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Autore: LadyNorin    26/03/2021    3 recensioni
John Watson si era allontanato quanto più possibile da Baker Street. La decisione che lo aveva spinto a fare le valigie era molto semplice: Sherlock Holmes.
Dopo la morte di sua moglie Mary, John decide di allontanarsi da coloro che lo hanno fatto soffrire e iniziare una nuova vita. Ma forse il destino prende le sue decisioni, e nemmeno un uomo razionale come John può contrastarle.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7:


***



[Revisionato]
John fece ritorno in ospedale al pomeriggio, da solo. Aveva preso la metropolitana e fatto il tratto di strada mancante a piedi. Questo gli aveva dato tutto il tempo di pensare e pensare; cosa avrebbe potuto dirgli? Aveva cambiato e ripetuto quel discorso centinaia di volte.
Salì al piano, non c’era nessuno, nemmeno l’ombra di Lestrade, del dottore o delle infermiere. Perfetto.
Decise ugualmente di entrare nella stanza di Sherlock, abbassò la maniglia.
E trovò Mycroft che discuteva con suo fratello. O meglio, Mycroft parlava principalmente da solo.
Il maggiore degli Holmes si voltò con uno scatto, pronto a fulminare con lo sguardo chiunque avesse osato interromperlo.
«Che cosa ci fai tu qui?» dalla faccia Mycroft non era affatto contento di trovarsi lì John.
John prese un bel respiro ed entrò, richiudendo la porta.
«Sono venuto a vedere Sherlock…» non aveva intenzione di fare il dimesso come tutti i leccapiedi di Mycroft, ma non voleva nemmeno dargli altre ragioni per litigare.
«Hai proprio un bel coraggio. Non credi di aver fatto abbastanza?»
Sherlock afferrò la manica della giacca del fratello maggiore, che non si era aspettato quella reazione.
«Non mi dire che lo hai già perdonato. Figurarsi, sei sempre stato quello con il cuore tenero della famiglia, hai preso tutto da mamma. Ma non ho intenzione di stare ancora a guardare. Non me ne frega un accidente di quali sono le sue ragioni.- a quanto pareva i fratelli Holmes avevano imparato a leggersi nel pensiero perché Sherlock non doveva nemmeno parlargli per farsi capire. -Sei quasi morto a causa sua! E chi pensi che avrebbe dovuto dare la notizia a mamma e papà se fosse successo il peggio? Sì esatto, io. Ringrazia che non gli ho avvisati di quello che è successo, non voglio fargli morire prima del tempo.»
John non poteva crederci. Mycroft aveva tenuto all’oscuro i suoi stessi genitori della gravità di quello che era successo ad uno dei loro figli.
Razionalmente aveva senso, lo aveva fatto per non farli soffrire con la notizia che loro figlio fosse quasi morto e si trovasse in ospedale in pessime condizioni.
«Tu non hai detto nulla ai signori Holmes?» non aveva potuto fare a meno di porre questa domanda.
«Non che sia affar tuo.- rispose Mycroft senza nascondere tutto il suo sdegno. - I nostri genitori ne hanno già passate abbastanza e non gli serve altra sofferenza. Mio fratello per fortuna è ancora vivo e si riprenderà, certo non grazie a te.» ci tenne a fare quella precisazione.
«Ma faranno delle domande, vorranno vederlo.»
«Ho detto loro che Sherlock sarà fuori dall’Inghilterra per un po’, per risolvere un caso difficile.»
Giusto. Ovviamente Mycroft aveva previsto ogni dettaglio.
Poi lo vide avvicinarsi con fare minaccioso.
«Se ti azzardi a dire anche solo una parola…»
John resse il suo sguardo.
«Non dirò proprio un bel niente.»
«Puoi anche smetterla con questa sceneggiata, lo so che lo fai solo perché devi farti vedere così integerrimo davanti agli altri. Bravo. Hai fatto il tuo lavoro, hanno visto tutti che ti preoccupi. Puoi tornartene da dove sei venuto.»
John sentì la rabbia mandargli a fuoco le vene. Come si azzardava a dirgli una cosa del genere?
«Sta zitto! Non sei nessuno per parlarmi in questo modo, sono qui per Sherlock!» Mycroft si mise a ridere.
«Ma chi vuoi prendere in giro. Sei qui solo perché ti senti in colpa e devi ripulirti la coscienza. Chi credi che abbia raccolto i pezzi eh? Chi credi che si sia dovuto assicurare che non ricadesse nei soliti brutti giri? Di certo non tu, che stavi ad auto commiserarti chissà dove.»
Per John fu come ricevere una pugnalata, ma se la meritava tutta. Poteva solo ingoiare il rospo.
«Lo so che ho sbagliato, ne sono consapevole, non ho bisogno di Mycroft Holmes che mi fa la paternale! Ma sono qui perché sono preoccupato per Sherlock e ci tengo a lui. Voglio farmi perdonare da lui. Non da te!»
Mycroft lo guardò con ancora più disprezzo.
«Hai uno strano modo di tenere alle persone. Com’è che era, ah giusto ‘sei la causa di tutti i miei mali, anzi dei mali di chiunque ti incontri.’ O una cosa del genere, sai la mia memoria... Praticamente ci mancava poco che dessi a mio fratello anche la colpa di guerre e carestie. Però sai John, tu sei un bel ipocrita. Ti sei sempre professato grande amico di Sherlock, e alla prima occasione hai scaricato tutta la tua frustrazione da uomo fallito su di lui. Se tratti così tutti quelli che consideri degli affetti, non mi stupisce affatto di come sia finita.»
John fece per aprire bocca e ribattere, già sul punto di esplodere, ma Mycroft non glielo permise.
«Non mi importa nulla di quella criminale di tua moglie, e me ne importa ancora meno di te. L’unica cosa che conta per me è la mia famiglia e questo paese, tutto il resto è uno sfondo, un ronzio fastidioso, come un insetto che gira intorno alle tue orecchie di notte, mentre cerchi di dormire.
Se mio fratello sta male, sto male anche io, e quando sto male divento... Scontroso. Intrattabile. E chi lo sa quello che può succedere.»
Era chiara la minaccia implicita in quelle parole. John prese un grosso respiro. Non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da Mycroft Holmes.
«Lo sappiamo tutti Mycroft quanto tu sia uno stronzo, anche le persone con cui lavori ti chiamano così, lo stronzo. Ma forse loro hanno una bassa autostima; e si fanno comandare a bacchetta da te senza troppi problemi, o magari sono solo opportunisti. Ma io non sono uno dei tuoi collaboratori e non ti leccherò mai il culo per farti sentire quello con il potere. Quindi vaffanculo Mycroft e non ti azzardare mai più a parlare in quel modo della mia famiglia o ti prendo a calci, a costo di finire in galera.
E per quanto riguarda Sherlock, è un uomo adulto e può decidere da solo, non ha bisogno della baby-sitter, anche se lo so quanto ti piaccia mettergli altri che gli stanno dietro.»
Mycroft lo fissò per un lungo momento, senza dire una parola.
Probabilmente doveva star elaborando un piano per far sparire John.
Avrebbero ritrovato il cadavere nel Tamigi.
«Tu fallo soffrire e non avrai più una vita.» rispose solo il maggiore degli Holmes.
John sospirò.
Forse aveva vinto il match.
«Si lo so. Ma non è mia intenzione, e mi dispiace davvero. Anche per le cose che ho detto.»
«Vedremo.”
Il fatto che sembrasse si fosse arreso così facilmente non voleva dire nulla. Mycroft non era uno da scontro in campo aperto, ma andava più sul sottile, se gli avesse dato le spalle, si sarebbe trovato un pugnale tra le scapole.


Passarono un paio di ore con Sherlock, e Mycroft che volle che John controllasse la cartella clinica perché non si fidava del dottor Lewis. John dal canto suo gli spiegò per filo e per segno tutto quello che era successo e quello che dicevano i referti medici. Mycroft concluse che appena Sherlock fosse stato in grado di muoversi abbastanza, lo avrebbe spedito in una clinica privata.
John non era d’accordo e a quanto pare dal modo in cui aveva guardato il fratello maggiore, nemmeno Sherlock.
«E’ evidente che in questo momento mio fratello non è in grado di prendersi cura di se stesso e di prendere decisioni. Quindi lo farò io.»
«Ma non puoi lui è adulto.»
«Pensi che non possa andare da un giudice e chiederne la tutela?
Conosco la maggior parte dei giudici di questa città e gioco a golf con l’altra metà di loro.»
«Mycroft tu conosci anche la regina ma non ti da comunque diritto di decidere sulla vita di tuo fratello.»
«Tu hai perso ogni diritto quando lo hai abbandonato. Credi che non sappia che ci sei tu come numero di riferimento per le emergenze e nel testamento?»
John deglutì a quelle parole. Aveva scoperto giusto da poco di essere ancora tra i principali contatti per le emergenze, ma il testamento gli mancava…
«E se credi che ti lascerò fare anche il tutore ti sbagli di grosso.
Ti rivolterò contro ogni autorità di questo paese.»
«Oh ma taci! Continui a fare minacce a vuoto. Vuoi vendicarti? Fallo! Picchiami, ma poi chiudiamola qui.»
Si era veramente seccato di Mycroft e delle sue sparate da prima donna.
«Non sono un barbaro come te. Non picchio proprio nessuno, e comunque non ti darei mai questa soddisfazione.»
«Sei ridicolo.»
Sherlock nel frattempo si era addormentato, ma iniziò a muoversi nel sonno.
«Penso che il miglior modo che ora ha di guarire è a casa sua, non in un posto che non conosce, con sbarre e cancelli.»
«Per chi mi hai preso? Cosa credi che voglia metterlo in prigione? Quel centro è un castello immerso nel verde. Starà benissimo li.»
«Certo lo immagino, hai capito cosa voglio dire. Non lo puoi rinchiudere solo perché non vuoi prendertene cura.»
A quelle parole John si trovò la mano di Mycroft gli stringeva e torceva il maglione.
«E chi vuole prendersene cura, tu? Gelerà l’inferno prima che ti permetta di toccare di nuovo mio fratello.»
John diede una forte spinta con entrambe le mani, ma il maggiore degli Holmes era un uomo alto e tutto d’un pezzo, praticamente non lo spostò di un centimetro.
Lentamente Mycroft aprì la mano e lasciò andare John, che si fece indietro.
«Sei completamente pazzo.»
«Proteggo la mia famiglia. Sherlock è tutto quello che ho.»
«Intendi come lo hai protetto da Moriarty?» aveva anche lui delle frecce al suo arco e intendeva usarle tutte contro Mycroft.
L’uomo infatti storse le labbra in una smorfia.
«Cosa vuoi, che ti dica che siamo pari?»
«Non è una gara Mycroft. Abbiamo fatto tutti degli errori. Capisco che tu stia proteggendo tuo fratello, esattamente come io farei con mia figlia. Ma questi scontri non aiutano nessuno.»
«Tu vuoi solo essere perdonato, è l’unica cosa che ti interessa.»
«Il perdono lo voglio solo da Sherlock, te l’ho già detto.»
Ed era vero, aveva bisogno di essere perdonato da lui, anche se non avrebbe risolto la cosa, ma sarebbe stato un inizio. Un modo per ricominciare.
«Lo sai benissimo che Sherlock ti ha già perdonato, non fare questi giochetti con me. Hai fatto tutto a posta. E’ facile farlo sentire in colpa.»
«Ho detto quelle cose perché ero arrabbiato e pieno di dolore. Anche tu lo avresti fatto.»
«Potevo anche crederci se ti fosse uscito un ‘ti odio’ detto sul momento, anche a me è capitato una volta di dirlo ai miei, credo sia capitato a chiunque. Ma tu lo hai accusato della morte della madre di tua figlia, hai detto che lei era senza una madre solo a causa sua.»
«So cosa gli ho detto ok! Lo so perfettamente!»
Era come un coltello che veniva rigirato sempre nella stessa piaga. Niente poteva cancellare quelle parole.
«Perdono un accidente.- Mycroft non nascondeva tutto il suo disgusto. -E’ quello che ti meriti, stare da solo.»
Quando era troppo…
«E tu? Tu che diavolo hai fatto eh? C’eri per aiutarlo? Dov’eri quando lo hanno massacrato? Fai tanto il fratello protettivo ma non ti fai mai vedere! Accusi me ma non mi pare che tu sia stato così presente nella sua vita in quest’ultimo anno da quello che mi hanno detto!»
La faccia di Mycroft aveva assunto una tonalità di viola.
Prese il cappotto e lo infilò con gesti secchi.
«Non finisce qui Watson.»
«Come ti pare Mycroft, se hai ancora voglia di litigare sai dove trovarmi.»
Cercò di nascondere che la cosa lo faceva gongolare un poco.
Mycroft uscì dalla stanza e quasi sbatté la porta.


Si effettivamente battere uno degli Holmes non era una cosa che accadeva spesso, anzi, quasi mai, ma in questa particolare occasione gli aveva dato più soddisfazione del solito.
Si avvicinò a Sherlock.
Era voltato sul fianco sinistro, le mani strette contro al petto.
Sembrava sofferente, la bocca si muoveva a scatti di tanto in tanto.
Poggiò una mano sulla sua fronte. Con tutto quello che gli davano era normale che dormisse così tanto. Era caldo, dalle fasciature usciva qualche ricciolo nero.
Lo accarezzò delicatamente. Sherlock si lamentò nel sonno.
«Shhh va tutto bene, sono qui.» sembrò rilassarsi a quelle parole.

In quel momento sentì dei rumori fuori dalla porta, che si aprì l’attimo dopo.
Entrò Lestrade, seguito dal dottor Lewis.
«John?- lo salutò sorpreso il detective. -Che ci fai qui? Ho visto Mycroft uscire, sembrava avesse il diavolo alle calcagna. Adesso capisco perché.»
«Ero venuto a vedere Sherlock e lui era già qui. Abbiamo parlato.» alzò le spalle.
Nel momento in cui i due erano entrati nella stanza aveva tolto la mano dalla fronte di Sherlock e si era allontanato.
«Avete parlato? E sei ancora tutto intero?»
John roteò gli occhi al soffitto.
«Si Greg, siamo persone civili.»
Lestrade lanciò un’occhiata al dottor Lewis che ricambiò con uno sguardo dubbioso.
«Se lo dici tu John, perché per come è Mycroft in questo periodo userei altri termini.»
«E’ preoccupato per suo fratello, lo saresti anche tu se foste parenti.»
«Per carità no, chi li sopporta questi due, sto bene come figlio unico.»
John sospirò. Era inutile spiegare qualcosa a Lestrade, quando ci si metteva diventava peggio di un mulo.
«Come sta?» chiese il dottor Lewis a John.
«Bene mi sembra. E’ un po’ caldo.»
«Ah si può essere dovuto agli antibiotici.» il dottor Lewis prese il termometro e prese i parametri dalla fronte di Sherlock.
«Uhm… Ha quasi 38. Vado a prendergli qualcosa per abbassare la temperatura.»
Il dottore uscì, lasciandogli da soli.
«Fammi indovinare, neanche oggi ne caviamo un ragno dal buco. Dannazione.» Lestrade non era affatto contento della situazione, ed ogni giorno che passava senza informazioni diventava sempre più nervoso, in più Mycroft che gli stava con il fiato sul collo non aiutava.
«Mi dispiace ma devi capire che quello che gli è successo è serio. Per un po’ non potrai più contare su Sherlock.»
D’un tratto Sherlock si svegliò di soprassalto, era bianco quasi più del lenzuolo su cui dormiva. Sgranò l’occhio buono e si sporse oltre la sponda del letto, vomitando della roba bianca e vischiosa.
«Merda… Forse è il caso di chiamare qualcuno» Lestrade prese il filo con il pulsante delle emergenze.
«No. È colpa degli antibiotici.»
John si era messo a massaggiare la schiena di Sherlock con movimenti circolari, il poveretto annaspava, cercando di riprendere fiato, era tutto sudato e stava lacrimando, le mani strette al camice, all’altezza del petto.
«Per favore Greg bagna qualcosa con dell’acqua fresca.»
«D’accordo. Sei tu il dottore.»
Il detective era abbastanza sconcertato ma obbedì. Andò in bagno e si sentì armeggiare da dentro.
«Va tutto bene, non è niente.»
Lestrade tornò con un asciugamano bagnato alcuni istanti dopo. John si mise a passarlo sul volto di Sherlock, stando attento a non toccargli le ferite.
Lo aiutò a mettersi seduto con la schiena contro i cuscini, in modo che respirasse meglio.
«Meglio così?»
Sherlock annuì, dando alcuni colpi di tosse.
Fece ritorno anche il dottor Lewis.
«Oh-oh cos’è successo qui? Niente di grave un piccolo incidente di percorso vero?» Teneva tra le mani un vassoio di metallo coperto con un velo di garza.
Prese il filo con il pulsante per chiamare un’infermiera. Dopo un paio di minuti arrivò una ragazza, vestita tutta di bianco e con il camice.
«Si dottore?»
«Per favore può aiutarmi? E chiami qualcuno per pulire.»
«Subito dottore.»
L’infermiera si affiancò al dottor Lewis, che tolse la garza da sopra il vassoio.
Riempì per metà una piccola siringa.
«Dopo ho bisogno che mi prenda dell’antiemetico per vena.»
«Sì dottore.»
L’infermiera si affrettò a fare tutto il necessario, con il dottore che intanto controllava Sherlock, e si assicurava che non avesse altro fuori posto.
«Per ora è tutto a posto, tornerò tra un ora a controllare che i medicinali abbiano fatto effetto.»
«Posso farlo io, in caso servisse qualcosa chiamerò un infermiera.» si propose prontamente John.
«Si d’accordo. Se succede qualcosa mi faccia chiamare.»
Il dottor Lewis uscì, poco dopo entrò un inserviente a pulire, e se ne andò il minuto dopo.
Anche l’infermiera andò via e lasciò un contenitore in caso servisse per altri attacchi di nausea.
«Allora, che facciamo?» domandò Lestrade.
«Perché non vai a prendere un giornale e un caffè?»
«Non mi va il caffè e poi il giornale l’ho già letto stamattina.»
«Intendevo, perché non vai a prenderli a me.»
L’occhiata risentita che gli rifilò Lestrade quasi fece scoppiare a ridere John.
«Non sono la tua maledetta cameriera.»
«Io non mi posso allontanare, sai no…» John indicò con un cenno della testa in direzione di Sherlock.
Lestrade lo fissò torvo.
«Perché non te ne vai tu di sotto e io resto qui.» propose quasi come se la cosa gli pesasse, ma John aveva capito molto bene le intenzioni dell’uomo.
«Ho promesso al dottor Lewis che avrei controllato Sherlock, lo hai sentito no? Non posso lasciarlo.»
«Se succede qualcosa chiamo un infermiera, non mi sembra così difficile. Non è sul punto di morire. Più o meno.»
«Potrebbe stare nuovamente male. E il dottor Lewis lo ha affidato a me, è una mia responsabilità.»
Testardo Greg Lestrade.
Il detective infatti sbuffo seccato.
«E va bene! Che diavolo vuoi che ti prenda?»
«Il Telegraph ed un caffè lungo. Grazie.»
Prese dieci sterline dal portafoglio che teneva nella giacca e allungò la banconota a Lesrade, che con fare infastidito quasi gliela strappò di mano.
«Prenditi pure qualcosa se vuoi.»
«Oh grazie che gentile, non vorrei farti spendere troppo con dieci sterline, devo anche portarti il resto?»
«Se puoi, si grazie.»
Lestrade sgranò gli occhi e lo fulminò con un'occhiataccia.
«Ti odio.»
«Ti voglio bene anche io.» ma ormai lo scontroso detective era già uscito dalla stanza.
John sorrise, quando si voltò vide che anche Sherlock stava sorridendo, ma appena si accorse di essere guardato cambiò subito espressione. Tirò le labbra in una linea sottile, guardando un punto non precisato davanti a se.
«Ehi, coma va ora? Ti fa male qualcosa?»
Sherlock scosse la testa.
«Bene.» rispose John, posando delicatamente una mano sulla spalla dell’amico.
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Note d’autrice:

Ho perso il conto delle volte che ho corretto questo capitolo e ancora ho paura che faccia schifo 👀 se vedete che non rispondo è perché sono scappata a Panama con una nuova identità.
Si sono più o meno capiti i motivi per cui Mycroft si comportava in quel modo, soprattutto nei confronti di John, so che probabilmente qualcuno potrebbe trovare le sue reazioni strane, ma sapete quando le cose si scrivono da sole e i personaggi fanno un po' come gli pare? Ecco.
John ormai è esasperato da tutti e cerca di liberarsi di Greg (come dare torto a John) e fa di tutto per restare da solo con Sherlock ma a quanto pare l'universo gli rema contro.

Io comunque lo lascio qui, con la speranza che abbia un senso, fatemi sapere. Alla prossima (se torno da Panama).

Ho un contatto Instagram se a qualcuno può interessare https://www.instagram.com/lady_norin/
   
 
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