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Autore: RLandH    23/03/2021    1 recensioni
Magnus Bane ha un problema: non sa dire di no ad un’amica; il resto va fuori controllo
“Ah” aveva accettato Magnus con leggera indignazione, “Sarei percepito solo così?” aveva chiesto risentito, “Sono uno stregone di quattrocento anni con una carriera rinomata, tra cui, vorrei ricordare, la fuga su una mongolfiera con Maria Antonietta e la stesura degli Accordi” aveva aggiunto, suo marito lo aveva guardato con estremo stupore, “Ma sarei considerato solo come il marito di Alec? Cioè non fraintendetemi, adoro essere considerato il marito-di-Alec. Tipo mi piace così tanto che potrebbe essere il mio secondo nome, il Grande Magnus Marito-di-Alec Bane, suona benissimo, ma ecco, una persona si aspetta un po’ più di riconoscimento. Ho anche formato una setta che è diventata problematica ad un certo punto” aveva detto. Voleva che il discorso fosse serio, ma non c’era riuscito e dal sorriso teso di Tessa, per nascondere la risata gli sembrava evidente.
Alla fine la stregona aveva riso ed anche sul marito, che aveva posato la fronte sulla sua spalla.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Ragnor Fell, Theresa Gray
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ho passato l’esame, gloria e giubileo, perciò mi sono impegnata nello scrivere un capitolo nuovo (non questo, il prossimo) ma non sono riuscita a concluderlo, ho pensato che fosse comunque carino pubblicare quello nuovo, perché oggi è una buona giornata.
Il capitolo è abbastanza filler, ma credeteci o meno, ci sono cose importanti.
Un grazie a chi segue/ricorda/preferisce e a chi legge solamente, un bacio invece ad Arwen Fenice per le recensioni <3
Buona Lettura,
RLandH

 

 

Non è il verde che ti aspetti

 

“Be, è qui. Ci siamo” aveva dichiarato Ej con un certo scetticismo ed una punta di delusione, che Magnus sembrava condividere.
L’ingresso della Somma Stregona di Leiden, era una porta in legno, ben curata, sì, ma di dimensioni modeste, quelle che si aspetterebbe di trovare in una casa e non come portone d’accesso per la dimora di … un palazzo.
D’altronde l’intero edificio era una perfetta casetta, alta tre piani, stretta, un po’ sbilenca per via del terreno, di un bianco inteso ed adornata da un tetto a capanna molto spiovente.
Era affiancata da due case molto più ingombrati e si affacciava proprio davanti ad uno dei canali principali.
A Magnus dava l’idea che fosse un edificio appiattito con la magia, scoordinato e fin troppo allungato, regolato ad hoc perché potesse essere sistemato in uno spazio dove non sarebbe stato possibile altrimenti.
Accanto alla porta in legno, ben curata, c’era un citofono, c’erano quattro targhette, in corrispondenza dei piani, ma tutte vuote tranne l’ultima in cima.
Vale.
Addio.
“Quando dici che tra voi non è finita bene, quanto è grave?” aveva chiesto Magnus, infilando le mani nelle tasche microscopi dei pantaloni skinny rivolto al suo vecchio amico di merende.
“Non so, Justine ha un metro molto variabile per il rancore. Ha scatenato un invasione barbarica su Roma per vendicarsi del suo fratellastro una volta, per averle ucciso un amate, ma ad un ex-fidanzato ha solo tenuto il muso per qualche secolo e lui aveva cercato di uccidere lei …” Ragnor aveva fatto una pausa, come se avesse voluto dire altro, poi aveva ripreso a parlare, “L’ultima volta che avevamo litigato nel seic-”, ma era stato interrotto sia da Magnus sia da Ej.
Invasione barbarica?” aveva chiesto la giovane Cacciatrice, “Roma?” aveva domandato Magnus.
Esistevano stregoni che avevano vissuto ai tempi di Roma, o almeno erano esistiti, uno degli ultimi si era spento quasi un secolo prima, ma erano rari, mosche bianche.
Era un tempo lunghissimo anche per quelli come loro.
Immaginava che Ej non fosse stupita dalla probabilità di una stregona così vecchia per via dell’abitudine a mentire di gran parte di loro per darsi più lustro.
Alla sola età di ottant’anni Magnus aveva convinto Carlos II e Marie Luise d’Orléans che era uno stregone così vecchio da aver condiviso il desco con Platone – quel pensiero gli diede un brivido, perché con la mente lo portò ad altri ricordi, tremendamente belli e tremendamente dolorosi.
Si!” aveva risposto Ragnor sterile, prima di pigiare il tasto del citofono.
Avevano ricevuto una risposta dall’interfono, in Olandese, chiedeva semplicemente chi fossero.
“Il magnifico Magnus Bane” era intervenuto lui, in inglese, prima che Ej potesse rispondere, “Oh! Che bello” aveva squittito la voce femminile, prima che sentissero il suono della porta che veniva aperta, “Ultimo piano!” aveva esclamato quella, in un ottimo inglese.

Magnus nella vita aveva vissuto un certo numero di orrori, alcuni più grandi – immensamente – di altri, aveva deciso, comunque, di includere nella lista le scale che portavano al piano di Justine Vale.
Erano strette, degne della tomba di un faraone, ripidissime, lo spazio era poco, ma invece di essere organizzate in una chiocciola, erano tutte addossate da un lato, come se qualcuno avesse scalfito perfettamente i gradini nel muro. Lo spazio per i piedi, era a malapena calpestabile solo per un numero di piedi degni di Cenerentola, quindi tra loro, solo Ej sembrava sicura.
E dulcis in fundo: i gradini erano di una spaventosa altezza, da rendere la salita oltremodo scomoda.
Ed erano quattro piani.
“Strano” aveva detto solamente Ragnor, “Justine non è mai stata donna da certe fatiche” aveva valutato, cosa che Magnus in quel momento dissentiva.
La scalinata sembrava fatta a posta per scoraggiare la salita; “Mi sento come in quella scena del Castello Errante di Howl” si era lamentata Ej, che era la più agile di loro, in quella circostanza, Magnus attribuiva il merito ad un eccellente forma fisica, modellata da duri anni di allenamento Shadowhunters e, scommetteva, anche una combo tra una runa di Resistenza e Agilità.
“Non ho idea di cosa stai parlando” aveva dichiarato Ragnor.
“Oh be ci sono queste due signore di una certa età che per incontrare la Strega di Corte sono costrette a faticare lungo questa mortale scalinata” aveva raccontato la cacciatrice.
“Calzante” aveva commentato Ragnor, mentre seguiva Ej lungo le scale.
Lui d’altronde doveva trovare calzante come più volte l’Olanda lo avesse spinto a pensare a quel film, forse avrebbe dovuto farlo vedere ai suoi figli tornato a casa, anche ad Alec, chi sa perché sospettava che suo marito non lo conoscesse.

Una giovane fata, viste le orecchie appunta e delle ali da libellula, si era affacciata dalla balconata interna del secondo piano, per osservarli con un certo interesse, ma anche una guardinga consapevolezza, almeno quando gli occhi si erano posati sull’atletica figura di Ej.
Non aveva fatto nulla però, restandosene in pantaloncini della tuta, pantofole e canotta a bere il suo smoothie da una cannuccia colorata.
Nonostante sul campanello non ci fossero stati altri nomi, era evidente che ogni piano che si lasciavano alle spalle fosse brulicante di persone e pregnante di potere magico.
Magnus aveva contato almeno tre fey al secondo piano, due vampiri al primo ed un cucciolo di licantropo che spiava  dalla ringhiera del terzo piano.
Qualcuno da qualche parte stava anche praticando un incantesimo, nessuno particolarmente potente, ma abbastanza perché Magnus lo percepisce, era sicuramente opera di qualche stregone. “Ragnor” aveva chiamato lui, ottenendo uno sguardo di traverso dal suo amico, che lo aveva staccato di qualche metro.
Si stava decisamente chiedendo perché Ragnor fosse più allenato di lui, non era una cosa plausibile. “Non credi sia una Domus Magicae?” aveva chiesto alla fine, “Lo è sicuramente” aveva dichiarato il suo amico, “Justine le adora” aveva dichiarato.
Ej, ormai lontana anni luce – sì, quella scala era maledetta, lo percepiva chiaramente – si era fermata, “Una cosa?” aveva chiesto incuriosità. “Una Casa di Magia, sono luogo costruiti lungo i nodi delle vie telluriche, insomma si come dire … convergenze” aveva spiegato didascalico l’altro.
Come quella che Malcom aveva utilizzato per riportare in vita la sua bella sposa svitata, aveva pensato Magnus, con rammarico e dolore.
“Per molti secoli gli stregoni costruivano case sugli snodi per sfruttarne l’energia e praticare incantesimi potenti, con il tempo hanno cominciano ad attirare altri nascosti come fari con le navi” era intervenuto Magnus.
“Gli Shadowhunters non ne sono molto fan, di questi tempi, ma se non ci sono violenze su mondani o evocazioni di demoni maggiori tendono a chiudere un’occhio. In alcuni tempi le bruciavano con tutti quelli che ci vivevano dentro” aveva detto lapidario Ragnor, ricordando forse qualcosa del suo passato.
Anche Magnus aveva ricordato qualcosa, il loro viaggio ad Istanbul, quando il suo amico gli aveva fatto spergiurare di non raccontare ai fratelli silenti che era stato lì, al posto che nella casa del rispettoso Alto Stregone di Costantinopoli.
Fratello Zebulon aveva detto a Magnus – dopo – che erano luoghi di perdizione. Magnus molti anni in seguito, dopo aver viaggiato e veduto cose umane e demoniache, indicibili, avrebbe dissentito.
Erano molto peggio di qualsiasi cosa il Fratello Zebulon avrebbe mai potuto descrivere – o meglio, questione di punti di vista.
“Sono sicuro che il nuovo Console non tornerà ai vecchi metodi” aveva dichiarato Magnus, “Speriamo che il nuovo Cancelliere sia disposto a dargli il beneficio del dubbio” aveva replicato Ragnor, prima di riprendere la salita.
La sua voce era sembrata terribilmente raschiata.
Nel frattempo il loro vociare doveva aver allarmato la palazzina, perché il flusso di magia che criptava nell’aria era venuto ad esaurirsi bruscamente, interrompendo il rituale.

 

“Immaginavo più alto il Sommo Stregone di Brooklyn!” la voce, femminile, era arrivata dalla cima della lunghissima scala, quando Magnus aveva sollevato gli occhi, aveva visto chi c’era.
Si era dovuto dichiarare piuttosto confuso da ciò che lo attendeva. Era una ragazzina, non aveva più di una dozzina di anni, con le ginocchia nodose, nude, esposte grazie ad una salopette di jeans, con il pantaloncino corto.
Aveva anche una chioma grano ardente, stretta in due trecce che scendevano sul petto ancora imberbe.
Magnus Bane doveva dichiararsi piuttosto stupito, non era così che immaginava la Somma Stregona di Leiden, amante on-off per secoli di Ragnor Fell e … istigatrice di barbari.
“Io più adulta” aveva dichiarato Magnus.
“Non è lei” era intervenuto Ragnor, facendo ridacchiare Ej, “Decisamente no” aveva confermato poi la shadowhunters.
La ragazzina aveva riso cotta con un certo divertimento, “No, no!” aveva detto poi, mentre gli accoglieva gentili sul pianerottolo del quarto piano.
Che oro stupendo!” aveva dichiarato la ragazzina senza indugio, fissando il viso di Magnus sfacciata, probabilmente ammiccando agli occhi da gatto, “Anche tu hai dei begli occhi” aveva risposto galante lo stregone.
La giovane aveva occhi verdi come foglie primaverili, non molto grandi, ma incredibilmente espressivi. Lei aveva aggrottato le sopracciglia bionde, come se il complimento di Magnus l’avesse confusa, “Grazie” aveva ammesso incerta, prima di riprendersi.
“Tu non sei del colore che immaginavo” aveva dichiarato la ragazzina, ammiccando al buon Ragnor, che aveva schioccato le dita, permettendo al suo naturale colorito pisello di tornare vivace sul suo viso. “Più così?” aveva chiesto, poi, la ragazzina si era morsa il labbro, come se improvvisamente si ritrovasse in una situazione tesa e nervosa, come se camminasse in equilibrio precario, “No” aveva dichiarato alla fine, con un sospiro – stupendo tutti i presenti –  prima di sorridere.
Il suo viso sembrava quasi iridescente quando indugiava in quell’azione, “Ma è decisamente molto meglio di quello che immaginavo” aveva dichiarato sicura, prima di volgere lo sguardo su Ej.
La shadowhunter aveva osservato la scena con interesse. La ragazzina aveva inclinato il capo, facendo ondulare le trecce bionde, “Non so chi tu sia, ma sei sicuro impetuosa nello spirito” aveva dichiarato.
Ej aveva riso con un certo gusto, “Be, grazie, tu sei un po’ secca” le aveva risposto, prima di presentarsi. “Io sono Sunflower Vale, la figlia di Justine, è un piacere conoscervi” aveva dichiarato, ricambiando la stretta la ragazzina e poi conducendoli all’interno dell’appartamento.
Figlia?” aveva domandato con una certa confusione Ragnor.
Lei aveva annuito piena di vita.
Probabilmente Sunflower – che nome esoso – era una di quelle bambine umane che venivano adottate dagli stregoni; anche Magnus lo aveva fatto, tecnicamente, certo lui non aveva mai avuto bambini umani.
Sunflower si era poi sporta dalla ringhiera, facendo oscillare le trecce bionde al vuoto, allarmando per un secondo Magnus ed immaginava anche i suoi compari, aveva strillato qualcosa in olandese che somigliava ad un “Michael, rientra a casa o tua nonna si preoccuperà” e nell’attimo che aveva parlato, il cucciolo di licantropo che stava guardando loro, ben nascosto dal piano inferiore, era evaporato alla velocità della luce.
“Entriamo?” aveva proposto poi la ragazzina, ammiccando all’unica porta di quel piano, che era aperta ed offriva uno spiraglio alla casa della Somma Stregona di Leiden.

La casa di Justine era spaziosa, esibiva un salotto bello invitante, in cui appariva un tavolinetto basso, con un divano ad elle che lo circondava. Il soggiorno era collegato ad una cucina senza muro, c’era anche una porta chiusa ed una scala che portava verso un eventuale quinto piano.
La casa era piena di piante floreali e foto. A Magnus piaceva sicuramente, ma poteva notare sul viso di un verde cetriolo, leggermente più pallido rispetto al solito, un’espressione vagamente più confusa e spaesata.
Conosceva quell’espressione, Magnus sapeva di averla avuta in vita sua, almeno una volta; era la consapevolezza di essere un estraneo in un mondo che un tempo era suo e di cui si conosceva ogni dettaglio; Camille Belacourt tendeva a farlo sentire così.
La casa di Justine sembrava piena di vita, assolutamente vissuta in ogni suo aspetto. Era anche piena di chincaglierie varie ed eventuali.
“Volete acqua, menta e limone?” aveva domandato subito Sunflower, “Assolutamente sì!” aveva risposto immediatamente Ej, mentre si accomodava sul divano ad L, di un pittoresco color cobalto, che faceva una buona cromia con le pareti tinte di giallo paglierino ma non si sposava bene con il pavimento parquet di legno scuro.
“Non ho il permesso di offrire alcolici” aveva aggiunto Sunflower con un tono allegro.
Ragnor aveva tossicchiato per attirare l’attenzione, “Dove è tua madre?” aveva chiesto poi, con un tono piuttosto stranito nell’utilizzare quel nome per simboleggiare la parentela tra le due.
“In effetti avevamo un appuntamento” aveva dichiarato Ej, mentre accavallava le gambe, ma non sembrava troppo nervosa.
“Si, l’appuntamento prima di voi si sta trattenendo un po’ più del previsto” aveva dichiarato Sunflower con una punta di nervosismo evidente nella voce, “Però si accomodatevi” gli aveva invitati di nuovo.
Magnus aveva imitato Ej, cercando di rilassarsi, Ragnor era rimasto stoico in piedi nel mezzo del soggiorno.
“Quindi quante acque menta e limone?” aveva chiesto ancora la ragazzina.
Aveva una dizione perfetta in inglese, ma l’accento duro olandese strisciava molto, pesando sulle parole, Ej aveva sollevato una mano, come una ragazzina alle elementari, “Facciamo anche per me” aveva dichiarato Magnus.
Sì, normalmente fidarsi era bene e diffidarsi era meglio, ma se fosse accaduto qualcosa a Magnus, somma Appendice – a quanto pareva – del Console degli Shadowhunter, sarebbe stato impossibile per Justine scamparsela, a meno che …

Sunflower aveva schioccato le dita, un lampo sottile di luce rosa vibrante era schioccato nell’aria esaurendosi in una pioggia di scintille luminose ed un lampo sia Magnus, sia Ej tenevano nelle loro mani un bicchiere di vetro colmo fino all’orlo di acqua, in cui erano immerse foglie di menta ed una bella fetta di limone.
“Sei una strega!” aveva esclamato Ej, ammirata, con gli occhi illuminati.
Aye!” aveva replicato Sunflower, aveva fatto comparire un bel bicchiere anche per lei, e si era lasciata cadere sul divano.
“Questo ha molto più senso” aveva dichiarato allora Ragnor, “Trovo molto più credibile che Justine abbia adottato una stregona” aveva valutato.
“Oppure potresti starci ingannando” aveva proposto Magnus, “Non sono uno a cui piace pensar male” aveva ammesso.
Ej allora aveva guardato il suo bicchiere con una certa criticità. Lei aveva ridacchiato, “Non lo ho fatto, anche volendo, dubito avrei il potere di sopraffare la mamma” aveva dichiarato Sunflower, prendendo un bel sorso della sua acqua.
“E che non ho mai pensato a Justine come una persona particolarmente materna” aveva valutato nuovamente Ragnor.
“Diciamo che non ha proprio scelto di adottarmi, ma la vita va come deve andare, no?” aveva chiesto con un tono retorico la ragazzina, con un sorriso gioviale e luminoso sul viso.

Ragnor non era sembrato poi molto convinto della spiegazione, Magnus inoltre non aveva la minima idea di quanto la cosa dovesse o meno sembrare strana, non la conosceva bene questa Justine, però non era esattamente una cosa abitudinaria che gli stregoni prendessero dei giovani bambini come figli. Boris non aveva poi molti torti, da quel punto di vista, ma immaginava che se Magnus avesse messo la testa apposto, allora forse, poteva averlo fatto anche a Justine.
Uno spiraglio luminoso era apparso nel soggiorno, una luce brillante bianca, si era aperta, accompagnata da un forte vento.
L’attimo dopo sul tavolo basso del soggiorno era piombato qualcuno, un giovane uomo, ferito, che si teneva una mano sulla spalla, sanguinante.
“Oh!” aveva strillato Sunflower, “Erwin!”;  l’attimo dopo Ej era già saltata in piedi con una lama angelica – e l’urlo Amenadiel in combo – sguainata pronta al combattimento; la giovane strega aveva detto qualcosa in olandese, troppo veloce perché Magnus la comprendesse e si era chinata su di lui per sorreggerlo.
Dallo squarcio era spuntata anche una donna, dietro cui il portale si era rinchiuso. La prima cosa che Magnus aveva veduto della nuova arrivata era stato un collo sottile attorno da un lunghissimo filo di perle con più stringhe, così di classe, che si abbinava male ai jeans chiari ed il cardigan rosa confetto.
“Scusate il ritardo, ci sono stati dei problemi” aveva stabilito quella, atterrando nel suo soggiorno, voltandosi verso i presenti.
“Pensavo si sarebbe gelata qualche dimensione infernale prima di rivedere la tua brutta faccia da zucchina” aveva detto quella con un tono infuocato, prima di rivolgersi verso gli altri.
“Fanciulla cara, puoi abbassare la lama, questa è una zona libera da armi letali” aveva detto subito ad Ej con un tono calmo.
La donna, che doveva essere ovviamente una strega, non si confaceva molto all’aspetto che aveva visto tipicamente negli olandesi. Non era molto alta, ma aveva un corpo voluttuoso, l’incarnato era olivastro, con un naso leggermente importante ed una voluminosa chioma di capelli corvini e serpentini.
E soprattutto, realizzò Magnus, Justine non era un’estranea.
Da qualche parte nella sua lunga vita, lui l’aveva già incontrata.
“Oh, il Magnifico Magnus Bane” aveva detto quella, rivolta verso di lei, con un sorriso rilassato sul viso, pieno di vita, “Mi piace proprio il nome che hai scelto, Tesoro” aveva enunciato.
Dall’ultima volta che Magnus Bane aveva incontrato Justina Vale erano passati quattrocento anni, anno più anno meno.
Al Mercato delle Ombre di Costantinopoli.
Una sola volta.
Prima di entrare per la prima volta nel Labirinto a Spilare; quando la donna rispondeva al nome di Iusta.
Oh, che scemo che era stato.
Comunque, aveva pensato Magnus, c’era un ché di poetico.
“E ti sei fatto proprio un bell’ometto!” aveva detto smaliziata Justine, giocando con il suo filo di perle.

   
 
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