelli ondulati e profumatissimi “Grazie a te per la piacevole compagnia” le sussurrò incantato.
 
 
Note  autrice:
Salve a tutti ^^ un capitolo molto particolare, che ne pensate? Ci sono state delle “rivelazioni” e spero proprio di avervi stupito, perché ho letteralmente studiato a tavolino la parte di Nihil, quindi cosa ne dite? pensavate che ci fosse lui dietro l’attacco degli orchi? Spero proprio di no XD
Il flashback è stato aggiunto in un secondo momento e, vi consiglio di non dimenticare Madeos, e le parole di Elrond. Scoprirete strada facendo ogni cosa.
Ringrazio come sempre chi recensisce e chi segue la storia o la legge silenziosamente <3
Riguardo gli aggiornamenti: confermo sempre il sabato.
Adesso v saluto perché a furia di correggere ed andare avanti e indietro mi è venuto il mal di testa, ma non mi posso fermare proprio adesso, devo scrivere gli atri capitoli.
Un abbraccio e a sabato                                                                                                     
   
 
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