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Autore: crazy lion    30/03/2021    1 recensioni
Abituato al fitness come alla carriera di attore, Joe si aspetta di passare
una giornata tranquilla, nel parco, quando un gatto dallo splendido pelo
dorato incrocia il suo cammino. Confuso, pensa che si tratti di un semplice
randagio, l'ospite perfetto da mostrare alla fidanzata finché non ritrova
un padrone, ma la verità lo sorprenderà.
Storia stilata con Emmastory.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo.
Genere: Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Taylor Swift
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Golden-cat

LO STRANO DESIDERIO

 
Joe stava correndo nel parco. Farlo gli piaceva, lo aiutava a liberarsi delle tensioni e preoccupazioni legate al lavoro. Non c'era nessuno, quel giorno, e lui si godeva il vento di febbraio che gli sferzava il viso.
Taylor sarà ancora al lavoro, andrò a prenderla più tardi pensò.
La sua fidanzata gli mancava molto. Stavano insieme da tre anni e lui si sentiva divinamente quando erano insieme, mentre nel momento in cui dovevano separarsi soffrivano entrambi.
Joe venne distratto da quei pensieri da un rumore che proveniva da un cespuglio a poca distanza. Ne uscì un gatto dal pelo dorato. Era adulto o quasi, camminava bene e sembrava in salute.
"Ciao, piccolino" lo salutò il ragazzo, accarezzandolo con dolcezza.
Il gatto si era lasciato avvicinare senza timore, segno che doveva essere domestico. Il micio prese a fare le fusa e a strusciare il muso contro la mano di Joe.
"Sì, sì, ti voglio bene" sussurrò lui. Dopo poco si allontanò. "Ciao piccolo, stai attento alla strada."
Si accorse che il gatto l'aveva seguito solo quando aprì il cancello.
"Non sei tornato a casa tua?"
Il micetto miagolò piano. Aveva un miagolio delicato e dolcissimo.
Non ho mai visto un gatto con questo pelo in vita mia.
Ma sapeva che ne esistevano alcuni con il manto di quel colore. Joe non sapeva se farlo entrare in casa. C'erano altri tre gatti lì dentro, quelli di Taylor, che vedendo un intruso avrebbero potuto attaccarlo o non gradirlo. Ma sembrava così indifeso e dolce che il ragazzo si lasciò vincere dall'affetto che già provava per lui.
"Solo un po', poi tornerai a casa tua, va bene?"
Lo fece entrare e subito Meredith, Olivia e Benjamin Button vennero ad annusarlo. Sembrarono riconoscerlo, perché i quattro gatti miagolarono e si leccarono a vicenda.
Allora sono amici pensò Joe.
Forse si erano incontrati in quel parco ivcino casa di Taylor, oppure in uno dei giardini dei vicini. Chissà a chi apparteneva quel micio. Joe gli diede del cibo umido e gli versò i croccantini in un'altra ciotola, in modo che potesse scegliere cosa mangiare. Il gatto divorò tutto.
"Avevi fame, eh?"
Bevve anche dell'acqua, poi salì le scale.
"Dove vai? Fermo!"
Forse Taylor non avrebbe gradito la presenza di un quarto gatto in casa. Il micio ora era sul letto matrimoniale della camera della ragazza, acciambellato e guardava verso il soffitto.
"Scendi, la mia fidanzata si arrabbierà se lo scopre."
Ma il gatto non si spostava di lì e quando Joe lo rimise in terra si lamentò. Corse allora nello studio di Taylor, vicino alla camera, e saltò sulla tastiera del computer portatile schiacciando i tasti.
"No! Che fai? Così lo rivini."
"Non preoccuparti, non lo rovinerò."
Joe fece un balzo all'indietro. Quel gatto aveva appena parlato e aveva la voce di Taylor.
"Ma che sta succedendo? Che diavolo…"
Poi notò che aveva al collo un collare, che aveva visto anche prima, e una medaglietta. C'era scritto:
Taylor.
"Non puoi parlare, i gatti non parlano."
"Io posso. Ho desiderato essere un gatto per oggi e a quanto pare questo desiderio si è trasformato in realtà."
"Cioè tu… tu sei Taylor? Taylor Swift?" chiese ancora il ragazzo, incredulo.
"Esatto."
"Provamelo."
La gatta scese dal tavolo con un balzo, si posizionò al centro della stanza e iniziò a cantare.
"Took a deep breath in the mirror
He didn't like it when I wore high heels
But I do
Turn the lock and put my headphones on
He always said he didn't get this song
But I do, I do
Walked in expecting you'd be late
But you got here early and you stand and wave
I walk to you
You pull my chair out and help me in
And you don't know how nice that is
But I do
 
And you throw your head back laughing
Like a little kid
I think it's strange that you think I'm funny, 'cause
He never did
I've been spending the last eight months
Thinking all love ever does
Is break and burn, and end
But on a Wednesday in a cafe
I watched it begin again
[…]"
Finita la canzone, la gatta prese a leccarsi una zampa, mentre Joe la guardava come se fosse stata un'aliena.
"Ho appena ascoltato una gatta cantare" mormorò. "Una gatta che è Taylor, che ha la sua stessa voce. La mia fidanzata è una gatta."
Si diede uno schiaffo in faccia. Forse era solo un brutto sogno dal quale si sarebbe svegliato presto. Ma no, la micia era ancora lì, davanti a lui.
"Ehi, così ti farai male!" gli rispose la ragazza, che ancora faticava a crederlo, era davvero una gatta.
"E ti preoccupi?" le chiese, confuso come e forse più di prima. Che stava succedendo? Se quello non era un sogno, e lo aveva appena verificato, com'era potuto accadere? Non lo sapeva, e forse non l'avrebbe mai davvero scoperto. "Tu che avresti fatto al mio posto?" chiese poi, scivolando nel silenzio in attesa di una risposta.
"Non lo so, sai Joe? So solo di averlo desiderato per puro caso l'altra sera. Sì, sai quando dicevo che avrei voluto essere come Olivia, dopo tutto quel lavoro?" azzardò lei, sollevando una zampa come per gesticolare.
Che strano, anche ora che non era più umana certe abitudini restavano dure a morire.
"Già, ed eccoci qua…"
Un pensiero patetico, il ragazzo doveva ammetterlo, ma ancora non ci credeva. A quanto sembrava, la sua fidanzata avrebbe davvero dovuto fare attenzione a ciò che desiderava. A una battuta di silenzio, però, seguì di nuovo la sua voce.
"Dai, non guardarmi in quel modo, io adoro essere un gatto" lo rassicurò, abbozzando un sorriso sincero. Incredulo, però, il fidanzato si limitò a guardarla, sollevando nel mentre un sopracciglio con espressione perplessa.  "Sì, sul serio. Vedo meglio, sento meglio, perfino controllare la mia voce è più facile. Insomma, mi hai sentita, no?" gli fece notare, scherzosa e sorridente.
Rinfrancato da quelle parole, Joe si lasciò contagiare, e sorridendo a sua volta, le diede le spalle.
"Ascolta, ho bisogno di sedermi, ma sto bene. Tutto questo è ancora troppo strano, e non ha un minimo di senso, ma sto bene."
Il tempo continuava a passare, e di attimo in attimo, quel giorno si faceva sempre più assurdo.
"Cosa? Joe, avanti! Ti ho appena detto che andrà tutto per il meglio, non sento dolore né niente, e dovrò tornare normale prima o poi, non credi?" commentò lei in risposta, passeggiando per la stanza mentre lo seguiva.
"Se lo dici tu…" si limitò a rispondere il fidanzato, con la testa di nuovo piena di dubbi a riguardo. Sarebbe successo davvero? Avrebbe riavuto la sua fidanzata? O avrebbe dovuto chiedere la zampa di quella gatta, in matrimonio? Non voleva pensarci, era come aveva detto. Aveva solo bisogno di sedersi e dimenticare tutto. Lento, uscì dallo studio dirigendosi verso il salotto senza fermarmi, nemmeno quando sentì dei piccoli passi felpati unirsi ai suoi. Era di nuovo Taylor, che tentava ancora di convincerlo di quell'assurda realtà. Ad ogni modo, ora non parlava, e anzi lo seguiva producendo una chiara sinfonia di fusa.
"Tay, smettila. Non sono dell'umore" disse soltanto, ignorandola.
Ma invano. Gatta o meno, la sua ragazza aveva già deciso, e non avrebbe smesso di seguirlo né di pararglisi davanti finché non si fosse arreso. E così miagolava e faceva le fusa, facendo nel mentre vibrare il pelo dorato, guardandolo con gli occhi azzurri di cui tanto si era innamorato. Poco dopo, però, finalmente si lasciò andare. Fu questione d'istanti, e ridacchiando sommessamente, si abbassò per accarezzarla. Lasciandolo fare, lei rotolò fino a mostrare la pancia, e non appena notò la sua mano, l'istinto prese di nuovo il sopravvento. Con uno scatto fulmineo, gliela afferrò con le zampe, poi iniziò a scalciare.
"No, Joe, no! Non mi piace, accidenti!" si lamentò soffiando e sputando, contrariata.
"Su, smettila! A Ben piace, ci sono abituato" si scusò subito lui, ritirando la mano e ridendo.
Non avrebbe voluto, ma era stato troppo divertente.
"Non. Toccarmi. Più. La pancia" ringhiò lei, rimettendosi in piedi e scandendo ogni parola.
Nel farlo, serrò le labbra e la sua coda prese a muoversi  come una frusta, senza che lei potesse fare nulla per evitarlo. In fondo era così che i gatti mostravano la rabbia.
"Altrimenti?" le chiese lui, sostenendo il suo sguardo e prendendola bonariamente in giro.
"Altrimenti…" boccheggiò la gatta, improvvisamente senza parole. Già, altrimenti cosa? Che avrebbe potuto dirgli ora? Tenace come sempre, rifiutò di arrendersi, e guardandosi intorno, ebbe l'idea. "Altrimenti ti graffio, ecco" concluse poi, mostrando una zampa e i suoi artigli.
"Oh, che paura, Tay, sto tremando" scherzò lui, non dandole tregua.
"Joe! E che cavolo!" esplose lei in risposta, esasperata.
Non arrabbiata, no, quello non sarebbe mai successo, o almeno non per qualcosa di così stupido, ma era mai possibile che riuscisse sempre a farla ridere, anche quando si trattava di restare seri? Che domande, sì, era il suo fidanzato. Rimasto a guardarla fino a quel momento, ora anche Joe stesso ridacchiava, e abbassandosi, la prese in braccio, facendo ben attenzione a non farle del male né a toccarle la pancia. Paziente, Taylor non si oppose, e in breve si ritrovò a osservare il mondo da tutt'altra prospettiva. Decisamente alta, dato chi la stava sorreggendo, e perfetta per un gatto come lei.
"Dove mi porti?" azzardò, incuriosita.
"Ma in salotto, principessa" fu svelto a risponderle lui, per poi sorridere.
"E mi ridai i croccantini?"
"No, di meglio."
Di lì a poco, attraversato il corridoio e scese le scale, i due si ritrovarono in salotto, e improvvisamente distratta da qualcosa che il giovane non vide, Taylor prese a divincolarsi.
"Mio!" fece, lanciandosi sul pavimento.
Per sua fortuna, l'equilibrio fu dalla sua parte, e spiccato quel balzo, atterrò sul pavimento. Sotto le sue zampe c'era un morbido tappeto steso da poco, e se Meredith se ne stava lì sdraiata a far nulla, e Olivia osservava il paesaggio oltre la finestra stando di vedetta sopra lo schienale del divano, Benjamin, il più piccolo del gruppo, si divertiva con un gomitolo di lana. Non capiva bene il colore, ma non era un problema, l'importante per lei era divertirsi. Ben felice di avere una compagna di giochi, Benjamin parve sorriderle, poi le passò il gomitolo spostandolo con una zampa. Sorpresa, Taylor ricambiò quel gesto, e in silenzio, i due iniziarono a giocare. Insieme, da bravi amici, e in quel caso, fratelli. Fra un attimo e l'altro, però, il gomitolo si disfaceva, specie mentre i due se lo passavano come un pallone da calcio. Lento, il tempo continuò a trascorrere, e ben presto, i due smisero di curarsene.
 
 
 
Intanto, del tutto preso da una nuova email appena ricevuta come da un film appena iniziato in televisione, sembrava strano, ma riusciva a prestare attenzione a entrambe le cose, Joe lo ingannava a suo modo, finché:
"Miao, aiuto!" rieccola, la voce della sua fidanzata. Colto alla sprovvista, lui rialzò lo sguardo, e fu allora che la vide.
"Taylor, ma che hai fatto?" non poté evitare di chiederle, trattenendo a stento una risata.
"Non lo so, ora non commentare e aiutami!" protestò la gatta.
A quanto sembrava, giocare con un gomitolo di lana grande come quello era divertente, ma visti i risultati, anche pericoloso. A riprova di ciò, eccola lì, del tutto incapace di muoversi, intrappolata fra uno e mille fili.
"Va bene, va bene, aspetta" le rispose il ragazzo, alzandosi dal divano e raggiungendola con pochi passi.
Non appena fu abbastanza vicino da toccarla, si abbassò al suo livello, e una dopo l'altra, le maglie di quella trappola si allentarono, finché finalmente non fu libera.
"Miao! Grazie, grazie!" esclamò Taylor, felicissima.
Di nuovo su quattro zampe, prese a girargli intorno e a strusciarsi contro la sua mano, per poi alzarsi su due e provare perfino a leccarlo.
"Prego, ma adesso non baciarmi in bocca!" le rispose, facendole notare quell'unico dettaglio.
"Ma io ti amo!" fu svelta a replicare lei, fingendosi stupita.
"Sì, anch'io, ma sono gli umani a baciarsi, l'hai dimenticato?" continuò il ragazzo, regalandole una carezza sulla testa.
"Oh" osservò lei, per poi abbassare lo sguardo e scoprire di avere ancora le zampe e il corpo snello di un felino. "Stupido corpo da gatta!" si lamentò poi, scocciata.
"Sta’ tranquilla, prima o poi dovrai tornare normale, no?" la rassicurò lui, accarezzandola ancora, stavolta su quello stesso corpo che non le piaceva più così tanto.
"Già, e aspetterò. Guardiamo la TV, dai" propose poco dopo, per poi voltarsi e andare dritta verso il divano.
Annuendo, Joe non disse nulla, ma in compenso si unì a lei. Trovati il suo posto e il telecomando, fece zapping per qualche istante, poi scelse il film perfetto per quel pomeriggio. Tranquillo e romantico, proprio come loro. Silenziosa, Taylor se ne stava lì ferma sul cuscino, gli occhi azzurri puntati sullo schermo. Rapito da quella trama, semplice eppure coinvolgente, Joe smise di darle attenzioni, e poco dopo, sentì qualcosa. Una specie di mormorio, qualcosa che non riuscì davvero a capire finché non alzò lo sguardo.
"Taylor? Taylor?" la chiamò, confuso e disgustato. Non era la prima volta che vedeva una cosa del genere, ed era vero, ma faceva davvero schifo, non c'era nient'altro da dire. "Taylor!" riprovò, alzando la voce per farsi sentire.
"Ehi, cosa?" chiese lei, rischiando di sobbalzare. "Dovevo ripulirmi in quel punto, okay?"
Una spiegazione come tante altre, che oltre a zittire il ragazzo, lo fece anche stringere nelle spalle. Impegnata con le sue pulizie personali, anzi, molto personali, la gatta non osò distrarsi, non finché fu del tutto immacolata. A lavoro finito, tornò a sedersi, poi si sdraiò.
"Ho sonno. Puoi coccolarmi un po’?" disse, per poi azzardare quella richiesta.
Mantenendo il silenzio, Joe si limitò ad annuire ancora, e rimettendosi comodo, immerse le dita in quel pelo stupendo. Fu questione di pochi minuti, e cullata da quelle carezze, la gatta finì per addormentarsi. Lento, Joe si rialzò dal divano avendo cura di non svegliarla, e dando uno sguardo al cielo che intanto aveva finito per scurirsi fin quasi a diventare nero, sbadigliò. Quel bel film era durato più del previsto, e stando al display del suo cellulare, ormai era quasi ora di andare a dormire. Già stanco, si stiracchiò pigramente, e con le gambe pesanti e gli occhi prossimi a chiudersi, si trascinò fino alla camera da letto. Sostituì ì vestiti con il pigiama, e un breve fascio di luce oltre la porta rimasta aperta lo distrasse. Confuso, l'osservò per alcuni secondi, finché non scomparve, poi, spiando da lontano, sorrise. La sua fidanzata, la sua vera fidanzata era di nuovo lì, addormentata sul divano dopo quell'inaspettato e strano desiderio.
   
 
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