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Autore: The_Storyteller    22/03/2021    0 recensioni
Londra, 1868. Anna Wilson è la classica ragazza di buona famiglia: colta, beneducata, in attesa che il suo fidanzato le faccia la fatidica proposta.
Tutto normale… o forse no.
Una strana ferita, il mistero delle ricerche di suo padre e il caotico quanto affascinante leader dei Rooks avvicineranno Anna alle vicende degli Assassini, e scoprirà l'antico legame che la lega a loro.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evie Frye, Henry Green, Jacob Frye, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stazione di Victoria era frenetica come sempre, con gente che scendeva e saliva dai treni per i più disparati motivi.
Un postino si guardava attorno disorientato, tenendo tra le mani la busta che tanto lo aveva fatto disperare. Per sua fortuna, un bambino a cui aveva chiesto informazioni gli aveva indicato il treno giusto, così si incamminò fino ad arrivare alla locomotiva.
- I signori Frye sono qui?- chiese al macchinista, che gli disse di andare al terzo vagone.
Giunto alla carrozza, il postino bussò alla porta, e poco dopo un uomo con un cappello a cilindro gli aprì.
- Buongiorno!- salutò allegramente Jacob - Avete qualcosa per noi?-
Il postino gli consegnò la busta: - Da Crawley, signore. Non è stato per niente facile raggiungervi, posso chiedere perché non abitate in una casa normale?- chiese, leggermente stizzito.
Jacob sorrise bonario: - Ci abbiamo provato, ma gli affitti costano una fortuna...-
In quel momento intervenne Evie: - Vi ringraziamo per il vostro ottimo lavoro. Questo è per il disturbo- disse allungando al postino una sterlina e congedandolo.
 
I gemelli rientrarono nel vagone, dove Henry stava aspettando: - Chi vi scrive?- chiese curioso.
Jacob si accomodò sul divanetto, mentre Henry e Evie si sistemarono di fronte a lui.
- È di George!- esclamò - E deve aver scritto un bel po’ di cose, a giudicare dal peso della busta.-
Il più giovane dei Frye estrasse il primo foglio della lettera e cominciò a leggere:
 
Carissimi Evie e Jacob,
dovrei essere molto arrabbiato con voi, invece non potrei essere più fiero.
Quando non vi avevo più trovato a Crawley, dopo che vi eravate occupati di Ferris e Brewster, avevo capito subito che vi eravate diretti a Londra per fermare Starrick e i suoi piani di dominio.
A ripensarci, mi ero addirittura sorpreso che tu, Evie, avessi accettato quell’idea talmente balzana che poteva essere nata soltanto dalla mente di tuo fratello.
 
Ma ormai è passato, Starrick è morto e Londra è finalmente libera dalla morsa dei Templari. E credetemi, ragazzi miei, sono così orgoglioso di voi e di Henry. Anche vostro padre lo sarebbe.
Ordunque, vi devo dire il motivo per cui vi ho scritto questa lettera, e riguarda proprio vostro padre, il mio caro amico Ethan: insieme a questo mio messaggio, troverete un’altra lettera indirizzata a vostro padre e arrivata circa un mese fa qui a Crawley. Sinceramente, non so cosa avesse in mente Ethan ai tempi perché purtroppo non me ne ha parlato.
Cercherò tra le sue memorie se riesco a trovare qualcosa di utile e vi spedirò il tutto nei prossimi giorni.
 
Vi auguro solo il meglio, ragazzi miei. Salutatemi Henry.
Con affetto
George Westhouse
 
I tre Assassini rimasero per qualche secondo in silenzio, colpiti dalle parole del loro vecchio amico.
- Non pensavo che l’avrebbe presa così bene...- commentò con affetto Jacob, poi prese la seconda lettera: - Dai, chi vuole leggere questa?- propose.
Evie si offrì volontaria, così suo fratello le passò il foglio. La giovane lesse il mittente e il luogo di partenza: - Scrive il signor Harold Wilson, da Leicester- annunciò, poi aprì la lettera e lesse ad alta voce il suo contenuto:
 
Mio caro signor Frye,
posso finalmente darvi ottime notizie.
Ho trovato ciò che mi avevate chiesto a sud di Leicester, forse non sarà molto, ma vi risulterà utile per la vostra ricerca.
 
Purtroppo sarò a Londra per circa due settimane, poi dovrò partire per Winchester per altri studi.
Passate a casa mia (l’indirizzo è in fondo), ho affidato i miei appunti a mia figlia Anna. Fatele leggere la lettera allegata e lei saprà cosa fare.
 
In attesa di rivedervi di persona, vi porgo cordiali saluti.
 
Prof. Harold Wilson
 
Evie controllò la data di partenza della lettera: - L’ha scritta a inizio anno, quando papà...-
Jacob sospirò: - Quando papà era già malato... e poco dopo sarebbe morto- disse tristemente, terminando la frase della sorella.
Henry tentò di cambiare discorso, anche se sentiva un leggero peso al cuore al sentir nominare il suo vecchio mentore: - Se volete, posso leggere io l’ultima lettera.-
Jacob sorrise e tirò fuori l’ultimo foglio: - Ok Greenie, basta che poi non ci siano altre lettere da leggere!- scherzò.
Henry sorrise di rimando e prese la lettera, ma presto sul suo volto apparve un’espressione stranita: - Che razza di lingua è questa?- esclamò, mostrando il foglio ai gemelli.
I Frye diedero un’occhiata alla parole, tentando di trovare qualcosa di decifrabile.
- Per me è arabo- si arrese poco dopo Jacob.
- Veramente l’arabo non si scrive così...- replicò Henry.
- È un modo di dire, Greenie...-
Evie provò più a lungo, ma alla fine desistette anche lei: - Da alcuni caratteri, direi che si tratta di una lingua scandinava. Ma per il resto, non so proprio di cosa parli.-
 
I tre Assassini rimasero a lungo a riflettere su quelle misteriose lettere.
- Tu hai idea di chi possa essere questo Wilson, Evie?- chiese Jacob.
Sua sorella scosse la testa: - Purtroppo il suo nome non mi dice nulla. È strano che papà non lo abbia mai nominato. Che cosa gli avrà mai chiesto di trovare? Che ne pensi, Henry?-
I Frye osservarono il loro amico indiano intento a cercare tra vecchi giornali.
- Scusate ragazzi, ma non ho mai sentito il suo nome prima d’ora. Invece, la figlia... Ah, ecco qui!- esclamò trionfante.
Jacob ed Evie si avvicinarono al giornale che Henry teneva in mano, datato due giorni prima. Sulla pagina della cronaca appariva il seguente titolo: “Misteriosa aggressione a Hyde Park”.
L’articolo descriveva l’aggressione di uno strano corvo ai danni di una giovane coppia, con tanto di nomi e cognomi: mentre lui era rimasto illeso, la signorina invece era stata ferita alla mano. A contorno dell’articolo c’erano le testimonianze di alcuni passanti, i commenti del giornalista su presunti complotti contro le vittime e un disegno color seppia che ritraeva in modo quasi teatrale la scena.
- Dici che si tratta della stessa persona?- chiese Evie ad Henry.
L’indiano scosse la testa: - Magari è solo un caso di omonimia, ma possiamo sempre andare alla casa del professor Wilson e verificare la cosa, oltre che a prendere i suoi appunti.-
Jacob si alzò dal divanetto e si stiracchiò: - Ok, avevo proprio voglia di prendere un po’ d’aria. Evie, sei dei nostri?-
Evie declinò, dicendo che doveva raggiungere il signor Darwin per una faccenda, ma promise che si sarebbero rivisti più tardi per discutere cosa fare degli appunti del professore.
 
Jacob ed Henry scesero dalla carrozza e si ritrovarono di fronte a un edificio elegante di due piani, nella zona a nord di Green Park.
Controllarono che l’indirizzo fosse giusto, e una volta accertato si avvicinarono alla porta e bussarono un paio di volte.
- La signorina non rilascia interviste, grazie e buona giornata!- disse una voce dall’interno.
I due Assassini si guardarono perplessi, poi Jacob bussò un’altra volta: - Abbiamo qui una lettera del signor Wilson- annunciò.
Lentamente, la porta si aprì e una donna sui cinquant’anni si sporse appena dalla soglia. Li guardò attentamente un paio di volte, dall’alto al basso, e sembrò rasserenarsi: - Effettivamente, non avete proprio l’aspetto di giornalisti. Senza offesa, signori...- sorrise la donna, sistemandosi il grembiule.
Jacob osservò la donna, intuendo che fosse la domestica: - Ci scusi il disturbo, signora, ma abbiamo qui una lettera del signor Wilson. Pare che abbia lasciato degli appunti per mio padre, il signor Frye- spiegò, porgendole le due lettere del professore.
La domestica diede una lettura veloce alla prima, mentre sospirò alla seconda: - Il solito professore...- disse fra sé e sé.
Si presentò, dicendo di chiamarsi Margareth, poi fece accomodare i due uomini, accompagnandoli fino a un salottino. La casa era elegantemente ammobiliata, mantenendo comunque uno stile semplice ed accogliente. La musica di un pianoforte pervadeva l’aria, diffondendo una melodia soave e rilassante.
- Aspettate solo un momento che vado a chiamare la signorina e... Ah, Theo!-
In quel momento, un ragazzino sugli undici anni apparve da un’altra stanza, fermandosi al richiamo della domestica. Si toccava nervoso le dita pallide, mentre guardava con curiosità i nuovi arrivati.
- Theo, caro, puoi farmi un favore? Puoi andare a chiamare tua sorella? Questi signori hanno bisogno di alcune cose di tuo padre- spiegò con gentilezza.
Il ragazzino diede un’ultima occhiata ai due sconosciuti, poi annuì e corse nella stanza da cui proveniva la musica.
- Perdonate il signorino, ma è molto timido con gli sconosciuti. Ora scusatemi, ma devo ritornare in cucina. Lieta di avervi conosciuti- disse infine, prima di congedarsi dai due ospiti.
- Tu cosa ti aspetti da tutto questo?- chiese Henry a Jacob, poco dopo.
Jacob fece spallucce: - Non ne ho la più pallida idea. Spero solo che la signorina possa dirci qualcosa in più, anche solo per...- si interruppe, notando un movimento.
Da dietro un muro era apparso un grosso gatto bianco e rosso. Si avvicinò con cautela ai due Assassini, annusando l’aria con circospezione.
- Salve...- salutò Jacob.
Il gatto saltò sul divano dove si trovavano i due uomini, sedendosi in mezzo a loro. Henry e Jacob rimasero immobili, mentre due iridi di un azzurro intenso li studiavano con attenzione.
- Cosa facciamo?- sussurrò Henry.
- Resta immobile, non lasciare che fiuti la tua paura Greenie- rispose Jacob con tono fintamente allarmato.
Dopo un tempo che era parso interminabile, il gatto si avvicinò ad Henry e gli diede una piccola testata contro la mano, miagolando finché l’uomo non cominciò ad accarezzarlo. Poi, soddisfatto dalle coccole, rivolse le sue attenzioni a Jacob, saltandogli direttamente in grembo.
- Chi l’avrebbe detto che fossi un coccolone!- esclamò Jacob accarezzando a sua volta il felino, provocandogli così rumorose fusa.
- Come ti chiami, micetto?-
- È femmina, e si chiama Freya.-
 
Una ragazza di circa vent’anni era apparsa nella stanza. Freya saltò agilmente dal divano e raggiunse la sua padrona, saltandole in braccio e strofinando la testa contro la sua mano bendata.
Dietro la ragazza, i due Assassini notarono altre due persone sporgere appena dal muro: il ragazzino di prima e un’altra ragazza che poteva dimostrare quindici anni.
- Perdonate l’attesa, ma mia sorella Charlotte voleva fare per forza il “test” con voi- spiegò lanciando un’occhiataccia alla giovane, che sparì dal suo riparo portandosi via il fratellino e lasciando dietro di sé una risatina divertita.
Jacob sembrava perplesso: - Il test era se la gatta ci avesse morso o meno?-
La giovane annuì: - Diciamo che funziona così: se la gatta ti accetta, sei una brava persona. Ma dubito che siate qui per queste sciocchezze. Io sono Anna Wilson, e mio fratello Theodore mi ha detto che avete una lettera da parte di mio padre. Giusto?-
Jacob aspettò che la ragazza si sedesse sulla poltroncina di fronte a loro, poi le porse la lettera scritta nella lingua sconosciuta. La osservò: i lunghi capelli biondi erano raccolti in una semplice crocchia, con qualche ciuffo che sfuggiva dalla pettinatura severa; gli occhi azzurri scrutavano attentamente la lettera, anche se ogni tanto capitava che li sollevasse per guardarlo curiosa.
- Chi di voi è il signor Ethan Frye?- chiese una volta terminato di leggere la lettera.
- In realtà nessuno dei due- rispose Jacob, turbando appena la sua interlocutrice.
- Era mio padre. È morto di pleurite a inizio anno.-
La ragazza fece un’espressione sorpresa, passando poi all’imbarazzo per la sua domanda: - Mi dispiace. Le mie condoglianze, signor Frye- gli disse sincera.
Jacob sorrise: - Nessun problema, non potevate certo saperlo. Toglietemi una curiosità, invece- proseguì cambiando il discorso - Che razza di lingua è quella lettera che vi ha scritto vostro padre?-
- Norvegese. Mio padre l’ha imparata anni fa per ragioni di studio, e me l’ha insegnata quand’ero bambina. Ora, se permettete, vado a prendere gli appunti che mi ha lasciato- disse, quindi si alzò e salì al piano superiore, tornando qualche minuto dopo con una piccola risma di fogli e porgendoli a Jacob.
- Sono i suoi appunti sugli scavi che ha fatto vicino a Leicester, ma non so di cosa trattano nello specifico. Spero vi possano servire anche se vostro padre non c’è più.-
I due Assassini ringraziarono e si alzarono per andarsene, ma prima di varcare la soglia Jacob si girò un’ultima volta verso Anna: - Grazie ancora, e buona guarigione alla mano!- la salutò, toccandosi appena il cappello e raggiungendo poi Henry.
 
Anna chiuse la porta, sentendo un leggero rossore sulle guance dopo l’ultima frase del signor Frye. Si tastò la mano ferita, cercando di non pensare più a quei due sconosciuti, quando sentì un rumore dietro di lei.
- Cosa c’è- sospirò, guardando il sorrisetto apparso sul volto di sua sorella Charlotte.
La ragazza si lisciò i capelli castani in modo civettuolo: - Niente, mi stavo solo chiedendo per quale misterioso motivo papà possa essere in contatto con due giovani affascinanti che non sembrano assolutamente dei professori di Oxford…- rispose con finta nonchalance.
- Gli servivano solo degli appunti, nient’altro- replicò Anna lasciandosi scappare un altro sospiro.
- Dovresti tornare ad esercitarti col piano, altrimenti chi la sente mamma...- aggiunse, tentando di cambiare discorso.
Charlotte tentò un’ultima volta di investigare sulla faccenda: - Andiamo, possibile che tu non sia curiosa di sapere chi sono quei due? Mi sembrano brave persone, persino Freya lo pensa. È la prima volta che si fa accarezzare da due sconosciuti!- esclamò prendendo in braccio la gatta per enfatizzare il concetto.
Anna la squadrò: - Freya è solo una gatta. Se è per questo, continua a soffiare a Richard ogni volta che lo invitiamo a casa, e lo conosce da molto tempo ormai.-
Charlotte aggrottò le sopracciglia, mettendo su il muso: - Questo perché il tuo fidanzato è l’uomo più noioso che abbia mai avuto il dispiacere di conoscere! Sinceramente, sorella, non capisco come possa piacerti!- disse infine, prima di tornare ad esercitarsi con il pianoforte.
Anna sospirò ancora, esasperata, poi si diresse in camera sua. Chiuse la porta e si diresse al suo scrittoio, estraendo le copie degli appunti del padre che aveva trascritto di nascosto. Rilesse per l’ennesima volta quelle frasi che descrivevano ritrovamenti di asce e frecce di epoca vichinga, poi i suoi occhi si soffermarono su una parola che tanto l’aveva incuriosita: Occulti.
Da quelle pagine in poi, Anna cominciò a leggere le poche informazioni che suo padre aveva trovato sui resti del villaggio vichingo di Ravensthorpe e sulla presenza di due individui appartenenti a quel misterioso gruppo, un certo Basim e il suo discepolo Hytham; erano stati proprio gli appunti sopravvissuti al tempo di quest’ultimo ad ampliare il discorso, citando degli Antichi che un guerriero vichingo era riuscito a neutralizzare uno dopo l’altro.
Anna scosse la testa, prendendo altri appunti, ancora più misteriosi: pagine e pagine ricopiate dal professor Wilson, scritte in alfabeto runico.
“Chissà quali storie nascondete...” pensò Anna sfiorando le lettere spigolose scritte sui fogli.
“Che cosa c’entri con tutto questo, papà?” si chiese fra sé e sé, accarezzandosi sovrappensiero la mano bendata.
   
 
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