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Autore: LadyNorin    29/03/2021    1 recensioni
John Watson si era allontanato quanto più possibile da Baker Street. La decisione che lo aveva spinto a fare le valigie era molto semplice: Sherlock Holmes.
Dopo la morte di sua moglie Mary, John decide di allontanarsi da coloro che lo hanno fatto soffrire e iniziare una nuova vita. Ma forse il destino prende le sue decisioni, e nemmeno un uomo razionale come John può contrastarle.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8:


***


[Revisionato]
Ora che era rimasto da solo con lui non sapeva più cosa dirgli.
Andò in fondo alla stanza e prese una sedia, la mise accanto al letto, nello spazio tra il letto e il muro precisamente. Controllò che i liquidi delle flebo scendessero nel modo giusto, sapeva che non c’è ne fosse bisogno, ma doveva fare qualcosa, tenersi occupato.
«Sì… Immagino che tu non voglia parlare, almeno per un po’. Però se ti fa piacere verrò qui ogni giorno.»
Sherlock si voltò a guardarlo, e John si maledisse.
Era evidente che volesse dirgli qualcosa. Aprì il cassetto del comodino. Per fortuna Lestrade era stato abbastanza intelligente da lasciare un taccuino e una penna. Diede gli oggetti a Sherlock, che prese il blocchetto e iniziò a scrivere sulla prima pagina. La mano gli tremava e faceva fatica ad usare una calligrafia comprensibile, si vedeva che si stava sforzando. A John gli si strinse il cuore, non sopportava vederlo in quello stato.
Sono contento di vederti.’
Il cuore del dottore sprofondò sotto i piedi.
«Mi dispiace se non mi sia fatto più sentire. E sono contento anch'io di vederti.»
Sherlock scrisse di nuovo.
Tua figlia ha più bisogno di quanto ne ho io.’
Ok questa aveva fatto male, dritta al petto.
«Va bene basta.»
Gli prese il blocchetto e la penna, e il cuore perse un battito quando sentì il tocco delicato delle mani di Sherlock.
«Non ti libererai di me così facilmente. Sono qui perché voglio essere qui.» Concluse, e dal momento che gli aveva portato via carta e penna lo aveva privato della possibilità di ribattere. D’accordo probabilmente era una bastardata, ma non poteva sopportare quel discorso.
Sherlock infatti lo stava fissando con il suo occhio buono, e avrebbe tanto voluto che la smettesse. Si ricordò di quella cosa scritta da qualche parte nella bibbia ‘gli occhi che giudicano’, o qualcosa di simile; ecco, quelli erano gli occhi, o meglio, l’occhio, che lo stava giudicando. E se lo meritava tutto.
«Come va con la nausea? Ti da ancora fastidio?» Sherlock scosse la testa.
«Ottimo.» si mise a sedere.
In quel momento tornò Lestrade.



«Che state combinando? Avete fatto pace?»
John Watson avrebbe tanto voluto strangolare Greg Lestrade.
Non perdeva l’occasione di stare zitto, per una buona volta.
Mentre il detective di Scotland Yard gli allungava caffè e giornale, il dottore lo guardò con disappunto.
«Che c’è?» domandò Lestrade con aria da finto ingenuo.
«Hai fatto presto.» John non nascose dal tono che usò, di essere infastidito dal ritorno dell’uomo.
«Sì non c’era nessuno al bar dell’ospedale, tra parentesi il caffè fa schifo. E poi avevo fretta di tornare, sia mai che a Sherlock tornasse la voglia di parlare proprio mentre non c’ero. Speravo che almeno tu ci riuscissi.»
John roteò gli occhi al soffitto.
«Ti ho già spiegato perché non parla e stressarlo non lo farà parlare più in fretta.»
«Senti non è colpa mia se ho un lavoro da fare! E se chiamassimo uno psicologo?»
«Puoi chiamare anche tutti gli psicologi di Londra, ma non cambierà nulla, parlerà quando vorrà farlo.»
«E tu che ne sai?»
«Perché io ci vado da anni da uno psicologo. Da quando sono tornato dalla guerra, e per mesi non gli ho detto una parola.» odiava raccontare i fatti propri. Anche se conosceva Lestrade da tantissimo tempo ed avevano una certa confidenza, non aveva raccontato mai a nessuno certe cose, o meglio, lo aveva fatto, ma solo con Sherlock, e con Mary…
«Mesi? Dimmi che scherzi.» ribattè Lestrade.
«Ti dovrai rassegnare Greg.»
«Ma puoi provarci. Senti non è che sono un insensibile, ok? Lo so che sta male. Ma c’è uno psicopatico a piede libero che pesta a sangue la gente nei parcheggi.»
«Lo so! Che lo sai, ok, ma non è così che funziona. E’ inutile che insisti.» John aveva finito con lo sbottare. Odiava le persone insistenti e Lestrade era peggio di un Bulldog con un osso.
«Ma è assurdo! A che mi serve avere l’uomo più intelligente di tutta l’Inghilterra!»
«E come facevi prima che arrivasse lui me lo spieghi? Come andavate avanti?»
«Beh… Andavamo avanti… Non proprio nel migliore dei modi…» Lestrade sembrava quasi in imbarazzo a dover ammettere che Sherlock, per le indagini della polizia, era stato un enorme aiuto.
«Vorrà dire che dovrai tornare a fare le cose alla vecchia maniera.»
Lestrade non era affatto contento di quella prospettiva, ma a John non importava, purché lasciasse in pace Sherlock.
Il detective sbuffò.
«Immagino che dovrò fare così.»
«Anzi perché non inizi subito, sicuramente avrai un sacco di lavoro da fare, ed è inutile che tu rimanga qui.»
Lestrade non era affatto un uomo stupido, benché fosse tremendamente testardo e a volte un po’ ottuso, ma stava osservando il suo interlocutore come se stesse sondando un indagato.
«Potresti aiutarmi tu. Sei stato per anni dietro alle indagini di Sherlock sicuramente saprai come si fa.»
«Io devo restare qui, lo sai.»
“Sì. Lo so…»- ora era proprio sospettoso. - «Bene allora… Io vado, vedo di combinare qualcosa.»
«Ottimo, e chiamami, in caso.» John congedò l’amico senza troppi convenevoli.



Dopo che Lestrade se ne fu andato, John si rilassò sulla sedia accanto al letto di Sherlock. Prese un sorso di caffè e aprì il giornale.
«Vediamo che succede qui.» Poi si ricordò che non era da solo. Alzò il viso verso Sherlock, che lo stava ancora guardando, senza nessuna precisa espressione in volto.
«Vuoi che lo legga ad alta voce?»
Sherlock ci pensò su un attimo e annuì. John iniziò dal titolo della prima pagina; dopo pochi minuti Sherlock stava dormendo; la testa appoggiata sul cuscino. Era rivolto dalla sua parte, quindi poteva vederlo bene in faccia, per quello che si poteva a causa delle ferite multiple sul suo volto.
Lo zigomo tenuto insieme da cerotti da sutura era diventato giallognolo, il labbro superiore sembrava sparire sotto quel grossolano filo nero, il taglio che lo divideva era quasi scolorito, come se non arrivasse sangue a sufficienza; l’enorme cerotto che copriva metà del lato sinistro del volto, a causa dell’occhio collassato, ci avrebbe messo parecchio tempo a tornare al suo posto, il setto nasale era rattoppato come lo zigomo. Quei segni, le cicatrici, gli sarebbero rimaste tutte.
Lo accarezzò sulla fronte, che era umida e calda a causa della febbre e dello sforzo causato dall’attacco di nausea di poco prima.
Non era giusto. Avevano avuto i loro bei problemi ma non era così che voleva andassero le cose. Aveva già perso Mary, non poteva perdere anche Sherlock. Era stato troppo egoista, in preda alla rabbia, aveva detto cose orribili e che con il senno di poi non pensava, così aveva rovinato tutto. Non era nemmeno sicuro di poter recuperare il suo rapporto con lui. Sicuramente non per come era prima.
Era solo uno stupido e finiva sempre con l’auto isolarsi dagli altri, non importava quanto provasse ad integrarsi con il mondo là fuori. Rosie ancora era piccola, ma sarebbe cresciuta e avrebbe finito con il rovinare anche lei. Se ne sarebbe andata e non avrebbe più voluto saperne, e Sherlock si sarebbe ripreso presto o tardi, sarebbe tornato a casa sua, e non si sarebbero più visti. E tutto perché era stata una sua scelta andarsene, allontanarlo, voltargli le spalle.
Sospirò, guardandolo dormire. Sembrava rilassato. Se non fosse stato per il suo corpo ferito e rotto, non avrebbe nemmeno pensato a quanto potesse star soffrendo dopo quello che gli era successo.



Arrivò sera, non era ancora ora di cena, che tornò anche il dottor Lewis.
«Allora come vanno le cose?»
«Direi bene. Penso che la febbre per ora sia diminuita.»
Il dottore si avvicinò a Sherlock, che ancora stava dormendo, e gli misurò la temperatura con l’apposito apparecchio.
«Si ora è a 36 e 8. Ha dormito tutto il tempo?» chiese mentre continuava a controllarlo e gli misurava la pressione.
«Si è addormentato dopo che lei se ne è andato, diciamo, dopo una mezz'ora più o meno.» John non si perdeva un movimento del collega.
«E ha vomitato di nuovo o avuto ancora la nausea?»
«No, non ha più avuto vomito e da quello che mi ha detto nemmeno nausea.»
«Glielo ha detto?»
«Intendo dire che gliel’ho chiesto e lui si è limitato a fare no con la testa.»
«Ah ecco. E non ha proprio parlato?»
«No, mi dispiace.»
«Il suo amico detective sarà stato contrariato, a proposito dove è andato?»
«L’ho convinto a fare altre ricerche, è inutile che stia qui a tormentarlo, quando è chiaro che non parlerà a breve.»
Il dottor Lewis sospirò.
«Lo sa Dottor Watson è davvero una fortuna averla qui, a volte i parenti sanno essere davvero pressanti, almeno lei da medico capisce come sia la situazione e di quello di cui ha bisogno il paziente.»
Il paziente, già… Sherlock era tutto per John, fuorché un paziente.
«Intende dire i parenti terribili come Mycroft Holmes?»
«Non mi fraintenda io capisco il suo stato emotivo, immagino quanto il signor Holmes sarà spaventato in questo momento, dopo aver quasi perso suo fratello. Immagino siano molto legati.»
«Mycroft Holmes spaventato, questa è bella. No io userei più il termine paranoico e possessivo. Gli si addice di più. E’ preoccupato che suo fratello combini qualcosa, come già è capitato in passato, e lui non possa sistemarlo prima che si venga a sapere in giro. Diciamo che Sherlock è quello impulsivo e che non ama particolarmente seguire gli schemi, mentre Mycroft l’esatto opposto.»
Il dottor Lewis sembrava abbastanza sconvolto da queste informazioni, e John si chiese come doveva essere vista la famiglia Holmes all’esterno, da chi non gli conosceva affatto, o solo dai giornali quando se ne parlava.
«Beh dal suo comportamento mi sembra uno molto apprensivo.»
«Il motivo per cui vuole mandare Sherlock in una clinica privata e per coprire la sua aggressione.» concluse John sentendo la rabbia e l’irritazione che aumentavano.
«Ma mi sembra che voglia che il colpevole sia preso immediatamente visto come insiste con il suo amico detective.»
«Questo non lo metto in dubbio, ma non toglie che gli interessi di più che la notizia non circoli in giro. Mi faccia indovinare, le ha fatto firmare un contratto.»
La bocca del dottor Lewis si spalancò a quelle parole.
«Sì, un contratto di non divulgazione. Lo ha fatto firmare a tutto il personale del piano e ai dirigenti dell’ospedale, se esce anche solo una parola sui giornali.»
«Vi fa saltare?» aggiunse John.
Il dottor Lewis annuì.
«Che cosa terribile.»
«Non dico che nel suo modo contorto non voglia bene a suo fratello, ma prima deve assicurarsi di coprire la sua famiglia e se stesso.»
«Capisco. E’ una fortuna che ci sia lei dottor Watson, non lo ripeterò mai abbastanza.»
John abbozzò un sorriso.
«Sono una famiglia complicata ma ormai ci sono abituato, so come ragionano.»
«Da quello che mi è parso di capire sono persone molto intelligenti.»
«Oh lei non sa quanto, è difficile stargli dietro.»
«Però lei ci riesce.»
«Gliel’ho detto, ormai ci sono abituato, so come ragionano e come agiscono, e sono come il giorno e la notte.»
«Per questo preferisce Sherlock a Mycroft?»
John tirò un sorriso.
«Sherlock è più… Uhm…» era difficile trovare un modo giusto di descriverlo, Sherlock era tante cose tutte insieme.
«Comprensivo e empatico.» si probabilmente se il suo coinquilino lo avesse sentito usare un termine come empatico per descriverlo, si sarebbe messo a ridere. Però era vero, per quanto lui stesso si definisse sociopatico, gli interessava davvero aiutare le persone, ed era quello che faceva nella vita, usava il suo dono per gli altri, e non unicamente per persone di potere. Ma per gente comune. E questo era dimostrare empatia.
«Capisco. Sa io non avevo idea di chi fosse. Sono state le infermiere a dirmelo e il detective Lestrade mi ha spiegato a grandi linee quello che era successo affinché capissi come fosse arrivato ridotto in queste condizioni.- Il dottor Lewis guardò Sherlock che ancora dormiva. -Quindi è stato durante una delle sue indagini che è stato aggredito.»
«Questo ancora non lo sappiamo con precisione, ma probabilmente si.»
«Ci vuole coraggio.»
«Mi creda lui ne ha, in effetti la definirei più stupida voglia di mettersi nei guai.»
«L’esatto opposto di un dottore, eh? Mi spieghi, come ci è finito uno come lei, che se posso permettermi, mi sembra che siamo simili, entrambi abbiamo combattuto, abbiamo dovuto prendere decisioni difficili, siamo razionali e ponderati; possa essere finito con qualcuno di così diverso.»
«Mi creda me lo chiedo spesso anch'io, ma credo proprio perché avevo bisogno di altro, di fare cose che non avrei mai fatto normalmente.»
«Ed è quello che è successo?»
«Assolutamente si.»
«E le piace?» Il dottor Lewis sembrava davvero preso dalla discussione. Non doveva essere una persona che faceva cose solo per il gusto di farlo, fare una ‘follia’, preso dal momento.
«Assolutamente. Ho trovato il mio modo di affrontare… I traumi, diciamo.»
«Oh. Senta le andrebbe di venire qui per pranzo e cena ad aiutarlo a mangiare? Dalla prossima settimana ho intenzione di diminuire la nutrizione artificiale. Ovviamente se le è possibile.»
«Uhm si, si certo che va bene.»
«Molto bene, ottimo. Gli farà bene avere qualcuno che conosce e di cui si fida, stargli vicino.»



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Note d’autrice:

Se non perdo lettori dopo questa vi devono fare santi. Tra Greg insopportabile, però c'è da capirlo da una parte, deve fare il suo lavoro. C'è un pazzo a piede libero che va fermato. La faida tra John e Mycroft prosegue, praticamente ora sono a livello guerra fredda. Poi bisognerà vedere come evolverà la questione 👀👀👀
Grazie se siete arrivati alla fine, a chi ha commentato lo scorso capitolo, come sempre spero che non faccia troppo schifo quello che scrivo anche se ovviamente non è privo di difetti, ma cerco di fare quello che posso, sono consapevole di non essere una scrittrice perfetta, e anzi, però cerco di impegnarmi per quello che posso, e sono comunque contenta dei risultati a cui sono arrivata. Varie paranoie a parte.
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