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Autore: margheritanikolaevna    27/03/2021    7 recensioni
Ann Leary ha i capelli viola, un segreto e una missione da compiere. La sua missione include portare via con sè il Bambino e lei non si fermerà davanti a nulla pur di completarla.
Un nuovo amore, un nuovo nemico, un nuovo finale.
Questo racconto è dedicato alla mia amica meiousetsuna, fantastica autrice qui su efp, le cui bellissime storie mi hanno fatto tornare la voglia di scrivere qualcosa che mi facesse battere il cuore
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buondì ragazzi, immaginate che questo capitolo inizi subito dopo la fine della prima serie dello show (quando Mando saluta Greef e Cara e prende il volo con il piccolo tra le braccia).
 
 
 

 
CAPITOLO TERZO
 
Molto forte, incredibilmente vicino
 
 
Il Mandaloriano spense i motori del jetpack un istante troppo tardi perché l’atterraggio gli riuscisse perfettamente; fece due passi in avanti per non perdere l’equilibrio, mentre il Bambino lo guardava da sotto in su, gli occhioni sgranati, e piegò le gambe riuscendo alla fine a non sbilanciarsi troppo.
Raddrizzò la schiena e, sotto l’elmo, si concesse un rapido sorriso: in fondo non era andata poi così male, considerato che era la seconda volta che usava l’apparecchio che gli aveva donato l’Armaiola solo poche ore prima!   
Sempre tenendo il piccolo tra le braccia, fece qualche passo verso la sua nave e azionò il comando che ne faceva abbassare il portellone; quella, stridendo debolmente, gli obbedì come un vecchio cane fedele.
Un forte boato alla sua sinistra gli ricordò che era pur sempre atterrato su di un campo di lava e che, se quel che Greef Karga gli aveva detto prima di salutarlo era vero, si stava preparando una catastrofica eruzione.
Ragione in più, oltre alla presenza su Nevarro delle truppe imperiali fedeli a Moff Gideon, per andarsene velocemente da lì.
D’un tratto, però, il cacciatore di taglie si bloccò, come congelato.
Si guardò intorno: non riusciva a capire di cosa si trattava, ma c’era qualcosa di strano…sì, all’improvviso i suoi sensi allenati lo avevano avvertito che qualcosa stava per accadere.
Qualcosa che non aveva niente a che fare con le scosse di terremoto e i vulcani attivi sotto la superficie del pianeta.
Come in risposta alla sua domanda silenziosa, all’improvviso qualcuno nascosto dietro delle rocce scure alle sue spalle iniziò a sparare contro di loro e, prima che lui riuscisse a mettersi a riparo, colpì ripetutamente il jetpack.
Il cacciatore di taglie si nascose dietro la fiancata della sua nave, posò a terra il Bambino e si tolse dalla schiena il jetpack, constatando che aveva iniziato a emettere fumo biancastro da due ampi squarci. Imprecò a mezza voce: se l’obiettivo del suo aggressore era stato privarlo di quel facile mezzo di fuga, c’era perfettamente riuscito.
Fece segno al piccolo di non muoversi e si rialzò, cominciando a rispondere al fuoco e contemporaneamente tentando di sporgersi per guardarsi intorno e capire dove potesse trovarsi il nemico.
In questo l’aiutò la visione termica del suo elmo, che gli consentì di distinguere una sagoma in piedi dietro una formazione rocciosa a circa 50 metri di distanza da lui, che non la smetteva di sparargli da due grosse armi da fuoco di un tipo che non aveva mai visto prima.
“Chi sei? Cosa vuoi?” gridò allora, per quanto immaginasse già la risposta.
“Dammi il Bambino” replicò infatti una voce sintetica, da dietro le rocce.
“Consegnamelo e ti lascerò andare”.
Per tutta risposta, lui fece ancora fuoco, stavolta con più foga.
Come se non bastasse, la terra aveva preso a tremare sempre più violentemente e l’aria si era riempita di un aspro sentore di zolfo.
Aveva sperato di essersela cavata dopo aver fatto precipitare il tie fighter di Gideon e invece era ancora lì, bloccato su quel dannato grumo di lava e vapori velenosi!
Sparò ancora e ancora, fino a che non si rese conto che le munizioni del suo blaster stavano per finire.
Sotto l’elmo, fece una smorfia e imprecò di nuovo.
Si sollevò ancora una volta e sparò i suoi ultimi colpi, tentando di calcolare mentalmente se sarebbe riuscito a infilarsi nella nave per prendere altre munizioni prima che quello riuscisse a colpirlo.
Sporgendosi a guardare oltre la fiancata del velivolo, annerita dai colpi, vide però il suo aggressore che stava camminando svelto verso di loro tenendo in ciascuna mano una grossa pistola fumante.
Indossava una tuta nera che mandava bagliori metallici sotto il sole, un casco dello stesso colore gli copriva il viso.
Non riusciva nemmeno a capire se fosse un essere umano o un droide.
Si fermò a pochi metri dalla Razor Crest e rimase lì, immobile, le gambe divaricate.
“Se ho fatto bene i conti” disse, riponendo le armi alla cintura “anche tu hai finito le munizioni”.
“E, dato che certamente non intendi consegnarmi il piccolo che è con te” proseguì, in tono straordinariamente calmo “immagino che dovremo vedercela alla vecchia maniera”.
Fece un altro passo verso la nave.
Ormai era vicinissimo.
“Il che” aggiunse “è anche decisamente più divertente”.
“Sempre che, ovviamente, tu nel frattempo non abbia cambiato idea per la paura” aggiunse beffardo.
Il Mandaloriano considerò rapidamente le alternative, che in fondo non erano molte, soprattutto perché non poteva rischiare di far avvicinare troppo quel tipo al Bambino.
Allora si alzò in piedi e fece qualche passo allo scoperto, verso il suo avversario.
Lo fissò senza dire una parola e portò la mano al coltello che teneva nascosto nello stivale.
“Immagino sia un no” disse freddamente l’altro, avanzando.
Il terreno tremò di nuovo, facendo vacillare i due.
Ormai erano vicinissimi.
Il cacciatore di taglie sentiva il suo avversario respirare forte e in fretta.
Serrò le mascelle, i muscoli pronti a scattare.
Si chinarono impercettibilmente l’uno verso l’altro.
Vi fu un silenzio terribile, come subito prima di un’esplosione.
Poi il guerriero vestito di nero gli si scagliò contro, sferrandogli un pugno così violento che per poco non perse l’equilibrio. Ma fu solo un istante e il Mandaloriano rispose con eguale violenza.
Era certamente il più forte e massiccio dei due e l’armatura faceva alla grande il suo dovere, però il suo avversario si muoveva con eccezionale agilità, spostandosi velocemente da un punto all’altro e disorientandolo.
Non aveva mai visto nessuno combattere in quel modo.
I suoi colpi lo sorprendevano e non riusciva a capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. 
D’un tratto però riuscì a colpirlo alla testa, con tale forza che il casco rotolò con un tonfo secco sul terreno.
Ann Leary, i lunghi capelli viola sul volto, cadde all’indietro con un gemito di dolore.
Il cacciatore di taglie, il braccio ancora levato, ansimante, la fissò stupefatto: il guerriero che stava tentando di ucciderlo era una donna.
E lui l’aveva appena colpita con tutte le sue forze.
Per una frazione di secondo esitò, solo per una frazione di secondo.
Ann si asciugò il sangue che le colava dal naso, mormorò tra i denti qualcosa che l’altro non riuscì a capire e balzò in avanti: fulminea, improvvisa, in un attimo si scagliò su di lui colpendolo con forza.
Fu gettato a terra dall’impatto.
Si rialzò subito, rabbioso: aveva esitato per un istante di troppo e adesso lo capiva perfettamente.
Come una risposta al suo pensiero, quello che lo raggiunse fu un calcio violentissimo che fece vibrare l’elmo tanto da stordirlo per un attimo.
Un momento dopo erano avvinghiati l’uno all’altra e si colpivano selvaggiamente; caddero a terra, rotolando sul suolo caldo e polveroso per cercare di sopraffarsi a vicenda.
Il Mandaloriano la rovesciò sul terreno, bloccandole le mani sopra la testa.
Vicinissimo, il suo elmo coperto di polvere le sfiorava la faccia.
Ann si fermò un istante, il respiro corto, conscia della sua posizione.
In tutti i sensi.
Merda, merda e merda. Sei sempre la solita: perché non riesci a tenere a freno il cervello?
Con tutta la sua forza riuscì a liberarsi; il cacciatore di taglie si ritrovò a sbattere la schiena per terra, gridando di rabbia.
Adesso Ann, sopra di lui, lo fissava stringendo i denti per lo sforzo di tenerlo costretto sul terreno.
Stavano ancora lottando, quando improvvisamente cambiò qualcosa.
Senza quasi accorgersene, rallentarono la lotta prendendo fiato.
E fu allora che negli occhi del Mandaloriano passò qualcosa.
Qualcosa che Ann non potè vedere, ma che conosceva molto bene.
L’agente imperiale socchiuse le palpebre, rimuovendo il pensiero, e spinse a terra il suo avversario con più forza; quello lanciò un grido e, con uno sforzo che lo lasciò senza fiato, la ribaltò di nuovo sotto di lui.
Era a pochi centimetri dalla sua faccia, il bellissimo viso lucido di sudore, gli occhi grigi che mandavano scintille metalliche: improvvisamente gli fu impossibile non notare il calore che emanava dal corpo bloccato sotto di lui.
Quanto fossero vicini e in che modo.
Spinse più forte per immobilizzarla e nel momento in cui fece forza col bacino la sentirono entrambi: eccitazione.
Intorno a loro non esisteva più niente.
Niente che avesse importanza.
Lui si morse le labbra, stupefatto.
Si fissarono per un attimo, gli occhi spalancati e le pupille dilatate.
I pochi centimetri d’aria che li separavano erano densi, come magnetizzati.
All’improvviso, una violenta scossa di terremoto li fece rotolare entrambi a terra, separandoli.
Si rialzarono contemporaneamente.
Si fissarono a distanza per un istante ansimando, incapaci di parlare.
Poi Ann Leary corse verso il suo avversario, fece forza sulle sue spalle per darsi lo slancio e balzò dietro di lui, colpendolo subito con un violento calcio in mezzo alla schiena.
Il guerriero mandò un gemito sordo e cadde nella polvere, dove subito Ann lo bloccò, stringendogli le ginocchia contro il torace e premendo col braccio sinistro sulla sua gola per spezzargli il respiro; lui continuò a colpirla, divincolandosi con tutta la forza che possedeva, fino a che non vide scintillare nella sua mano destra una lama.
Ann lo guardò senza mollare la presa e sollevò il braccio.
Tra un istante - pensò confusamente il Mandaloriano, il cuore che batteva all’impazzata - quella lama si sarebbe immersa nella sua giugulare, nello spazio tra l’elmo e la corazza che il solo mantello non avrebbe protetto abbastanza.
Attese il colpo.
Ma il colpo non arrivò.
Improvvisamente, vide la ragazza dai capelli viola lasciar cadere il pugnale e portarsi entrambe le mani alla gola. La vide cadere a terra con un gemito, ansimando come se stesse per soffocare.
La vide contorcersi per qualche secondo e poi restare immobile, gli occhi chiusi.
Si rialzò in un balzo e, in piedi sulla rampa della Razor Crest scorse il Bambino, la manina sollevata verso di lei e gli occhi socchiusi nello sforzo.
“No!” gli gridò, rabbioso.
Il piccolo gli rivolse uno sguardo interrogativo prima di ricadere seduto all’indietro, esausto.
“No!” ripetè, avvicinandosi alla sua avversaria.
Non avrebbe voluto sopraffarla in quel modo.
Non era stato onorevole.
Una nuova scossa, più forte delle altre, fece tremare la navicella; una spaccatura si aprì nel suolo, facendo fuoriuscire densi vapori sulfurei.
Si chinò sulla ragazza esanime, le scostò i capelli dal viso e, con la punta delle dita, sentì se era ancora viva.
Respirava, anche se debolmente.
La terra tremò di nuovo e l’astronave gemette, inclinandosi su di un lato.
Non c’era tempo da perdere, doveva decidere immediatamente.
Una frazione di secondo dopo, prese tra le braccia la guerriera priva di sensi e salì a bordo.
 
 
Note &credits: il titolo cita il libro omonimo di Jonathan Safran Foer (“Extremely loud and incredibly close”) che, ovviamente, ha un tema del tutto diverso. Ma le parole - intense, emozionanti - mi piacevano molto e così ho provato a usarle per descrivere sensazioni lontane anni luce dal tono del romanzo.
Ho notato che su efp ci sono pochissime storie romantiche con questi personaggi, mentre ad esempio su fanfiction.net ne ho lette tantissime; inoltre, in quasi tutte sono le fanciulle che perdono la testa per il nostro eroe… il che, pensando che sono storie scritte da fans è del tutto comprensibile! Qui invece - una volta tanto - le dinamiche cambieranno e scopriremo che le frecce di Cupido, talora, sono in grado di trapassare anche il beskar più puro.
Infine, per avere un’idea della protagonista, immaginate il personaggio di Psylocke della Marvel ma con uno stile di combattimento tipo Lara Croft: niente di più facile che il nostro eroe si faccia venire strane idee in testa.  
Grazie sempre a chi legge, a sabato prossimo!
 
 
  
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