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Autore: heliodor    29/03/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Un uomo ragionevole
 
Il pavimento della strada si sollevò e Zane con esso venendo scagliato all’indietro. Avvolse lo scudo magico attorno al corpo per deviare le schegge e i proiettili di pietra sollevati dall’esplosione.
Il mostro evocato da Hissarion si muoveva sgraziato per la piazza, inseguendolo senza dargli la possibilità di colpirlo.
Fin a quel momento, Zane si era limitato a sfuggire ai suoi attacchi, ma sapeva di non poter resistere a lungo. Un secondo stregone rinnegato si era unito a Hissarion ed era lui al momento il pericolo più grosso.
Con i suoi dardi magici non gli dava il tempo di rispondere agli attacchi del gigante. Hissarion lo controllava da una posizione sicura, forse dal tetto di uno dei palazzi.
Zane aveva cercato di individuarlo con la vista speciale, ma nella confusione della battaglia non riusciva a concentrarsi su quell’incantesimo, ora che tutto il suo potere era impiegato nello scudo magico e nel rafforzare i muscoli delle gambe.
Una pioggia di dardi magici colpì lo scudo producendo una cascata di scintille che lo abbagliarono per qualche istante.
Affidandosi all’udito sentì il gigante attaccarlo alle spalle e balzò in avanti e poi di lato. Il pugno del mostro sfondò la facciata di un palazzo facendola esplodere e Zane fu costretto a ritrarsi in fretta per non venire sepolto.
Prima con un salto e poi usando le braccia si issò fin sopra il tetto per osservare la piazza dall’alto. Subito i dardi lo raggiunsero e fu costretto a spostarsi, perdendo di vista il gigante.
Prima o poi mi colpirà, si disse. Devo trovare un terreno di scontro più favorevole.
La mano del gigante colpì il tetto facendolo crollare e Zane fu costretto a saltare mentre i dardi dell’altro stregone rinnegato continuavano a esplodergli attorno.
Uno superò lo scudo magico sfiorandogli la gamba destra. Sentì il dolore avvampare mentre atterrava sul tetto di un edificio vicino e rotolava via per evitare la seconda scarica di dardi.
Con la coda dell’occhio notò un’ombra muoversi alla sua destra e lanciò i dardi in quella direzione. L’ombra si spostò rapida ma colse il baluginare delle scintille.
Ora sarai più prudente, pensò Zane correndo verso il bordo del tetto. Dietro di lui il gigante si era mosso di nuovo, ma qualcosa era cambiato. Ora stava attaccando un edificio vicino demolendolo con i pugni.
Hissarion non mi ha ancora individuato, pensò Zane. Devo agire adesso.
Si tuffò giù dal palazzo atterrando sul duro selciato e corse per il vicolo. I palazzi erano così vicini che pareva volessero cadergli addosso.
E se non mi sbrigo succederà proprio questo, pensò.
Svoltò l’angolo e rotolò su sé stesso, rialzandosi di scatto, le braccia puntate in avanti e i dardi pronti a esplodere.
Da dietro l’angolo che aveva appena superato emerse la figura ammantata di bianco e grigio.
A Zane bastò un attimo per lanciare i dardi e spostarsi di lato, verso una porta che aveva già adocchiato. Non attese di sapere se i suoi dardi erano andati a segno. Sfondò la porta e rotolò sul fianco strusciando con la pelle contro il pavimento. Attorno a lui piovvero suppellettili di legno e metallo ma li ignorò. Si mosse più veloce che poté ignorando il dolore alla gamba.
Il dardo deve avermi più che sfiorato, si disse.
Dall’altro lato della casa vi era una finestra. Vi si lanciò contro e la sfondò, atterrando nel vicolo antistante. Senza indugiare scelse il lato sinistro costeggiando l’edificio.
Nel frattempo il gigante si era diretto verso lo stesso punto travolgendo ogni ostacolo.
Hissarion deve avere fretta di finirmi, si disse Zane. Sta usando tutto il suo potere in quella evocazione e ormai non deve essergli rimasto molto. E nemmeno a me.
Con un balzo ai aggrappò al muro del palazzo di fronte a quello da cui era appena uscito e si issò sul tetto usando le braccia. La gamba gli bruciava da morire ma ignorò il dolore alzandosi per guardare in basso.
Da quel punto poteva dominare la piazza sottostante e gli edifici lì attorno. Il gigante evocato da Hissarion stava ancora abbattendo uno dei palazzi.
Spera di seppellirmi sotto uno di essi? Si domandò Zane.
Poteva saltare su un palazzo vicino e poi su quello dopo e andarsene, ma non aveva alcuna intenzione di scappare. Se Hissarion voleva completare l’opera iniziata Lune prima, lui voleva vendetta per il sangue dei suoi confratelli versato quel giorno.
Un fascio di luce solida prese forma attorno alle sue gambe e Zane avvertì il morso doloroso della corda magica stringersi e poi serrarsi.
Balzò verso l’alto tirandosi dietro la corda magica e con la coda dell’occhio la seguì fino allo stregone rinnegato che la stringeva tra le proprie mani.
“L’ho preso” stava gridando l’uomo, le mani che arrotolavano la corda fatta di pura energia.
Tu hai preso me, pensò Zane. Ma anche io ho preso te.
Invece di opporsi, lasciò che la corda gli avvolgesse le gambe. Nello stesso momento il gigante si arrestò e iniziò a ruotare su sé stesso, voltandosi dalla loro parte.
Lo stregone rinnegato diede uno strattone alla corda e questa si serrò sui polpacci di Zane, strappandogli un grido di dolore.
Era il momento che stava attendendo, quello in cui era certo che lo stregone rinnegato avesse concentrato gran parte del suo potere nella corda per immobilizzarlo, sicuro che non sarebbe riuscito più a muoversi.
A Zane bastò desiderare che il fulmine prendesse forma tra le sue mani. I palmi scintillarono di potere, percorsi da centinaia di piccole saette che entravano e uscivano dalla sua pelle senza ferirlo.
Tra le sue mani quel potere era come creta per un vasaio. Poteva modellare e dare forma al fulmine e persino scagliarlo verso un nemico, ma non era ciò che voleva fare. Solo la sua volontà impediva al fulmine di espandersi libero e sfuggire al suo controllo, disperdendosi nell’aria.
C’era un altro modo in cui aveva imparato a usare quel potere. Afferrò la corda magica con entrambe le mani, stringendo più forte che poteva.
Il fulmine si trasmise alla corda, percorrendolo in senso inverso. Senza che il rinnegato potesse rendersene conto, prima le sue braccia e poi il resto del corpo vennero avvolti dai fulmini. Lampi brillarono sulla sua schiena e lo passarono da parte a parte come delle lame. Infine, scosso dalle convulsioni, si afflosciò al suolo e giacque immobile.
La corda sparì e con esso il dolore alle gambe. Zane faticò per alzarsi e trascinarsi fino al corpo dello stregone. Dalle ferite aperte dai fulmini e dalle ustioni provocate si alzavano spire di fumo e un odore dolciastro di carne bruciata.
Sollevò gli occhi e vide il gigante venire verso di lui travolgendo un edificio che crollò al suo passaggio seminando detriti e alzando una nube di polvere bianca.
Raccolse le forze rimaste e corse verso il bordo del tetto, spiccò un salto usando il potere per darsi lo slancio necessario per raggiungere il tetto dell’edificio più vicino.
Quando atterrò sentì il dolore avvampare nella schiena e al bacino.
Un altro salto e mi spezzerò tutte e due le gambe, pensò.
Non aveva altro potere da riservare ai suoi muscoli e quello residuo gli serviva per lo scudo e un ultimo attacco contro il gigante.
Forse se scavo più a fondo, si disse.
Scosse la testa.
Era tutto ciò che aveva, lo sentiva. Uno stregone come lui sapeva quando aveva raggiunto il proprio limite e lui era molto vicino a quel confine.
Andare oltre, sfidare le regole che tutti gli stregoni conoscevano bene, poteva portarlo alla morte.
Se non lo faccio, morirò lo stesso, pensò. Hissarion non è stanco quanto me e anche senza l’evocazione, riuscirà a stanarmi una volta che sarò esausto.
L’idea di morire lì, in quel modo, lontano da casa e da un campo di battaglia e senza aver potuto vendicare la morte dei suoi confratelli, lo turbava.
Sentiva come se avesse sprecato la sua vita.
Mi ricorderanno sempre come il povero figli di Aramil l’eroe che perse la vita in una battaglia di minore importanza, si disse. Che ironia.
Il gigante abbatté un edificio con i pugni facendo tremare la terra. A ogni suo passo era come se un piccolo terremoto sconvolgesse quella porzione della città.
Guardando di sotto vide che i cittadini di Ferrador erano tutti corsi via e quelli che non l’avevano fatto erano stati travolti dai crolli.
Il gigante emerse dalla nuvola di polvere e detriti, torreggiando sopra di lui e il palazzo su cui si trovava. Vedendolo così da vicino si rese conto di quanto fosse imponente.
L’evocazione di Hissarion era perfetta, questo doveva ammetterlo. Ogni pietra era tenuta insieme dal potere dello stregone, che gli aveva dato la forma di un uomo massiccio, dotato di gambe e braccia tozze agganciate a un corpo di solida roccia a forma di botte. C’era persino una rudimentale testa formata da una pietra quadrata.
Per Zane fu naturale fissarla, anche se sapeva bene che il mostro non aveva occhi per guardarlo e agiva manovrato come un pupazzo dal suo evocatore, nascosto chissà dove nella confusione in cui si trovava quella zona.
Ma era sicuro che Hissarion lo stesse osservando perché il gigante si era arrestato se sembrava indeciso.
“Che aspetti?” gridò Zane verso la creatura. “Sono qui, finiscimi.”
Silenzio.
“Perché prolungare il nostro duello? Più tempo passa più sprechi le tue energie e io recupero le mie.”
“Non c’è bisogno che finisca con la tua morte, Zannis Stanner.”
Anche stavolta la voce di Hissarion sembrava venire da un punto vicino ma indefinito.
Che stia usando un incantesimo per alterare la voce? Si chiese Zane. Forse quando l’ho individuato la prima volta è stata solo fortuna o ha voluto farsi trovare. Forse voleva che lo seguissi fin lì. Forse è per questo che non mi ha colpito alle spalle quando poteva farlo, sotto la tribuna.
Quel pensiero lo atterrì e al tempo stesso lo fece arrabbiare. Rabbia che provava verso sé stesso per essersi fatto ingannare fino a quel punto.
Da qualche parte alle sue spalle giunse un ruggito, come se una bestia feroce fosse stata ferita e poi un tonfo fragoroso, simile a un boato.
Zane se ne accorse appena, concentrato sul gigante e Hissarion.
“Può esserci un’alternativa onorevole alla morte” proseguì Hissarion.
“Se pensi che mi arrenderò a te” iniziò a dire Zane.
“No, Zannis Stanner, ti chiedo solo di osservare ciò che sta accadendo qui oggi.”
“Io vedo un massacro di persone innocenti.”
“C’era altro modo per attaccare Ferrador senza uccidere degli innocenti, Zannis? In ogni guerra muore sempre qualcuno che non lo merita. E molti di quelli che invece meriterebbero di morire, vengono risparmiati.”
“Io non risparmierò te, rinnegato.”
Zane sentiva le forze tornare. Sapeva di non averne abbastanza per fronteggiare l’attacco del gigante, ma fintanto che Hissarion parlava, poteva almeno sperare di farcela in qualche modo.
“Io non ho mai chiesto di essere risparmiato. Sono venuto qui solo per un motivo.”
Zane si accigliò.
“Quel motivo sei tu, Zannis.”
“Hai ottenuto quello che volevi. Finisci il tuo lavoro.”
“Il mio compito è già terminato. Dovevo affidarti un messaggio per tuo padre Aramil e l’ho fatto.”
Sentire il nome di suo padre lo fece sussultare. “Quale messaggio?”
“Quello che vedi qui” disse Hissarion con voce alterata. “È soltanto l’inizio. Tutti voi che combattete sotto il vessillo dell’alleanza imparerete ben presto che Ferrador è solo la prima città a bruciare. Presto molte altre seguiranno il suo destino. L’armata di Malag avanzerà su queste terre e poi proseguirà verso Lormist. Dì a tuo padre che se vuole impedire che questo accada, Lord Malag gli offre una possibilità. Una sola.”
“Di che cosa stai parlando? Mio padre non farà mai accordi con un rinnegato.”
“Tuo padre è più ragionevole di quanto pensi” disse Hissarion. “Lo è sempre stato, fin da quando combattevamo insieme sotto gli stessi vessilli.”
“Tu hai combattuto con lui? Quando?”
“Fattelo raccontare da Aramil quando lo incontrerai. E digli che Hissarion vuole parlargli. Che stabilisca lui il luogo e il tempo dell’incontro, a me non interessa.”
Zane non riusciva a credere a quanto aveva sentito. Se suo padre avesse davvero incontrato un comandante rinnegato, avrebbero potuto accusarlo di essere un rinnegato a sua volta.
E potrebbero accusare anche me se riferissi quanto ho sentito oggi, pensò.
“Non dirò niente a mio padre” gridò. Nello stesso momento concentrò il potere che gli rimaneva nelle mani.
Posso evocare un ultimo incantesimo, si disse.
Dentro di sé invocò la forza dei fulmini, sperando di avere ancora abbastanza energie per un ultimo attacco.
“Approfitta dei prossimi giorni di tregua per rifletterci sopra, Zannis Stanner” rispose Hissarion, la voce più debole e lontana di prima.
Zane concentrò tra le mani il suo potere e scagliò i fulmini verso il gigante. Il mostro venne avvolto dalle scariche e indietreggiò di un passo, ma poi riprese ad avanzare verso di lui.
Zane non si mosse e continuò a riversare sulla creatura tutta la rabbia che sentiva dentro di sé. Il braccio sinistro del mostro si staccò e quando toccò il suolo esplose in mille pezzi disseminando tutto intorno schegge come proiettili. Un paio lo sfiorarono ma le ignorò.
In quel momento tutto il potere che gli era rimasto si stava riversando in quell’ultimo incantesimo senza che lui potesse davvero controllarlo.
Fu come farsi trascinare dalla corrente impetuosa di un fiume. Era impossibile resistergli e sapeva che era sbagliato cedere in quel modo e perdere il controllo, ma la sensazione era così piacevole che non riusciva a resistere.
Tutto quel potere si riversò sulla creatura demolendola un pezzo alla volta, ma non fu abbastanza veloce. Le gambe cedettero di schianto e il mostro crollò in avanti, schiantandosi sull’edificio dove Zane si trovava.
Esausto, vide il tetto crollare e trasformarsi in una voragine che lo risucchiò al suo interno e si sentì trascinare verso il basso, nel buio, sempre più giù.

 
  
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