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Autore: Kendra26    27/03/2021    4 recensioni
Harry si ritrova a Villa Malfoy, catturato dai Ghermidori insieme a Ron e Hermione. Draco, per lo stupore di Harry, li aiuta a fuggire, ma cosa ne sarà di lui?
Questa storia parte dall'episodio della cattura del trio durante i Doni della Morte, ma sposta la vicenda sulla linea temporale, facendola accadere subito dopo la fuga dal Ministero. L'unico motivo è quello di avere un pretesto per creare una bella trama h/c che avevo in testa da un sacco di tempo e, finalmente, mi sono decisa a scrivere.
Enjoy (per lo meno, lo spero!)
*Warning*: Hurt/Comfort
Genere: Angst, Azione, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da VI libro alternativo
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Harry aveva fatto un sogno la notte precedente: era in un palazzo babbano, con un sacco di piani e vetrate e sapeva di dover cercare il suo appartamento, ma non riusciva più a trovarlo. Non importa quante volte percorresse le scale, ogni porta era quella sbagliata e quella corsa infinita aumentava solamente il suo senso di impotenza e abbandono. Un po’ come si sentiva in quel momento, anzi, nella situazione attuale le sue condizioni erano molto, molto peggiori. 

 

Lui, Hermione e Ron erano stati catturati dai Ghermidori nel bel mezzo di una radura, credendosi al sicuro, ed era stata tutta colpa sua. Sua e di quel maledetto incanto Tabù sul nome di Voldemort. Almeno pensarlo non comportava nessuna conseguenza e anche se l’avesse fatto, be’, poco male, visto che al momento era legato a una sedia piazzata in un angolo dell’immenso atrio di Villa Malfoy. Gli sembrava assurdo essere finito lì e per una ragione tanto stupida, poi. Alzò lo sguardo per l’ennesima volta, osservando l’inquietante scenario che si presentava ai suoi occhi: Ron era poco distante da lui, trattenuto da uno scagnozzo di Bellatrix, Hermione giaceva priva di sensi dall’altra parte della sala e quell’idiota di Malfoy si stava avvicinando verso di lui con passo incerto, sotto gli occhi di suo padre, che rivelavano un’espressione a metà tra l’infuriato e l’eccitato. 

 

«Allora, Draco,» lo incitò Lucius Malfoy. Sembrava molto ansioso. «È lui? è Harry Potter?»

 

«Io… non ne sono sicuro,» rispose Draco. 

 

Harry aveva l’impressione che evitasse di guardarlo, ma non poteva biasimarlo. Alle spalle di Malfoy, c’era un grande specchio d’ottone che gli rimandava il riflesso grottesco della sua faccia: grossa, lucida e rosea, ogni lineamento deformato dalla fattura di Hermione. I capelli neri gli arrivavano alle spalle e aveva un'ombra scura attorno alla mascella. Se non avesse saputo che era proprio lui, si sarebbe chiesto chi si era messo i suoi occhiali. Decise di seguire l’esempio dell’ex compagno di scuola e tenere lo sguardo basso e, soprattutto, di tacere per evitare che Malfoy riconoscesse la sua voce. 

 

«Ma osservalo bene, dai! Avvicinati!»

 

«Draco, se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro, tutto sarà per…»

 

 «Non ci vorremo dimenticare chi è stato a catturarlo, spero, signor Malfoy,» lo interruppe Greyback minaccioso.

 

«Certo che no, certo che no!» ribatté Lucius con impazienza. Si avvicinò lui stesso, tanto che Harry riuscì a vedere il suo volto languido e pallido nei minimi dettagli, nonostante le palpebre gonfie. Con la faccia ridotta a una maschera, Harry aveva l’impressione di spiare tra le sbarre di una gabbia. 

 

«Che cosa gli avete fatto? Perché è ridotto così?» chiese Lucius a Greyback. 

 

«Non siamo stati noi.»

 

«A me pare, più che altro, una Fattura Pungente,» commentò Lucius. I suoi occhi freddi percorsero la fronte di Harry.

 

 «C’è qualcosa lì,» sussurrò, «potrebbe essere la cicatrice, molto tirata… Draco, vieni qui. Guarda bene! Che cosa ne dici?»

 

In quel momento, il viso di Lucius e quello di Draco erano uno accanto all’altro e Harry notò che il grigio dei loro occhi era incredibilmente identico, ma mentre quelli del primo esprimevano irrequietezza e impazienza, quelli del secondo erano pieni di timore ed esitazione. 

 

«Non lo so, non mi sembra…» rispose Draco e fece per tirarsi su e allontanarsi da lui, quando Bellatrix sopraggiunse alle loro spalle e afferrò Draco per un braccio. 

 

«Non riesci a riconoscerlo o forse non vuoi?» sentenziò, con aria spazientita e furiosa. La madre di Draco si avvicinò a loro di qualche passo, tendendo una mano. 

 

«Bella, ma cosa dici, è ovvio che…»

 

«Sta’ zitta, Cissy. Non sono l’unica che comincia ad avere sospetti sulla vostra fedeltà al Signore Oscuro. Questo qui,» disse, con un cenno sprezzante verso Lucius, che la guardava esterrefatto, «ti ha reso debole come lui!» 

Il viso di Lucius di deformò in un’espressione di disgusto. «Non osare permettert…» 

 

Il raggio rossastro che partì dalla bacchetta di Bellatrix colpì Lucius in pieno petto, senza lasciargli il tempo di reagire. Nello stesso momento, sua moglie fece un balzo in avanti verso di lui, ma venne fermata dalla sorella, che le puntò la mano armata contro. 

«Non ti conviene, Cissy,» la intimò, con tono perentorio. Malfoy, ancora stretto nella sua presa, strattonò il braccio e si liberò, cercando di avvicinarsi a suo padre. In men che non si dica, tuttavia, Greyback gli fu addosso, braccandolo e gettandolo a terra. 

 

«Che facciamo con lui?» chiese a Bellatrix, ancora impegnata ad assicurarsi che Narcissa non si muovesse di un passo. 

 

«Divertitevici, magari si convince a dirci la verità!» disse, con un ghigno. 

 

Harry aveva continuato a osservare la scena senza fiatare, con la bizzarra percezione che in quell’inaspettato trambusto famigliare si fossero dimenticati di lui. Poi, spostando gli occhi sul pavimento, quasi per caso, la vide: la bacchetta di Lucius era rotolata, ignorata da tutti, a una decina di centimetri dal suo piede sinistro. Sarebbe bastato un piccolo movimento subdolo, solo uno, per riuscire a trascinarla con la punta della sua Converse verso di sé e cercare di afferrarla in qualche modo. 

 

«Lasciami andare, buzzurro cavernicolo,» ordinò Malfoy, ma la sua richiesta venne accolta da un latrato angosciante e da un incantesimo non verbale che lo fece urlare di dolore. 

 

Harry spostò leggermente il piede di lato. 

 

«Vedi di non morderlo, non voglio quelli della tua razzaccia in famiglia. Dagli solo una lezione,» specificò Bellatrix ridacchiando, senza distogliere lo sguardo da quello della sorella. 

 

Ben attento che nessuno facesse caso a lui, Harry allungò la gamba con altro movimento subdolo. Era così vicino, gli mancava pochissimo.

 

«Draco!»

 

«E tu vedi bene di essere più fedele al Signore Oscuro, Cissy. Quel teatrino del Voto Infrangibile non ha portato a niente, perché non sei riuscita a educare tuo figlio come un Mangiamorte degno dei Black!» 

 

L’aveva raggiunta! La punta della sua scarpa toccò la testa di serpente d’argento modellata sul manico; con una rapida occhiata, si accertò che fosse ancora ignorato dai suoi aguzzini, quindi fece rotolare la bacchetta verso di lui e la intrappolò tra le caviglie. Adesso doveva trovare un modo di afferrarla senza dare troppo nell’occhio; prenderla in mano era fuori discussione, quindi si chiede, bizzarramente, se si potesse lanciare un incantesimo abbastanza efficace manovrando una bacchetta con i piedi. Per fortuna, aveva ormai imparato a destreggiare gli incantesimi non verbali e in quel momento sperò vivamente che le sue abilità non venissero meno. 

 

Non c’era molto tempo per pensare, così tentò il tutto e per tutto: strinse meglio che poteva la bacchetta tra le scarpe da ginnastica e lanciò un Bombarda verso il grande lampadario di vetro che scendeva dal soffitto, proprio sopra il braccio teso di Bellatrix. L’esplosione rimbombò per tutta la sala, facendo alzare gli occhi al cielo, di scatto, ai presenti. 

«Che-» Greyback non fece in tempo a dire, che Malfoy riuscì a sgusciare via da sotto il braccio che lo bloccava giù, ad afferrare la sua bacchetta abbandonata sul pavimento e a scagliargli contro uno Stupecifium, prima di cadere a terra gemendo. 

 

«Ron!» urlò Harry, cercando di richiamare l’amico. Era difficile intravedere qualcosa tra la polvere che l’esplosione aveva generato, ma Harry tirò un sospiro di sollievo quando vide Ron correre verso di lui e liberarlo dalle corde che gli trattenevano i polsi con un colpo di bacchetta. Si mise in piedi rapidamente e raccolse la bacchetta di Lucius dal pavimento. 

«Dov’è Herm- Attento!» urlò. Alle spalle di Ron spuntò Bellatrix con la bacchetta puntata; sembrava ferita. Con mezzo secondo di anticipo prima dell’attacco, Harry la schiantò, mentre Ron si girava di scatto. 

 

«Cazzo! Non l’avevo vista!»

 

«Andiamo a recuperare Hermione e smateralizziamoci via da qui,» disse Harry, continuando a voltarsi a destra e a sinistra, timoroso di altri attacchi da parte dei Mangiamorte. 

«L’ho lasciata in un angolo, svenuta, dovrebbe essere ancora lì, cerchiamo di aprirci un varco,» propose Ron. Si sentivano urla e scalpitii; chiaramente qualcuno si stava avvicinando a loro ed era solo questione di secondi prima che uno di loro avrebbe cercato di colpirli. 

 

«Eccoli! Sono qui!» La voce profonda di Greyback rimbombò per la Sala. Lo schiantesimo chiaramente aveva effetto breve su di lui.

 

«Everte Statim!» scandì Ron, ma l’altro fu abbastanza rapido da contrattaccare, rispedendo il raggio luminoso al mittente, che si spostò prontamente di lato. 

 

Greyback sollevò il braccio, pronto a scagliare l’ennesimo incantesimo, ma un fascio di luce gialla lo colpì in pieno petto, gettandolo di nuovo a terra privo di sensi. Harry si voltò in direzione dell’attacco e vide Malfoy accasciato sul pavimento con la bacchetta ancora puntata verso il lupo mannaro. 

 

«Muoviti, Potter!» sibilò. Nonostante lo stupore, Harry si affrettò a procedere in avanti con la bacchetta puntata, man mano che la nube polverosa si dissipava. Non sapeva se l’esplosione avesse colpito qualcuno, ma non sembrava che ci fosse un nemico nelle sue vicinanze. C’erano dei corpi distesi qua e là e in uno di essi riconobbe la chioma riccioluta di Hermione. 

«Hermione!» chiamò, avvicinandosi di corsa verso di lei. 

«Harry?»

«Riesci ad alzarti? Dobbiamo andarcene da qui!»

 

Hermione sembrava provata, ma non ferita. Si mise in piedi barcollando appena, ma quando lui tese un braccio per aiutarla, lei lo fermò con un gesto della mano. 

 

«Sto bene, era solo una botta. Sbrighiamoci!»

 

Coprirono frettolosamente i pochi metri di distanza che li separavano da Ron, che trovarono intento a duellare con uno dei Ghermidori, spuntato non si sa da dove. I suoi colpi non erano precisi, né ben mirati, ma erano abbastanza potenti da riuscire a impacciare gli incantesimi di difesa di Ron. Harry corse loro incontro e si unì all’amico. Il Ghermidore si muoveva velocemente e sarebbe stato complesso cercare di schiantarlo con efficacia, così Harry lanciò un Flipendo contro un detrito di cristallo del lampadario sul pavimento, che colpì l’altro sulla nuca e lo stese a terra. 

 

«Bel colpo!» esultò Ron. Poi si girò verso Hermione e i suoi occhi brillarono di sollievo. 

 

«Andiamocene,» disse lei, perentoria, afferrandogli il braccio. Harry stava per allungare la mano verso Hermione, quando il suo sguardo si sposto in direzione di Malfoy, riverso sul marmo freddo. 

 

«Aspettate un attimo!» 

 

«Harry, che cavolo fai?» urlò Ron, spazientito. Harry, intanto, si era avvicinato a Malfoy e gli aveva stretto un braccio, strattonandolo verso di lui. 

 

«Ahia, Sfregiato maledetto, lasciami!» protestò l’altro, ma la sua voce era flebile e dolorante e il suo stesso corpo non mostrava troppa resistenza. Era chiaro che fosse stato ferito o colpito da qualche maledizione, ma Harry non aveva idea di cosa si trattasse. 

 

«Non possiamo lasciarlo qui!» rispose, rivolgendosi a Ron. 

 

Anche Hermione sembrava titubante. «Harry…»

 

«Non c’è tempo di discutere!» ribatté Harry. «Sappiamo dove smaterializzarci. Andiamo!» aggiunse, aggiustando la presa sull’avambraccio di Malfoy. Si concentrò su Villa Conchiglia e chiuse gli occhi, mentre i borbotti di protesta di Ron venivano coperti dal sibilo imponente della Smaterializzazione. 

 

***

 

Quando atterrò sul promontorio adiacente al giardinetto della Villa, Harry venne colpito da un forte vento freddo, che lo fece rabbrividire. Abbassò la testa per proteggersi e sollevò le palpebre, assicurandosi che anche Ron e Hermione fossero arrivati sani e salvi. Il peso che si spostava dal suo braccio lo fece voltare a destra; Malfoy si dimenava per liberarsi dalla sua presa, strattonando con forza il polso e facendolo barcollare. 

 

«Che cazzo pensavi di fare, Potter? Che posto è questo? Come ti sei permess-» Un gemito interruppe il suo sproloquio, facendolo sussultare e piegarsi sul fianco. Harry alzò gli occhi al cielo: si stava già pentendo di averlo portato con lui. 

 

«Preferivi che ti lasciassi lì per farti ammazzare?» Non aveva bisogno di specificare, perché sapeva che l’altro comprendeva perfettamente il suo riferimento: Malfoy li aveva aiutati e quelli della sua guisa non perdonavano tali comportamenti. L’altro rimase in silenzio, con lo sguardo puntato a terra e il respiro affannato. 

 

«State bene?» Bill Weasley stava correndo verso di loro, mentre Fleur era alle sue spalle e li fissava con aria preoccupata. Ron e Hermione attraversarono il cortile e gli lanciarono delle occhiate, chiaramente impensieriti per dover spiegare al maggiore dei Weasley cosa ci facesse un Malfoy, quel Malfoy, davanti casa sua. 

 

«Ehi, Harry,» lo salutò Bill, avvicinandosi a lui, ma si fermò a metà passo non appena vide la persona al suo fianco. «Lui che ci fa qui?»

 

«Siamo stati catturati dagli scagnozzi di Vo… dei Mangiamorte. Ci ha aiutati a fuggire, non potevamo lasciarlo lì, l’avrebbero fatto fuori,» si affrettò a spiegare. 

 

«Tu non potevi lasciarlo lì!» sbraitò Ron. «Io l’avrei fatto volentieri e non mi sarebbe nemmeno dispiaciuto se l’avessero ammazzato!» 

 

«Vaffanculo, Weasley!» A quelle parole, Malfoy si era sollevato in piedi e aveva mosso un passo verso Ron, ma poi era ricaduto su un ginocchio, reggendosi il fianco. 

 

«Sta’ zitto, verme schifoso. Sei solo un codardo!»

 

«Va bene, basta così.» Il tono perentorio di Bill fece zittire tutti. «Entriamo in casa, è più sicuro. E tu,» aggiunse, puntando gli occhi su Malfoy, «niente scherzi.»

Harry non riuscì a vedere la sua espressione, perché teneva lo sguardo di nuovo puntato a terra, ma per lo meno non ribatté. Si chiese come sarebbero andate le cose con lui e già percepiva che sarebbe diventato una sua piena responsabilità; la cosa non l’avrebbe affatto aiutato nella ricerca degli Horcrux e doveva pensare in fretta a una soluzione che andasse bene per tutti. 

 

Villa Conchiglia si estendeva su due piani e, nonostante l’aspetto traballante, era piuttosto accogliente. Nell’ordine, l’idea era di ripulirsi sfruttando il piccolo bagno del piano inferiore e poi di pranzare: erano tutti molto affamati e il cibo che avevano a disposizione nella tenda era ben lontano dalle leccornie delle cucine di Hogwarts. Malfoy si ne stava in disparte, accasciato al muro accanto alla porta e si rifiutava di parlare: Harry non osava allontanarsi troppo da lui, per paura che facesse qualcosa di avventato, sebbene le sue condizioni fisiche sembrassero davvero malconce. Non sapeva bene come approcciarsi o cosa dirgli. L’aveva portato con sé senza pensare e in quel momento lo vedeva solamente come un fardello per quale provava disgusto, perché si rendeva conto che gli altri non approvavano il suo gesto. 

 

«Harry, potresti venire un attimo qui?» lo chiamò Bill. Era chiaro che volesse parlargli lontano da orecchie indiscrete, soprattutto quelle di Malfoy. Indeciso sul da farsi, gli lanciò un Incarceramus che gli intrappolò i polsi sulla pesante trave di legno scuro incassata nella parete. 

 

Malfoy mosse la testa di scatto, stupefatto dall’incantesimo. Come poco prima, barcollò di nuovo, mentre il viso si piegava in una smorfia di dolore. «Che cazzo fai, Sfregiato, liberami subito! Ti odio, non puoi tenermi prigion-»

 

«Sta’ zitto! Non hai diritto di parola!»

 

«Allora lasciami andare, troglodita!»

 

«Così puoi andare a spifferare tutto al tuo padrone prima che ti dia il colpo di grazia? Certo, contaci.»

 

«Malfoy, non dare per scontato che avrai un trattamento di favore, qui,» aggiunse Bill, fissandolo con occhi glaciali. Era chiaro che non gli stesse affatto simpatico, memore dell’atrocità che Lucius aveva compiuto contro sua sorella e come parte della causa per cui era rimasto sfigurato. Malfoy continuò a borbottare, tuttavia non sembrò avere l’energia per dire altro o litigare. Il fatto che fosse ferito andava in loro favore, in quel senso. Harry si avvicinò a Bill, che lo condusse in una nicchia accanto alla cucina. 

 

«Harry, capisco la tua volontà di risparmiarlo a una possibile morte, ma non so quanto potremmo tenerlo qui,» sussurrò. 

 

«Lo so, mi spiace averlo portato in casa tua, ma non avevo scelta. Non abbiamo intenzione di rimanere a lungo, comunque, siamo ancora alla ricerca…non abbiamo ancora trovato quello che stiamo cercando.»

 

Bill si accigliò. «Puoi dirmi di più?» 

 

Harry lo fissò di rimando. Avevano deciso di non parlare a nessuno degli Horcrux, sia perché non avevano alcun indizio, sia per evitare di mettere più persone in pericolo, ma si rese conto che, in quel frangente, Bill avrebbe potuto aiutarli in qualche modo. 

 

«Prima che Silente morisse mi ha rivelato che V… Tu-Sai-Chi ha diviso la sua anima in sette parti e ne ha inserita ognuna in alcuni oggetti o forse altro che per lui sono importanti.»

 

Bill lo continuò a guardare accigliato, probabilmente cercando di dare un senso logico a quello che gli era appena stato detto. «Una spaccatura dell’anima… si tratta di magia molto oscura.»

 

«Sì, be’…ci ho messo un po’ per scoprirlo, stavo aiutando Silente e…non è questo il punto. Questo è quello che stiamo cercando, per distruggerli: è il solo modo per sconfiggerlo. Tu ne sai niente, puoi aiutarci?» tentò. Era abbastanza preoccupato e disperato da chiederlo apertamente, perché non sapeva come procedere nelle ricerche, dopo aver trovato il medaglione. 

 

Bill scosse la testa. «No, è la prima volta che ne sento parlare anche se nell’Ordine sospettavamo che Tu-Sai-Chi si fosse affidato a certe pratiche già ai tempi di Hogwarts. Come pensate di agire?»

 

Harry scrollò le spalle. «Grimmauld’s Place è compromessa, Yaxley l’ha scoperta mentre fuggivamo dal Ministero e ci siamo smaterializzati lì. Per ora stiamo solo cercando di muoverci il più possibile mentre pensiamo a un luogo o un oggetto che potrebbe aver significato qualcosa per Tom.»

 

«Capisco. E Malfoy? Non puoi liberarlo, ora.» La sua espressione era ferma e tranquilla, ma velata da una sottile preoccupazione. 

 

«No, ovviamente no. Immagino che verrà con noi come prigioniero. Potrebbe tornarci utile per ricavare qualche informazione.»

 

«E poi?» Harry comprendeva che Bill, in un certo senso, lo vedeva come un fratello minore del quale non sempre ci si poteva fidare. Non lo conosceva abbastanza bene da poterlo giudicare diversamente, al di là della fama che lo accompagnava e delle lodi di Molly.

 

«E poi, forse, non importerà più. Malfoy ci ha aiutati a fuggire. Forse non è incorruttibile come suo padre.»

 

La loro conversazione venne interrotta da un singulto affannoso proveniente dall’angolo in cui aveva legato Malfoy. Avrebbe dovuto chiedergli cosa avesse che non andava e curarlo in qualche modo, perché di certo non potevano trascinarselo dietro in quelle condizioni. 

 

«Al piano di sopra, sulla destra delle scale, c’è una piccola stanza degli ospiti. Portalo lì, salgo tra poco a portarti qualche pozione che potrebbe tornare utile. Da cosa è stato colpito?» chiese Bill, lanciando delle occhiate in direzione del presunto nemico. 

 

«Non lo so, non ho visto. È stato Greyback,» specificò Harry. 

 

Nel sentire quel nome, Bill si irrigidì di scatto e aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi la richiuse e rimase in silenzio per qualche secondo. Il ricordo di quanto gli aveva fatto era ancora troppo recente, così come le cicatrici sul suo volto. 

 

«Va’, io arrivo tra poco,» concluse, allontanandosi da lui. Poco più in là, Ron si era appisolato su una vecchia sedia a dondolo, mentre attendeva il suo turno in bagno, al momento occupato da Hermione. Harry non se la sentì di svegliarlo per farsi aiutare, anche perché temeva di creare ulteriori dissapori nell’amico per via della presenza poco gradita a casa del fratello. 

 

«Malfoy,» lo chiamò, avvicinandosi alla trave, afferrando l’altro per la spalla e poi lanciando un Diffindo sulle corde attorno a essa. «Andiamo di sopra.»

 

Malfoy lo guardò con un’occhiata truce. Era piegato su un lato, come se non riuscisse a star bene dritto. «Perché? Preferisci ammazzarmi lontano da occhi indiscreti?»

 

Harry non si preoccupò nemmeno di rispondergli. «Muoviti.» Gli strinse il polso e lo tirò verso di lui, in direzione delle scale. 

 

«Piano!» biascicò l’ex compagno di scuola. Harry si girò e lo osservò: se si avesse proceduto a quel ritmo, ci avrebbero messo mezz’ora solo a fare la prima rampa. Si chiese se lanciargli un Levicorpus ma da qualche parte nel cervello emerse il ricordo di Hermione che avvisava di non usare incantesimi su qualcuno colpito da una possibile maledizione, al fine di non aggravare le cose e quella era l’ultima cosa che Harry avrebbe voluto fare. Non gli serviva di certo un impedimento più grosso di quello che già aveva. 

 

«Okay, facciamo in un altro modo,» borbottò. Riluttante, lasciò andare la presa sul polso di Malfoy e gli passò un braccio sotto l’ascella e cercò di sorreggerlo spostando parte del peso dell’altro sul suo torso. Il fatto che avessero un’altezza e una stazza molto simili non aiutava affatto e Harry si sentiva molto a disagio e irritato a essergli così vicino. Malfoy non era chiaramente d’accordo con la sua idea e si dimenò quanto più poteva, anche se i suoi movimenti erano impacciati dalla ferita che doveva avere da qualche parte sul fianco destro. 

 

«Sta’ fermo!»

 

«No. Mi fa schifo starti così vicino, mollami!»

 

«Che alternativa proponi, allora?»

 

«Che tu mi lasci andare, adesso! Non ho chiesto i-»

 

«Malfoy, non ricominciare!» sbottò Harry. Aveva alzato la voce ed era abbastanza sicuro di aver attratto l’attenzione di tutti i presenti, una cosa che avrebbe evitato volentieri. «Ci mettiamo due ore ad arrivare di sopra con il tuo passo e non ho davvero tempo da perdere.»

 

Malfoy alzò lo sguardo su di lui; era incredibile come, nonostante la palese sofferenza fisica, riuscisse a risultare comunque strafottente. «Impegnato con qualche ricerca segreta per il tuo amato Silentuccio?» lo provocò, cercando di allontanarsi da lui. 

 

«Prova a pronunciare un’altra volta il tuo nome e giuro che ti fulmino, testa di cazzo!» E adesso si era svegliato anche Ron. 

 

«Ron, non ora, per piacere!» Harry si sentiva trascinare in basso da Malfoy che continuava a estendere il braccio lontano da lui, per liberarsi, ma con l’unico risultato di sbilanciare entrambi, facendoli assomigliare a una strana catasta di due corpi accasciati l’uno sull’altro. 

 

«Smettila di muoverti!» disse, rinsaldando la presa sul petto dell’altro e tirandolo su. Era più faticoso di quanto pensasse. Malfoy, in quel momento, gemette forte. «Prima arriviamo di sopra, prima posso curarti.»

 

«Tu…non…mi toccherai, Potter.»

 

«Sì, come no.»

 

La salita per le scale fu lenta e malferma, ma alla fine raggiunsero la camera degli ospiti; era piccola e frugale, con due letti singoli vicini. Da quando Bill e Fleur si erano trasferiti lì, probabilmente non avevano ancora potuto ospitare nessuno, a causa della presa di Voldemort sul Mondo Magico. Harry si chiese se sarebbe diventata la camera dei loro figli, in futuro. Era un pensiero insolito da fare in quel momento, gli appariva fuori dal tempo e fin troppo positivo, così lo scacciò via dalla testa. Era stremato dall’intera giornata e quell’ultima impresa l’aveva davvero provato. Si avvicinò al letto più vicino a loro e vi lasciò cadere su Malfoy, senza troppe cerimonie. 

 

«Ah! Cazzo, Potter!» Purtroppo per l’altro, l’atterraggio aveva coinvolto in pieno il fianco malandato. 

 

«Che hai, insomma?» disse Harry, ansimando e asciugandosi il sudore dalla fronte con il dorso della mano. 

 

Lo sguardo di Malfoy si fece di ghiaccio. «Secondo te? Greyback mi ha rifilato una serie di incantesimi poco gentili perché ho cercato di salvarvi il culo o non te ne sei accorto?»

 

«Senti, Malfoy, così non andiamo da nessuna parte. Sono disposto a curarti in qualche modo, ma non ho voglia di discutere come se fossimo a scuola,» ribatté Harry, perentorio. «Fammi vedere che hai.»

 

«No. Dammi una bacchetta e mi curo da solo.»

 

Harry scoppiò in una risata amara. «Certo, era proprio quello che pensavo di fare, coglione.»

 

Malfoy lo squadrò con gli occhi assottigliati, ma poi sembrò arrendersi. Forse aveva capito che non aveva altre vie d’uscita se non cercare di collaborare. Lentamente, sollevò la camicia scura che indossava, rivelando un’area di pelle tumefatta molto estesa con uno squarcio aperto proprio sotto le costole. Harry non si era reso conto che stesse sanguinando; sembrava piuttosto profondo e i bordi violacei non promettevano niente di buono. Gli sfuggì un sibilo. 

 

«Sai cosa ti ha lanciato, di preciso?»

 

«Ovviamente no. È una bestia, ma non è così stupida,» sbuffò Malfoy, con il fiato mozzato. In quel momento, Harry si accorse che era più pallido del solido e aveva due occhiaie molto profonde. 

 

«Forse c’è un rimedio,» disse. 

 

«Sì, grazie, Potter, ma non penso che del semplice dittamo risolverà molto le cose. Puoi dirlo alla Sangue Sporco e dille anche di non affannarsi a cercare sui suoi amati libri.»

 

Harry sbatté una mano sul comodino lì accanto, facendolo trasalire. «Non la devi chiamare così!» Per qualche attimo, la stanza venne avvolta da un placido silenzio, tuttavia Malfoy tornò all’attacco. 

 

«Altrimenti?» sussurrò. 

 

«Pensi di sopravvivere a lungo così? Non credevo ci tenessi così poco a vivere, Malfoy, codardo come sei.»

 

«Non sono un codardo,» sibilò l’altro, furioso. Harry conosceva i suoi punti deboli, suo malgrado. 

«Dimostramelo, allora.»

 

 

***

   
 
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