Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: MadMary    28/03/2021    1 recensioni
Aceto Doppio era sempre stato affascinato dagli Strip Club, ma non si era mai osato.
Quella sera, però, si sentiva diverso: una forza non troppo sconosciuta lo stava spingendo ad entrare, a sperimentare. Doppio sentiva di aver bisogno di contatto umano, come se la sua vita dipendesse da quello.
Entrando nel locale capì di aver fatto la scelta giusta, quando posò gli occhi su di lei e la forza sovrannaturale lo spinse a prenderla.
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Diavolo, Doppio Aceto, Ghiaccio, Prosciutto, Risotto Nero
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Threesome, Violenza
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Il ricordo della sensazione del suo sperma bollente colare lungo l’interno della sua coscia la fece rigirare a disagio fra le coperte; la luce del sole filtrava attraverso i vetri della finestra posta davanti al suo letto, colpendola in pieno viso e forzando la ragazza a coprirsi il volto gonfio con un cuscino. 

Nonostante fossero oramai le dieci passate del mattino, nessuno si era ancora palesato nella sua stanza per costringerla fuori dalle coperte.  

“Probabilmente Risotto ha detto loro qualcosa...” pensò, prima di ridere di  stessa: come se a quel mostro importasse il suo stato. 

No, semplicemente non avevano ancora avuto bisogno di lei e non si erano scomodati di andare a controllare la sua situazione. Per quanto riguardasse loro, Celeste poteva essersi impiccata ore prima, ma finché non fosse stata necessaria per una qualche mansione domestica, o sessuale, nemmeno un membro della Squadra sarebbe entrato in camera sua. 

Di colpo sentì gli occhi venir pizzicati dalle sue lacrime: la memoria della sera precedente si fece strada nella sua mente indebolita, ricordandole ogni particolare. Ogni spinta, ogni gemito, ogni tocco, ogni vena... 

Tutto. 

Le budella si contorsero su loro stesse, causandole un forte conato, che la scosse talmente tanto da provocarle un pianto isterico, mentre si copriva il volto disperata. 

Era stata una povera idiota a pensare di riuscire a superare mentalmente Risotto. Sapeva perfettamente di essere inferiore a lui fisicamente, ma sapere di essere persino meno astuta di quella bestia la demoralizzava. Vincere contro di lui era impossibile. 

Anzi, non aveva proprio senso combattere in primo luogo, era unicamente uno spreco di energie e un pericolo in più, considerato che a quell’uomo non piaceva venir sfidato, o peggio ancora, essere sottovalutato.  

Dopo qualche respiro profondo, Celeste si alzò pigramente dal materasso, prendendo dei vestiti nuovi e dirigendosi cautamente verso il bagno, per lavarsi un attimo, prima di affrontare quei maiali. Ringraziò chiunque la stesse guardando da lassù quando non incontrò anima viva né nel corridoio, né nella toilette. 

Quando ebbe finito di rinfrescarsi e di vestirsi, applicò un trucco leggero, nel tentativo di migliorare un minimo il suo aspetto sfatto e stanco: voleva dimostrarsi forte. Non voleva dar loro la soddisfazione di averla distrutta, non così tanto. 

Finita la sua treccia francese contò fino a dieci e si diresse a testa alta verso il salotto. Il suo obiettivo era quello di non scoppiare a piangere rivedendo lo scenario della sera precedente, ma soprattutto di non avere un attacco di panico davanti al viso stoico di Risotto.  

Doveva trattenersi, doveva rimanere forte. 

Doveva riprendersi un poco di dignità, quel che bastava per sopravvivere come essere umano e non come oggetto, usato e passato da mostro a mostro. 

-Allora è viva.- sputò acidamente Ghiaccio, scrutandola entrare e destando l’attenzione di Pesci e Prosciutto, seduti nei divani accanto a lui. 

Celeste osservò accuratamente la stanza: poté quasi sentire le mani di Risotto toccarla mentre scorreva gli occhi lungo quei cuscini rovinati e il ricordo del suo membro pulsante forzato dentro di lei la fece tramare sul posto. 

-Dov’è il vostro capo?- chiese, dopo aver accennato un saluto con un veloce gesto della mano, dirigendosi subito dopo verso la cucina: dov’era finito quell’uomo? 

-Perché cazzo dovrebbe interessarti, troia?- rispose con un’altra domanda il ragazzo dai capelli azzurri. 

Lei alzò le spalle, versandosi dell’acqua bollente nella tazza, guardando disinteressata la bustina del tè gonfiarsi e galleggiare, mentre rilasciava il proprio colore ambrato e il proprio aroma amaro sulla superficie. 

-Nulla, è la prima volta che mi sveglio e non lo trovo in casa, tutto qui.- e soffiò contro il vapore bollente della bevanda, portandosela alla bocca e assaporandone un piccolo sorso. 

-Ha delle commissioni da svolgere, oggi staremo noi qua.- la informò Prosciutto, riportandosi alle labbra la sigaretta. 

Celeste annuì, ringraziandolo. Posò poi i propri occhi sul cosiddetto fratello dell’uomo e, quando lo vide arrossire lievemente per il contatto visivo, gli sorrise dolcemente: possibile che anche lui fosse coinvolto in tutto questo? Sembrava un ragazzo così dolce; brutto sì, per carità, davvero brutto, ma fino ad allora era stato l’unico a trattarla come un essere umano in quella casa. 

-Volete mangiare qualcosa di particolare oggi, oppure posso fare da me?- chiese, spostandosi la treccia dorata dalla spalla, lasciandola scivolare lungo la schiena. 

Prosciutto la scrutò con disprezzo, mordendo leggermente il filtro arancione fra i suoi denti d’avorio. 

Non poté fare a meno di notare come il suo viso quel giorno fosse persino più stanco del solito. Gli occhi pesti, arrossati e gonfi, le guance stranamente scavate, le occhiaie che le solcavano il volto, il labbro ancora deformato dal calcio della serata precedente. 

Nonostante tutte quelle imperfezioni, così degradanti, la trovò ugualmente incantevole. 

Strinse ancora di più la sigaretta a quel pensiero, infastidito dalla sua stessa mente: come poteva trovare una donna così inutile attraente? Tutto quello che faceva in quella casa era cucinare, pulire, lamentarsi, piangere e comandare. Davvero non capiva come mai, ogni qualvolta posasse i propri occhi su di lei, finiva con l’immaginarla stesa nel suo letto, con le gambe divaricate, solo per lui, mentre lo pregava, arrossata in volto, di farla venire, toccandosi disperatamente da sola. 

Scosse la testa, rimproverandosi: era da troppo tempo che non scopava, ecco perché pensava certe assurdità vedendola. Il lavoro ultimamente lo stava impegnando troppo e le poche serate libere che gli rimanevano le sfruttava per riposarsi, o per passare del tempo coi suoi colleghi e compagni, dedicandosi a conversazioni spensierate e leggere. 

-Fai come preferisci, basta che sia pronto in tempo.- esordì finalmente, accompagnando la risposta con un gesto blando della mano. 

-Sì signore.-  

Prosciutto strinse leggermente il pugno. Ancora si permetteva di prenderlo così per il culo, davanti a tutti, dopo le botte della sera precedente?  

Sbuffò: Risotto era stato chiaramente troppo gentile con lei. Certo, l’aveva punita a dovere, ma non era stato abbastanza. Sarebbe stato più che felice di aiutare a correggere il carattere impertinente di quella ragazza, lo avrebbe fatto molto volentieri. 

-E soprattutto che sia commestibile, cazzo!- aggiunse Ghiaccio, sbattendo teatralmente il giornale che stringeva fra le dita di una mano contro la propria coscia marmorea –Ogni volta che cucini sa tutto di merda, possibile che te non sappia fare proprio un cazzo, se non la puttana?- 

Celeste sorseggiò un po’ di tè, prima di abbassare la tazza e rivelare un’espressione quasi divertita: quell’ometto era assurdo. 

-No...- disse tranquillamente, catturando l’attenzione di tutti gli uomini, stupiti dal fatto che stesse davvero rispondendo agli insulti del loro collega, cogliendo di sorpreso il riccio stesso –Sono brava solo in quello.- e, con un gesto veloce, strappò di mano a Ghiaccio quei fogli di carta, sorridendogli scherzosamente e tornando accanto ai fornelli, prima di iniziare a leggere lei stessa quel quotidiano. 

Immediatamente, Prosciutto e Pesci si voltarono all’unisono i verso il compagno, pronti a sentirlo urlare a vederlo schiaffeggiare Celeste, ma nulla di tutto questo accadde: semplicemente, lui rimase con lo sguardo fisso verso la propria mano, ora vuota, senza dire una parola. 

-Che cazzo...- parve sussurrare poco dopo, prima di alzarsi di scatto e dirigersi a passo svelto verso il bagno. 

La ragazza, nascosta dietro un muro portante della cucina, si coprì la bocca con un palmo tremante della mano, stringendo spasmodicamente il giornale, ansimante: aveva rischiato grosso. L’adrenalina ancora le scorreva fra le vene, facendola sudare gocce gelate, terrorizzata dalle sue stesse azioni. Che cazzo le aveva detto la testa? Aveva rischiato veramente troppo questa volta, avrebbe potuto picchiarla a sangue, se solo quel giorno non fosse stato stranamente tranquillo. Doveva procedere con più cautela, non poteva permettersi certe azioni, non con soggetti simili, soprattutto!  

Sospirò, sollevata: basta pensarci, era viva e aveva ancora tutti i denti, l’importante era quello. La prossima volta avrebbe prestato più attenzione.  

 

-Avete sentito che cazzo ha fatto quell’ex chirurgo l’altro giorno? Incredibile che il boss lo abbia davvero preso, quel cazzo di psicopatico!- sbottò Ghiaccio, posando la forchetta, dopo aver finito il suo piatto di pasta. 

-Ho sentito dire che faceva svegliare di proposito i suoi pazienti durante le operazioni, per vedere le loro espressioni sofferenti...- balbettò impaurito Pesci, prendendo un sorso d’acqua. 

-C’è da dire che al boss piace circondarsi di soggetti davvero instabili.- aggiunse Prosciutto, facendo annuire gli altri due. 

-Un giorno gli costerà cara questa scelta! Così impara a prendere cani e porci e a pagarli una miseria, quello stronzo!- 

-Ghiaccio, piano con le parole.- lo ammonì il biondo, quasi sussurrando –Non possiamo lasciarci andare con lei qua, ti ricordo che un giorno la dovremo portare al boss, rischiamo che gli dica tutto...-  

Pesci guaì terrorizzato, ricevendo uno sguardo infastidito dai due uomini. 

-Ti preoccupi troppo, Prosciutto!- ridacchiò il riccio, togliendosi gli occhiali per pulirli col bordo della tovaglia –Pensi davvero che ascolterà anche solo una parola di quella troia? Secondo me se la scoperà un paio di volte e poi la butterà in un qualche fosso.- concluse, riportandosi la montatura rossa sul naso, sistemandola con un gesto della mano. 

Il biondo fece segno di no col capo, incrociando le braccia. 

-E perché no, fratello?- chiese, con voce sinceramente perplessa, Pesci. 

-Pensateci un attimo.- e si chinò verso di loro, abbassando ancora una volta il proprio tono di voce –Secondo voi davvero il boss, con tutto il lavoro che deve fare, con tutto quello che deve gestire, si metterebbe a sprecare altre energie per una semplice spogliarellista?- 

-In che senso?-  

-Vi pare sia credibile che abbia mobilitato noi, la Squadra Esecuzioni, specializzata in assassini sotto commissione, per un semplice rapimento? Il rapimento di una ragazza così, per giunta.- poggiò la propria schiena contro lo schienale della sedia in legno, accendendosi una sigaretta, espirandone il fumo, prima di continuare –No, sono dell’idea che ci sia qualcosa sotto. Il boss non si è mai fidato veramente di noi, sa benissimo che siamo insoddisfatti dei suoi pagamenti scarni, sa bene che un giorno faremo qualcosa per scoprire la sua identità, aspetta solo il momento giusto in cui proveremo ad agire.- 

-Ma lei che c’entra?-  

-Non ci arrivi, Pesci?- lo fulminò Prosciutto con lo sguardo, facendogli abbassare il capo, mortificato –La sta usando come talpa, la usa per raccogliere informazioni.- 

-Quindi stai dicendo che anche lei in realtà fa parte di Passione e sta facendo da spia?- 

-No no, è troppo stupida per questo... semplicemente la sta sfruttando a sua insaputa: la sta usando per raccogliere informazioni, senza alcun sospetto. Tenendola con noi ventiquattro ore su ventiquattro, lasciandola entrare nella nostra intimità, sentendoci parlare, stando seduta con noi, raccoglie involontariamente tutte le nostre lamentele, le nostre idee, i nostri piani.- lo sguardo dei tre si spostò all’unisono verso la cucina, dove si poteva scrutare la schiena della ragazza, intenta a lavare le stoviglie utilizzate per preparare loro il pasto.  

-E una volta presa, lei gli riferirà tutto quello che ha sentito...- sussurrò Ghiaccio, sgranando leggermente gli occhi neri, facendo annuire Prosciutto, che proseguì. 

-Esattamente. Magari gli riferirà tutto di sua spontanea volontà, oppure dovrà essere torturata per parlare, ma sono certo la stia usando per raccogliere prove della nostra infedeltà nei suoi confronti.- 

-Risotto sa già di questa tua ipotesi?-  

-Non ancora, vorrei esporgliela in futuro... non sono certo di tutto ciò, ma sono sicuro che la situazione non sia come appare. Per questo, evitiamo il più possibile di parlare del boss quando lei è presente, giusto per essere sicuri e dormire notti tranquille.- 

Pesci e Ghiaccio annuirono. 

-Ehi, puttana!- urlò il riccio, destando l’attenzione di Celeste, che fino a quel momento li aveva sentiti sussurrare in lontananza, disinteressata dai loro discorsi –Preparaci un caffè e fallo bevibile questa volta!- 

-Subito.-  

Una decina di minuti dopo, l’aroma dei chicchi di caffè riempì la stanza, accompagnato dalla figura sinuosa della ragazza, intenta a portare tre tazzine bianche, colme di quella bevanda scura. 

-Ecco a voi...- disse, porgendo ciascuna tazza ai tre uomini. 

-Uhm...- sentì balbettare da Pesci, il quale guardava imbarazzato le proprie mani, sfregandole ansiosamente fra loro. 

-Ancora con questa storia, Pesci?- grugnì infastidito il biondo, facendo ridacchiare meschinamente Ghiaccio. 

-Scusami fratello...- provò a giustificarsi, avvampando in volto. 

-Che... che succede?- domandò confusa Celeste, guardando prima Prosciutto e poi il ragazzo, mortificato. 

-Diglielo Pesci, dille che succede, mammone!- lo provocò il riccio, ghignando. 

-Io... io non posso bere caffè, mi  fastidio allo stomaco...-  

Celeste li fissò sbigottita per qualche istante: lo stavano davvero bullizzando semplicemente per un po’ di gastrite? Si sentì quasi intenerita da quella situazione: quel povero ragazzo veniva deriso perché semplicemente non poteva bere un espresso. Incredibile! 

-Davvero? Sai, nemmeno io riesco a berlo, mi brucia troppo!- mentì lei, facendo alzare di scatto il viso del ragazzo, sorridendogli gentilmente –Vuoi bere qualcos’altro? Un tè magari, o del latte, dimmi tu Pesci.-  

Il cuore di lui iniziò a battere insistentemente, quasi volesse uscire dal suo petto. Nessuna ragazza era mai stata tanto cortese nei suoi confronti, nessuna poi di così bell’aspetto. 

-Il latte va benissimo...- sussurrò, sorridendo in maniera quasi impercettibile. 

-Torno subito.- e si dileguò in cucina. 

La risata sguaiata di Ghiaccio catturò l’attenzione degli altri due, facendoli voltare verso l’uomo, intento a coprirsi la bocca con una mano. 

-Sei davvero...- disse, provando a riprendere il respiro –Sei davvero patetico!-  

-Patetico? Come mai?- domandò interessata Celeste, porgendo il latte al ragazzo dai capelli verdi, sorridendogli maternamente. 

-Adesso ti fai i cazzi nostri, puttana?- abbaiò il riccio, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi alla ragazza, che lo guardò perplessa. 

-Uh... no no, non lo farei mai! Ero solo confusa, tutto qua!- cercò di giustificarsi, arretrando di qualche passo, mentre l’uomo la seguiva, digrignando i denti. 

-Credi che ti dia retta?!-  

-Ghiaccio.- lo ammonì Prosciutto, facendo voltare tutti verso di lui. -Ora basta, lasciala stare.- 

Lui ringhiò, sbattendo un pugno contro al tavolo, facendo rovesciare le tazzine e i bicchieri ancora presenti sopra la tovaglia. 

-Te la scampi sempre.- disse, avvicinandosi all’orecchio della ragazza –Ma ti assicuro che quando saremo soli noi due in questa casa, ti farò pentire di tutto quello che hai fatto.- e uscì dalla sala, sparendo nel corridoio.  

La ragazza sospirò, sollevata: ancora una volta lo aveva provocato e, ancora una volta, un altro membro era giunto in suo soccorso. 

-Grazie...- mormorò, guardando negli occhi Prosciutto. 

Vide l’uomo stringere le labbra contro la sigaretta, assottigliando lo sguardo di ghiaccio e serrando la mascella. Senza una risposta, egli la congedò con un gesto rapido della mano, lasciando che Celeste sparecchiasse la tavolata. 

“Deve odiarmi davvero.” pensò, lasciandosi sfuggire un lamento dalla bocca dischiusa, mentre posava un piatto insaponato accanto al lavandino. 

Il biondo invece, seduto su uno dei divani ingrigiti, era intento a massaggiarsi le tempie doloranti con le proprie dita affusolate: quei due turchesi lo aveva fatto sentire così piccolo. Come poteva un uomo come lui sentirsi ogni volta talmente soggiogato da una donna del genere? Da una prostituta, da una misera spogliarellista. Davvero non riusciva a capire come mai lei riuscisse ad avere un tale effetto sul suo corpo; eppure era stato con donne più belle, donne più intelligenti, donne più colte, donne più affascinanti.  

Magari era l’idea di riuscire ad avere qualcosa prima del boss? Era questo forse? Probabilmente anche Risotto provava ciò che provava lui, ogni qualvolta avesse la sfortuna di posare gli occhi su quelle curve morbide, su quei fianchi larghi, su quei seni tondi...  

Prosciutto sospirò, gettandosi contro lo schienale del divano, divaricando le gambe muscolose: non poteva lasciarsi struggere così tanto da una donna. 

Però l’idea di poterla possedere lo tormentava ugualmente, nonostante tutti i suoi sforzi. Il pensiero di poter stringere fra le proprie mani quelle cosce carnose, di poter baciare quelle labbra rosee... l’idea di poterla far godere, di poterla far godere più di chiunque altro; più del suo fottutissimo boss, più di quel maledetto cazzone, che da anni continuava a sottovalutare lui e le sue abilità! Quel bastardo che si comportava come se fosse l’imperatore del mondo, come se fra le mani stringesse veramente un impero e non una rete di figli di puttana come lui, una rete di mercenari venduti e dal sangue marcio, pronti a vendere le peggiori droghe persino ai bambini, pur di guadagnare qualche misero spicciolo. 

Cazzo se lo odiava quello stronzo del suo boss.  

Posò nuovamente il suo sguardo freddo su Celeste, quando la vide entrare nella sala, sorridendo a Pesci, primai di sedersi sull’angolo opposto dello divano in cui lui stesso riposava.  

Avrebbe potuto usare lei, per manifestare la sua chiara superiorità a quel verme del boss. Sì, l’avrebbe usata per dimostrare a quel misero e a sé stesso che valeva molto più di quello che gli altri pensavano. Avrebbe avuto qualcosa prima di quel figlio di puttana e lei non avrebbe potuto pensare ad altro se non a quanto il cazzo di Prosciutto fosse migliore di quello stronzo, quando anche lui l’avrebbe scopata.  

Sorrise, trionfante: sapeva cosa doveva fare e lo avrebbe fatto molto presto, prima di chiunque altro. 

-Celeste.- la chiamò, guardando il suo viso reagire al suo nome con la coda dell’occhio. 

-Sì? Hai bisogno di qualcosa?- domandò docilmente lei, lasciando percepire la sua sorpresa dal tono di voce. 

-Mi annoio, parliamo un po’, che ne dici?- 

Le labbra carnose della ragazza si schiusero, formando quasi una “o” perfetta, prima di annuire. 

-Certo, volentieri.- e gli sorrise. 

Prosciutto pensò a quanto fosse carina quando sorrideva, prima di schiaffeggiarsi mentalmente per aver pensato una tale fesseria. Si schiarì rumorosamente la gola. 

-Parlami un po’ di te, da dove vieni, quanti anni hai, se sei figlia unica...- e accompagnò la frase gesticolando leggermente. 

Celeste aveva dipinta in volto un’espressione stupita: come mai questo interesse nella sua persona? Era il loro capo a voler sapere tutte queste cose? Risotto, magari?  

Al pensiero di Risotto, storse lievemente il naso, disgustata: il solo ricordo di quel mostro le faceva contorcere le budella, sedere sopra quel divano poi, non aiutava certamente la situazione. Chiuse istintivamente le gambe, stringendole quasi spasmodicamente alla sensazione delle sue dita callose che percorrevano le cosce nude, insinuandosi fra le sue labbra più intime, costringendole a schiudersi per lui. Un brivido le percorse la schiena. 

-Sono originaria del Veneto, in realtà, vengo da un paesino nei pressi di Venezia.- 

-Come mai ti sei spostata?- chiese l’uomo.  

La ragazza si sorprese ulteriormente: ma quindi era seriamente interessato alle sue parole? Magari stava impazzendo pure lui, in quella gabbia di matti. 

-Ero fidanzata con un ragazzo di queste parti, così mi ero trasferita per andare a convivere con lui, ma la storia è durata meno del previsto e mi sono dovuta arrangiare per i fatti miei.- gli rispose, alzando di poco le spalle, prima di continuare –Ho ventitré anni e ho una sorella maggiore, Venere, di ventisette anni. Anche lei non vive più coi miei da anni, credo sia in Friuli, o giù di lì.- concluse, accomodandosi meglio fra i cuscini sotto di lei, mantenendo il contatto visivo con l’uomo. 

Lui annuì, portandosi la sigaretta alle labbra, continuando a sostenere lo sguardo, prendendola quasi come una sfida. Assottigliò le palpebre quando la vide mordersi in modo quasi impercettibile il labbro inferiore. 

-E tu invece, che mi racconti?- lo sorprese lei, sporgendosi leggermente in avanti, verso di lui. 

-Io?- chiese perplesso, alzando un sopracciglio: che voleva sapere da lui? 

-Sì, perché no? Devi mantenere i tuoi dati sensibili segreti perché sei un mafioso?- lo sfottè, incrociando le braccia e indietreggiando, guardandolo con supposizione e superiorità. 

La odiava quella ragazza. 

-Esattamente, vedo che sei meno stupida del previsto.- sputò, visibilmente infastidito dal suo commento.  

Strinse il pugno quando la sentì ridacchiare, alzandosi dal posto, prima di uscire dalla stanza. 

Alzò lo sguardo, contrariato, incontrando quello sbigottito di Pesci, che lo abbassò immediatamente, intimorito da quegli occhi di ghiacci, più freddi del solito. 

Cazzo se l’avrebbe rovinata prima o poi, quella puttana. 

 

-Quindi Risotto non tornerà questa notte?- domandò Celeste, togliendo i bicchieri prima pieni di whiskey dal tavolo, dove sedevano comodamente i tre uomini, intenti a chiacchierare dopo aver consumato la cena preparata. 

-Ma perché cazzo ti importa così tanto del capo, hm?- abbaiò Ghiaccio, sbattendo una mano sulla superfice legnosa, facendo sobbalzare la ragazza e anche Pesci –Cos'è, ti manca già il suo cazzo? Non vedi l’ora che il capo ti scopi, eh? E’ per questo, non è vero?- e ghignò meschinamente, notando l’espressione di Celeste mutare completamente, mentre il suo viso diventava pallido e la bocca si apriva, senza lasciar uscire alcun rumore. 

-Io... no! No!- si difese, arrossendo in volto per la rabbia –Come ti viene in mente di dire certe cose?!- 

-Ti ho detto di andarci piano coi toni, stronza!- e il riccio si alzò dalla sedia con un gesto violento, facendola cadere al suolo, accompagnata da un grande tonfo. 

Si avvicinò ancora una volta alla ragazza e le prese i polsi, stringendoli con forza e portandoli all’altezza dei loro visi, mentre lei teneva gli occhi serrati e il volto girato. 

-Come cazzo ti permetti di rispondermi troia?!- continuò, camminando in avanti e costringendola a indietreggiare, mentre ella tentava di allentare la presa. 

-Lasciami!- urlò, sbarrando gli occhi e ricambiando lo sguardo: tentennò quando vide le pupille nere di quel pazzo scrutarla in quella maniera –Mi stai facendo male!- 

-Ghiaccio, lasciala andare.- intervenne nuovamente Prosciutto, afferrando il braccio del collega con un gesto rapido e stringendolo abbastanza forte da convincerlo a fare come richiesto. 

-Siete sempre pronti a difenderla, ma non capite che se le merita le botte, questa troia?! Se la lasciate fare, prenderà il sopravvento in questa fottutissima casa! Come minchia fate a non vederlo, cazzo! Mi fate incazzare così tanto!- sbraitò, allargando le braccia, fissando dritto verso suoi due compagni. 

Celeste rimase paralizzata da quella scena. Quell’uomo era davvero il più spaventoso di quella casa, la terrorizzava. Anche Risotto le creava un quantitativo di angoscia immisurabile, ma Ghiaccio era così imprevedibile, così pieno di rabbia e cattiveria, così violento. Bastava il minimo per farlo scoppiare, come una bomba ad orologeria, pronta a esplodere al minimo errore. Con una semplice domanda sbagliata aveva ricevuto l’ennesima aggressione da parte dell’uomo, ma prima, in mattinata, egli le aveva concesso un atto di pura spavalderia, senza dire nulla. Davvero non lo capiva. 

-Hai sentito cos’ha detto il boss, oppure no?- il tono dell’uomo dai capelli dorati lasciava trasparire il suo fastidio –Non possiamo farle del male.- 

Si sentì un ringhio riempire la stanza e Celeste giurò di aver percepito il suo sangue congelare nelle vene. 

-SEI UN FOTTUTO SOTTONE, PROSCIUTTO! DAVVERO VUOI ASCOLTARE QUEL PEZZO DI MERDA?! DOVE CAZZO LO HAI MESSO IL TUO ORGOGLIO?!- 

La ragazza posò gli occhi sul biondo, notando come i suoi pugni fossero stretti lungo i fianchi, come il suo corpo fosse scosso da dei tremori di rabbia, come i suoi occhi sempre così azzurri fossero scuri e colmi di rancore. Il suono di uno schiaffo la riportò alla realtà e non riuscì a trattenere un urlo di spavento quando vide Ghiaccio a terra, con sopra Prosciutto, che, seduto a cavalcioni sopra di lui, lo tirava per il colletto verso di lui. 

-Hai davvero sorpassato il limite, questa volta.- ruggì, guadagnandosi come risposta uno sguardo altrettanto velenoso. 

-Cos’è, ho toccato un nervo sensibile?- lo sbeffeggiò, sorridendo spavaldamente. 

Prosciutto lasciò andare la presa sulla maglia del ragazzo sotto di lui e si alzò, torreggiandogli sopra, prima di sistemarsi delle ciocche ribelli che gli erano cascate sul viso nella foga del momento.  

-Esci di qua, se non vuoi che riferisca al capo l’ennesima cazzata che hai fatto.- gli ordinò, con voce impassibile e Ghiaccio gli ubbidì, non senza imprecare ancora sottovoce, maledicendo il suo collega, il suo capo, il suo boss e la donna che stava causando tutti questi dissapori fra loro. 

Celeste tirò un sospiro di sollievo quando sentì il portone d’ingresso sbattere e solo in quel momento riuscì a respirare liberamente, dopo quella situazione terrificante che aveva avuto la sfortuna di ammirare in prima persona.  

-Pesci.- chiamò Prosciutto, sedendosi sul divano, divaricando le gambe e massaggiandosi le tempie, mentre serrava gli occhi e corrucciava le sopracciglia chiare. 

-Di... dimmi fratello!- balbettò spaventato il ragazzo, voltandosi verso il biondo. 

-Vai a casa, oggi starò io con Celeste.- 

-Ma...- provò a opporsi, prima che il collega alzasse lo sguardo verso di lui. -certo fratello, nessun... nessun problema! Buona notte!- e praticamente corse fuori dall’abitazione, lasciando Celeste a bocca aperta. 

-Donna.- disse l’uomo, facendola sobbalzare sul posto –Portami un bicchiere di Jack Daniel’s, per cortesia.- 

Sentendo il tono spazientito e infastidito con cui glielo aveva richiesto, la ragazza annuì prontamente e si spostò di buon passo verso l’angolo bar, riempiendo un bicchiere colmo di ghiaccio con quel liquido ambrato.  

Ora erano solo loro due in casa, lei e un mafioso. 

Lei e un mafioso di pessimo umore. 

Rabbrividì all’idea di dover rimanere una nottata intera con lui, terrorizzata da quello che le avrebbe potuto fare. Magari non le avrebbe fatto niente, invece! Lui chiaramente la detestava e lei era certa che un uomo di così bell’aspetto non dovesse ridursi a stuprare delle donne per un po’ di piacere; in più era così innervosito che probabilmente il suo obiettivo ora come ora era quello di allentare i nervi con qualche bicchiere, prima di mettersi a dormire e dimenticare la discussione appena avuta.  

E se invece per distendere i nervi avesse voluto qualcosa da lei? E se invece l’avesse aggredita al minimo errore? E se si fosse ubriacato e poi si fosse sfogato su di lei? 

-Ce ne hai messo di tempo.- la ammonì, strappandole il bicchiere dalle mani, prima di portarselo alla bocca e prendere un lungo sorso. 

-Scusami, mi sono persa a pensare.- 

-Pensare a cosa?- le chiese, alzando lo sguardo verso di lei. Uno sguardo stranamente interessato, fin troppo coinvolto, per i suoi gusti. 

-Uhm, nulla di che...- e forzò una risata imbarazzata, mentre si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. 

-Siediti qui, accanto a me.- ordinò, chiudendo leggermente le gambe per lasciarle più spazio sul divano. 

-Grazie...- sussurrò, mantenendo lo sguardo basso, iniziando a tremare per la paura. 

Vendendo il suo corpo esile venir scosso, egli le posò una mano sulla parte interna coscia, iniziando a massaggiare leggermente la pelle setosa sotto le sue dita, facendola bloccare sul posto. Inspirò rumorosamente dal naso al contatto con quelle carni così soffici, così invitanti. 

-Hai paura di me, Celeste?- 

   
 
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