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Autore: Felpie    27/03/2021    2 recensioni
Avevano fatto centinaia di volte quel discorso. O meglio, James ci aveva provato a portarlo avanti, ma lui lo aveva ignorato, baciandolo, mordendolo, facendo finta di dormire. Facendo qualsiasi cosa che non fosse ascoltare quel discorso. Sirius, i discorsi, non li voleva sentire, non era il tipo da avere la pazienza per starli a sentire. E quello era un discorso incredibilmente faticoso.
Primo vero tentativo di SnitchStar - Buon Compleanno James
Genere: Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Sei un prepotente, James






 

"Quando la forza con la ragion contrasta,
la forza vince e la ragion non basta."
(Anonimo)







I colpi incessanti che si scagliavano contro la porta lo risvegliarono dal torpore in cui era caduto e Sirius si accorse solo in quel momento che era ancora fermo davanti alla credenza a scegliere quali cereali mangiare quella mattina, se quelli al miele o quelli all’avena. Non si ricordava come fosse caduto nel blackout, né sapeva quanti minuti fossero passati, ma sicuramente fuori dalla porta c’era qualcuno di molto arrabbiato e, dalla foga che dimostrava, il ragazzo non ci mise molto a capire chi fosse: nessun Mangiamorte, nemmeno per farlo cadere in trappola, avrebbe sbattuto il pugno così violentemente contro una povera porta mezza sfasciata; con lentezza, si avviò ad aprire, ritrovandosi il viso del suo migliore amico a pochi centimetri da lui, come se stesse cercando di attraversare la porta solo appoggiandovici sopra.
Sirius sussultò, vedendo il volto pallido e segnato dalle occhiaie di James, ma non ebbe il tempo di notare altri particolari che l’amico entrò bruscamente in casa, sbattendo la porta dietro di sé.
“Che cazzo ti è saltato in mente, Sirius? Ma lo sai che ore sono?”
No, Sirius non lo sapeva che ore fossero. Forse le dieci, forse mezzogiorno.
Vedendo che non rispondeva, James sbraitò “Sono le due e mezza del pomeriggio, razza di idiota. Non ho tue notizie da più di dodici ore, cazzo.”
Oh. Ecco perché si era incantato a guardare i cereali: che cereali si mangiano il giorno dopo essere scampati alla morte?
“Ero preoccupato, Sirius. Credevo fossi morto, cazzo.”
Se fosse stato meno stralunato, Sirius si sarebbe accorto che il suo migliore amico aveva appena sparato tre parolacce, una dietro l’altra, nonostante negli ultimi tempi avesse deciso di smettere per evitare di incorrere nelle ire dell’accoppiata Remus – Lily.

Che cosa sciocca – che cazzata – preoccuparsi delle parolacce quando fuori c’era una guerra.

“Dormivo” rispose laconico l’altro, dandogli le spalle per tornare verso la dispensa e compiere finalmente la grande scelta.
“Dormivi un Ippogrifo!” ringhiò James “Sai di sigaretta. Quindi, se hai avuto il tempo di fumare una dannata sigaretta, perché, per Godric, non ti sei premurato di avvisarmi che eri ancora vivo?”
“Mi dispiace, non ci ho pensato” commentò solo il ragazzo, afferrando i cereali al miele: aveva decisamente bisogno di un po’ di zucchero.
“Non ci hai pensato? Non ci hai pensato?!” James sembrava sul punto di esplodere, strozzarlo con le sue stesse mani o rovesciargli l’intera scatola di cereali in testa, che in quel momento sembravano godere di più attenzioni di lui “Abbiamo gli Specchi, Sir. Sai dove vivo. Abbiamo i Patronus. Hai mille e uno modi per dirmi che sei ancora vivo e tu non ti preoccupi di farlo?”
“Ti ho già detto che mi dispiace” sbuffò Sirius, mangiando appoggiato al ripiano della cucina.
“Oh, non te la caverai con un semplice “mi dispiace”. Io sono venuto qui con tutta l’intenzione di urlarti contro ogni insulto che mi sarebbe passato per la mente, quindi tu ora li ascolterai tutti, uno per uno.”
Sirius annuì, come a dire che era pronto e l’altro iniziò ad imprecare contro di lui, dicendogli che era irresponsabile, inaffidabile, totalmente fuori dal mondo, che lui era stato in pensiero da morire e che aveva voglia di prenderlo a pugni. In quel momento, Sirius pensò che, se era riuscito a mandare così tanto fuori di testa James, forse qualche pugno se lo sarebbe meritato. Ma non riusciva a parlare, non trovava la forza di dire nulla. Le tre docce che si era fatto non erano riuscite a cancellare l’odore di sangue che emanava e un sonno di appena un quarto d’ora non aveva contribuito a fargli dimenticare le immagini della notte.
“Emmeline ha detto che a mezzanotte ti ha perso di vista e io… Merlino, non rispondevi allo Specchio!” sbottò James, mettendosi le mani sui capelli; Sirius appoggiò la ciotola sul tavolo e commentò semplicemente “Sono vivo.”
“Sei un imbecille” dichiarò l’altro e in un attimo gli fu davanti, baciandolo con rabbia e con impeto.
Sirius avvertì su di sé l’odore dolciastro di vaniglia che, da che ricordava, era una caratteristica peculiare di James: il suo migliore amico sapeva sempre di vaniglia, anche se usavano lo stesso shampoo perché lui puntualmente non lo aveva quando erano a scuola o perché si faceva la doccia da lui ora, quell’odore rimaneva appiccicato addosso solo a lui. Per prenderlo in giro, Sirius gli diceva che aveva l’odore di una tredicenne e aggiungeva che lui odiava quell’aroma perché gli ricordava le ragazze che ci tenevano particolarmente ad inondarlo con il loro profumo, quando si stringevano spasmodicamente al suo braccio, come se avessero paura che fuggisse e che si rimangiasse l’invito ad Hogsmeade. James lo ignorava, invece, dicendogli che era meglio profumare di vaniglia che sapere di cane bagnato.
In quel momento, però, Sirius non sapeva di cane bagnato, o almeno, non del tutto. L’odore di cane bagnato non gli sarebbe mai andato via totalmente, come il suo migliore amico ci teneva sempre a ricordargli. In quel momento Sirius sapeva di polvere, di sangue, di sigaretta e di guerra. E anche di cane bagnato. In quel momento Sirius aveva l’odore della battaglia addosso e James era così contento di poterci sentire anche il suo solito puzzo da cane totalmente fradicio che cercava di aggrapparsi disperatamente a quell’aroma. E Sirius se ne accorse, perché James era più invadente del solito, perché James non sembrava intenzionato a lasciarlo andare, perché James gli stava sfiorando ogni centimetro di pelle, solo per essere sicuro che li avesse ancora tutti a posto. Le mani di James si infilarono prepotenti sotto la maglietta dei Led Zeppelin che Sirius stava indossando in quel momento, mentre l'altro lo spinse verso il muro, dove gli fece appoggiare la schiena per stare più comodo ed avere il controllo; ma James non era il tipo da cederglielo così facilmente, il controllo, soprattutto mentre era infuriato con lui e mentre lo baciava con irruenza per accertarsi che lui fosse lì e fosse vivo.
La vaniglia era tutta intorno a Sirius, così come le mani di James, mentre ribaltava le posizioni e faceva sbattere la schiena contro il muro a Sirius; una smorfia di dolore deformò per un attimo le sue labbra, involontariamente e l’amico se ne accorse. Lui se ne accorgeva sempre, anche con gli occhi chiusi, anche mentre lo stava baciando con forza.
James si bloccò all’istante e lo fissò.
“Sei ferito?”
“No” mentì Sirius, provando a infilargli lui le mani sotto la maglia per distrarlo, ma James gliele prese immediatamente, lo sguardo serio e duro e senza più alcuna traccia di malizia.
“Fammi vedere.”
“Non è niente, sul serio…”
Ma non finì la frase che James gli aveva già sollevato con forza la maglietta e gli stava osservando il torace e il busto, perfetti come una scultura di marmo; l’unica imperfezione nell’opera d’arte era un livido violaceo che si espandeva sul lato destro del costato e girava poi sulla schiena. Sirius si guardò il corpo confuso, come se si fosse appena reso conto di essersi fatto male. E probabilmente era così. Non aveva notato quel livido, in nessuna delle tre docce che aveva fatto quella mattina.
“E questo tu come lo chiami?”
“Capolavoro?” provò Sirius, riferendosi al suo corpo.
“Sei un idiota, Sirius” lo insultò James “Avevi detto che non era niente.”
“Non è niente, infatti” precisò l’altro, ma James non lo ascoltò, trascinandolo sul divano e guadagnando una battutina maliziosa.
“Levati la maglietta.”
“Sissignore” ghignò malizioso Sirius, cercando di sfilarsela, ma dovette bloccarsi per il movimento brusco e la scarica di dolore che gli era arrivata; quando quella mattina era tornato a casa, prima delle tre docce, si era spogliato e non aveva sentito nulla. Si chiese come fosse possibile, se l’adrenalina potesse anche fare una cosa del genere.
James sospirò, afferrando la maglietta dell’amico e sfilandogliela, prima di prendere la bacchetta e pronunciare un paio di incantesimi curativi. Fissò il livido a lungo e non lasciò andare Sirius finché non fu assolutamente sicuro che il livido fosse a posto e che lui non avrebbe sospirato ad ogni movimento. Gli rimise la maglietta e si sedette affianco a lui.
“Ho chiesto a Lily di sposarmi” dichiarò a bruciapelo.
“Come?” domandò Sirius, come se non avesse sentito bene.
“Stanotte. Quando è tornata dalla ronda, sporca di fuliggine e con i vestiti bruciacchiati” precisò l’altro “Non posso aspettare altro tempo.”
“Perché sei qui, allora?”
James strabuzzò gli occhi e lo guardò come se fosse fuori di testa. Forse un po’ lo era.
“Che domanda è “perché sono qui?”? Sono qui perché il mio migliore amico è un deficiente totale e rischiava di morire.”
“Lo sai che non intendevo quello.”
“Sono qui perché dovevi saperlo. Da me. E subito. Perché sei una primadonna così grande che mi avresti tenuto il broncio a vita se non te lo avessi detto subito.”
“Se ce l’avremmo, una vita” pensò, stanco, Sirius, lasciandosi cadere con la schiena sul divano.

All’improvviso, tutta la stanchezza della battaglia lo raggiunse e lo oppresse lì, tra quei cuscini sfondati.

“E sono qui anche per chiederti una cosa” aggiunse James, sedendosi invece meglio, in modo da guardarlo con i suoi occhi color nocciola, sporcati dalle immagini della guerra “Sii il mio testimone.”
“Non posso” rispose subito Sirius. Non voglio.
“Sì, invece.”
“No. E tu non dovresti nemmeno chiedermelo” ringhiò Sirius, sbattendo i pugni sul divano “Mi hai appena baciato, James. Saremmo finiti a scopare, come sempre, se non mi fossi lamentato del dolore.”
“Tecnicamente hai fatto una smorfia” precisò l’amico e Sirius sbuffò “Questa è stata l’ultima volta.”
“Non abbiamo scopato” gli fece notare il ragazzo, ferito non solo esternamente. E James lo sapeva, non poteva non saperlo, sapeva che l’avrebbe ferito. Ma come al solito stava facendo la scelta Grifondoro, la scelta più sensata, la scelta più ragionevole. Quella che forse avrebbero dovuto seguire due anni prima. Ma no, anche in quell’occasione Sirius non aveva pensato alle conseguenze – Sirius non pensava mai alle conseguenze – ed era stato prepotente, aveva insistito.
Forse nessuno lo sapeva, all'infuori di loro due, ma ciò che più li accumunava erano la prepotenza e l’insistenza. Entrambi erano prepotenti ed insistenti e non accettavano di cedere. Entrambi non cedevano mai.
“Non è così che deve andare, Sirius, e non è così che andrà. Lo so io, lo sai anche tu. Lo sappiamo da sempre e lo abbiamo sempre accettato. Io amo Lily, ma amo anche te” dichiarò James, come se Sirius non lo sapesse.
Sirius lo sapeva, eccome. Avevano fatto centinaia di volte quel discorso, o meglio, James ci aveva provato, ma lui lo aveva ignorato, baciandolo, mordendolo, facendo finta di dormire. Facendo qualsiasi cosa che non fosse ascoltare quel discorso. Sirius, i discorsi, non li voleva sentire, non era il tipo da avere la pazienza per starli a sentire. E quello era un discorso incredibilmente faticoso.
“Io ti voglio al mio fianco, Sirius” insistette James, guardandolo con i suoi occhi da cerbiatto. Mentre rispose, invece, Sirius non lo guardò.
“Non ci sarò.”

Ma, ovviamente, Sirius il giorno del matrimonio fu lì, perfetto nel suo smoking e con quel suo solito sorriso indecifrabile, accanto al suo migliore amico. Lo guardava e il suo cuore si bloccava in maniera fastidiosa, ogni volta che James sorrideva a Lily, ma allo stesso tempo non riusciva a smettere di guardarlo.

“Sei un prepotente, James.”

James aveva – come sempre – ragione. Era così che doveva andare, Sirius lo sapeva ed era anche d’accordo: lui rovinava sempre le cose che toccava e l’aver toccato James senza rovinarlo era la miglior soddisfazione che avrebbe mai potuto ricevere.



Le lacrime gli scorrono violente sul viso scarno ed emaciato, mentre è chino su quella tomba grigia.
“Ti ho toccato, James. Ti ho toccato, ti ho amato e ti ho rovinato. Rovino sempre tutto ciò che tocco. Non ti saresti mai dovuto avvicinare a me. Ma mi hai salvato la vita.”
Piange. Sirius piange, mentre pensa che al fianco di James non c’è rimasto sul serio, mentre si ricorda che non sentirà mai più quel profumo dolciastro di vaniglia così comune ma allo stesso tempo così particolare, mentre si accorge che James non sarà mai più invadente con lui e lui non potrà mai più essere prepotente con James.
Sirius piange, mentre sente ancora le labbra morbide di James premute sulle sue, dopo quell’ultima volta che si era interrotta malamente. Lo sapeva che sarebbe stata l’ultima volta.



Solo che non ci aveva mai creduto davvero fino a quel momento.






Felpie's Corner
Qualche anno fa c'era un'autrice che scriveva delle SnitchStar meravigliose. Lei non scrive più (almeno qui) da tempo, ma io per caso ho riletto alcune sue storie che avevo tra le seguite un paio di giorni fa e ho deciso di tentare questo esperimento. Ho pubblicato oggi perché si dice sia il compleanno di James e mi sembrava un bel modo di fargli gli auguri (sì, se fosse stata una storia allegra...).
Non so se a qualcuno piace ancora la coppia SnitchStar, io in primis non so se preferisco il rapporto di James e Sirius di sola amicizia o di qualcosa in più, ma se ci fosse e per caso gli fosse piaciuta questa piccola One Shot... ne sono contenta. Così come lo sono se non ho fatto troppi disastri con questo primo tentativo. Non so se ce ne saranno altri, ma un po' di spazio sulla mia pagina, la coppia James/Sirius, se lo meritava.
A presto,
Felpie

 
   
 
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