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Autore: mgrandier    21/03/2021    6 recensioni
La vita è un rincorrersi di fasi differenti, nelle quali si alternano sentimenti, emozioni e priorità diverse, che ci inducono a compiere scelte e finiscono per dare un’immagine di noi parziale, evidenziando un aspetto piuttosto che un altro. Per questo, in un puzzle di fasi e punti di vista, ogni storia corre tra alti e bassi e modifica continuamente lo spunto per la lettura di quello che sta accadendo; per questo, volta per volta, è questione di …
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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28. … tempo
 
Non apre gli occhi e china il capo, stringe un po’ di più le braccia e la tiene stretta, in silenzio, perché la sente tremare e teme che qualunque parola possa far tracimare quello che si sta forzando a nascondere. Sapeva che non sarebbe stato semplice per nessuno dei due, tuttavia la realtà è anche peggio di come l’avesse immaginata e non può che chiudersi ancora su di lei, soffiando appena tra i capelli e poi appoggiandovi le labbra in un muto invito a resistere. La culla appena, si muove lento e le accarezza la schiena, il palmo aperto sopra il tessuto della maglia ufficiale dell’Amburgo che le ha regalato proprio prima della partenza, tanto leggera che gli permette di leggere ogni vertebra e ogni suo brivido, e quando comprende che lei sta sollevando il capo dal suo petto, lascia un poco la presa, cercando i suoi occhi.
Il suo sguardo è cupo e lucido, le labbra tese in una linea sottile che cerca di ingoiare il moto con cui l’angolo trema, fuori controllo, eppure riesce a leggere tutta la determinazione con cui lei lo cerca e poi abbozza un sorriso, che sa bene essere velato di tristezza, ma pur sempre un sorriso resta.
- Devo essere forte. – la sua voce vibra, ma ha quella sfumatura decisa che gli regala la certezza che lei possa davvero farcela e quando solleva il capo, Genzo non può che rispondere con un cenno che vorrebbe essere rassicurante.
- Lo saremo; ricorda quello che abbiamo detto: è solo questione di tempo … qualche settimana e poi ci rivedremo. Saranno molte meno di quelle che hai trascorso qui e che ti sembrano volate. –
- Saranno interminabili … - si lamenta, ma lui non lascia che quella piega prenda il sopravvento.
- No, invece. – la riprende sicuro, portando le mani al suo viso in una carezza calda – Saranno solo giorni, uno dietro l’altro; una catena di giorni, di lezioni e allenamenti; una scala che ci porterà di nuovo insieme. Il peggio è adesso, è lasciarti andare, perché dal momento in cui oltrepasserai quel varco, e solo da quel momento, dovremo iniziare a pensare che presto ci vedremo di nuovo. –
Lei prende fiato, non sembra convinta e l’espressione ancora scura vela il suo viso, mentre si morde le labbra ma alla fine preferisce non ribattere e allora Genzo controlla l’orario muovendo il polso in un gesto nervoso prima di riprendere - Possiamo sentirci spesso: conosci i miei orari meglio di me e non ti permetterò certo di andare a dormire senza mandarmi nemmeno un messaggio … -
- Il fuso orario del Giappone è pessimo: scomodo per qualunque altro luogo sensato del mondo. – osserva accigliata – Sanae dice che … -
- Sanae se la vede con Tsubasa. – precisa immediatamente Genzo, certo che quello dovrebbe bastare a farle comprendere quanto diversa sarà la loro situazione, e il mezzo sorriso che le strappa gli regala moto di soddisfazione – Tu, invece … con il sottoscritto. Modestia a parte … -
- Oh, beh … come darti torto! – è il suo commento e in quel momento la sua voce gli giunge davvero leggera.
Restano ancora ad osservarsi, tra carezze e baci leggeri, Genzo cerca di imprimere nella memoria ogni più piccolo dettaglio, quasi che non conosca ancora tutto di lei: la linea morbida dei suoi occhi, la piega delicata delle sue labbra quando sorride, la loro consistenza di velluto …
- Ti porterò a casa mia … - le sussurra su una guancia e lei si ritrae appena, sorpresa.
- Alla villa? – chiede, inducendo la sua sorpresa.
- Certo. Dove vorresti che ti portassi? – le chiede quasi per provocarla, per poi fermarsi a pensare lui stesso – Anche se, in effetti … non è l’unica casa di famiglia, in Giappone: potremmo andare anche a … -
Lei nega con il capo, puntando ancora la fronte sul suo petto – So che non resterai in Giappone abbastanza perché possiamo permetterci di fare viaggi chissà dove, Genzo: non azzardare programmi che non potremo mai nemmeno iniziare! – e lui non può che drizzare la schiena.
- Hei! Stai diventando tu la più razionale dei due? Vuoi smontare in partenza tutti i miei piani per rapirti e tenerti insieme a me fino all’ultimo minuto di vacanza? –
- Non hai bisogno di rapirmi … lo sai bene senza che te lo dica io. – Yuki lo precisa, sollevando le sopracciglia in due archi per sottolineare l’ovvio - Ti basterà darmi un orario e un luogo … per trovarmi puntuale ad aspettarti. – e lui non può che concederle di aver ragione, perché comprende bene che entrambi faranno del loro meglio per sfruttare la prima occasione disponibile per vedersi.
Porta una mano alla sua nuca, le dita aperte a ventaglio sfilano tra i capelli sciolti e poi tornano a giocare con le ciocche – Non hai mai tagliato i capelli da quando sei arrivata qui? –
Lei corruga la fronte, sorpresa da quella domanda, e poi nega con un’alzata di spalle – In effetti, credo di non averci nemmeno pensato: di solito vado in un salone vicino a casa. Ma gli Ozora non sono davvero dei buoni clienti! –
Le sorride di rimando, convenendo che, per quanto può ricordare delle occasioni di incontro con lui, nemmeno Tsubasa sembra essere uno fissato con il proprio aspetto o del proprio look, come invece sembra fare qualche compagno di squadra; poi però torna a concentrarsi su di lei. - Sono lunghissimi … - Genzo avvolge una ciocca scura attorno all’indice e poi lascia che i capelli sfuggano alla sua presa - … e mi affascinano. In casa mia nessuno li ha mai portati così lunghi … -
- Siete tre fratelli maschi, Genzo: di cosa ti sorprendi? – Yuki riesce a rispondergli; tuttavia poi sembra venirle in mente qualcosa in particolare – Anche se, in effetti, qualche fissato per i capelli, si trova sempre … -
Genzo solleva un sopracciglio, in attesa, e lei non lo fa attendere – Hai mai notato la chioma di Izawa? Chissà quanto li cura, per tenerli così lucidi e sempre impeccabili! Probabilmente fa la piega prima di scendere in campo … - il tono è leggero, e per un attimo gli sembra di essere a casa, sul divano o sul letto, in uno di quei momenti in cui il tempo pareva fermarsi e lasciare che loro semplicemente si assaporassero attraverso carezze e piccoli racconti.
D’altra parte, è quello che stanno facendo anche ora: parlare di tutto e di niente, in un rimando senza un vero filo logico, per il puro gusto di essere insieme, perché quando il tempo a disposizione è poco, e il momento della separazione vicino, a volte è più semplice lasciarlo sfumare in discorsi senza senso, piuttosto che stare a controllare ogni singolo scatto della lancetta, struggendosi per aver visto un secondo sfumare senza aver fatto nulla. Sanno che il tempo sarà il loro peggiore nemico e che non potranno fare altro che imbottirlo di qualunque cosa possa allontanarli dal realizzare quanto saranno distanti, perché quando spazio e tempo saranno alleati contro di loro, potranno accorciare le distanze e vedersi o chiamarsi, ma non potranno fare nulla contro il tempo che ancora li terrà distanti.
Sospira, tornando ad abbracciarla, perché teme tutto questo: la separazione, la distanza, l’impossibilità di avere contatti veri per un lungo periodo, ma è anche consapevole di quanto ormai siano legati e non può che affrontare la situazione con il coraggio che da sempre lo contraddistingue.
Non si accorge nemmeno di aver chiuso di nuovo gli occhi, godendosi per qualche momento ancora il contatto stretto con il suo corpo, e quando li riapre, porta di nuovo il polso davanti a sé per l’ennesima verifica all’orario.
- Sono quasi le undici, Yuki: è meglio che tu vada ai controlli … - commenta con una smorfia e poi si decide a sciogliere l’abbraccio e a guardarsi attorno, riemergendo dalla bolla dentro la quale gli pareva di essersi isolato insieme a lei.
La hall dell’aeroporto è tranquilla, animata dal consueto via vai, e ora riesce persino a notare il brusio di sottofondo che fino a quel momento aveva ignorato, dimenticando quasi dove si trovassero. D’istinto, verifica di nuovo l’ora sul grande orologio sopra il tabellone delle partenze e poi trae un profondo respiro, prima di chinarsi a baciarle la guancia e muovere un passo verso la zona della security, lasciando l’angolo un po’ defilato in cui si erano sistemati e cercando la sua mano con la propria. Yuki lo segue, ma di malavoglia; la sente trascinare i piedi sul pavimento lucido e lui la conduce fino a pochi metri dalla coda dei passeggeri in attesa di controllo, poi, d’un tratto, devia di lato e si ferma, facendola sistemare davanti a sé.
- Genzo? … - la sua espressione interrogativa non gli facilita il compito; sa di aver atteso anche troppo, continuamente in bilico tra il doverlo fare e il non poterselo permettere, ma davvero non è riuscito a incastrare slancio e circostanze ed ora che ha preso la sua decisione definitiva è consapevole di non poter perdere altro tempo.
- Aspetta ancora un attimo, ti prego. – le dice cercando di mantenersi calmo e guardandosi un po’ attorno, quasi a controllare di non dare troppo nell’occhio – Devo darti una cosa. –
Yuki solleva le sopracciglia, sorpresa; le labbra dischiuse lasciano sfuggire un – Devi darmi …? – appena udibile e Genzo si affretta ad annuire, mentre affonda la mano nella tasca, chiudendo le dita su ciò che vi ha tenuto nascosto fino ad ora.
 
Si accorge di Genzo quando inquadra la sua sagoma, di spalle, con la schiena un po’ curva e le mani nascoste nelle tasche dei pantaloni della tuta; lo ha superato in silenzio e si è fermato a pochi passi da lui, rimanendo a fissare il movimento delle auto nel parcheggio che ha davanti a sé. E’ sicuro che Genzo l’abbia visto, perché lui si è sistemato esattamente dove avevano stabilito che l’avrebbe aspettato, e che si sia piazzato lì deliberatamente, evitando di chiamarlo, probabilmente in attesa del momento migliore per lasciare insieme l’aeroporto.
Comprende quanto l’amico possa essere in difficoltà; lo conosce abbastanza da sapere che per lui questa separazione sia un’esperienza nuova, perché sa che Genzo è un tipo indipendente, che si è abituato presto alla lontananza da casa e che ha spiccato il volo anche grazie al suo carattere forte, alla sua determinazione e alla fermezza con cui ha sempre posto allenamento e carriera prima di qualunque legame affettivo con la famiglia. Sono cresciuti insieme, adolescenti e poi uomini dalle grandi doti sportive, e sa che Genzo non si è mai concesso il tempo di distrarsi, riconoscendo le priorità della vita e gestendo con intelligenza ogni sfida; per questo è certo che se si è concesso di vivere il legame con Yuki è solo perché ci ha trovato qualcosa di vitale, che va oltre qualunque altro legame e che non è distrazione, ma impegno e motivazione ad andare avanti. Lo stesso impegno che nonostante lei, o grazie a lei, ha continuato a mettere negli allenamenti; quello che lo ha portato di nuovo al suo meritato ruolo di portiere titolare e a esaltarsi in risultati straordinari in campo. Sa che Genzo saprà trovare il modo di rimettersi in sesto, di affrontare anche questo con il piede giusto; è solo questione di … tempo.
Deve ammettere che ha faticato lui stesso a salutarla, prima che si allontanasse insieme a Genzo verso la hall, perché ci si è affezionato e sa già che mancherà pure a lui. Le ha promesso che lo terrà d’occhio … ma è consapevole che più che controllarlo, dovrà essere lì quando lui dovrà fare i conti con la sua mancanza. E magari sarà pure la volta buona che gli farà imparare a bere seriamente!
Dal moto delle spalle, intuisce il suo profondo sospiro; il gesto inquieto con cui oscilla appena, spostando il peso da una gamba all’altra, lo induce ad avvicinarsi a lui, quasi intuendo che presto potrà affrontarlo.
Lo raggiunge silenzioso, si ferma poco indietro, e l’unica cosa che può fare è puntare su un argomento sicuro - Allora? Glielo hai dato? –
Scorge il movimento di Genzo che si porta una mano al viso, medio e pollice poggiati agli angoli esterni degli occhi, quasi volesse nascondersi, o nascondere le proprie emozioni, per poi voltarsi appena, con una piega a sollevare di un poco l’estremità delle labbra.
Kaltz resta in attesa, curioso e impaziente, ora che ha stabilito un primo contatto, e quando Genzo, senza nemmeno girarsi del tutto, sfila qualcosa dalla tasca e glielo lancia, lui reagisce d’istinto, allungando le mani per afferrare l’oggetto al volo e portarselo davanti al viso.
- Non ci credo! – esclama con gli occhi sbarrati, rigirando la scatolina tra le mani – Gen! Non le hai dato l’anello? – chiede poi quasi strozzandosi con la sua stessa voce – Mi hai trascinato per le gioiellerie di mezza città per trovare quello perfetto … e ora te lo riporti a casa?! –
Non riesce a comprendere l’alzata di spalle dell’amico e rimane ancora più spiazzato quando lui inizia a muovere il capo in un gesto indecifrabile, per poi bloccarsi.
- No, aspetta … - Kaltz è impietrito, le dita si stringono sul velluto e lui stesso ha un brivido mentre un’idea si delinea nella sua mente – Non lo ha voluto? –
Di nuovo, la reazione di Genzo è criptica e la sua mano ora spazza il viso in un gesto in cui Kaltz legge l’assoluto bisogno di nascondere una improvvisa debolezza e che lo induce a mormorare, incredulo - Gen, te lo ha rimesso in mano veramente? –
Non ottiene subito una risposta, ma quando l’altro si volta, intravede una espressione incerta che nella tristezza, fa sperare in qualcosa – Quindi? –
- Aprila. – gli suggerisce Genzo con un cenno alla scatola e lui non può che forzare il meccanismo, per farlo scattare, e sollevare il coperchio, puntando gli occhi sul raso bianco.
- Dov’è l’anello? – è la domanda idiota che si lascia sfuggire e che libera la piega delle labbra dell’amico in un sorriso meno malinconico.
- E’ dove deve stare, Kaltz: al suo dito. – spiega finalmente, inducendolo di rimando a sorridere, sollevato per aver male interpretato l’accaduto, ma ancora spiazzato.
- E tu cosa ci fai con la scatola, allora? – gli chiede, curioso, masticando lo stecchino e spingendolo di lato.
Genzo allunga una mano sulla scatola sfilandola dalla sua presa e poi abbassa lo sguardo, cercando rifugio nella trama del marciapiede e mordendosi il labbro, per prendere a spiegarsi – Ha detto che non era giusto che lei avesse l’anello al dito … e io niente. Con la scatola, invece, mi ricorderò sempre di averglielo dato. -
- Teme davvero che tu possa dimenticarla? – scherza Kaltz, portandogli una mano alla spalla e inducendolo a voltarsi del tutto, fino a sistemarlo davanti a sé – Perché mi sembra davvero una cosa poco probabile, sai? –
- E’ il suo modo per dirmi che non lo toglierà, Kaltz; e questo mi basta per lasciarla andare … nonostante io mi senta come … come … - scuote il capo, fatica a spiegarsi, ma alla fine cerca di farlo come meglio gli può – … come se mancasse una parte di me. La mia parte migliore. –
Nemmeno lui riesce a rispondergli, all’udire quelle parole, perché sa bene quanto siano vere e profonde, nonostante riprendano la cantilena con cui si è preso gioco di lui e di Yuki per settimane; anzi, in quella precisa scelta di parole, Genzo si è dimostrato ancora una volta lucido e determinato e non può che ammirarlo, per questo suo essere fedele a se stesso.
Lo è anche adesso che sta lì fermo, con il capo piegato su un lato e un mezzo sorrisetto che si è fatto strafottente ad aspettare la sua reazione che tarda, perché Genzo sotto quel residuo di scorza controllata del Giapponese che si inchina e ringrazia per tutte le cazzate, nasconde ancora l’animo pungente del ragazzino che è atterrato con il cappellino rosso calcato in testa, i guanti da portiere stretti tra le dita e un sogno enorme nascosto nel cuore. Genzo è tosto; Genzo innamorato, ora che ammette apertamente di esserlo, lo è ancora di più.
Kaltz assottiglia lo sguardo e coglie l’istante in cui il sorriso di Genzo si approfondisce su di un lato e la voce gli arriva con quella sfumatura pungente che riesce a sorprenderlo e che è alla base delle discussioni con cui si punzecchiano da anni, rimpallandosi provocazioni – E, per essere onesti, avevi ragione tu, Kaltz: ha detto che con quella forma sottile e il bordo sagomato, potrà portarlo anche massaggiando. –
Un sopracciglio si muove rapido con un moto di orgoglio e lo stecchino punta in alto con uno scatto, mentre d’istinto Kaltz chiude le dita sul palmo in un pugno serrato che resta sospeso davanti al suo volto, celebrando la sua vittoria - Ah! Lo sapevo che era così! Le hai detto che è stata una mia idea, vero? –
- Certo che no. – Genzo gli volta le spalle e riporta le mani nelle tasche; controlla attorno a sé e poi si avvia in direzione del parcheggio, attraversando la strada – Forse, però, potrai dirglielo tu, un giorno o l’altro. -


Angolo del'autrice: solo per salutarvi, ringraziarvi e lasciarvi un abbraccio.
Non aggiungo altro... perchè scrivere questa parte della storia mi ha provata davvero.
Quindi... a presto. Almeno per noi ...
Maddy

 
  
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