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Autore: hapworth    29/03/2021    0 recensioni
Qualcun altro lo avrebbe reputato noioso, ma Izuku si divertiva ad ascoltarlo, specie quando gli raccontava come si fosse appassionato improvvisamente a qualcosa che, altri, neppure avrebbero notato. Aveva sempre così tanto da dire, che Izuku trovava raramente spazio per inserirsi, ma gli piaceva comunque, perché poi Shouto lo guardava con i suoi occhi brillanti ed era come se sorridesse, anche se non lo faceva come gli altri.
[Shouto/Izuku]
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Siamo arrivati a un altro capitolo svolta per quanto riguarda la vita di Shouto, anche se in realtà se guardiamo a tutta la storia, in ogni capitolo impara qualcosa e si rende conto del proprio potenziale e di quello che, con tutti i suoi limiti, può fare se solo lo desidera. E niente, vi lascio al capitolo, stavolta molto puccioso.
Buona lettura!

hapworth

And everywhere I'd look, you're eyes I'd find
Capitolo 6 - Un passo dopo l'altro

Stare insieme agli altri aveva cominciato a non creare più troppi problemi a Shouto – che in realtà si erano verificati per via di come era sempre stato additato durante le elementari e le medie – e, bene o male, durante il suo secondo anno conosceva tutti gli alunni della classe. Certo, era ben lontano dall'essere amico con tutti, ma ci parlava tranquillamente; a volte non capiva quando non era il caso di parlare troppo, ma Izuku aveva sempre quel riguardo di alleggerire o cambiare argomento, così non si sentiva mai a disagio.
Una delle cose più difficili che stava cercando di imparare erano le battute e i modi di dire. Era complicato, perché suo padre e sua madre non li avevano mai usati – e d'altra parte, suo padre non era proprio una persona con uno spiccato senso dell'umorismo... o almeno così aveva detto Izuku, lui non sapeva neppure come esserlo.
Così si era fissato in modo permanente nell'imparare a memoria modi di dire, per far sì che quando qualcuno li avrebbe detti, avrebbe saputo se era il momento di ridere, o comunque capire se quella persona era ironica o stava scherzando. Izuku gli aveva detto di non fissarsi sul “senso letterale”, perché altrimenti non avrebbe mai potuto comprendere davvero ciò che gli altri cercavano di dire, ma di ampliare un po' i suoi orizzonti, cercando un senso generale delle cose.
Il bue che dà del cornuto all'asino.” o“L'erba del vicino è sempre più verde.” erano solo due esempi di qualcosa che era davvero complicato da visualizzare: il bue aveva le corna... ma l'asino no. Dunque cosa voleva dire? E perché mai l'erba del vicino doveva essere per forza di cose “più verde”? Ok, il giardino della famiglia di Izuku era sicuramente molto più curato e pieno di fiori del loro, ma era un caso fortuito, non la norma.
Non trovava davvero senso, un nesso. Eppure Izuku gli aveva detto che era normale, che non avessero senso. «Sono modi di dire, Shouto. Non è importante che siano veri, ma che le persone capiscano quello che intendi dire.»
«Ma non ha senso.» fece notare. Izuku rise, mentre finiva l'esercizio di matematica, per poi confrontarlo con quello dell'amico e passandosi nervoso le mani tra i capelli crespi. «Accidenti, ho sbagliato!» come al solito. Shouto si propose di aiutarlo, cercando di spiegargli, ma il risultato lo ottenne solo dopo che alle sue parole, gli ebbe mostrato un esempio.

Parlare era divertente. Aveva anche cominciato a dare il tempo agli altri di dire la loro, senza monopolizzare l'attenzione, ma attendendo – in modo tutt'altro che facile – il proprio turno. Izuku era contento che Shouto stesse imparando a stare in mezzo agli altri: la loro classe era molto eterogenea e aveva un buon affiatamento; tutti si davano una mano e si conoscevano, chi più chi meno, ma era bello finalmente sperimentare quel tipo di ambiente sano e pacifico.
Certo, Kacchan era tutt'altro che pacifico, ma veniva tenuto più o meno in riga da Kirishima che aveva un temperamento simile, anche se contrariamente a Bakugou era estroverso e disponibile.
«Aizawa-sensei poteva evitare di farci un compito a sorpresa però...» si lamento Ashido; i capelli dalle mèches rosa che apparivano quasi più sbiaditi, mentre parlava con quel tono. «Non possiamo farci nulla, si era svegliato con la luna storta.» Izuku convenne con le parole di Yaoyorozu, lanciando tuttavia uno sguardo a Shouto che aveva il proprio fisso sulla ragazza, mentre dentro di sé pensava “Ah-ha! Eccone uno!”, cosa che lo fece sorridere cautamente.
«Oh! Todoroki-kun stai sorridendo!» osservò Mineta, indicandolo. Tutti si voltarono nella sua direzione e Shouto si sentì in imbarazzo, tanto che avvampò appena, mentre si tormentava le mani in grembo. Izuku poteva quasi capire cosa stesse pensando: voglio scappare. Ma, il solo fatto che non lo stesse facendo davvero, era un chiaro segnale di quanto si fosse davvero integrato. E la loro sezione era piena di ragazzi gentili, che non lo prendevano in giro con cattiveria.
«Su che cosa ti sei documentato ultimamente, Todoroki-kun?» era stata Uraraka a parlare, mettendo nuovamente i riflettori su Shouto. Sentiva ancora il cuore battere velocemente, ma un senso di gioia, nell'attenzione che l'amica gli stava rivolgendo, lo scaldò.
«Sui modi di dire... Izuku mi ha consigliato di darci un'occhiata, visto che non sempre li capisco.»
Izuku rise internamente: altra peculiarità che non gli era mai mancata era sicuramente la completa sincerità, anche a suo discapito. Certo, era una cosa che prima non aveva mai fatto davvero, non con tutti e non più di due o tre volte dato che era completamente fuori fase con il tempismo, ma...
«Fantastico. Me ne insegneresti qualcuno? Io non ne so molti-» era stata Yaoyorozu a parlare, incoraggiata anche da Tokoyami e Kirishima, nonché Uraraka e Iida.
Shouto sembrò risplendere di luce propria per un istante, agli occhi di Izuku. Aveva un sorriso tenue e imbarazzato, ma era chiaramente felice, almeno ai suoi occhi – e sperava anche a quelli di tutti gli altri.
E cominciò a ripetere quello che aveva imparato; aveva il tono monocorde e a volte apparentemente annoiato, ma nessuno sembrava farci caso, ridacchiando quando ne diceva qualcuno divertente. Allora Shouto si fermava e chiedeva che cosa ci fosse di divertente e uno di loro cercava di spiegarglielo.
Era più bello così, che non mentre aveva cercato di impararli tutti a memoria. Ed era anche bello che nessuno lo guardasse in modo strano, quando ammetteva che non capiva davvero che cosa ci fosse di divertente.
«Ce n'è uno che non ha senso. “Il bue che dà del cornuto all'asino”... ma l'asino non ha le corna.» valutò Shouto, guardando interrogativo nessuno in particolare. Iida prese la parola. «Beh, hai ragione. Infatti io preferisco “Il merlo che dice al corvo come sei nero”, questa almeno ha più senso.» tutti parvero convenire con il Capoclasse, anche Shouto che – effettivamente – riconosceva il fatto che quello, come modo di dire e come frase, avesse senso, anche considerandone il significato implicito di “qualcuno che biasima qualcun altro per qualcosa che però fa lui stesso”, come aveva spiegato poco prima Uraraka.
«Ma vogliamo parlare di “Il lupo perde il pelo, ma non il vizio”? Andiamo! Che sta a significare?» era stato Kirishima a parlare; Shouto non riusciva a capire se fosse serio o meno, ma era chiaro che fosse sincero. Lo erano tutti i suoi compagni ed era qualcosa che non aveva mai sperimentato prima. Era felice, perché stava imparando a essere se stesso, senza la paura di essere allontanato.
Izuku era vicino a lui, ma allo stesso tempo vicino a sé aveva anche Uraraka, Iida, Kirishima, Yaoyorozu... Era complicato ricordare nomi e facce con gli altri, ma loro piano piano avevano ripetuto così spesso i loro nomi – cosa che prima nessuno aveva mai fatto per lui – che era riuscito a ricordarseli bene dopo solo un anno insieme.
«Shouto...» la voce di Izuku lo distrasse, facendolo voltare al proprio fianco. L'amico sorrideva, dandogli una leggera spallata senza fargli male. «Sei felice?»
Non rispose subito. Doveva pensarci seriamente: felicità. Che cos'era? Non ne era sicuro, non completamente. Eppure, nel vedere gli altri parlare con lui, ridere con lui e starlo ad ascoltare, sentiva uno strano senso di pace. Non c'era l'ansia, non c'era il disagio o l'imbarazzo di essere differente da loro – loro, che erano tutti una giostra di persone con vite, caratteri e aspetto diverso – ed era bello. Se sentirsi caldo, al sicuro e in pace era la felicità... probabilmente lo era.
«Credo di sì.» ammise alla fine.
Izuku rise. «Non c'è fretta.»
Ma Shouto non capì ciò cui si riferiva – o forse lo capì, ma non era ancora il momento. La felicità andava costruita, quello era solo un embrione, un primo assaggio di ciò che sarebbe potuto essere un giorno.
«Per essere felici, non c'è fretta.» specificò Izuku, consapevole che Shouto non avesse compreso, inconsapevole che, nel proprio cuore e in quello dell'amico, ci fosse il medesimo piccolo pensiero. Un tassello mancante, che un giorno sarebbe andato a posto, come le loro mani, che anche nei momenti come quello, si trovavano e si intrecciavano in modo così naturale da sembrare parti divise dello stesso corpo. No, non c'era fretta per quello.


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