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Autore: Lodd Fantasy Factory    26/03/2021    1 recensioni
Non ho tempo per le introduzioni. Devo raccontare questa storia, e voglio farlo il prima possibile. Prima che qualcosa mi possa fermare... prima che loro... sono dietro ogni angolo. Sono nella mia casa... cancelleranno tutto. Persino me...
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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26 Marzo 2021,

 

 

Per quanto possa amare la musica, è impossibile vivere tutta la vita con il ritmo nelle orecchie. Abbiamo bisogno di silenzio, per quanto sia impossibile averne di assoluto. Il nostro fisico necessita di alcune pausa, per poter rilassare la mente.

I vicini hanno chiamato la polizia.

Ho trascorso buona parte del pomeriggio a conversare con con un agente che aveva l’alito che puzzava di sigarette e acqua di colonia scadente. Non immaginatevi una cosa in stile Serie TV americana; non gli interessava granché quel che avessi da dire. Si è giusto guardato attorno, tentando di entrare dentro casa mia. L’ho lasciato fare: non ho niente da nascondere, per quanto ciò violi la mia proprietà privata e i miei diritti di cittadino. Volevo solo che si togliesse di torno.

“Quindi non ha sentito niente, Signor […]?” Ha insistito. Gli ho mostrato le cuffie, ho detto che al momento dell’accaduto stavo ascoltando della musica, per il mio lavoro.

“E quale sarebbe?”

L’ho buttata lì: “Scrivo.”

“Ah, l’Italia! Tutti scrittori…” si è affrettato a dire con una buona dose di sarcasmo ed ignoranza. Avrei voluto dargli un pugno sul naso, così da nascondere quei peli lunghi e bianchi che gli penzolavano dalle narici, come un nugolo di tentacoli.

“Le piacciono i tatuaggi?” ha proseguito, in quello che si stava trasformando in una sorta di interrogatorio. Mi toccò l’avambraccio con il tappo della BIC che stava utilizzando per fingere di prendere appunti sul mio conto. Sul morso. Il fuoco lo aveva fatto cicatrizzare.

“Tanto quanto Distretto di Polizia: condividono la stessa inutilità.”

Non che abbia davvero qualcosa contro chi si tatua la pelle, ho solo sfruttato l’occasione per dare voce ad un insulto sterile, inutile. Mi andava di provocarlo.

Ha fatto una faccia strana, perplessa. Troppo complessa?

Gli ho riso in faccia. Solo in quel momento ha intuito ci fosse una certa nota aspra nel mio commento. Ma certi uomini sono così: mediocri sino all’osso; quando si sentono offesi, reagiscono con la forza bruta dettata dalla rabbia, abbandonandosi alla violenza. Anche il vicino era così. Colsi proprio questo suo atteggiamento nell’irrigidirsi dei muscoli, nel suo stropicciare il taccuino.

“Ho detto qualcosa che non va?”

Lui mi ha guardato con ferocia, tirando su col naso.

Mi chiesi come gli riuscisse guardarsi allo specchio ogni giorno, prima di andare a lavorare. Non sentiva il fetore del suo alito, non vedeva quel disgustoso colore giallo ocra sui suoi denti, imposto dalla nicotina? Poi ci sono arrivato: se uno non si lava, coprendo il proprio odore con dell’acqua di colonia scadente, tutto torna!

Pessimo modo di passare inosservato, lo so.

Si è congedato poi, fingendo di rispondere ad una chiamata. Lo schermo del telefono era spento. Ridicolo.

“Agente…” ho detto poi, prima che si avviasse giù per le scale. “Lo ha sentito…?”

Lui si è fermato all’improvviso, simulando l’atto di mettere in attesa qualcuno.

“Cosa?”

Il mio sguardo era corso al nuovo portoncino dell’ormai defunto vicino. Avevo sentito davvero un suono? Probabilmente no, ma era come se quel lamento infantile fosse ancora nella mia testa. Qualcosa, dentro di me, voleva che lo invitassi ad entrare in quella casa. Era un pensiero orribile, viscido. Era come se volessi nutrire quell’essere.

“Cosa?” mi ripeté.

“Credo di averlo immaginato. Aspetti!” aggiunsi di nuovo, costringendolo a tornare indietro. Lessi nel suo sguardo l’impazienza di chi ha imparato a governare i propri istinti, dopo qualche tirata di orecchie dei superiori.

Un attimo prima lo avrei consegnato alle tenebre, ma in quel momento mi ritrovai a tremare. Nella mia mente c’era posto solo per quella scarpina, per quella testa di fanciullo che avevo calciato due notti prima. “Ho sentito che è sparito un bambino… è stato ritrovato?”

Nonostante si fosse venuta a creare una certa tensione fra di noi, quella domanda parve colpire nel profondo il militare. Abbassò il telefono, in contemporanea con lo sguardo. “I bambini…” soggiunse in poco più di un sussurro.

Raggelai.

“Non abbiamo niente, purtroppo. Questa città sta andando a rotoli… questa nazione. Tra ragazzi che spariscono nel nulla, e bambini che vengono rapiti dalle proprie culle, come può la gente dormire tranquilla? Facci attenzione. Buona giornata.”

Sono rimasto lì, sulla soglia del mio appartamento, a fissare quel portone in fondo al corridoio, agghindato a mo’ di albero di natale dai nastri della polizia. Un brivido mi è corso lungo la schiena, e ho avvertito il morso pulsare, quasi fosse un richiamo.

Un invito ad incedere verso l’ombra.

 

Seduto accanto al debole Avorio, ascoltando il suo respiro affaticato, ho avuto molto a cui pensare. La mia vita si sta sfaldando a metà tra realtà e incubo. Non è la prima volta che lo faccio presente, vero?

Ho avuto da ripensare ai bambini, al morso, a quanto vi ho raccontato su quella notte…

È accaduto?

È davvero accaduto?

Oppure, così come per la scena della vicina che frantumava il cranio del marito con la mazza, è stato tutto un sogno vividissimo?

Il simbolo nello specchio: quello non è mai andato via.

Sono pazzo, forse, ma non del tutto. Riesco a vedere cose che non esistono?

Dovrei andare in quella casa in pieno giorno, vedere se la cornice è ancora integra, se la vetrina è esplosa!

Ma la polizia è stata chiamata, no? Questo non dovrebbe essere sufficiente a chiarire la situazione? I rumori li hanno uditi tutti.

Ma perché la polizia non è stata chiamata le notti precedenti? È accaduto altro, in questi due giorni? Mi sono perso qualcosa?

Quanti bambini sono scomparsi?

Finché quella cosa sarà dentro quella casa, temo continueranno a sparirne ancora.

L’Uomo Ombra.

È folle, amici miei…

Ma se fossi nient’altro che io quell’essere?

Se fossi io questo fantomatico Uomo Ombra da cui tento di fuggire?

Forse quell’ombra che ho avuto modo di inseguire, era la mia coscienza che mi sfuggiva tra le dita. Era la realtà per come dovrebbe essere, vittima della mia ibrida natura.

Provo una profonda e sconcertante tristezza.

Mi sento debole.

Mi sento solo…

Vedendomi da fuori, rileggendo quanto vi ho narrato, mi è impossibile riconoscermi. Chi è questo giovane che scrive questo diario? Un giorno euforico, pronto a dare battaglia alle tenebre, l’altro depresso, abbandonato, mortificato, alienato. Tutto sta crollando…

 

Anduin… dove sei?

Sto pensando di fermarmi qui, amici miei.

Mi avete seguito fedelmente, chi sostenendomi, chi deridendomi. Ma siete stati qui per me, ogni giorno delle ultime quattro settimane. Temo di avervi compromessi tutti. Da quando ho iniziato a scrivere, il mondo sta scivolando in un’ombra opprimente.

Ogni mio apparente successo conduce ad un evento tragico.

Non c’è pace.

Non c’è salvezza.

Sono ancora me stesso?

Oppure, questo pseudonimo ha preso il sopravvento sulla mia reale natura?

 

Sono Philipp Lloyd…

 

Sono Philipp Lloyd…

 

Sono Philipp Lloyd…

 

Sono Philipp Lloyd…

 

 

Non riesco più a leggere il suo/mio diario.

Non posso più entrare nel mio bagno. Quel simbolo mi perseguita.

Non posso più stare in questa casa, ma non ho altro luogo dove andare.

Forse dovrei chiuderla qui… mettere la parola fine a questo orrore.

Che vinca o meno, l’Uomo Ombra non può essere fermato…

Ostacolarlo significa solo prendere tempo sull’inevitabile.

Sono così stanco…

Avorio è così stanco…

Il sole non è ancora tramontato, ma io non voglio più stare sveglio.

 

 

Ho aperto tutte le porte. Tutte le finestre…

Niente più segreti.

Niente più messaggi in codice.

Non tornate, per il vostro bene…

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Ho appoggiato il Diario di Philipp Lloyd sulle mie gambe.

Ho appena ingurgitato una quantità indefinita di pillole.

Mi sento così stanco…

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Ho sollevato tutte le tapparelle...

Ho aperto tutte le porte…

Ho spalancato tutte le finestre…

Mi sono sdraiato nudo sul divano della sala...

Il vento freddo mi carezza la pelle…

Sento freddo…

ma non m’importa…

Sono così stanco…

Finisce qui, come Lui vuole…

Mi arrendo…

 

Invierò questo aggiornamento…

Poi, sprofonderò nell’oblio…

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Non sono Philipp Lloyd

   
 
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