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Autore: _Layel_    22/03/2021    0 recensioni
Kaori Nagata vive con l'opprimente senso di colpa di non essere mai riuscita a fare la cosa giusta.
Himiko Toga è sempre entusiasta di incontrare vecchi amici e ha intenzione di mostrare a Kaori quanto le è mancata.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Himiko Toga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Idle Chat

 

 

Kaori Nagata si era decisamente attardata troppo. Oggi era stato un giorno impegnativo alla pasticceria e Miura l’aveva anche trattenuta dopo la fine del suo turno. Solitamente si fermava al negozio nei fine settimana e aiutava Miura, il proprietario del negozio, servendo i clienti. Qualche volta lui la faceva entrare nel laboratorio e lei cercava di imprimersi nella memoria tutto quello che faceva. Kaori non era ancora abbastanza esperta per cucinare qualcosa da servire ai clienti, ma migliorava piano piano. Aveva bruciato una torta solo una volta ed era stato perché si era addormentata sui libri. Da allora sfornava dolci solo dopo aver finito di studiare.

 

Quel giorno Miura aveva un grande ordine da preparare e il figlio della cameriera che lavorava lì durante la settimana aveva deciso che quello sarebbe stato il momento migliore per rompersi un braccio mentre giocava all’asilo. Il pasticcere l’aveva quindi chiamata d’urgenza pregandola di fare il turno pomeridiano. Kaori aveva la giornata libera, quindi aveva accettato volentieri, un po’ di denaro extra non faceva mai male. 

 

Kaori Nagata riuscì ad uscire dalla pasticceria solo qualche ora dopo l’accensione dei lampioni in strada e maledisse Miura per averle fatto assaggiare tutte le sue nuove ‘invenzioni’. Quell’uomo non aveva ancora capito che il suo quirk non le permetteva di capire se un dolce sarebbe stato istantaneamente popolare, solo a grandi linee di cosa era fatto, e continuava a sfruttarla come cavia. Tutto quell’odore di zucchero le aveva fatto venire un bel mal di testa.

 

Passò vicino a una delle strade laterali che solitamente ignorava e che l'avrebbe portata a casa in quasi metà del tempo rispetto al percorso che solitamente prendeva. Vi si fermò davanti per qualche momento, chiedendosi se ne valesse la pena, ma un soffio di vento prese la decisione per lei. Non avrebbe camminato per venti minuti con un freddo simile. 

 

Voltò l'angolo, mandò un messaggio a sua madre dicendole che sarebbe tornata tra dieci minuti e strinse tra le dita le chiavi di casa. 

 

Il vicolo era scarsamente illuminato e Kaori dovette procedere come in un percorso ad ostacoli. Evitare panni stesi ad asciugare, non scontrarsi con le biciclette abbandonate sul quasi inesistente marciapiede, non pestare rifiuti, escrementi e altre cose a cui non voleva neanche pensare, non toccare le pareti luride degli edifici. Kaori represse un urlo quando le sfrecciò davanti un essere che era troppo piccolo per essere un gatto e con una coda troppo lunga per essere un porcospino. Poi dovette fermarsi per un secondo e prendere un respiro profondo dalla bocca, per evitare che il suo naso sensibile fosse assalito dal lezzo di quel posto, prima di proseguire.

 

I rumori della città sembravano smorzati, la vicinanza tra i muri delle case faceva echeggiare i suoi passi sull'asfalto, dando l'impressione che ci fosse un invisibile musicista che colpiva ritmicamente su un tamburo, cercando di invogliarla a lasciare qualche moneta per far cessare la musica. Il suo cuore teneva il tempo coi suoi piedi, quasi troppo forte per non essere sentito dagli abitanti di quei tristi edifici. 

 

Eppure riuscì a udirlo lo stesso.

 

Un rumore ritmico quanto lo erano stati i suoi passi, ma più sottile e quasi bagnato. Smise di muoversi, anche se desiderava ardentemente di girare i tacchi e scappare. Quel suono faceva riaffiorare nel mare della memoria un ricordo che ogni notte sembrava volesse farla annegare.

 

Sapeva già cosa avrebbe trovato ma fece qualche traballante passo in avanti, la mano che stringeva le chiavi era quasi completamente bianca. Fu costretta ad immobilizzare di nuovo. 

 

L’odore caldo, dolciastro e ferroso le fece venire un forte conato di vomito. Riuscì a non imbrattare l’asfalto con i pasticcini di Miura per poco e il sapore che le rimase sulla lingua le fece quasi fare un altro tentativo.

 

Una voce sottile e sognante stava cantilenando qualcosa. 

 

La persona sembrava felice, anzi, estatica, mentre raccontava allo sfortunato oggetto delle sue attenzioni quanto il rosso gli donasse. 

 

"Uh, uh, guarda come sei carino! Tutto tagliuzzato per me! Mi piaci proprio tanto ma non sei abbastanza rosso. Rosso, più rosso! Il tuo sangue è proprio bello. Mi sta venendo sete. Uff, voglio berlo. Posso berlo?" 

 

Kaori sentì un brivido freddo scenderle lungo la schiena.

 

Conosceva quella voce. Certo che la conosceva. Conosceva il rumore che echeggiava tra le pareti del vicolo. Ogni incubo, da tre anni a quella parte, aveva come sottofondo il suono del sangue che veniva succhiato dal braccio di una persona, il ribollire di quando veniva forzato fuori dalle vene da una cannuccia di plastica. I gemiti di piacere che emetteva la ragazza mentre prosciugava il suo compagno di classe del prezioso liquido, troppo simili a quelli che serpeggiavano per il vicolo, le facevano contorcere lo stomaco, che cercava con sempre più insistenza di svuotarsi.

 

Fredde gocce di sudore le rotolarono tra le scapole, le sembrava che il suo sangue fosse stato risucchiato insieme a quello dell’uomo che giaceva dietro al cassonetto della spazzatura. Le chiavi a cui si stava aggrappando tintinnavano leggermente, ma Kaori non riusciva a impedire alle sue mani di tremare. 

 

Era completamente immobilizzata mentre Himiko Toga continuava a blaterare all'uomo, talmente macchiato di rosso che era impossibile che fosse ancora vivo. Toga doveva averlo notato, ma questo non le impediva di continuare a parlare, di tagliare quel poco di pelle ancora intatta. 

 

Voleva piangere. 

 

Inondare quella disgustosa strada di acqua salata, lavare via tutto il marcio che vi aveva preso dimora. Le sue guance rimasero aride e gli occhi spalancati, incapaci di socchiudersi anche per un secondo perché chissà cosa avrebbe potuto fare Himiko Toga in quell'istante. 

 

Voleva urlare. 

 

Scorticarsi la gola e sentire i polmoni bruciare, finché non fosse rimasto neanche un filo d'aria a riempirli, gridare a tutta la città l'orrore a cui stava assistendo. Le sue labbra rimasero sigillate e il rumore più forte che emise fu il ritmico battito del suo cuore. 

 

Voleva scappare. 

 

Sapeva che non avrebbe fatto in tempo. 

 

"Love Me! Love Me! And I’ll die like a King!”

 

Il cellulare. Il cellulare. Cazzo. La suoneria, chi la stava chiamando? 

 

Lasciò cadere le chiavi, si inginocchiò in terra, entrambe le mani nella borsa. Dov'era. La canzone si espandeva lungo la strada, entrando forte e chiara in ogni crepa dell'asfalto, in ogni sacchetto di immondizia. 

 

Sua mamma la stava chiamando. Era probabilmente preoccupata perché ancora non era a casa. Le dita premettero con forza sul simbolo rosso, una, due, tre volte, finché il suono non si interruppe. 

 

Ora c'era solo un assordante silenzio. 

 

L'aveva sentita. 

 

Non poteva non averla sentita. 

 

Doveva alzarsi, doveva correre, doveva chiamare aiuto perché sarebbe morta in quel vicolo. 

 

Doveva fare qualcosa. 

 

Kaori stringeva ancora il cellulare in mano. 

 

"Heyyy, ti sento sai? Sei qui per farmi compagnia? Ah! Sono sicura che diventeremo amici! Dove seiii?" 

 

La polizia. Ecco cosa poteva fare, chiamare la polizia. Compose il numero di emergenza ancora prima che potesse pensare di farlo. 

 

"Oh! Eccoti! Come sei carina, diventiamo amiche? Sono sicura che vuoi essere mia amica." 

 

"Buona sera, qual è la sua emergenza?" 

 

"Lei- lei… ha un coltello. Ha un coltello io-" 

 

Gridò quando Toga le si lanciò addosso, il telefono le cadde di mano e sentì il freddo metallo contro la guancia, un liquido caldo e vischioso che le scivolava lungo il collo. Si rese conto che il sangue che aveva sul viso non era il suo. Un conato di vomito le fece tremare tutto il corpo.

 

Mai come in quel momento odiò il suo Quirk. Non era forte o utile in situazioni di pericolo. L’unica cosa che poteva fare era sentire dolorosamente bene l’odore pungente del sangue e riconoscere ogni sostanza che componeva quell’orribile liquido. 

 

La sua vecchia compagna di classe la stava fissando con il viso arrossato, la gioia che le si leggeva negli occhi perfino più disturbante del suo maniaco sorriso.

 

“Uhm, io ti conosco,” Toga emise un gridolino eccitato. “Sei Nagata Kaori! Kao-chan sai che ho sempre voluto che fossi la mia fidanzata? La tua faccia è così carina quando sei spaventata. Però non tanto carina quanto il mio Izu-chan. Aah, ho tanta voglia di tagliuzzarlo!”

 

Uno sguardo sognante si impossessò dei suoi lineamenti e fece un lungo sospiro.

 

La mente di Kaori si schiarì per un secondo. Izu-chan? Il nome la riportò a vecchie abitudini, a giorni passati sedute sui gradini della scuola a parlare delle numerose cotte di Himiko. 

 

"I-Izu-chan?" La voce le uscì talmente bassa e tremante che si stupì quando la ragazza che le stava premendo un coltello sulla faccia capì qualcosa. 

 

"Ah, certo!" Toga si sedette sul suo addome e si portò una mano insanguinata sulla guancia. "Izuku è il mio fidanzato! Devi conoscerlo, ti piacerà tanto. Però ricordati che è il mio fidanzato, quindi stai alla larga." Il coltello premette appena sotto il suo occhio, Kaori non riusciva a capire se il sangue che le macchiava il viso fosse il suo o quello del cadavere dietro ai cassonetti. 

 

"Izu-chan ha i capelli verdi, verdi, verdi e gli stanno molto bene, ma se fossero rossi sarebbe ancora più bello! Sai che sulle guance ha tante lentiggini? Ne ha qui, qui, qui…” Ad ogni “qui” la punta del coltello le affondava leggermente nella guancia. Il terrore che le gelava le vene non impedì al sangue di macchiarle il viso, in una distorta replica di una bambola di porcellana a cui erano state dipinte eccessivamente le guance. 

 

“Mhmm, guarda come sei bella così! Aah~ è da tanto che non vedo il mio Izu-chan o Ochaco-chan… conosci Ochanco-chan? Anche lei è mia amica! L'ho vista per la prima volta in una foresta perché dovevo prendere il suo sangue! Il boss mi aveva detto di farlo, e io l'ho fatto! Raccogliere sangue è sempre divertente. Non sono riuscita a prendere quello di Izu-chan quindi il boss si era un po' arrabbiato. Non ci ho fatto molto caso però, lui è sempre arrabbiato per qualcosa. Sai che quando si arrabbia distrugge la roba? E poi Kurogiri-kun lo sgrida." Fece una piccola risata, per poi farsi spaventosamente seria. "Però se rompe qualcosa di mio io lo uccido." Il gelo nella sua voce scomparve tanto velocemente quanto era apparso e riprese a raccontare allegramente. "Gli voglio tanto bene! Anche lui è mio amico ma il migliore amico di tutti è Twice. Lui mi fa proprio ridere. Tu hai un migliore amico?" 

 

Kaori esitò non sapendo se quella pazza si aspettasse una risposta e se sì, quale fosse quella giusta da dare. "Ah sì, certoo! Sono ancora io la tua migliore amica, vero?" Toga si avvicinò tanto che i loro nasi si sfiorarono. I canini innaturalmente appuntiti che spuntavano quando sorrideva non aiutarono a renderla più rassicurante. "Vero?" Toga assottigliò lo sguardo e Kaori fece un piccolo movimento col capo, se per risposta o per sfuggire dall’odore ferroso del fiato della ragazza Kaori non lo sapeva.

 

La serial killer riprese il suo monologo, decantando le lodi di questo tale, Twice, e Kaori perse velocemente il filo. I suoi pensieri iniziarono a vorticare e a riportarla sempre allo stesso ricordo, che non poteva essere più lontano dalla situazione in cui si trovava e l’unica costante era la sua migliore amica. Quella che era stata la sua migliore amica.

 

Toga Himiko era una ragazza solare e amata da tutti i ragazzi della scuola, aveva innumerevoli amici e nel suo armadietto c’era almeno una lettera d’amore al giorno. Kaori era la sua vicina di banco e andava spesso a casa sua per aiutarla con i compiti di matematica, anche se i candidati non mancavano. I genitori di Himiko non le erano mai dispiaciuti, le sembravano un po’ strani, ma quale adulto una ragazzina delle madie non trovava strano? Sua mamma portava loro sempre succo di frutta e torta per merenda e prima di uscire dalla stanza ricordava a Himiko di comportarsi da brava bambina e di farle vedere lo zaino. Himiko le consegnava diligentemente la cartella e poi sua madre le lasciava. 

 

Un giorno però, finirono presto i compiti e iniziarono a pitturare uno degli album da colorare di Himiko. Kaori stava mordicchiando il tappo del pennarello, quando le sfuggì di mano e rotolò sotto il letto. Allora non ci aveva prestato molta attenzione, ma adesso realizzava che mentre strisciava per salvare il tappo dal buio del letto, gli occhi di Himiko non l’avevano lasciata un secondo. Mentre tastava il pavimento alla cieca, la mano le era scivolata su qualcosa di morbido e freddo. Lo prese per mostrare a Himiko che aveva trovato qualcosa.

 

“Qua sotto c’è un peluche che secondo me hai-“

 

Gridò appena riconobbe cosa era uscito da sotto il letto di Himiko. Lasciò andare il cadavere del passerotto e corse dall’altra parte della stanza, senza curarsi di pestare fogli e colori. Si portò una mano alla bocca ma l’odore di sangue marcio la fece quasi vomitare, il suo quirk l’aveva sempre resa molto sensibile agli odori.

 

La madre di Toga la trovò nell’angolo opposto al letto, ancora scossa da conati e con grandi e pesanti lacrime che le offuscavano la vista. Himiko era rimasta seduta sul pavimento e accarezzava l’uccellino, l’espressione serena mentre guardava l’animale morto.

 

Il viso della madre di Toga era quasi più spaventoso del piccolo passerotto senza vita, la sua espressione contorta da un tale disgusto che a Kaori fu quasi difficile riconoscerla. Himiko non sembrò sorpresa da ciò che le disse sua madre, io non ho cresciuto un mostro, brutta ingrata, perché non puoi essere una bambina normale? né dalle brutte emozioni che le distorcevano i lineamenti. Rimase ferma, gli occhi sottili e le labbra che tremavano leggermente, mentre sua madre prese l’uccellino in una mano e afferrò il suo braccio con l’altra e trascinò entrambi fuori dalla stanza. Qualche secondo dopo, la donna ricomparve e disse a Kaori che era ora di tornare a casa e la pregò di non dire ai suoi genitori cosa fosse successo.

 

Kaori aveva mantenuto il segreto anche quando l’agente di polizia le aveva domandato se Himiko Toga avesse mai manifestato segni di instabilità, se il suo ambiente domestico fosse sereno. Mentre uccideva il loro compagno di classe, Toga aveva la stessa serena espressione di quando aveva accarezzato l’uccellino. 

 

Si chiese se prima di morire l’avrebbe rivista. Se quell’espressione sarebbe stata l’ultima cosa che le si sarebbe impressa sulle pupille. Forse, se avesse detto qualcosa prima, ora non sarebbe lì, coricata sull’asfalto sporco di un vicolo con la sua ex-migliore amica che le tracciava le vene del braccio con la punta di un pugnale.

 

“… la Sorellona però non lo fa mai giocare troppi giorni di seguito, lei dice che gli si rinsecchisce il cervello. Ah, e Compress-kun risponde sempre che non c’è pericolo perché lui un cervello non ce l’ha.”

 

“Chi?” La sua improvvisa domanda sorprese più sé stessa che Toga, che sembrò anzi molto felice che finalmente partecipasse alla conversazione. 

 

“Ma Spinner, no! Lui è l’unico che riesce a battere il boss. A me i videogiochi non interessano e Twice arriva sempre ultimo! Ma Spinner è molto bravo, anche il boss lo pensa, solo che non lo dice. Però quando perde contro Spinner si arrabbia sempre di meno rispetto a quando perde contro qualcun altro. Una volta Dabi lo aveva battuto e ha distrutto due sedie e una bottiglia. Ha anche cercato ammazzarlo, ovviamente. Sai cosa?” Fece una pausa per permetterle di intervenire e Kaori, nonostante la situazione, si domandava chi fossero queste persone e sapeva che continuare a farla parlare era la sua migliore opportunità.

 

“C-cosa?” Riuscì a mantenere il tremito che la scuoteva fin nelle ossa fuori dalla sua voce, risultando in una parola abbastanza ferma ma decisamente troppo acuta. 

 

"Dabi non mi piace per niente," Toga arriccio le labbra, la mano libera che giocava con i capelli scuri di Kaori, creando nodi intricati. Kaori pensò che avrebbe dovuto pettinarli il prima possibile o sarebbe stata una seccatura cercare di scioglierli dopo. Sempre che al dopo ci arrivasse. 

 

"Mi dà sempre della pazza, o della mocciosa e poi puzza!" L'espressione di Toga assomigliava tanto a quella di Himiko che Kaori si ritrovò a ridere. Una risata che la scosse da capo a piedi, con una nota di isteria e due di disperazione come contorno. Toga si unì a lei, e sembrò che tornassero indietro nel tempo, a quando erano sedute nel giardino della scuola e Himiko le mostrava tutte le goffe lettere d'amore che aveva ricevuto nella settimana. 

 

Kaori si calmò, inspirando profondamente e emettendo un tremulo sospiro. "Perché non si lava?" I tagli che aveva sulle guance probabilmente le impedivano di far arrivare il sangue al cervello, questa era la migliore spiegazione che riusciva a darsi. 

 

"Ah boh, quello non lo so. Puzza di fumo però. E di cose morte. Ma non di sangue, quello ha un buonissimo odore. Lui sa di altre cose morte." Kaori stava per commentare di nuovo, per chiederle di raccontare ancora e sperando che si dimenticasse perché si trovava lì.

 

Venne interrotta ancora prima di iniziare da una notifica del suo cellulare, che la informava della morte della batteria. Kaori non fece in tempo a trattenere il fiato. Toga lo infilzò e estrasse un altro pugnale da Dio solo sa dove. Quello sporco di sangue era conficcato nello schermo nero. Il suo cellulare aveva terminato la sua breve ma intensa vita e Kaori sentiva di stare per seguirlo. L'interruzione aveva palesemente spazientito la serial killer, che stava borbottando tra sé e sé quanto tutta quella situazione si stesse facendo noiosa. 

 

Kaori sentì una mano fredda che le stringeva la gola, le unghie che le si conficcavano nella carne. Kaori annaspò e si divincolò, cercando di riempire i polmoni d'aria e di scrollarsi di dosso la pazza che voleva ammazzarla. Cercò di spingerla via ma Toga le bloccò le braccia con la mano che reggeva il coltello. Per quanto scalciasse non la smuoveva neanche di un millimetro. La sua gola iniziava a bruciare e le sue palpebre si facevano sempre più pesanti. Si arrese. Lasciò ricadere le gambe e chiuse gli occhi. Toga lasciò le sue braccia e dallo spostamento d’aria, doveva aver alzato il coltello. Kaori desiderò che la strangolasse prima di farla a pezzi. 

 

Un odore scomparve. L’ossigeno rientrò violentemente nei suoi polmoni. Si contorse mentre tossiva forte, le lacrime si mescolavano al sangue e l’asfalto era freddo sotto la sua guancia. Si poteva muovere. Non sentiva più il suo odore. Il misto di profumi economici e lacca scadente era scomparso. Ne rimanevano tracce su di sé, ma intorno a lei c’era solo la puzza della spazzatura. E altri odori estranei. Riaprì gli occhi con difficoltà, costringendoli a vedere cosa stesse succedendo, perché le orecchie sembrava che non funzionassero più. Cercò di guardarsi intorno e non la vide. Dove. Una figura spuntò dalla sua sinistra e le si accovacciò davanti. Ah, eccola. E chiuse di nuovo gli occhi.

 

“No, no ragazzina, rimani sveglia.” Una mano le schiaffeggiava insistentemente la guancia. Kaori riaprì gli occhi. Non era Toga. “Andrà tutto bene, continua a guardarmi però. Le ferite non sono profonde, ti riprenderai in un attimo.”

 

Venne portata su un’ambulanza, vide i poliziotti, sentì le sirene. Aveva così tante domande da fare all’infermiera che le era a fianco ma l’unica che raschiò fuori fu: “Dov’è Himiko?” 

 

“È fuggita, ma non preoccuparti, gli eroi la troveranno presto. Non ti farà più del male.” L’infermiere provava ad essere rincuorante e Kaori si sentì in qualche modo sollevata, anche se per motivi diversi da quelli che l’infermiera sembrava pensare. Lei era riuscita a scappare. 

 

Mentre era in convalescenza all’ospedale, le venne spiegato come l’avevano trovata. La chiamata d’emergenza era rimasta aperta per quasi tutta la durata dello ‘scambio’ e grazie al suo cellulare erano riusciti a rintracciare la sua posizione. Apparentemente Himiko Toga era scomparsa appena aveva sentito le sirene ed era ancora ricercata. La polizia sperava che trovando la serial killer sarebbe anche riuscita a scovare la League of Villains, che era sparita da tutti i radar dopo l’incidente di Kamino.

 

Kaori venne dimessa solo tre giorni dopo, bende le fasciavano il collo e la parte inferiore del viso, in tasca aveva un nuovo cellulare. La dottoressa le aveva detto che sarebbero rimaste delle piccole cicatrici, ma che col tempo sarebbero diventate sempre meno visibili. 

 

Izuku Midoriya era uno studente del primo anno della UA, era quindi un anno più piccolo di lei ed era arrivato quarto nel Festival Sportivo. Aveva veramente delle lentiggini sul viso. Quelle sulle guance di Kaori non si assomigliavano minimamente, erano solo il disegno distorto e confusionario di una pazza, però ogni volta che si guardava allo specchio vedeva Midoriya Izuku con ogni osso delle braccia frantumato, ma ancora in piedi. Capiva perché Himiko si fosse innamorata di lui. 

 

Per qualche tempo Kaori cercò di resistere alla sirena che la richiamava insistentemente verso quel luogo, la tentava di ripercorrere i passi che l’avevano condotta sanguinante a trovare una persona che le sembrava perduta. Sentiva il bisogno impellente di vederla, di stringerla e di chiedere il suo perdono. Ma sapeva che anche se Toga le si fosse presentata in casa, seduta sulla sua poltrona, non sarebbe riuscita a scusarsi. Non avrebbe potuto offrirle una scusa sufficiente, perché se non fosse stato per Kaori, forse oggi Toga sarebbe ancora Himiko.

 

 

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N/A: Che ne pensate? Mi diverto sempre molto a scrivere Toga e l’ho trovata perfetta per questa challenge! 

Piccole informazioni sul quirk di Kaori: lei può riconoscere ogni elemento chimico che compone un determinato odore, se allenato potrebbe diventare molto utile per individuare veleni o sostanze tossiche. Non è molto utile in battaglia e fin da piccola si è rassegnata a non poter diventare un eroe. Quindi si è concentrata sulla pasticceria che è sempre stata una sua passione.

 

   
 
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