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Autore: NorwegianWoodFields    24/03/2021    3 recensioni
Artù, un ragazzo viziato seppur di buon animo, è da sempre vissuto nell'agiatezza e si ritroverà a fare i conti con la realtà più cruda, quella dei comuni mortali, a vivere senza la sua stabilità economica e privilegi vari, cominciando a capire cosa significhi dover provvedere a se stesso, più o meno da solo, senza alcun appoggio da parte del padre.
Merlino è un ragazzo che si fa in quattro con i suoi lavori part time tentando di sostentarsi ed aiutare la madre. Conosce da sempre la realtà nella sua forma più cruda, eppure questo non gli ha mai impedito di essere una persona dalla serenità travolgente.
Entrambi cominciano con il piede sbagliato carichi uno di aggressività e l'altro di pregiudizi. Le "ragioni" della loro ingiustificata antipatia sono effettivamente inconsistenti: si contendono le attenzioni della stessa ragazza, Viviana.
Presto però, la sorte farà si che debbano cominciare a passare molto tempo insieme per lavoro. Scopriranno di essere tanto simili nonostante le loro evidenti differenze. Questa velocità con la quale si legheranno subito in un'amicizia e la rapidità con cui la chimica tra loro esploderà, sarà causa di dubbi esistenziali, paure e rivalutazioni di aspetti abbastanza personali del proprio essere.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù, Will | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
Capitoli:
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“Ciao Artù, ma ti sei stabilito qui? Pensi che potrai mai degnarti di comprare almeno una bottiglietta d'acqua, così, per mantenere una certa educazione!” Will scherzò tagliente, ma il suo interlocutore, a parte un cenno con la mano, non lo degnò nemmeno di un contatto visivo. Artù gli dava le spalle e sorrise appena quando riconobbe Merlino farsi strada tra i tavolini ed i clienti seduti. Il ragazzo era così assorto dal proprio lavoro, da aver avuto quasi un infarto, quando, ormai vicino al bancone, vide una figura familiare regalargli un raggiante sorriso, pieno di una sorta di strepitante attesa.


 


 

"Vuoi uscire con me?" Chiese il biondino a bassa voce, senza neanche salutarlo prima, preso dalla sua solita insicurezza che lo aveva portato a sparargli addosso quella domanda, da perfetto impacciato. Era proprio per tale comportamento che poteva a volte dare l'impressione di essere un tipo un po' brusco. Emrys rimase imbambolato a fissarlo, piacevolmente stupito da quella schiettezza e segretamente compiaciuto dal fatto che si fosse presentato direttamente al bar, quando sarebbe bastato un semplice messaggio.


 


 

“OH...ovviamente non inteso come appuntamento, o nel senso di stare in giro...mi sono spiegato male. I... io intendo se vuoi venire a cena da me!...quando stacchi. Se stacchi per cena chiaro!” Si affrettò a spiegare, mangiandosi vergognosamente le parole, buttato giù dal fatto che l'altro paresse essersi preso un bel po' di tempo prima di rispondere.


 


"CIOÈ” Continuò esclamando, e sfregandosi il naso, immotivatamente nervoso. Avrebbe dovuto darsi una calmata diamine! Voleva solo proporre al suo amico, di passare un po' di tempo insieme, mica stava dando la tesi di laurea!


 


 

“Se vuoi...cioè...Uhm, sempre se non avevi intenzione di stare da solo e riposarti eh!" Sussurrò, grattandosi il collo. Il moro lo fissò assorto, il collega era così insicuro di se stesso, che avrebbe voluto prenderlo a sberle fino a farlo smettere di balbettare.

 



"Tra un'ora, aspetta un'ora e sarò tutto tuo!" Scherzò Merlino, che nonostante l'uso di certe parole, aveva un tono completamente innocente e anche se poteva risultare faticoso da credere, la sua era solo un'intenzionale burla per alleggerire l'ansia dell'asino con una risata. Ma quello arrossì violentemente, avrebbe dovuto ricordarselo Emrys, che certe battute Pendragon, proprio non le sopportava.


 


 

"Ti aspetto, mi faccio un giro qui intorno!" Disse Artù e l'altro gli sorrise, sollevato che avesse smesso di impappinarsi.


 


 

“Perfetto!”


 


 

"Ci vediamo dopo allora!" Parlò, prima di scomparire dietro la porta del locale.

Il moro ritornò a lavoro con uno sciocco sorriso impaziente, iniziando a lavare le stoviglie accumulate.


 


 

“Alla fine mi sono sbagliato su di lui...non è così male!” Annunciò Will con poca convinzione, sentendo l'orgoglio frantumarglisi in mille pezzettini nell'ammettere tale cosa. Merlino fece un saltello entusiasta per quell'ammissione, lanciandogli uno sguardo eloquente.


 


 

“Non ho mica detto che è simpatico!...solo che è apposto!” Precisò il migliore amico, mentre l'altro si dedicava ai piatti, con lo stesso spirito esaltato di chi entrava nell'ikea per dare una svolta all'intero arredamento della propria casa.

Quando finalmente fu l'ora di staccare, si precipitò in fretta e furia verso l'uscita e lo vide, il biondino ritornava da una passeggiata solitaria e non appena i loro sguardi si incontrarono, gli andò incontro.


 


 

"Come mai vuoi passare del tempo con me?" Chiese senza troppi giri. Si rese conto, sentendosi pronunciare quelle parole, che tale questione non aveva alcun senso di esistere e si sentì inesperto, come qualcuno che non aveva mai stretto un'amicizia prima. Non c'era sempre un motivo valido per desiderare di stare insieme, avrebbe dovuto saperlo.


 


 

"Perché queste domande stupide? Deve esserci per forza una motivazione?" Stava portando a spasso Birba nel tardo pomeriggio quando gli era salito un certo languorino. La sua mente aveva viaggiato mistica, verso la spropositata porzione di lasagna surgelata che Gwen gli aveva lasciato da qualche giorno e passò in un battito di ciglia dal pensiero di quel piatto prelibato, ad Emrys. Poteva dividerla con lui quella cena! E dall'ipotizzare, allo sperare di stare un po' con quel marziano, passò ancor meno di un batter d'occhi.


 


 

"No, no!" Rispose il moro, sbuffando un risolino e lasciandogli un piccolo schiaffo sul fianco. Era vero, le proprie, erano domande insulse, il motivo stesso, se c'era, lo avrebbe reputato senza importanza, lo voleva e basta, senza una giustificazione precisa. Ogni tanto i sentimenti facevano così, di punto in bianco.


 


 

"Perché Will continua ad odiarmi?" Domandò Pendragon, mentre l'altro liberava la bicicletta dalle catene.


 


 

"Ma no! Lui non ti odia!" Esclamò ed Artù gli lanciò uno sguardo gelido, nel frattempo che assicurava il velocipede alla macchina.



"Ovvero, non è odio, non rimanerci male!" Continuò Merlino, una volta entrati in vettura.


 


 

"Ma quale rimasto male, che mi importa!" Disse piccato, mettendo in moto e partendo.


 


 

"Non possiamo piacere a tutti e tu, per quanto ci tieni alla forma vorresti che tuuuuutti ti amassero!" Lo punzecchiò Emrys, fissando attentamente le sue reazioni.




 

"Non è questo!" Negò l'asino, oscillando il capo.



 


"È perché lui è il mio migliore amico e vorresti piacergli, perché ti piaccio io? Ti serve la sua approvazione?" Suppose, cercando di darsi un tono narcisista, ma se ne pentì, perché lo sguardo del biondino lo trapassò, truce e lui si sentì come colpito dritto al cuore da una spada.


 


 

"Ti senti importante 'tesoro' !" Lo canzonò a sua volta Pendragon, alleggerendo la gravità della propria espressione facciale, usando le tipiche tattiche mirinose.


 


 

"Tesoro, ma ci vedi? Io SONO importante!" Parlò, con tono ammaliante, per poi arricciare le labbra e mimargli un bacino sfacciato. Artù trattenne un sorriso e tornò a concentrarsi sulla strada.


 


 

“Io sono la regina Elisabetta, colei che tutto vede e tutto sa. La prima nonna nella storia dell'umanità. Eh già bel giovanotto, parlo proprio di Adamo ed Eva! Due pesti, sapessi!” Gracchiò, gesticolando in modo particolarmente femmineo, con i mignoli rigorosamente alzati, anche se ormai non era più l'ora del tè.

Il biondino esplose in una risata cristallina, seguito subito dopo dall'altro. Quando Merlino si calmò dal suo solito starnazzare, si dedicò allo studio attento della radio spenta, cercando il tasto dell'accensione, lo pigiò con entusiasmo appena lo trovò ed iniziò a cambiare stazione per incontrare una musica che rispecchiasse i suoi gusti, senza che Pendragon se ne stupisse più di tanto.


 


 

“ECCO!” Urlò, dopo aver girato una miriade di volte ed essersi finalmente arrestato, nell'ascoltare una manciata di note, che aveva inevitabilmente riconosciuto all'istante. Artù si aspettava con così tanta intensità che l'altro iniziasse a cantare, che si sarebbe oltremodo terrorizzato se non lo avesse fatto e avrebbe di certo cominciato a sospettare che Merlino non era Merlino, ma che fosse stato rimpiazzato da un sosia.


 


 

Living is easy with eyes closed, misunderstanding all you see, it's getting hard to be someone, but it all works out...it doesn't matter much to me!” Iniziò, inaspettatamente con un tono basso, non volendo affatto coprire la voce roca che usciva dagli amplificatori, quel ritmo peculiare che rendeva riconoscibile quell'opera d'arte già dai primi secondi di ascolto, lo aveva sempre mandato su di giri. Per non citare quel fantastico strumento strano, del quale Emrys non ricordava mai il nome, che i Beatles avevano usato per quel capolavoro, semplicemente sublime.


 


 

Let me take you down 'cause I'm going to Strawberry Fields, nothing is real and nothing to get hung about! Strawberry Fields forever!“ Continuò il moro, chiudendo gli occhi, come se quello potesse aiutarlo a godere di più di quei suoni magistralmente soppesati ed uniti tra loro, come se con le orecchie graziate da tale musica, si fosse teletrasportato in un'altra dimensione mistica. Trovava il timbro di Lennon così casualmente sensuale, dannatamente sensuale!

Il biondino scrutò il ragazzo per un istante, si sforzò di evitare di percepire i suoi piccoli movimenti oscillanti, come adorabili. Anche lui amava quella canzone, ma temette di non reggere la combo con lo splendore della sapiente armonia più quella della figura del suo amico. Poteva essergli letale! Doveva rimanere prudente, doveva distogliere lo sguardo.


 


 

“Perché non fai delle serate? Visto che hai sempre così tanta voglia di cantare!” Lo beffeggiò Pendragon, desiderando con tutto se stesso di non aver pensato ciò che aveva effettivamente appena pensato. Le parole fecero miracolosamente azzittire il marziano, che arrossì violentemente e l'amico ci fece caso, si accorse del suo strano trasalire, come se tutti i suoi gesti in quel momento urlassero colpevolezza.


 


 

“NO, NON CI CREDO!” Inveì Artù, Merlino abbassò lo sguardo, incominciando a fissare il cruscotto, giocherellando nervosamente con le proprie dita. Pareva avere delle scritte al led lampeggianti ad avvertire che avesse provato pure quel lavoro, quel ragazzo non era affatto in grado di mentire, ma purtroppo per lui, nemmeno di omettere in modo discreto. Tsk, discrezione ed Emrys? Non andavano d'accordo.


 


 

“Come ci sei finito? Che cantavi?” Continuò.


 


 

“È stato quasi due anni fa Artù, non lo faccio più adesso!” Rispose, il biondino trovò insolito come la sua voce ne usciva: nervosa, seria,seccata, come se volesse cambiare argomento, come se ci fosse stato qualcosa di riprovevole dietro.


 


 

“Dove?”


 


 

“Se te lo dico la smetti di interrogarmi?” Chiese il moro con una certa urgenza. Pendragon forse si sbagliava, quella li doveva essere semplice vergogna, come quando qualcuno sputtanava episodi imbarazzanti della propria vita, risalenti al passato. Era del tutto comprensibile.


 


 

“Si” Lo rassicurò.


 


 

“Un gruppo di amici del liceo, davvero bravi! Fanno indie rock, synth pop, new wave tutte queste cose qua, alla Depeche Mode per capirci!” Iniziò ed Artù sbarrò gli occhi incredulo, tentando di non scoppiargli a ridere in faccia per esserselo immaginato su un palco, conciato un po' alla Martin Gore.


 


 

“Non avevano nessuno alla voce, quello dell' 'Alien caffè' voleva che ci fosse pure della roba cantata, per accontentare un po' i clienti. E niente, non so come, ci sono finito in mezzo. Ma non ti aspettare chissà che, non ho mai studiato, ero una pezza momentanea, uno solo un po' intonato che ci sapeva fare con la gente e basta! Me ne sono andato dopo tipo quattro mesi, perché ho trovato di meglio!” Parlò velocemente, con voce secca e perentoria, tanto che il biondino ci mise un po' a processare tutte quelle informazioni.

Sorrise al nome del locale, ne aveva sentito parlare molto in giro. Ma qualcosa nel marziano non andava, doveva davvero ritenerlo un evento molto imbarazzante, per renderlo così sbrigativo e brusco a riguardo, così non insistette oltre, anche se appena gli fosse stato possibile, con molta probabilità avrebbe cercato il sito del locale pur di avere qualche reperto storico che testimoniasse quella buffa e breve carriera che Merlino aveva intrapreso. Chissà se aveva avuto pure il coraggio di ballare...Si morse un labbro per non pensarci ed evitare di ridere.

Emrys si chiuse in uno strano silenzio così opprimente, che Pendragon si sentì un'altra volta di troppo tra lui ed il suo cervello.


 


 

"Perché stiamo facendo questo giro di Peppe, allunghiamo parecchio così!" Disse il moro, una volta giunti vicino casa di Artù, che quasi tirò un sospiro di sollievo nel momento in cui finalmente il ragazzo riprese a parlare, era spiacevole quando non si perdeva nelle sue solite farneticazioni! Anche se non lo avrebbe mai ammesso, altrimenti poi quello si sarebbe sentito in dovere di parlare otto giorni di fila, su sette.


 


 

"Non voglio passare sull'incrocio, c'è uno stop su una salita assurda!" Spiegò sincero.


 


 

"Quindi non sai fare le partenze in salita!?" Esclamò esterrefatto, il biondino negò, non era mai stato in grado di farle, in quelle davvero ripide, ne era terrorizzato anzi! La città in cui aveva praticato con scuolaguida per mesi, era priva di tali dislivelli. Aveva tentato una volta a passare per la via più breve, ma era entrato nell'ansia più totale quando aveva capito di star bruciando qualcosa, forse l'acceleratore, forse la frizione e si lasciò scivolare all'indietro, per inerzia, invece di frenare, rischiando di tamponare una vettura in coda, che era rimasta ad attendere. Era contraddittorio come Pendragon fosse una persona tanto prudente, quanto pericolosa, quando non ragionava più. Si era vergognato a morte nel prendere atto di aver creato una fila dietro di lui, ancor di più quando fu necessario che un vecchietto spazientito svolgesse la partenza al suo posto, facendolo sentire un verme incapace.


Quando i due entrarono in casa, Artù prese la lasagna congelata e la mise in forno, senza cincischiare e ben presto ne fuoriuscì un profumino invitante, non che ne avesse dubbi! Ginevra era Ginevra! Quell'odore gli provocò la produzione di una quantità vergognosamente industriale di saliva, era sempre stato un golosone. Così decise di distrarsi, per evitare di creare una piscina abusiva nel quartiere ed andò ad accendere il camino, accorgendosi con enorme disappunto, di aver terminato la carbonella.

Il padrone di casa tentò comunque, accatastando la legna un po' a casaccio ed ovviamente il fuoco non voleva saperne di prendere.


 


 

"Problemi col fuoco?" Chiese Merlino, con l'intento di burlarsi della sua tattica disperatamente improvvisata.


 


 

"Ho finito la carbonella!" Gracchiò, per poi soffiare inutilmente sui quei poveri, innocenti pezzi di carta, dai quali pretendeva un falò serio.


 


 

"Posso disfarlo? Anzi, senza posso!" Intervenne l'ospite, avvicinandosi.


 


 

"Ma sentilo! Se mi incendi casa ti butto in mezzo alle fiamme!"


 


 

"Ahh, che diffidente! Quando non hai la carbonella, devi caricarlo di legnetti e a mano a mano che prende fuoco, aggiungi della legna sempre più grande, non puoi pretendere che un giornale strappato possa bruciare subito dei ciocchi enormi!" Spiegò serioso ed un po' interdetto, preparando da capo il camino, con due ciocchi grandi di lato ed uno in fondo, per poi mettere la carta sotto tanti rametti fini e secchi. Il biondino studiava i suoi movimenti con estrema attenzione, così avrebbe appreso, sempre che quel marziano avesse davvero le facoltà per riuscire nell'intento.



"Si va per gradi, senza fretta!" Seguitò. Che pensasse che qualcuno stesse girando un tutorial da postare su youtube?

Pendragon però, ben presto si distrasse e prese a fissargli le mani, scordandosi del fatto che non stesse in un museo ad ammirare un dettaglio di un quadro, ma che il suo scopo era imparare dal collega. Emrys non poté proprio non notare che gli occhi dell'altro, gli si fossero stabiliti addosso, o meglio, sulle proprie dita affusolate. L'ospite non ne rimase affatto troppo turbato, prese l'accendino e diede fuoco alla carta, il suo tendine sporse appena, proprio come una qualsiasi di quelle belle statue di marmo, spiccando sulla pelle chiara nell'assecondare e compiere il veloce movimento sulla rotellina dell'accendino. Il moro si concesse un'altra occhiata veloce ad Artù, che imperterrito, non gli aveva smosso gli occhi di dosso.


 


 

"Quindi è vero che ti piacciono le mie mani? Pensavo fosse una cazzata detta da una testa di fagiolo ubriaca!" Esclamò schietto, senza troppi giri.
A quelle parole, l'asino diede una testata al bordo del camino con un tonfo buffo, provocando una grassa risata all'ospite.


 


 

"Chi...che? Come?" Bofonchiò nervoso.


 


 

"Me lo hai detto tu!" Affermò tranquillo Merlino, a bassa voce.


 


 

"ODDIO...mi dispiace, non volevo!" Si scusò costernato, credeva che quel complimento lo avesse solo pensato e non che lo avesse addirittura esternato, era sicuro fosse stato un miraggio, quando gli erano tornati dei flash in cui intrecciava le proprie dita a quelle dell'amico. Arrossì violentemente nell'intuire che con molte probabilità, lo avesse fatto per davvero, così come l'aver messo a voce quell'insulso commento sulle mani dell'altro.


 


 

"Non volevi cosa? Trovare belle le mie mani?" Disse Emrys, inserendo disinvolto legna di dimensioni sempre più grandi. Desiderava fargli capire che andava tutto bene, non era niente! Doveva rilassarsi! Ma il biondino si era zittito, rosso come un peperone...che sfacciato che era quel Mirino!


 


 

"Daii su! È normale che ti piaccia qualcosa nelle persone. Sarebbe alquanto improbabile il contrario, no?" Continuò, distogliendo lo sguardo dal suo amico, per poter cominciare ad accatastare i ciocchi, pareva essere molto sicuro di ciò che stava facendo, quasi come se ognuno di quei pezzi, avesse un unico posto possibile , prestabilito, all'interno di quella comunità di tronchi, proprio come fosse stato un puzzle enorme, di quelli per i bimbi davvero piccoli.



"Mh..." Mugugnò Pendragon di risposta, iniziando a convincersi delle sue parole, massaggiandosi il capo dolorante.


 


 

"A me anche piace qualcosa di te!" Confessò.


 


 

"Ah si?" Chiese stupidamente compiaciuto Artù e quel babbeo di un marziano, gli regalò uno sguardo scherzosamente provocante.


 


 

"Beh in tutti i modi non voglio saperlo!" Si affrettò a dire il biondino, spaurito dall'espressione dell'altro.


 


 

"Oh fidati, non l'avrei mai detto..." Sussurrò, il volto lievemente imbarazzato, con una voce talmente bassa, che Pendragon credette di aver avuto un'allucinazione. Improvvisamente si ricordò dell'amata lasagna e corse a prelevarla dal forno, rimanendo con quel dubbio sconcertante, aveva parlato o no? Mise delle abbondanti porzioni di cibo nei piatti ed incominciarono così a mangiare, sedendosi accanto al fuoco che finalmente aveva preso vita. Parevano aver scordato che esistesse un tavolino, ma in fondo, chi mai vi avrebbe cenato con compostezza, su un ripiano fatto appositamente, quando c'era un camino caldo e fascinoso acceso, che li tentava?



"È BUONISSIMA!" Esclamò il moro con la bocca piena, Artù concordò distrattamente con un cenno del capo, specificando che Ginevra avesse un enorme talento con le lasagne ed entrambi tornarono ad osservare rapiti, i giochi di luce e di forme che le fiamme regalavano, ipnotizzanti, ascoltando in silenzio lo scoppiettio del legno.


 


 

"C'è una motivazione effettivamente sai...del perché volevo passare del tempo con te!" Annunciò il biondino rompendo, dopo qualche minuto, il silenzio, con tono serio. Merlino arrestò la forchetta a mezz'aria, e la sfoglia ricadde sul piatto. L'ospite sbarrò gli occhi, guardandolo con apprensione. Che era successo? Perché Pendragon era diventato tanto serio? Perché stava zitto uccidendolo di attesa?


 


 

"Volevo solo avere una scusa per poter vedere Donna Francisca e Raimundo Ulloa!" Continuò, non riuscendo più a mantenere quel suo sguardo austero, a quanto pareva le sue doti attoriali erano valide, o forse era il suo ospite ad essere uno stupido allocco. Chissà che aveva immaginato Emrys? Lo vedeva scosso nel profondo!


 


 

"DIO ARTÙ, MI HAI FATTO MORIRE DI ANSIA!" Urlò, distendendosi da quella ignota aspettativa, dando un calcio al povero asino, molto delicatamente, tanto da sembrare un semplice sfiorarsi, per poi scoppiare a ridere come due cretini.


 


 

"Che fai nel tempo libero solitamente? A parte leggere?" Chiese il moro, non appena terminò la squisita lasagna di Gwen, certo che era un impiccione come pochi!


 


 

"Non molto...Mi alleno un po' per conto mio, corro, cammino, ma non credo siano considerati hobbies, no?"



"Si si, credo proprio lo siano invece!"



"Tu? Sempre se ne hai di tempo libero! A parte fare i karaoke e ballare scabrosamente?" Artù gli rigirò la domanda, approfittandone per poter burlarsi di lui e, perché no, conoscere davvero cosa gli piacesse fare. Merlino lo fissò in silenzio, pensieroso, disegnava, ecco che faceva, poteva dirglielo, non era un segreto di stato, anche se generalmente si comportava come se lo fosse.


 


 

"Scarabocchio qualche ritratto...quando mi va...” Disse velocemente, sperando l'altro lo considerasse un qualcosa di insulso e che passasse oltre.




 

"NON SEI SERIO!"


 


"Perché no?" Domandò, studiando l'altro.


 



"Davvero?" Continuò il biondino, con faccia idiota.


 



"Si, mi piace disegnare le persone, non significa che io sia bravo, ovvio! Però è rilassante. Sono cose molto zozze, sporche.... DI STILE INTENDO! Grezze. E ovviamente lo faccio perché mi fa stare bene, non perché voglio che diventi la mia professione, tipo i ragazzi a scuola..." Parlò e a Pendragon parve davvero strano come il discorso del collega somigliasse più ad una immotivata giustificazione, che ad un normale discorso dettagliato, ma ne era interessato, moriva dalla voglia di vedere qualcosa di suo. Chissà qual'era la visione di un marziano sugli esseri umani?


 


 

"Ora pretendo che me li mostri! Chi lo sa, magari oltre ad essere un imbranato cronico sai anche fare qualcosa di decente no?"


 


 

"Pretendi?" Ripeté Emrys, alzando un sopracciglio, avvicinandosi leggermente ad Artù.


 


 

"SI! Sono sicuro che avrai delle foto sul cellulare!" Disse, con una sicurezza disarmante. Il moro distolse lo sguardo per un momento, era vero, Hunith amava osservarli, era una maniera per sentirsi vicini in un certo senso, anche se non lo erano affatto e lui glieli mandava sempre, sapeva quanto le facesse piacere. Voleva mostrarli anche al biondino, davvero voleva che lui li vedesse, ma allo stesso modo, provava uno strano imbarazzo. Lasciargli la sua personale prospettiva sul mondo dell'interiorità, come perciò i suoi occhi sentivano gli altri, era un po' come donargli parte delle sue idee, delle sue sensazioni più inconsce e schiette, di se stesso. Aveva notato come, dai ritratti della quotidianità che si dilettava a fare, si intendesse a mani basse cosa dicesse il proprio cuore. O magari erano solo pippe mentali, forse, se lui riusciva a leggerci qualcosa, era da ricollegarsi al fatto che fosse proprio lui a realizzarli e lui si conosceva più o meno a fondo, ecco perché capiva.



"Tu? Merlino, un antico romano reincarnato in te, idiota marziano, ti vergogni? Come vorrei dei testimoni!" Scherzò Pendragon, percependo l'insolito ed evidente imbarazzo dell'amico.



"Quindi mi fai vedere?" Insistette dopo un po'.



"Quanto sei..."



"Dai dai, hai il cellulare proprio li, in tasca!" Annunciò Artù, sporgendosi verso di lui per indicargli l'oggetto incriminato nei pantaloni.



"Che palle!" Esclamò, fintamente sfinito, prendendo tra le mani il proprio telefono. Aprì una cartellina privata nella galleria (aveva addirittura una password per accedervi) contenente tutti i suoi scarabocchi, nascosti, come un'altra persona ci avrebbe celato della pornografia, ma poi si arrestò e poté notare la frustrazione impossessarsi del biondino.


 


 

“Mi farebbe piacere...” Cominciò, riponendo di nuovo il cellulare in tasca per poi avvicinarsi all'altro. I suoi disegni erano una delle pochissime cose, per cui Merlino provava possessività ed una pudica discrezione.


 


 

“Ma?” Domandò Pendragon, come se lo avesse appena ferito gravemente nell'orgoglio.


 


 

“Desidero che tu possa vederli su carta, non sullo schermo, tu che puoi...” Continuò, Artù avrebbe avuto la possibilità di andare a casa sua quando più ne aveva voglia e di spulciarli, inchiostro su carta, a differenza di sua madre, che abitava troppo lontana e a malapena si incontravano. Ci teneva perciò a non sprecare quella prima volta. Poteva sembrare stupido, forse lo era. Non per lui.


 


 

“Sono serio, non rimanerci male, è diverso, per quanto non siano niente di che, è davvero diverso! E importante...per me.” Lo tranquillizzò spiegandosi meglio e finalmente quell'espressione da cucciolo bastonato lasciò il volto bello dell'asino, che doveva aver compreso che le sue non erano strane scuse.

Il padrone di casa si alzò scattante, con l'intento di accendere il televisore, a quell'ora purtroppo non c'era il “Segreto” ed i due incominciarono ad avere un'accesa discussione su cosa dovessero guardare in TV, fino a che il biondino non cedette sfinito, alla tirannia dell'amico, che lo stava sottoponendo all'agghiacciante visione di “Don Matteo

Pendragon decise che poteva anche dargli una possibilità, ma una cosa non riusciva a reggere...ed era il tono di voce soporifero dell'aitante Terence Hill.

 

Emrys era catturato dalle vicende, addirittura si incazzava a causa dell'idiozia del maresciallo ed Artù, colto dalla curiosità e per evitare di sprofondare a dormire così presto, incominciò con pigrizia a cercare su instagram l'account de "Alien caffè" sapeva che il suo collega non avesse nessun social, sarebbe stato più difficile perciò ritrovare una documentazione del suo passato lavorativo, probabilmente buffo, da cantante, ma il biondino era positivo, c'erano alte probabilità che vi fossero prove. Avrebbe dovuto scorrere, fino a raggiungere le foto di due anni prima, il pollice si muoveva quasi meccanicamente, rapido in quel susseguirsi di immagini, che parevano delle semplici macchie indistinte di colori. Forse era da stalker una cosa simile, ma voleva solo burlarsi un po' di lui, del suo passato, del suo amore senza vergogna e timori per i karaoke.

Dopo una manciata di minuti fu colpito da una foto, vista di sfuggita, tornò lentamente indietro, dato che ormai l'aveva superata nella frenesia e lo riconobbe. Era lui, senza ombra di dubbio, leggermente sbilanciato verso l'asta, come se fosse stato un bastone su cui poggiarsi, aggraziatamente, il microfono però lo teneva in mano, tra le dita riposate lungo i fianchi. Aveva i capelli un po' incolti, lunghi proprio come in quel momento in cui lo aveva accanto con se, sul divano, belli, un po' scompigliati, ma comunque belli, un'espressione sfaccettata lo caratterizzava e lo rendeva peculiare, interessante, forse addirittura attraente: era tranquillo, stanco, scazzato, un po' languido ma anche dolce come al solito. Pendragon si stupì dei suoi occhi, che non guardavano l'obbiettivo, eppure erano così penetranti, contornati da una finissima linea di matita, o forse era eyeliner, non ne capiva molto di quella roba. Indossava un crop top bordeaux, che lasciava scoperto il suo addome, dalla parvenza tanto fine e fragile. Artù sentì un senso di colpa disturbante crescere in lui, quando i propri maledetti occhi si soffermarono un po' troppo sui suoi fianchi, avvolti da dei pantaloncini corti, aderenti e lucidi, forse di pelle o di qualsiasi altro tessuto sintetico che potesse riflettere la luce così tanto.
Le labbra carnose, colorate da un rossetto scuro, appena dischiuse, riposate e distese in una stasi così sensuale, ma lui non stava provocando nessuno, non si sforzava per essere ammiccante, era semplicemente se stesso. L'intera persona del moro, ritratta in quel momento rubato a tradimento e fissato per sempre in una fotografia, aveva un'enorme carica erotica, genuina, così naturale, spontanea e contraddittoriamente pura, da far confondere la percezione del povero asino, che forse, mai come in quel momento, avrebbe voluto non cedere alla curiosità di cercare immagini di quel locale.



"Perché ti vestivi così? Cioè, dove li prendevi 'sti cosi?" Chiese stupidamente il biondino, seppur lo avesse immaginato con uno stile alla Martin Gore, vederlo in un'estetica tanto androgina non mancò di stupirlo. Non ci aveva mai fatto caso, a quanto lo fosse, probabilmente era quello a renderlo peculiare. Ed era insolito, perché il suo volto era tanto spigoloso, tutto il suo corpo lo era, Pendragon aveva visto, eppure stranamente dava un senso di morbidezza e sofficità, gradevole. Era per quello quindi che aveva un'aria tanto particolare?
Merlino si girò quasi annoiato, non capendo a cosa si riferisse, ma quando si accorse che l'amico gli stava mostrando una sua foto di quell'epoca, trasalì, spalancando occhi e bocca. Parve quasi aver smesso addirittura di respirare, per un istante.


 


 

"Come cazzo fa a starci quella foto li?!" Parlò con tono preoccupato, fissando il cellulare.


 


 

"L'hanno messa quelli del locale!" Rispose demoralizzato, non comprendendo tutta quella ritrosia a riguardo.

 



"Non mi hanno chiesto niente!" Quasi urlò, pareva arrabbiato e in uno scatto irrazionale gli sfilò il cellulare dalle mani, cliccandoci su, tentando chissà quale manovra.


 


 

"Ma che hai? Sto solo scherzando non mi importa!" Tentò di rassicurarlo, ma quello continuava a cercare chissà che.


 


 

"Come si segnala su questo coso?" Chiese Emrys preoccupato, Artù si sporse per vedere cosa stesse facendo, pareva un novantenne che non aveva mai compreso appieno la tecnologia e i social (giustamente) aveva messo per errore un cuoricino, a furia di toccare lo schermo in modo sconnesso.




"I tre puntini in alto a destra sulla foto...ma che ti prende?"




"Non guardare, ti prego! Non provarci mai più! Mi avevi detto che non insistevi!" Lo rimproverò, un po' aggressivo, un po' ferito, nascondendo l'immagine con la propria mano sinistra per impedirgli di vedere ciò che già aveva osservato, anche troppo interessato. Glielo aveva detto con una strana espressione supplicante, tanto da far preoccupare il biondino, che iniziò a sospettare che lui potesse temere che lo avrebbe schernito per quel modo...un po' strano di acconciarsi.




"Mi spieghi che c'è di male? Pensi che sia così un pezzo di merda, che possa prenderti per il culo per il fatto che ti piace truccarti o meno? O di come vuoi vestirti? È per questo che sei così schivo? Sei un cretino, sono cazzi tuoi, che vuoi che mi importi?"


 


"Non è questo!" Rispose a bassa voce, gli faceva piacere, davvero, che Pendragon non lo trovasse riprovevole, ma il punto non era quello.


 


"Non sei mai stato così schivo, nemmeno quando ci urlavamo contro ti ho mai visto così...che succede?" A quella domanda, il moro gli lanciò uno sguardo frustrato, titubante, poi riprese a cercare sullo schermo del cellulare, se ci fossero altre sue foto da segnalare.

 



"Scusa se ti ho urlato...” Si discolpò dopo lunghi attimi di silenzio e di ricerca.


 


 

“Non puoi mica leggermi nel cervello! È che...non me ne sono andato di li perché avessi trovato di meglio. Ho solo...passato un brutto quarto d'ora con un gruppo di coglioni e non mi piace riportarlo a galla così, per questo...E per le foto, semplicemente non le voglio di dominio pubblico!" Sussurrò, ridandogli il telefono.


 


 

"Merlino...che significa?" Chiese apprensivo, sentendo l'ansia smuovergli le viscere, immaginando a cosa potesse mai riferirsi. L'altro lo fissò con degli occhi così fragili che Artù avrebbe voluto stringerlo a se.


 


 

"Non il peggio che si possa pensare...non quello..." Disse solo, boccheggiando più volte, insicuro, per riordinare gli eventi nella sua mente.




"Era tardi, avevo finito al lavoro e stavo per tornare a casa, non c'era più nessuno nel locale. Quando questi... erano adulti...credo. Si sono avvicinati e hanno iniziato con le stronzate che mi sentivo dire spesso, perché mi vesto da donna, ma non lo sono, perché forse mi piace il cazzo, perché sono una checca, le solite cose, li ho ignorati quindi. Ma insistevano e dal disprezzarmi, hanno incominciato poi a pretendere da me...delle cose..." Il biondino gli lanciò uno sguardo che voleva gridargli una domanda agghiacciante in particolare, ma non riuscì a parlare. Sperò con tutto se stesso che non gli avessero avanzato delle proposte sessuali, sapendo che purtroppo, con ogni probabilità, le "cose", come le aveva definite Merlino, che quei mostri pretendevano da lui fossero proprio di quel genere. Putridi.

 



"Mi hanno sempre fatto schifo quelli che in pubblico disprezzano ma poi sotto sotto...sono solo dei codardi che non hanno avuto il coraggio di essere se stessi ma che non sanno comportarsi con rispetto. Sono solo stato fortunato, immensamente fortunato. Mi hanno pistato di botte e ne sono felice, perché potevano fare altro, ne avevano modo, di prendersi con forza il piacere che bramavano e che io non ero disposto a dargli, mai, mi sarei abbassato di mia volontà, a condividere, a donarmi, a nessuno di loro, mai!" Parlò, con schifo nella voce, gli occhi leggermente velati. Si umettò le labbra secche e si prese un po' di tempo prima di proseguire, Pendragon lo fissava attento, rispettoso, Emrys poteva vedere in lui una forte rabbia crescergli dentro, un senso di rivendicazione accendergli gli occhi chiari.

 


 


"E sono grato della loro codardia, non lo hanno fatto, perché per mia immensa gioia non ne hanno avuto il coraggio e so, lo so che era solo per paura che gli potesse piacere davvero...con un altro uomo, pure se non volevo. Io mi sono spaventato a morte però, per quello schifo di desiderio animale sprezzante che avevano negli occhi, non ci ho messo più piede li e ho smesso di conciarmi come mi pareva. Non è che andassi in giro così sempre, rare volte mi andava, ma conciarmi in un certo modo oggi, mi ricorda di quella notte, non c'entra nulla con quello che mi è successo lo so, certamente, per fortuna non mi sono mai sentito in colpa, io non c'entravo. Ma non so, visivamente me lo riporta alla mente. Sto provando a non associare più quello stile a quei porci..."
Artù gli credeva, quando il suo amico diceva che era cosciente del fatto che lui non c'entrasse nulla con lo squallore marcio di quel gruppo di uomini, se così potevano chiamarsi, che lo avevano aggredito e minacciato. Credeva che il moro fosse sinceramente consapevole di non avere colpe ed il biondino ne fu felice. Ma ciò, non riuscì ad affievolire il ribrezzo che cresceva in lui, contro quel gruppo di bastardi, animi insulsi, che credevano di poter avere tutto, che si erano azzardati a fare delle proposte oscene ad un ragazzo indifeso, cosa diamine li rendeva così convinti che lui volesse stare proprio con loro? Putridi, privi di spina dorsale, come facevano alcuni pezzi di merda, ad aspettarsi e pretendere di ricevere del piacere, solo perché magari una ragazza oppure un ragazzo disinibiti, andavano a divertirsi in giro, a lavorare, a studiare? Non si sentivano dei rifiuti a voler forzare a tutti i costi qualcuno? A non saper accettare un rifiuto?

Merlino non aveva visto nulla dei suoi aggressori, aveva a mente solo le loro voci, comunissime voci, tanto comuni che probabilmente, anche se uno di loro gli avesse parlato nuovamente, nemmeno lo avrebbe riconosciuto. La sola informazione che quei timbri gli avevano dato, era che forse appartenessero ad adulti, ma non poteva esserne certo.
L'altra cosa che ricordava, l'unica che fosse a livello visivo, erano i suoi stessi abiti sgualciti ed insozzati di sangue, probabilmente era per quello che tale stile estetico ormai lo terrificava, su di se. Aveva smesso perciò di accontentare i propri sfizi che, raramente lo portavano a volersi vestire con un certo tipo di capi. Se aveva evitato, era perché li associava inconsciamente a quella notte, essendo l'unica immagine vivida, stampata bene nel suo cervello. Il ragazzo ultimamente però, si sentiva più coraggioso, pronto a tentare di tornare a conciarsi come diamine gli pareva, senza che ne fosse spaventato, senza che accostasse uno stile a quell'orrenda esperienza, difatti, stava lasciando crescere i suoi bei capelli, nuovamente. Poteva sembrare una cazzata ai più, ma per lui non lo era affatto.


 


"Dimmi che li hai denunciati!" Chiese Pendragon, speranzoso, l'amico sorrise amaramente, distogliendo per un attimo lo sguardo, in quella che era palesemente una risposta negativa.

 



"Perché no, Merlino? Perché?" Continuò confuso.


 


"Non li ho guardati, non saprei dirti neanche come erano conciati, lo sai, mi hai visto quella volta al parcheggio...se mi prendono di mira, non riesco a fare nulla, mi pietrifico e semplicemente non osservo. Capisci quanto valga zero una denuncia contro ignoti? So solo che dalle voci sembravano adulti, ma non serve a molto una voce per fare un identikit, se la polizia non ha già dei sospettati...ho lasciato perdere. E basta." Rispose mortificato, guardandolo con enorme ricerca di comprensione ed Emrys fu grato di ritrovarla nella persona accanto a se.


 


"Mi sono proprio rotto il cazzo di fare da pungiball ai frustrati, lo so che mi capisci." Continuò, ricordava bene ciò che Artù gli aveva raccontato, aveva un padre manesco, e tutta l'aria di essere anche anaffettivo e tiranno, perciò il moro sapeva, che in un certo senso, seppur in una sfumatura leggermente diversa, poteva intenderlo bene.


 


 

"È da quando sono piccolo che qualcuno si è sempre sentito in dovere ogni tanto di 'darmi una lezione' per farmi comportare come ci si aspettava da un futuro super macho alfa. Sono sempre stati gli altri ad avere la necessità di schiaffarmi in delle etichette con delle definizioni maligne, con aggettivi che nemmeno loro sapevano cosa significassero per davvero e nemmeno io, infatti da bimbo ci stavo male. È per questo che oggi mi sta sulle palle definirmi in qualche modo, talmente ci hanno sempre tenuto troppo gli altri ad assillarmi e a volermi a tutti costi con qualche targa strana, che io non voglio, mi hanno scassato!" Continuò Merlino, in un flusso di parole ed in uno sfogo di cui aveva davvero un evidente bisogno. Non voleva che il biondino pensasse che gli avesse raccontato una frottola, che si facesse passare per quello che non era, proprio come quei vigliacchi che non ne avevano il coraggio e che a furia di reprimersi, arrivavano a molestare sconosciuti a caso.

Non gli aveva del tutto mentito quella volta a lavoro, quando gli aveva detto che non gli fosse mai piaciuto un altro uomo. Ma non era neanche la completa verità. Gli capitava di provare attrazione, ma non aveva mai sentito qualcosa di tanto intenso per un ragazzo, non che lo avesse mai provato con una donna, ma le ragazze erano le uniche con cui fosse uscito, con cui avesse interagito in quel particolar senso.

Era rimasto sul vago, un po' perché in quel momento Pendragon cercava una risposta concisa ed Emrys non ne possedeva una breve che potesse permettergli di essere sincero al completo e pure rapido, ed un po' perché aveva ormai appreso come reagissero gli altri se si azzardava a dire di essere attratto anche dagli uomini. “Ma ci sei mai uscito? No. Allora come fai a saperlo?!” E lui era stufo di quelle parole, pur essendo ingenue e assolutamente prive di alcuna malignità. Anche se non era mai uscito con un ragazzo, sapeva benissimo di sentire un certo richiamo, un interesse. Trovava buffo come nessuno chiedesse ad uno a cui piacevano le donne, se ne fosse sicuro, pure se il soggetto in questione magari, era totalmente inesperto a riguardo e non avesse mai approcciato all'altro sesso.

Perciò gli aveva riferito una mezza verità, perché alle volte le cose erano talmente semplici, da trasformarsi in complicate, per qualche strano scherzo della natura.


"Lo so che non c'è niente di male ad etichettarsi per chi vuole farlo, ma mi ci hanno fatto venire la nausea con quell'invadenza 'le femminucce o sei checca? Ma pensi di essere donna?' Ad oggi mi sento in trappola se provo a darmi una definizione. È che per me...sono le anime ad incontrarsi fra loro e quando si ha la grande felicità non solo di sentirne una, ma che l'altra sia in grado di sentire la tua, ricambiando, potendosi sfiorare, potendosi toccare davvero, allora che importa cosa ha in mezzo alle gambe il corpo che da materia a quell'anima? O che importa con cosa ci è nata? E lo so che per alcuni è essenziale, lo rispetto, ci mancherebbe altro, ma non lo comprendo a tutti gli effetti..." Forse il moro era un inguaribile romantico con ideologie troppo idilliache, sapeva che fosse difficile instaurare un certo legame immensamente profondo, ma difficile non significava impossibile! Non per questo però, pensava di doversi precludere delle esperienze meno intense, perché era sicuro che relazionarsi con le persone, lasciava sempre qualcosa, arricchiva il proprio io, nel bene e nel male e trovava giusto quantomeno tentare di capire fin dove potessero arrivare le sensazioni scaturite da un rapporto con gli altri.

Merlino si stupì piacevolmente nel percepire Artù curioso, palesemente voglioso di conoscere altro della sua mente ed era strano, insolito, era bello per lui, che qualcuno paresse tenerci a sapere di come andasse il suo cuore ed il suo cervello. Non aveva incontrato mai nessuno che non desiderasse altro se non cambiare discorso, quando raramente gli capitava di farselo sfuggire, oppure non mancavano di trattarlo come se fosse stato nel bel mezzo di un trip di acidi.


 


 

"Lo vedi no? Che alla fine aprirsi mentalmente è ricco, ma ad ampliare troppo le prospettive si rischia semplicemente di essere chiusi, in modo diverso, ma di esserlo. Si è comunque limitati quando si è troppo e io riconosco di esserlo. Troppo limitato nelle mie idealizzazioni. È buffo no? Come tu voglia aprirti e io desideri darmi un contegno invece!" Disse sbuffando in un sorrisetto.


 


 

"Oh, se fosse un'ossidoriduzione, avremmo già risolto..." Il biondino si sentì un coglione dalla testa ai piedi per aver fatto una battuta tanto stupida, ma per un breve istante aveva avuto così paura, che aveva gettato la prima cosa sciocca che aveva pensato.
Era rimasto stordito nel sentirlo parlare, provò una scintilla di un sentimento a lui quasi del tutto sconosciuto, non lo riconosceva perché non aveva la minima idea di cosa fosse.
Nella vita Pendragon aveva contemplato opere pittoriche classiche, sculture, musica, letteratura soprattutto, ma mai e poi mai avrebbe pensato che una persona potesse dargli un'emozione tanto forte, che pareva essere molto simile a quelle che gli procuravano l'arte, ma allo stesso modo tanto diversa. Quell'intensità lo aveva spaventato, perché non sapeva cosa fosse e se esistesse un nome in una qualsiasi lingua del mondo, tra nuove ed antiche, per chiudere quella strana emozione in un susseguirsi di lettere o ideogrammi.
Si tranquillizzò nell'accorgersi che Emrys non aveva trovato quella battuta fastidiosa o fuori luogo, ma gli sorrise, affabile come al solito. Era semplicemente Merlino, Era se stesso. Stava. Nient'altro. Eppure ad Artù pareva lo stesse graziando nel mostrargli i suoi pensieri, come se potessero scaldarlo, avvolgerlo, riempirlo di qualcosa di essenziale, seppur ignoto. Lo guardò con attenzione, pareva uno di quei dipinti, in cui i soggetti erano sublimati ad un ideale, ma lui era vero e pertanto non poteva affatto essere sublimato, non si trattava di perfezione nelle forme, la perfezione non esisteva tra gli esseri umani, la simmetria generava solo freddo sospetto nel cuore delle persone. Era il suo carattere, la sua essenza più profonda che pareva uscire da ogni centimetro visibile del suo corpo, del suo volto, irradiare l'esterno. Lui era un involucro coerente col suo spirito ed il suo cuore. Forse il biondino si era ammattito, forse Gwen aveva buttato per errore dell'hashish dentro la lasagna, il suo amico era tutto così delicato, diafano, dannatamente immacolato, profondo, intelligente che per uno stupido attimo Pendragon si chiese se era veramente li con lui, se quell'animo e quel corpo potessero davvero avere una consistenza terrena, si sentì un pazzo nel ritrovarsi a bramare di più da lui, più sfaccettature delle sue riflessioni, più sfumature del suo cuore, del suo animo. Più conoscenza. Come quando, una volta sognò di rubare il sacro Graal in una chiesa e nello svegliarsi si sentì un mentecatto nell'avere tutta quella bramosia, anche se era solo in una visione onirica.


Artù si sentì in colpa per essere stato sfiorato da quelle sensazioni, sbagliato, putrido, avrebbe voluto non rendersi conto di quanto lui brillasse. Mosse una mano sul suo volto senza che il cervello potesse dire “Non farlo, che fai, così dal nulla?”. Lo sfiorò dapprima leggermente, con un'irrazionale paura di romperlo ed il ragazzo lo guardò, intensamente diritto nei suoi occhi grandi, come se potesse leggervi qualcosa dentro. Poi fece una leggera pressione sulla sua pelle e lui rise. Il biondino non si era mai reso conto delle sue fossette ai lati delle guance, ritenne che non dovesse essere un dettaglio così importante, era una cretinata, ma sentì il proprio cuore sciogliersi, come saldatura d'oro sotto il sapiente tocco di un orefice, che sapeva come posizionare la fiamma, in modo tale da liquefare solo la saldatura, per legare una creazione preziosa e non squagliare l'intero gioiello, distruggendo invano il duro lavoro.

Il moro aveva uno strano fare paziente e l'attesa non era nelle sue corde solitamente. Non sembrava stupito o frettoloso di scoprire perché lo avesse toccato, seppur curioso, in quel momento pareva avrebbe atteso e prolungato quel contatto, qualsiasi cosa fosse, qualsiasi cosa gli occhi di Pendragon volessero dirgli, perché gli piaceva, quello sguardo con cui lo guardava gli piaceva, lo appagava in un modo diverso da come poteva trovare affettuosa un'intesa con i propri amici.


 


 

“Mi piace come mi guardi.” Sussurrò Merlino, forse quelle parole erano troppo spaventose ed il marziano non se ne rese conto, fino a che non vide l'altro sbarrare talmente tanto gli occhi, che pareva aver avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo con un fantasma. Artù pose fine a quella roba che stava facendo con le sue dita, lungo gli zigomi dell'altro, che forse poteva chiamarsi “accarezzare”


 


 

“Adesso, o prima, o come fai di solito in alcuni momenti, le tue espressioni sono davvero preziose. Sei così pieno di rispetto, disponibilità e voglia di comprendere, immedesimarti, il tuo silenzio è pieno, vorrei imparare da te, se fosse qualcosa che potesse essere appreso. Tu sai sempre quando non servono le parole e ti zittisci e dovrei invidiarti perché io parlo sempre e sono frivolo, ma invece ti ammiro, è una qualità figa, non me lo immaginavo!” Confessò, arrossendo lievemente, il biondino lo fissava esterrefatto, non immaginando che potesse essere apprezzato da Emrys, per qualcosa, qualsiasi cosa fosse.


 


 

“Dai importanza, intendo...con il tuo sguardo, non so se mi spiego...” Continuò il moro ed il collega deglutì a vuoto, sentendo di nuovo quella sconosciuta sensazione che aveva provato poco prima.


 


 

“Quando ci si ritrova nudi con qualcun altro di solito c'è l'indiscrezione quantomeno di fare dei paragoni mentali, per sentirsi più belli, o per autocommiserarsi come dei brutti anatroccoli 'quello ce l'ha più grosso di me, uh no, la panzetta no!' Tu non lo hai mai fatto, ne ho la certezza, nemmeno quando ci stavamo sulle palle, sei molto sensibile e delicato quando tocchi le cose con i tuoi occhi. Forse pensi che non me ne sia accorto, di quanto tu sia rispettoso nell'intimità degli altri, ma ti sbagli, ci ho fatto caso e mi piace. È per questo che mi sono spogliato in mezzo al tuo salotto l'altra volta, anche se non stavamo a lavoro, perché non mi importa, se il tuo sguardo dovesse sfiorarmi, non mi darebbe fastidio, perché sai come...guardare. Capito?” Disse sincero Merlino, quando sentiva l'impulso di doversi esprimere, purtroppo non c'era molto da fare. Ma Pendragon era visibilmente trasceso in un'altra dimensione. Non aveva la più pallida idea di come dovesse sentirsi a riguardo, ma si ritrovò ad arrossire, sapendo che quel ragazzo lo avesse notato, considerato. Sorrise imbarazzato, decidendo che sarebbe stato meglio non continuare, o davvero avrebbe rischiato di fondersi come saldatura, per creare e unire pezzi diversi di una sola cosa.


 

Emrys si accorse dei suoi incisivi simpaticamente storti, ecco cos'era quella peculiarità che gli era sfuggita, a renderlo tanto bello ed aggraziato quando rideva. Arrossì. Sprofondò poi su una spalla dell'amico, vi si accoccolò senza incontrare resistenza e rimasero così per molto tempo, la TV ce l'avevano davanti ma non avrebbero saputo ridire a nessuno, neanche la trama, ma vagamente che roba stessero guardando. Era un cartone? Un film? Telefilm? Genere thriller o romantico? Porno o erotico? Horror o documentario?


 


 

“Artù.” Lo chiamò il moro, con voce leggermente impastata, senza toglierglisi di dosso, non si era affatto accorto di essere entrato in dormiveglia, fu destato dal freddo pungente. Il fuoco ovviamente si era spento, poiché nessuno lo stava alimentando. Forse erano passati solo pochi minuti da quando avevano spesso di parlare, o forse delle ore. Irrilevante.

L'altro mugolò qualcosa come per incitarlo a parlare, dal suo timbro, pareva anche lui essere caduto in un sonno leggero, o starci per cedere quantomeno.


 


 

“Ti faccio una domanda invadente, va bene?” Disse semplicemente, toccandogli l'avambraccio.


 


 

“Ok.”


 


 

“Mi fai restare con te? Posso?” Sussurrò, ancora intontito dal sonno, aveva iniziato come a tracciare degli arabeschi sul tessuto morbido delle maniche della felpa di Artù, lentamente, casualmente.


 


 

“Si.” Rispose, pensando al fatto che egli stesso non avesse anche solo messo in conto la possibilità che Merlino quella sera volesse tornare. Era ovvio che l'invito ad uscire con lui comprendesse di rimanere per la notte.


 


 

“Hai freddo?” Domandò il padrone di casa.


 


 

“Si.” Rispose, avvicinandoglisi ancora di più, inclinò appena la testa, così da soffiargli involontariamente quelle parole sul collo. Il biondino ignorò il brivido di piacere che gli percorse il corpo, nel percepire le morbide labbra del ragazzo, carezzargli la pelle in quel punto un po' troppo sensibile.


 


 

“Andiamo a letto allora!” Disse semplicemente, alzandosi lentamente.


 


 

“Si.” Ribatté Emrys stanco, imitando l'amico.


 


 


 

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m-80-s-2
 


 

Ciao!

Penso di tenerci davvero tanto a questo passaggio. Quel piacersi come amici si sta trasformando in modo (forse) un tantino più decisivo. Non vi scasso troppo, è bastato il capitolo in se.


 

Ringrazio chi sta leggendo, salvando e lasciando opinioni. Mi fa molto piacere sapere che qualcuno possa distrarsi da questa realtà alienante, anche per una manciata di minuti.

A presto!

   
 
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