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Autore: lady lina 77    28/03/2021    3 recensioni
Post S5... Prima di tuffarmi in una fanfiction lunga e drammatica, volevo scrivere qualcosa di leggero che desideravo mettere nero su bianco dalla fine della S5. E così eccovi questa breve fanfiction, pochi capitoli, dove racconterò il ritorno di Ross e Dwight dalla Francia e le vicende delle loro famiglie in crescita che purtroppo la serie BBC ci ha celato. E quindi eccovi Ross, Dwight, Demelza, Caroline, Jeremy, Clowance e i piccoli in arrivo, da Isabella-Rose a Sophie Enys.
Perché in fondo credo che fosse tutto quello che avremmo voluto dalla serie tv, no?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Penvenen, Demelza Carne, Dwight Enys, Ross Poldark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La gravidanza di Demelza era ormai agli sgoccioli e il parto avrebbe potuto avvenire da un giorno all'altro.
Ross aveva passato le settimane dividendosi fra la Wheal Grace al mattino e il lavoro nei suoi campi il pomeriggio dove, con Prudie e i bambini, aveva raccolto il grano e preparato i terreni per le successive culture.
Demelza si era occupata, impossibilitata a lavorare fuori a causa del suo pancione, a preparare pranzi e cene per tutti e a fare conserve da consumare in inverno quando, con un neonato in casa, avrebbe avuto meno tempo per fare questo genere di cose.
Quella mattina, dopo l'alba, con la piccola Clowance Ross si era recato a Truro per degli acquisti richiesti da Demelza per il bimbo in arrivo e per il parto. Jeremy si era rifiutato di venire, aveva detto che erano cose da femmine e che avrebbe preferito stare a casa a finire di sistemare il grano e così, con un lista scritta di proprio pugno dalla moglie, padre e figlia si erano recati al mercato in cerca di lenzuola nuove, spugne, stoffe per cucire pannolini e abitini e sapone per il bucato e per lavare il piccolino appena fosse nato. Dwight gli aveva consigliato un sapone molto delicato e particolare e Ross sapeva bene che i consigli del suo amico erano legge e andavano seguiti, soprattutto quando si trattava di salute.
Con Clowance che gli teneva la mano e saltellava contenta non smettendo di chiacchierare, Ross riuscì a trovare tutto l'occorrente nel giro di un paio d'ore e poi, pieno di borse e pacchetti, aveva portato la figlia a fare uno spuntino in una locanda che vendeva dolciumi.
Così come gli era piaciuto stare in compagnia di Jeremy in barca, allo stesso modo si godeva il tempo con Clowance che era vivacissima, era dotata di una lingua tagliente ed era curiosa e poco incline alle regole come era sempre stato lui. Quando ce l'aveva portata, alla Wheal Grace si era intrufolata in ogni cunicolo che le era capitato a tiro, sporca di polvere aveva esultato con Zachy per un filone di rame trovato mentre lei era lì e quella mattina non era stata zitta un attimo nel tentativo di convincerlo di quanto la sua bambola avesse bisogno di vestitini nuovi.
"Papà, ci vogliono vestiti estivi! La mia bambola ne ha solo di lana e ora sarà estate!".
Ross rise mentre, con la piccola per mano, si avvicinavano alla locanda dove fare lo spuntino. "Dicono che le bambole siano freddolose, lasciamola vestita così o le verrà il raffreddore".
"Dicono sbagliato, sono voci falsissime!".
"Diremo allora a mamma, con la stoffa che le avanza, di fare qualche abitino anche alla tua bambola".
Clowance annuì. "Giura!".
"Giuro!".
La bambina sorrise e riprese a saltellare contenta quando, davanti alla porta della locanda per poco non si scontrarono con un uomo e un bambino che vi uscivano. Due figure che non vedevano da tanto e che Ross di certo conosceva benissimo, tanto da fargli pensare a quanto il destino fosse capriccioso e dispettoso. "George? Valentine?" - esclamò, spalancando gli occhi e sentendo un nodo in gola nel rivedere quel bambino a cui si era imposto di non pensare e che sperava di non rivedere più, come aveva promesso prima di partire per la Francia.
Anche Clowance lo riconobbe. "Papà, lo ricordi? Lui è Valentine, è venuto a casa nostra!".
Anche George si irrigidì, colto totalmente di sorpresa. Guardò Ross e nonostante i loro rapporti fossero migliorati dopo l'affare coi francesi e l'inaspettata collaborazione che li aveva uniti, decise che era meglio mantenere le distanze. Per lui, per Ross, per tutto... "Ross Poldark!" - disse, a mento alto - "I francesi non ti sopportavano più e ti hanno rispedito quì?".
Ross mascherò un sorriso, in fondo così George rendeva tutto più semplice. Non si erano più rivisti dalla sua partenza e Demelza gli aveva detto che effettivamente, dopo aver lasciato Trenwith, né lui né nessun altro Warleggan si era più fatto vedere e tutti si erano trasferiti a Londra oppure, appunto, lì a Truro quando c'erano da seguire gli affari locali. "I francesi sono noiosi e come sai, amo la vita movimentata. Quì posso mantenermi in forma! Tutto a posto? Hai occupato come si deve il tuo seggio a Westminster?".
"Ovviamente! E tu? Hai salvato la nazione da qualche altro tentativo di invasione?".
Ross ridacchiò. "In realtà devo ammettere che il mio incarico è stato di una noia mortale!".
George addocchiò i mille pacchetti che teneva in mano. "E' per questo che hai cambiato mestiere e ti sei messo a fare il facchino?".
Ross alzò le spalle. "Potrebbe essere un'idea o un buon modo per arrotondare le entrate ma in realtà sto solo facendo delle commissioni per conto di mia moglie".
George alzò un sopracciglio, piuttosto divertito dal vedere il suo eterno rivale nei panni di domestico agli ordini della moglie che un tempo era stata la sua domestica. "Capisco!" - commentò, in tono sarcastico.
Clowance, stanca di quel chiacchierare, si rivolse a Valentine. "Non sei più venuto a giocare a casa mia".
Valentine osservò Ross in modo apparentemente ostile. Era cresciuto di qualche centimetro dall'ultima volta che lo aveva visto e il suo viso sembrava serio e decisamente poco contento e gioioso. Sembrava annoiato da quella passeggiata col padre e in effetti una mattinata con George Warleggan non doveva essere l'apoteosi del divertimento per nessuno, tanto meno per un bambino di otto anni...
George rispose alla bambina per conto del figlio. "Perché non c'è motivo per cui Valentine venga a casa tua, bambinetta! E' tua figlia?" - chiese a Ross.
"Miss Clowance Poldark in carne ed ossa".
George sospirò. "I Poldark son sempre troppi e stanno zitti troppo poco. Ma devo ammettere che è graziosa".
Ross osservò Clowance strizzandole l'occhio. "Prendilo come un grandissimo complimento, cosa di cui George è avaro".
"Cavaliere George Warleggan!" - lo corresse il suo rivale, tronfio del titolo acquisito.
"Cavaliere..." - ripeté Ross, sospirando.
Clowance lo osservò in cagnesco, non convinta da quell'affermazione. "Cavaliere? E dov'è la vostra spada, signore? I cavalieri VERI ne hanno una! E un cavallo bianco e un'armatura!".
Stizzito, George alzò ancora di più il mento. "Non mi serve niente di tutto questo! E tu non hai modi garbati e sei insolente! Ma d'altronde con una famiglia così...".
Ross rise ancora, in fondo si stava divertendo e, poteva scommetterci, pure George. "E la famiglia a breve sarà ancora più grande. Sarete circondato da Poldark ovunque vi muoviate!".
George ci mise un attimo a capire a cosa Ross alludesse ma poi, dopo qualche istante di sorpresa, riprese il suo solito e sprezzante cipiglio. "Prospettiva terrificante. Ma sono un gentiluomo e quindi mi sento in dovere di farti gli auguri".
"Auguri accettati" - rispose Ross apprezzando lo sforzo, soprattutto perché George con le sue chiacchiere gli stava rendendo più semplice cercare di evitare di concentrarsi sulla presenza del piccolo Valentine che, coi suoi ricci neri e i suoi occhi scuri era forse la rappresentazione vivente più evidente del più grande errore della sua vita. Ogni notte pregava che non fosse così, che semplicemente il bambino avesse preso i colori di Elizabeth ma in cuor suo sapeva che quel sospetto che in troppi covavano, era fin troppo vicino alla realtà.
George, incurante o forse volutamente indifferente ai suoi pensieri, riprese la parola. "Quindi la... domestica... è di nuovo incinta. In fondo per le donne del popolo è una condizione naturale che non desta preoccupazione, a differenza di quanto accade per le delicate donne di buona famiglia".
Improvvisamente il fantasma di Elizabeth e la sua morte si materializzò fra loro e Ross impallidì, ricordando quel giorno terribile, quel corpo giovane ormai senza vita steso su quel letto e quanto ne era conseguito per i suoi figli. Forse George voleva, a modo suo, infondergli tranquillità, ma in realtà le paure che Ross provava per Demelza erano reali e decisamente collegate anche a quel giorno. "Mi auguro che sia così, anche se lo sai anche tu che il parto è una incognita che fa paura".
George abbassò il viso. "Immagino di sì. Ma nel tuo caso, suppongo che andrà tutto bene".
"Come fai a dirlo?".
George fece un ghigno di scherno. "Ti va SEMPRE tutto bene, in un modo o nell'altro".
Stanco di quel discorso e di rimanere ai margini senza che nessuno gli prestasse attenzione, dopo aver scalciato un sasso lontano, Valentine strattonò il cappotto di Ross e lo fronteggiò a viso duro. "Avevate detto che potevo venire a trovarvi a casa vostra e alla vostra miniera! E invece io sono andato via e anche voi!".
Gli occhi di Clowance scrutarono il padre con curiosità e anche George si irrigidì, attento a valutare la risposta che avrebbe dato al bambino.
Ross deglutì e poi osservò quel piccolo essere umano che portava il cognome Warleggan ed era meglio che fosse così. Per tutti e per sempre! Per Valentine in primis e poi per George, per Ursula, per Geoffrey Charles. Quella notte doveva rimanere un segreto che nessuno doveva rivelare anche per rispetto al ricordo di Elizabeth... E poi, soprattutto, per il bene della sua famiglia, di Demelza che aveva sofferto senza meritarsi quel torto, per i suoi bambini. Quella notte era passata e tutto ciò che ne era conseguito aveva trovato una sua collocazione nel mondo che non doveva essere sovvertita. Si sforzò di sorridere e poi, con un gesto gentile, accarezzò i ricci neri di Valentine. "Beh, io lavoro molto spesso lontano e anche tu ora vivi in bellissime case lontane da Nampara. E per quanto riguarda la miniera... E' a tuo padre che dovresti chiedere consigli ed è con lui che dovresti andare ad esplorarle. Lui ha le miniere più grandi e funzionanti di tutta la Cornovaglia e la Wheal Grace è un granellino di sabbia al loro confronto. Ed è un maestro a farle funzionare al meglio, se chiederai a lui avrai il migliore fra i maestri. Io sono solo un dilettante".
George rimase spiazzato da quelle parole ma con uno sguardo gli comunicò un muto ringraziamento. Quell'aiuto inaspettato da Ross, quelle parole che una volta lo avrebbero gonfiato come un pavone e fatto gongolare fino allo sfinimento, ora erano un balsamo per il suo animo tormentato e per il suo ruolo di padre che molto aveva sbagliato e che troppi dubbi e paure nutriva nei confronti di quel figlio che non gli somigliava per niente. Ma fu grato a Ross soprattutto per il senso di quelle parole e per l'effetto che avrebbero avuto su Valentine nel giudicarlo da lì in futuro. Ross era autorevole agli occhi del bambino e quanto detto avrebbe agevolato il rapporto fra loro più di qualsiasi azione lui avrebbe potuto intraprendere. Lui lo aveva aiutato con Hanson e i francesi e con quelle parole Ross risanava il suo debito nei suoi confronti. "Bene Ross, ammetti la mia superiorità!".
"Ovviamente...".
George picchiettò sulla schiena di Valentine. "Sentito! Hai a disposizione il maestro migliore, non accontentarti dei dilettanti".
Ross sospirò, sentendosi in pace con se stesso per aver fatto la cosa giusta anche se lo sguardo di Valentine non sembrava convinto. Lo ignorò, come era giusto che fosse. "Ora devo andare, mia moglie mi aspetta per pranzo".
George annuì. "Io anche...". Poi osservò Clowance. "E tu, impara a tenere a freno la lingua se non vuoi diventare impertinente come tuo padre".
Clowance sbuffò, senza remora di essere notata. "Mamma dice che bisogna dire sempre cosa si pensa".
George la guardò storto. "Oh, immagino. Tua madre non è campionessa di buone maniere".
"Mamma è la migliore! E anche la Wheal Grace e il mio papà".
Prima che la situazione degenerasse, Ross prese per mano la piccola, trascinandola via. "Ci vediamo a Westminster".
George si allontanò con Valentine. "Tornerai a breve?".
"Non a breve" - ammise Ross - "Sono stato lontano troppo a lungo e ora voglio rimanere a casa e godermi la mia famiglia e i miei figli".
"Capisco..." - rispose George, trascinando via Valentine. "Buona giornata".
"A te" - rispose Ross, riprendendo la strada per casa a ritroso.
Clowance, imbronciata, picchiò a terra il piedino. "Papà, il papà di Valentine è antipatico! E Valentine è cattivo".
Ross sorrise, sua figlia era così combattiva e irriverente... "E' QUASI meglio di quel che sembra. E Valentine non è cattivo".
"Sì he lo è! Quando è venuto a scuola da zia Morwenna, ha fatto piangere Bessie Been".
Ross sospirò. "Sono sicuro che non l'ha fatto apposta".
"Invece sì" - ribadì la bambina, sicura.
Ross non le rispose, deciso a non dire più nulla di Valentine. Era un Warleggan ed era responsabilità di George crescerlo. Nel bene e nel male...
E quasi leggendogli nel pensiero, Clowance proseguì nella sua invettiva. "Suo papà dovrebbe insegnargli a fare il bravo!".
Suo papà... Già, suo papà... E Ross sentì stringersi il cuore.

...

Tornarono a casa prima di pranzo, trovando Demelza che piegava alcuni vestiti dei bambini.
Clowance le corse incontro e Demelza la abbracciò, prima di mandarla a lavarsi le mani e prepararsi per pranzare.
Ross poggiò sul tavolo pacchi e pacchetti. "Credo di essermi superato e di essere ormai pronto a fare la massaia e la spesa per tutta casa!".
"Hai trovato tutto?" - chiese Demelza, avvicinandosi al tavolo con la curiosità di sbirciare nei pacchetti.
"Tutto!".
"Clowance ha fatto la brava?".
"Sì, ma ho dovuto prometterle che cucirai come se non ci fosse un domani degli abiti nuovi per le sue bambole".
Demelza sospirò, poi lo baciò sulle labbra. "Oh, fantastico! Fra una poppata e l'altra non mi annoierò".
Ross sorrise, ma di un sorriso forzato. L'incontro con George e Valentine e il ricordo della morte di Elizabeth riportavano in vita antichi fantasmi e vecchie paure e Demelza era così vicina a partorire che... E se fosse successo qualcosa di brutto? Se qualcosa fosse andato storto? Se l'avesse persa?
A quei pensieri, d'istinto la abbracciò, baciandola sulla nuca. E Demelza reagì ricambiando l'abbraccio ma fissandolo con aria interrogativa. "Ross, va tutto bene?".
"Sì, perché?".
"Sei strano...".
"Semplicemente, esprimo affetto per mia moglie...".
"Ross!". No, Demelza non era affatto persuasa da quella spiegazione...
Lui sospirò, poi si sedette sulla sedia. "Sai, a Truro abbiamo incontrato per caso George e Valentine e...".
Lo sguardo di Demelza si fece serio ed impallidì impercettibilmente come succedeva ogni volta che sentiva quei nomi. Che era successo? "Avete litigato?".
Ross scosse la testa. "No, in realtà è stata anche una conversazione piacevole. Strana... ma divertente".
"Ottimo".
"Però...".
Demelza deglutì. "Però cosa?".
Ross le prese le mani, stringendole forte. "Mi è venuta in mente Elizabeth e la sua morte e questo mi ha ricordato che ho paura. Per te e per quello che sta per succedere".
Demelza sorrise dolcemente, rendendosi conto che le paure di Ross erano tutte per lei e che il ricordo di Elizabeth non era più una minaccia per loro da molto. Gli accarezzò la guancia, lo baciò e poi gli stropicciò scherzosamente i capelli. "Giuda Ross, mi sento un leone! Andrà tutto bene e io mantengo sempre la parola data. Non avere pensieri brutti, non è il caso".
Ross rispose al sorriso, appoggiando il capo contro la fronte di sua moglie. "Sono uno sciocco?".
Lei rise. "Sì... Ma sei uno sciocco dolce e che amo". Avrebbe voluto chiedergli di Valentine ma sapeva che Ross non amava affrontare quell'argomento e in fondo, insieme e in un tacito accordo, avevano scelto di non farlo più. Per Ross era doloroso quanto per lei e non c'era motivo di scoperchiare coperchi che tenevano celate verità pericolose.
E poi...
E poi in quel momento non poté dire nulla. Sentì un dolore sordo al ventre e alla schiena, schizzò in piedi e sotto di lei comparve una pozza d'acqua che scendeva dalle sue gambe. "Giuda!".
Anche Ross scattò in piedi. "Che c'è?" - chiese, nel panico.
"Ho rotto le acque, corri a chiamare Prudie!".
"Sei sicura?".
"Giuda, sto per allagare il nostro salotto! Ross, sbrigati!!!" - gli urlò.
Lui, in panico, guardò verso la porta. "E' colpa mia? Ti ho agitato?".
Demelza sbuffò, in fondo era pure una situazione buffa a modo suo. Si appoggiò al tavolo, prese un profondo respiro e poi rispose. "Sì, nove mesi fa è stata colpa tua ma non ho voglia di parlarne adesso. Corri a chiamare Prudie! O Dwight!!!".
"Ora?".
"Ora!" - urlò lei - "Tua figlia sta per nascere!".
  
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