CAPITOLO I
La guerriera fece saettare gli scintillanti occhi blu per
tutta la cripta, mentre qualcosa accennava un leggero tremolio tra le sue mani.
La sua attenzione fu catturata da un timido movimento alla sua destra e
trafisse con lo sguardo il suo visitatore. Ci mise qualche secondo per mettere
a fuoco l’immagine, come se ci fosse stato un velo a coprirle gli occhi.
Riconobbe il viso di re Elrond che accennava un sorriso nella sua direzione, ma
lei si girò verso la piccola cosa che si agitava sul suo grembo. Per lei era
come se fossero passati pochi minuti da quando si era addormentata all’interno
della sua teca, ma sapeva in cuor suo che non era così.
Lo sentiva nell’aria che entrava timidamente nella cripta,
lo sentiva nelle acque del Bruinen di cui poteva percepirne lo scrosciare
lontano. La Terra di Mezzo era cambiata, una strana oscurità si faceva strada
tra i sentieri e tra le montagne, fino ad arrivare nel cuore di Imladris
stesso.
Dei versetti e dei piccoli sbuffi la costrinsero a osservare
la creatura che si dimenava tra le sue mani, lasciandola sorpresa e leggermente
delusa. Thorin le aveva donato quella pietra in uno dei suoi ultimi momenti di
lucidità, prima che Azog lo portasse via da lei. In effetti, quella doveva
essere la pietra con cui avrebbero seppellito la guerriera, ma i Valar erano
stati così gentili da riportarla indietro un’ultima volta. Era quindi comprensibile
che non fosse al settimo cielo quando si rese conto che la suddetta pietra era
andata in frantumi lasciando al suo posto una lucertola verde con le ali da
pipistrello. La creatura aveva una lunga coda che muoveva a destra e a sinistra,
provocando un leggero solletico sull’addome della guerriera. Sul dorso
spuntavano piccole punte che correvano lungo la cresta della sua colonna, ma
che terminavano poco prima dell’esile collo. Le zampe, ben piantate sulla sua
padrona, erano ancora un po’ incerte e ogni tanto cedevano sotto il suo peso,
mentre la creatura si divertiva a far uscire e ritrarre gli artigli. La cosa
che lasciò di sasso Eruannie fu la caratteristica della testa della lucertola:
era adornata da due corna robuste che demarcavano l’appartenenza della bestia
alla razza dei Draghi. Quello che la guerriera si era ritrovata tra le mani
altri non era se non il figlio di Smaug.
L’elfo femmina inarcò il capo e con una mano sollevò
l’esserino prendendolo per la coda. Questo si dibatté leggermente ed emise un
piccolo verso di sorpresa e di felicità, cose mai appartenute al padre. La
guerriera portò il cucciolo più vicino al suo viso per poterlo osservare
meglio. Aveva ancora qualche pezzetto di guscio attaccato alle sottili membrane
delle ali e glieli tolse come una madre premurosa, nonostante fosse ancora
abbastanza sconcertata per il suo incontro.
Qualcuno al suo fianco si schiarì la voce, attirando
l’attenzione di Eruannie su di sé. Il re di Imladris la guardava dall’alto
della sua posizione, tenendo le braccia unite in grembo.
<< Fratello>> disse semplicemente lei,
accennando ad alzarsi. Lasciò cadere il draghetto sul suo petto e si aggrappò
alla sporgenza della tavola di pietra che la sosteneva.
Il re si sporse verso di lei e l’aiutò a mettersi seduta,
mentre la creatura verdastra le si accoccolò in grembo esalando un piccolo
sospiro. Elrond inarcò un sopracciglio osservando la lucertola sputafuoco e poi
concentrò la sua attenzione sulla sorella, la quale continuava a guardarsi intorno
cercando di capire quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva
potuto vedere qualcosa o qualcuno.
<< Sei a Imladris, e sta per iniziare l’autunno
dell’anno 3018 della Terza Era>> l’elfo femmina lo fissò di sottecchi,
come per chiedergli se fosse per caso impazzito.
<< So dove siamo, quanto all’anno non credevo di aver
dormito solo 76 anni>> la guerriera posizionò i piedi nudi sul pavimento
in pietra della cripta e rabbrividì leggermente al contatto freddo con la
roccia. Con una mano sostenne il cucciolo e con l’altra si lisciò i lunghi
capelli corvini. Mosse prima un piede sondando il terreno, riabituando le sue
gambe a sostenere il peso del suo corpo. Elrond osservava i passi che la sorella
compiva, attento che non cadesse. Gli sembrò di essere tornato a quando le
insegnava a camminare da bambina e si premurava che non si facesse male. Ma la
guerriera non era più la sua piccola ed innocente sorellina, un tesoro prezioso
da proteggere. Era adulta e aveva affrontato esperienze strazianti sotto ogni
punto di vista. Il drago ronfava cullato dal movimento della sua padrona, la
coda attorcigliata su un braccio e la testa tra le zampe. Eruannie afferrò una
torcia appesa all’ingresso della stanza di pietra e si inoltrò nella cripta,
seguita dal fratello.
Vedeva la timida luce del sole che stava sorgendo su quel
nuovo giorno e si avvicinò all’uscita da cui proveniva. Non c’erano problemi ad
affollarle la mente. Per una volta, dopo la morte di Thorin, la tristezza non
stringeva il suo cuore e la rabbia non le faceva ribollire il sangue nelle vene.
Un piede sfiorò il primo gradino della scala in pietra e si bloccò, incerta sul
da farsi. Che mondo avrebbe trovato una volta uscita? Era cambiato da quando si
era addormentata, ma che tipo di minaccia incombeva su di loro?
Suo fratello le diede una leggera spinta di incoraggiamento,
tenendo la mano sul fianco della sorella e osservando i suoi movimenti.
Eruannie si appoggiò alla parete di pietra che si faceva strada nella cripta
andando verso l’alto, sempre più su, incontro alla luce e alla vita.
Salì i gradini e si ritrovò nel mezzo della foresta di
Imladris, era l’alba e gli abitanti del bosco si erano svegliati da poco. I
forti cinguettii degli uccelli le solleticarono le orecchie a punta, il
gorgogliare del Bruinen le giungeva sempre più forte. Sentiva gli scoiattoli
che sbattevano le ghiande contro i tronchi degli alberi per assicurarsi che
fossero buone da mangiare. I cervi correvano indisturbati saltellando qua e là
alla ricerca di un posto tranquillo dove fermarsi a brucare un po’ d’erba. Il
vento soffiava leggero sulla sua pelle senza scompigliare i suoi capelli leggermente
mossi e portava con sé il suono dei pesci che si tuffavano nel fiume.
La guerriera socchiuse gli occhi, inspirando a pieni polmoni
l’aria fresca del mattino e beandosi dei timidi raggi di sole che, insinuandosi
oltre le fronde degli alberi, le illuminavano il volto. Sotto i piedi sentiva
il terreno umido di rugiada e l’erba le solleticava le caviglie. Riaprì gli
occhi e si voltò verso il fratello, osservandolo con ammirazione. Erano passati
76 anni da quando aveva visto un’altra persona. Anche se per lei era come se
fossero passati pochi secondi, era comunque una cosa a cui dovette riabituarsi.
<< Perché mi hai risvegliata, fratello?>> chiese
infine, dopo un’attesa che parve interminabile. Il sovrano di Imladris le fece
cenno di dirigersi verso l’interno e le porse un braccio per aiutarla nella
camminata.
<< Una minaccia incombe sulla Terra di Mezzo>>
iniziò con tono grave, come se l’oscurità che Eruannie percepiva aleggiare sul
mondo si fosse inoltrata anche nel suo cuore. Accettò il braccio che il
fratello le porgeva e si incamminarono verso l’Ultima Casa Accogliente.
<< L’Unico è stato ritrovato e ora il suo padrone
Sauron va cercandolo con determinazione, pronto a uccidere pur di riavere con
sé quel potere>> la guerriera parve stupita da quell’affermazione. Era
così dunque. Elrond l’aveva risvegliata per combattere un’ultima volta contro
l’Oscuro Signore di Mordor.
<< Una guerra si avvicina a noi, nessun popolo libero
verrà risparmiato>> Eruannie annuì, dovevano mobilitare immediatamente
tutte le loro forze e contrastare quel Male una volta per tutte.
<< Hai riunito le casate degli Elfi? Dobbiamo preparare
una strategia, allearci con gli altri popoli e combatterlo tutti insieme. Non
commetteremo lo stesso errore di Isildur, fratello>> il re fermò il suo
passo costringendo anche la guerriera ad arrestarsi. Si voltò verso la sorella
e le sorrise debolmente.
<< Sei rimasta nel Sonno Eterno a lungo, sorella mia.
Gli elfi hanno lasciato queste terre, pochi della nostra specie sono rimasti e
presto partiranno anche questi ultimi per Valinor>> riprese il cammino,
mentre sul volto della guerriera comparve un’ombra di stupore e fastidio. Come
avevano potuto reagire con la fuga? I suoi simili si erano dimostrati egoisti,
lasciavano la Terra di Mezzo al suo fato senza dare una possibilità ai popoli
liberi di difendersi e combattere il Male.
<< Non combatteranno? Ma…>> le proteste di
Eruannie furono bloccate da una mano del fratello, che le impedì di proseguire
con il suo sdegno.
<< Non possiamo giudicare coloro che hanno deciso di
lasciare questa terra. È stata una loro scelta, così come la nostra di restare
e resistere all’Oscurità>> la sorella annuì, comprendendo che le parole
di Elrond erano veritiere. Erano liberi e per questo potevano permettersi la
possibilità di scegliere un altro fato, ciononostante lei avrebbe combattuto
dando tutta se stessa per salvare la Terra di Mezzo. Quel mondo le aveva dato
tanto quanto le aveva tolto, non poteva permettere all’Ombra di Sauron di
renderla oscura e inospitale e rendere schiave le creature che vi abitavano.
Arrivarono al palazzo di Elrond e gli elfi li guardarono incuriositi,
non si vedeva tutti i giorni un elfo femmina che sbucava dalla foresta, per di
più con in braccio un drago. Presero le scale che portavano agli alloggi del
re, mentre la guerriera accarezzava dolcemente il cucciolo che teneva in grembo
e questo si stiracchiava leggermente.
<< Dimmi, fratello. Dove sono i miei nipoti?>> chiese
spostando la sua attenzione sul volto del Re, indurito dagli anni.
<< Elladan ed Elrohir sono appena tornati dal Nord e
stanno riposando nelle loro stanze>> l’Elfa annuì, erano giunti nel lungo
corridoio che metteva in comunicazione le stanze del re con quelle degli altri
componenti della famiglia reale.
<< E Arwen?>> chiese indicando con un movimento
degli occhi il patio dove soleva leggere la nipote.
<< Riposa. Quest’oscurità la rende ogni giorno più
debole>> Eruannie inarcò un sopracciglio. Arwen era una mezz’Elfa, la
parte immortale avrebbe dovuto preservarla da quel male. Il re sospirò e
proseguì verso la porta di quercia che si apriva sull’atrio della sua camera.
La sorella entrò senza farselo ripetere e si accomodò su una delle morbide
poltrone in velluto.
Il re si avvicinò al caminetto sul quale bolliva un
calderone di acqua. Ne versò un po’ in una teiera e lasciò delle foglie in
infusione.
<< Ebbene? Perché Arwen si sta indebolendo?>>
l’Elfa prese la tazza di tè che il fratello le stava porgendo, il vapore che
saliva dall’infuso fece svegliare il drago che fino a quel momento giaceva
indisturbato sul suo grembo. Osservò il liquido con curiosità e allungò il
collo verso la tazza. Eruannie rise e se la portò alle labbra, sorseggiando e
lasciando che l’intruglio le rilassasse la muscolatura ancora intirizzita per
il lungo riposo.
<< Ricordi Estel?>> l’Elfa annuì, si ricordava
fin troppo bene del suo pupillo. Lo aveva addestrato lei non appena il
ragazzino fu in grado di tenere in mano un’arma. Suo fratello le aveva
raccontato che era giunto da loro con la madre dopo che il padre era stato
ucciso dagli orchi. Le aveva rivelato che era figlio di Arathorn e che prima
della sua morte avevano viaggiato con i Raminghi del Nord a cui si erano uniti
anche i gemelli. Ma la guerriera non riuscì a comprendere come quel ragazzino che
aveva preso sotto alla sua ala prima di addormentarsi nel Sonno Eterno potesse
c’entrare qualcosa con Arwen e la sua salute.
<< Mia figlia se ne è innamorata e ha deciso di
rinunciare all’immortalità per lui>> Eruannie per poco non si strozzò con
il tè e ringraziò i Valar che i draghi non potevano ustionarsi. Nel tentativo
di ricomporsi aveva rovesciato la bevanda addosso al cucciolo, il quale non
aveva tardato a leccarsela via, compiaciuto di quella nuova scoperta. Elrond le
porse un tovagliolo per asciugarsi e si lisciò i capelli in attesa di un
confronto con la sorella.
<< Arwen ha fatto cosa?>> l’Elfa lasciò
trasparire un accenno di sorpresa e dissenso nei confronti della scelta della
nipote.
<< Credimi, sono contrariato tanto quanto te>>
il re parve indispettito da quell’argomento di discussione, ma ormai la
frittata era fatta.
<< Come hai potuto permettere una cosa del
genere?!>> aveva alzato la voce e il re poté notare che, nonostante avesse
rinunciato alla parte nanica, la sua indole non era cambiata affatto.
<< Ha avuto un ottimo esempio da cui prendere spunto,
se proprio lo vuoi sapere…>> l’elfo seguì la sorella con lo sguardo. Si
era alzata e il draghetto le si era arrampicato sulla spalla, attorcigliando la
coda al braccio. La creatura emise un piccolo verso soddisfatto mentre
osservava la scena.
<< Se stai alludendo al fatto che io ho rinunciato a
una parte di me pur di salvare qualcuno che amavo, credo che tua figlia abbia
sbagliato a interpretare le mie azioni>> camminava avanti e indietro per
la sala del re, lisciandosi i capelli in maniera compulsiva. Il vestito azzurro
che ondeggiava ai suoi piedi e le orecchie a punta più tese che mai per il
nervoso.
<< A lei non importa, ho provato a dissuaderla più
volte, ma non mi dà ascolto>> la guerriera vide con la coda dell’occhio
che il re aveva depositato la sua tazza ormai vuota sul tavolino che divideva
le loro poltrone.
<< Ma non ti ho risvegliata per discutere delle
decisioni sconsiderate di mia figlia>> Eruannie annuì e riprese posto
davanti al fratello.
<< Sauron. Cosa posso fare, El?>> la guerriera
osservava il re in attesa di ulteriori chiarimenti riguardo al piano per
sconfiggere l’Oscuro.
<< Ho indetto un Consiglio. Parteciperanno i rappresentati
di tutti popoli liberi e insieme decideremo sulle sorti dell’Anello>>
decretò l’elfo, alzandosi dalla sua postazione e dirigendosi verso una
scrivania piena di pergamene e libri.
<< Gandalf ha dato l’incarico a uno hobbit della
Contea di portare qui l’Anello>> afferrò una mappa e tornò dalla sorella
porgendogliela.
<< Contea…Bilbo?>> chiese lei aggrottando la
fronte. Lo hobbit doveva già essere morto considerando che aveva già una cinquantina
d’anni quando si erano conosciuti.
<< Frodo>> la corresse il fratello con un
sorriso leggero sul volto. Eruannie si allungò verso il parente e gli prese le
mani tra le sue.
<< Dimmi tutto>> lo incalzò lei, avvicinandosi
di più per non perdersi neanche un particolare. L’elfo le raccontò che, dopo essere
tornato a casa Baggins, Bilbo vi aveva vissuto fino a raggiungere la veneranda
età di 111 anni. Eruannie ne rimase affascinata, i Valar dovevano aver concesso
una vita così lunga al mezz’uomo per il coraggio dimostrato ad Erebor. Ma
Elrond la mise in guardia, Bilbo era vissuto tanto solo grazie ad un anello che
aveva trovato sulle Montagne Nebbiose. La guerriera non riusciva a comprendere,
non ricordava di aver mai visto un tale gingillo al dito di Bilbo. Il re le
spiegò che lo hobbit era stato furbo e lo aveva nascosto a tutti quanti,
persino Gandalf non si era reso conto di trovarsi di fronte all’Unico. Aveva
tranquillizzato lo stregone dicendogli che era un semplice anello, ma lui non
si era fatto ingannare e aveva messo in guardia il mezz’uomo sul pericolo di
utilizzare degli anelli magici senza giudizio. Dopo tutti quegli anni l’Anello
si era destato e aveva iniziato a chiamare il suo padrone a sé. Sauron aveva dunque
messo in campo i suoi servitori più fedeli: i Nove. Gandalf aveva avvertito il
giovane Frodo, al quale Bilbo aveva lasciato l’Unico prima di raggiungere gli
elfi, di lasciare la Contea e dirigersi verso Gran Burrone per allontanare
dagli hobbit la minaccia di Sauron. Bilbo era partito diciassette anni prima
alla volta di Erebor, voleva vedere la Montagna Solitaria un’ultima volta. Dopo
aver fatto visita ai loro vecchi compagni si era stabilito a Gran Burrone, per
vivere il resto dei suoi giorni e terminare il suo libro.
<< Quindi Bilbo è qui?>> chiese quasi senza
fiato l’Elfa, stringendo un poco le mani del fratello che annuì semplicemente.
Un grande sorriso si fece strada sul volto di Eruannie, ma il re aveva ancora
altro da aggiungere.
<< La guerra che si avvicina sarà devastante, il tempo
degli elfi è giunto al termine. Io non mi opporrò se decidessi di partire per
Valinor>> ma nel profondo sapeva che nessuno avrebbe allontanato la
sorella da una battaglia, soprattutto se significava distruggere per sempre il
vero responsabile della morte di Thorin.
<< Io partire per Valinor? Ti ricordo, caro fratello,
che è proprio per evitare quel posto che ho deciso di addormentarmi nel Sonno Eterno>>
la guerriera lasciò le mani del re e si alzò, dirigendosi verso la porta.
<< Bilbo alloggia nell’ala riservata agli ospiti, sono
sicuro che non faticherai a trovarlo>> Eruannie non poté vedere il volto
del fratello, ma sapeva con certezza che stava sorridendo. La guerriera di
Imladris era finalmente tornata e il Nemico doveva stare ben attento alle proprie
mosse.
Una volta uscita non ci pensò due volte e corse verso l’ala
est, salutando con un cenno del capo gli elfi che incontrava. Non stava nella
pelle, voleva riabbracciare il suo vecchio amico di avventure e presentargli il
suo cucciolo, forse l’avrebbe aiutata a trovargli un nome.
Il sole era ormai alto nel cielo, doveva essere quasi
mezzodì quando Eruannie bussò con impazienza alla porta dello hobbit, passandosi
una mano tra i capelli corvini che, illuminati dalla luce del giorno,
sembravano quasi assumere una sfumatura color mogano. Quando la porta si aprì
quello che si ritrovò davanti Eruannie era un simpatico vecchietto dai capelli
bianchi che ricadevano in piccoli boccoli sulle spalle. Indossava vestiti
hobbit, con un panciotto rosso adornato da splendenti bottoni dorati e delle ampie
tasche dove teneva le mani. Il mezz’uomo osservò la giovane per qualche istante
prima di aprirsi in un grande sorriso seguito da una risatina gioiosa.
<< Eruannie! Mia cara ragazza!>> allargò le
braccia e si gettò contro le gambe della vecchia amica, cingendole la vita per
quanto poteva. L’Elfa non ci pensò due volte e si inginocchiò a ricambiare
l’abbraccio dell’amico, il quale rimase alquanto stupido dal vedere la creatura
che se ne stava appollaiata sulla sua spalla e che lo annusava curioso.
<< Bilbo, amico mio>> sussurrò lei, stringendo
l’amico per quanto possibile. Sentì il drago fare un piccolo starnuto e si
ricordò solo allora della sua presenza.
<< E questo chi sarebbe?>> chiese lo hobbit
sorpreso, osservando il rettile che lo guardava con la testa piegata da un
lato.
<< Lui è…beh, non ho ancora trovato un nome. È il
figlio di Smaug>> la guerriera si affrettò a sostenere il mezz’uomo che dopo
quella notizia si era allontanato in fretta.
<< Se allevati con le giuste regole, i draghi sono
buoni>> spiegò lei, mentre avvicinava una mano al cucciolo e gli
consentiva di salirvi sopra. Una volta accomodato sul palmo lo portò davanti a
sé, permettendo a Bilbo di osservarlo più da vicino.
<< Ma…non pensi che abbia comunque una parte
malvagia?>> lo hobbit lo analizzò minuziosamente e il draghetto si mise
in una posa regale come se dovesse ricevere un giudizio.
<< Tutti abbiamo una parte malvagia, Bilbo>>
l’Elfa allungò la mano dove sostava il drago verso le piccole mani dello
hobbit, lasciando che vi scivolasse sopra.
<< Spetta a noi scegliere se farla prevalere o
meno>> terminò, osservando il cucciolo che si accoccolava sui palmi del
mezz’uomo che, intimorito, continuò a guardarlo con circospezione. Dopo qualche
secondo di attesa carica di tensione, il draghetto fece un verso buffo che fece
ridere i due amici.
<< Dopotutto, credo che ci sia del vero in quello che
dici>> lo hobbit tornò a guardare la guerriera e una piccola lacrima si
formò all’estremità di un suo occhio. L’Elfa si affrettò ad asciugargliela e a
posizionare una mano sulla sua spalla.
<< Sono passati tanti anni Ann, ma io li ricordo
ancora>> la guerriera annuì, per Bilbo non doveva essere stato facile.
Lei si era semplicemente addormentata portandosi dietro il suo dolore e la sua
rabbia, mentre tutti gli altri erano andati avanti cercando di sopportare
quelle ferite che mai si sarebbero rimarginate totalmente. Purtroppo quella
della guerriera era quella più difficile da curare, le aveva spezzato a metà il
cuore e se avesse potuto avrebbe rinunciato direttamente alla vita. Ma i Valar
le avevano fatto dono dell’immortalità, così si era limitata a cadere
nell’oblio, nel nulla.
<< Mi manca, ogni giorno. Mi mancano Fili e Kili,
poveri ragazzi>> il draghetto che giaceva tranquillo tra le sue mani si
sporse verso il volto dello hobbit piegando la testa di lato alla vista di una
lacrima che gli solcava una guancia. Mentre la guerriera si limitava ad
annuire, con la tristezza nel cuore, il rettile si allungò e leccò via la
goccia salata, facendo una buffa espressione dopo che l’ebbe assaggiata.
<< Preferisci il dolce, piccolino?>> chiese la guerriera sorridendo in direzione del draghetto. Bilbo rise di gusto e le fece segno di seguirlo, era ora di pranzo dopotutto e quale hobbit che si rispetti si concede di saltare un pasto?
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Eruannie assaporò ogni piatto come se non avesse mangiato
per anni e in effetti era proprio così. Nonostante non avesse sofferto la fame,
il suo organismo aveva risentito la mancanza del puro piacere di mangiare.
Lo hobbit al suo fianco le raccontò di come, dopo la
Battaglia delle Cinque Armate, si era ritirato nella sua vecchia cittadina,
Hobbiville. Lì aveva vissuto in pace, sentendo sempre la mancanza lasciata
dalle avventure con i nani e soprattutto soffermandosi spesso a pensare se
avrebbe mai rivisto le montagne, in particolare la Montagna Solitaria. Spiegò
ad Eruannie che era riuscito a ritornare ad Erebor un’ultima volta diciassette
anni prima, per fare visita ai nani e lì aveva appreso che Balin era partito
per riconquistare Moria. Le raccontò che il nano, insieme a Ori, Oin e ad un
centinaio di altri compagni, aveva lasciato la Montagna e, dopo aver sconfitto
gli orchi, era divenuto signore di Khazad-dûm, anche se erano ormai passati
parecchi anni dall’ultima volta che Bilbo aveva avuto sue notizie e così anche
per i nani ad Erebor.
L’Elfa volle sapere cosa ne era stato dei loro vecchi
compagni e Bilbo le raccontò tra una risata e l’altra che Bombur era diventato
talmente tanto grasso da dover essere trasportato da ben sei nani su una
lettiga. Bifur e Bofur erano vivi e vegeti e si godevano la loro
quattordicesima parte del tesoro, insieme a Dori e Nori. Dwalin, d’altro canto,
viveva ancora sotto la Montagna ma si era accasato con una nana assai premurosa
nei suoi confronti e avevano avuto sette figli e tre figlie. Eruannie rimase
sorpresa nel realizzare che alla fine anche l’amico aveva aperto il suo cuore a
qualcuno e rise pensando al nano alle prese con i suoi piccoli. Bilbo le
confessò che una delle figlie l’aveva chiamata Annie in suo onore, mentre il
primogenito Thorin. Alla guerriera non mancò di versare una lacrima di
commozione per quel pensiero gradito.
Il pranzo si fece interessante quando Glorfindel, sempre
bello come il sole, apparve alla corte di re Elrond con un il suo solito
fascino come unico gioiello e rimase a fissare l’Elfa non appena la notò.
<< Sei sveglia>> asserì facendole alzare un sopracciglio.
La guerriera indicò un posto libero al suo fianco e lui le si avvicinò,
inchinandosi leggermente per salutarla. Stava per sedersi, quando la vista
della creatura che infilava la testa nel calice davanti a lui lo fece
arrestare.
<< Cosa sarebbe quella bestia?!>> tuonò l’elfo,
leggermente sorpreso e anche un po’ disgustato dal fatto che il draghetto
stesse letteralmente bevendo del vino elfico tra i più pregiati, per di più
direttamente dal bicchiere! Eruannie rise e depositò una leggera carezza sul
dorso del cucciolo.
<< Lui, Glorfindel, è il figlio di Smaug>> il
cavaliere sembrò divenire più bianco del normale e aggirò il tavolo con
circospezione, tenendo sott’occhio la creatura. Questa, come se avesse capito
che stessero parlando di lei, alzò il muso dal calice e passò la lingua lungo i
piccoli canini aguzzi che adornavano la sua bocca.
<< Sono esseri pericolosi, perché te lo fanno
tenere?>> l’Elfa sbuffò, alzandosi e fronteggiando l’amico millenario.
<< Lo alleverò io, sarà una potente arma contro
l’Oscuro>> sentenziò lei con una punta di acidità nella voce. La
guerriera aveva scelto la sua parte elfica, ripudiando la mortalità e tutto ciò
che riguardava il fisico dei nani, ma aveva mantenuto il suo carattere spavaldo
e orgoglioso, per non parlare della sua testardaggine ereditata sicuramente
dalla sua parte nanica.
Glorfindel lanciò alla creatura uno sguardo di disgusto e
tornò a concentrarsi sulla guerriera. Era felice che avesse deciso di unirsi
alla Guerra per la Terra di Mezzo, anche se forse sarebbe stato più corretto
dire che lo aveva deciso Elrond risvegliandola, ma era pur sempre una grande
risorsa per le loro armate in quel momento più che mai scarne.
L’Elfa tornò a sorridergli e gli gettò le braccia al collo,
stringendolo in un abbraccio stritolatore. Era stato lui a insegnarle tutto
quello che sapeva sul combattimento e sulla storia di Arda.
<< Sono contento di rivederti ancora una volta,
Eruannie la guerriera. Anche a te spetta una parte in questa avventura>>
l’Elfa aggrottò la fronte non capendo se l’avventura a cui si riferiva
Glorfindel fosse la guerra che incombeva su di loro o altro. In quel caso
l’elfo aveva scelto un termine assai bizzarro.
<< Anche io>> sussurrò lei, tornando al suo
posto e sorseggiando dallo stesso bicchiere dove poco prima il drago era
immerso.
<< E ha già un nome?>> chiese dubbioso,
indicando il cucciolo che gli si era subito avvicinato una volta preso posto.
Eruannie scosse la testa in segno di diniego, non aveva ancora avuto il tempo
per pensare a un nome e non sarebbe stato facile sceglierlo. I nomi dei draghi
rappresentavano tutti la loro forza e la loro lealtà all’Oscurità, per il suo
piccolo amico doveva trovarne uno più degno.
<< Che ne dici di “Ûr-Thalion”?>> il drago
fece correre lo sguardo dall’elfo alla guerriera che sembrò pensarci su un
attimo, poi si rivolse direttamente al rettile.
<< Sei d’accordo, ti piace Ûr-Thalion?>> chiese
osservandolo, mentre questo faceva oscillare la lunga coda da una parte
all’altra. La guerriera sorrise compiaciuta e tornò a conversare con
Glorfindel.
Quel giorno era nato l’Eroe del Fuoco.
Ûr: fuoco
Thalion: eroe