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Autore: margheritanikolaevna    03/04/2021    7 recensioni
Ann Leary ha i capelli viola, un segreto e una missione da compiere. La sua missione include portare via con sè il Bambino e lei non si fermerà davanti a nulla pur di completarla.
Un nuovo amore, un nuovo nemico, un nuovo finale.
Questo racconto è dedicato alla mia amica meiousetsuna, fantastica autrice qui su efp, le cui bellissime storie mi hanno fatto tornare la voglia di scrivere qualcosa che mi facesse battere il cuore
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUARTO
 

Space Oddity (prima parte)

 
 
Din Djarin guardò ancora per un istante il Bambino, profondamente addormentato nella sua amaca, pensando che doveva essere davvero esausto per ciò che aveva fatto non molto tempo prima.
Lo aveva salvato, di nuovo. E ancora una volta senza che gli avesse chiesto nulla.
E lui per tutta risposta l’aveva anche rimproverato, più o meno, perché non tollerava l’idea di aver avuto la meglio su di un avversario - per di più una donna - se non grazie alle sue forze e al suo coraggio.
Spesso gli capitava di provare sentimenti contrastanti nei confronti di quel piccolo, di sentirsi in colpa, di essere in ansia…qualcosa cui non era di certo abituato.
Scosse la testa e tornò verso la plancia, tanto era chiaro che quella notte il sonno era un lusso che non avrebbe potuto concedersi, in viaggio e per di più con una pericolosa nemica che giaceva ancora priva di sensi, i polsi strettamente ammanettati, sul sedile del copilota.
Entrò nella cabina di pilotaggio e le gettò uno sguardo rapido: i capelli a coprirle parzialmente il viso, le lunghe gambe piegate e il respiro regolare.
Avrebbe avuto ancora qualche momento di tranquillità per capire cosa era successo su Nevarro.
Si sedette al posto di comando massaggiandosi la spalla indolenzita e un sorriso leggero aleggiò sulle sue labbra.
Accidenti se quella ragazza non picchiava duro! Se si guardava indietro, non era stata certo la prima volta che aveva lottato contro una donna e tante lo avevano affrontato come avrebbe combattuto un uomo, senza esitazioni e senza scrupoli.
Ma…ecco, era stato diverso: nel bel mezzo del corpo a corpo più furioso che ricordasse, si era sorpreso a provare qualcosa di completamente inaspettato.
Allungò le gambe sul pavimento.
Cosa sarebbe successo se il Bambino non fosse intervenuto in suo soccorso? Sarebbe riuscito a sopraffarla o lei l’avrebbe ucciso alla fine?
Quelle domande gli rimbalzavano nel cervello.
Non riuscire a concentrarsi era qualcosa di decisamente nuovo per lui: era come se avesse nella testa un meccanismo inceppato che continuava a scattare da un punto all’altro senza poterlo fermare.
Dannazione, controllati!
La sorte del tuo trovatello, la tua stessa salvezza dipendono da te e tu non sei sopravvissuto a tutto ciò che hai passato perché, sotto pressione, sei un uomo che crolla.
Niente da fare: il suo cervello si rifiutava di obbedire.
I suoi pensieri si confondevano, si aggrovigliavano, sbandavano per poi tornare verso un unico centro.
Se esaminava la cosa razionalmente non aveva dubbi che mai e poi mai avrebbe dovuto degnare di uno sguardo quella donna, perché non c’era niente in lei - al di là della sua indiscutibile bellezza - che potesse davvero piacergli.
Eppure, non poteva dimenticare e smettere di pensarci era impossibile.
 
ooOoo
 
Il primo pensiero col quale Ann Leary emerse dall’incoscienza fu che era la seconda volta, quella settimana, che si svegliava con un tremendo mal di testa.
Quello successivo fu che la cosa non le piaceva per nulla.
Respirò profondamente, senza aprire gli occhi e senza muovere un muscolo, tentando di raccapezzarsi su dove fosse e cosa fosse accaduto.
Certamente era viva - cosa questa che la sorprese, per come si erano messe le cose col Mandaloriano - aveva le mani legate e, deglutendo, la sua gola contusa le ricordò l’atroce sensazione di soffocamento che era stata l’ultima cosa che era riuscita a percepire prima di perdere i sensi.
Ecco - considerò - quell’incapace di Gideon le aveva fornito tante informazioni inutili sulla sua preda, ma non l’unica veramente importante: il legame che si era creato tra di loro era talmente forte che il piccolo aveva usato i suoi straordinari poteri per aiutare il suo protettore. Non lo sapeva e non ci aveva pensato, commettendo un errore che per poco non le era costato la vita.
Già, era viva. Non trafitta da una lama mandaloriana né carbonizzata dalla lava di Nevarro.
Ma cos’era accaduto?
Ancora immobile, aprì gli occhi il minimo indispensabile per rendersi conto che si trovava all’interno di una navicella; con la coda dell’occhio alla sua sinistra, al posto di pilotaggio, scorse lo scintillio ben noto dell’acciaio più resistente della Galassia.
Bene, ragazza, la prima cosa da fare è liberarti da queste dannate manette 
Sempre cercando di muoversi il meno possibile, fissò lo sguardo sulla loro chiusura: per fortuna, non era troppo difficile da aprire…sarebbe bastato…
Piegò il polso in avanti, le sue dita toccarono delicatamente la parte interna della manica, facendone fuoruscire pian piano - con estenuante lentezza - una piccola lama che terminava con un uncino; dopo un paio di tentativi, riuscì a infilarla nella serratura e iniziò a ruotarla lentamente cercando di forzarla. 
Ma d’un tratto si sentì sollevare di peso, con rudezza, e sbattere contro la parete metallica accanto al sedile. Le sfuggì un gemito soffocato.
Il Mandaloriano le teneva con una mano i polsi bloccati sopra la testa e la guardava con un’aria che certamente, sotto quel maledetto elmo, era più che minacciosa.
Lei invece lo fissò da dietro le palpebre socchiuse e, incredibilmente, sorrise.
“Dobbiamo smetterla di vederci in questo modo” disse, senza cambiare espressione. 
“Tu devi smetterla con questi giochetti da bambini!” replicò il cacciatore di taglie stringendola di più contro la parete e utilizzando l’altra mano per sfilare completamente la lama dal suo guanto e gettarla sul pavimento.
“Se tu fossi un bambino ti saresti già allontanato da me…”
Lui sentì nuovamente il sangue salirgli al cervello.
“E’ stato davvero un errore salvarti su Nevarro” replicò, senza però cambiare posizione.
Lei non oppose alcuna resistenza, limitandosi a fissarlo con quel sorriso irritante sulle labbra dipinte.
Ancora una volta rimasero a fissarsi, il silenzio rotto unicamente dai loro respiri appena affannosi, e il modo in cui lo fecero li lasciò quasi senza fiato.
L’attrazione che improvvisamente leggevano l’uno nell’altra era innegabile, li attirava come una calamita.
Fu un momento strano, dolce e insieme feroce, nulla che entrambi avessero mai sperimentato prima.
La tensione accumulata sembrò infiammarsi di colpo, come accesa da una miccia invisibile: Ann si trovò a premere contro il colpo freddo e metallico lui, sentendosi a sua volta afferrare i fianchi e spingere con forza contro la parete.
Si strusciò contro di lui e il gemito che soffiò contro le sue labbra fu inequivocabile.
Ann serrò le palpebre, ascoltando le sensazioni che il suo corpo esperto le trasmetteva; quando le riaprì e tornò a guardare il suo avversario, fu certa che – se avesse potuto oltrepassare il metallo dell’elmo - oltre la rabbia avrebbe trovato il desiderio nei suoi occhi.
Come la volta precedente, durò pochi secondi. Pochi, intensissimi, secondi.
E finché durò il rotolare delle stelle nel freddo universo, l’inesorabile cammino dei pianeti entro le loro vane orbite, lo stesso folle lavorio degli uomini conobbero una tregua.
Poi il Mandaloriano, sempre bloccandole le braccia, la spinse di nuovo sul sedile del copilota senza tanti complimenti e si lasciò cadere al posto di comando.
Ann sorrise impercettibilmente, guardandolo.
“Già, a proposito” domandò alla fine “perché mi hai salvata su Nevarro?”
Lui non rispose, seguitando a fissare il cielo di velluto nero che occhieggiava dagli ampi finestrini della nave.
“Immagino che sia stato perché stavo prendendo a calci troppo forte il tuo culo foderato di metallo, non è vero? E quindi hai avuto bisogno dell’aiuto del tuo amichetto verde”.
Ann non aveva idea di cosa sarebbe accaduto se avesse continuato a provocarlo in quel modo, né se fosse una buona idea farlo, ma in quel momento le sembrava l’unica occasione per uscire dallo stallo in cui si trovava. 
“Ma certo non sarebbe stato onorevole per un grande guerriero quale tu pensi di essere, lasciar morire un avversario senza averlo sopraffatto con le tue sole forze…”
“Se non la smetti” replicò lui però con un tono che non sembrava tanto infastidito, quanto persino divertito “sarò costretto a farti fare un giro nella carbonite. E mi dicono che non è il massimo”.
“Non lo faresti mai. Una signora come me dentro quello schifo…”
“Non mettermi alla prova”.
Ann fece una smorfia e accavallò le gambe.
Stava perdendo tempo. E il tempo era proprio ciò che le mancava.
Avrebbe dovuto provare in un altro modo.
ooOoo
 
La ragazza sospirò profondamente e guardò fuori dal finestrino: quanto tempo era passato? Ore forse, ma le erano sembrate intere settimane.
Ogni tentativo di far dire qualche parola a quel dannato Mandaloriano si era infranto contro un mutismo assoluto e irritante. Se stava cercando di farle saltare i nervi, era decisamente sulla strada giusta.
“Posso sapere che progetti hai per me?” domandò a un tratto.
“Insomma, pensi di abbandonarmi da qualche parte o preferisci che continuiamo la nostra discussione a mani nude non appena sarai arrivato…dove siamo diretti, in modo da sancire definitivamente che - senza aiuti esterni - tra noi due sono io la più forte?”.
“Per la verità non ci ho ancora pensato” rispose finalmente lui “anche perché in mezzo a tutte queste chiacchiere non mi hai detto chi sei e cosa vuoi dal piccolo”.
“Mi chiamo Ann Leary. E sono una cacciatrice di taglie, come te” replicò lei dopo un istante di silenzio “mi hanno promesso una taglia molto generosa per lui. E francamente non ho chiesto chi sarebbe stato a pagarla”.
“Non ho mai sentito il tuo nome…” fece lui, sospettoso “e dato come combatti la cosa è alquanto strana”.
“Sono nel giro da poco e voi sareste stati la mia prima taglia importante. Qual è invece il tuo nome?”.
“Non ti credo, Ann Leary” ribatté lui, senza rispondere alla sua domanda.
“Come preferisci” sbottò la ragazza, sistemandosi meglio sul sedile “vuoi dirmi come ti chiami o sarò costretta a utilizzare quello stupido nomignolo sempre uguale che usate voi mandaloriani? Personalmente lo trovo irritante”.
L’altro si girò verso di lei e sospirò.
“Quello andrà benissimo, anche perché tra poco saremo a destinazione e non avrai molte occasioni di usarlo”.
“Fantastico…” fece lei “davvero fantastico”.
In quell’istante l’astronave sussultò e vibrò violentemente. Ann lanciò un grido strozzato, mentre il Mandaloriano sibilava un’imprecazione in una lingua che lei non capì.
“Ci stanno attaccando!”  esclamò poi, sporgendosi in avanti per attivare i comandi delle armi.
 
(continua…)
 
Note&credits: Buondì, ovviamente il titolo cita la splendida canzone di David Bowie. Qui la “stranezza spaziale” si riferisce a ciò che sta accadendo tra i due protagonisti, contro ogni aspettativa e ragionevolezza.
Grazie sempre a chi legge e a chi ha voglia di lasciarmi la propria opinione.
Vi auguro una Pasqua dolce, nonostante il momento difficile! Alla prossima
 
  
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