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Autore: lapacechenonho    31/03/2021    3 recensioni
Le immagini confuse si susseguivano nella sua testa, come pezzi di un puzzle di cui non riusciva a comporre l’immagine perfetta. Un cielo notturno pieno di stelle con il suono di una risata femminile in sottofondo, gli occhi verdi di un neonato e un fiore in mano allungato verso qualcuno. Ma lui non riconosceva nessuno. Erano immagini sfocate di una persona che non era lui. Lui non ricordava neanche il suo nome, ma sapeva che solo quelle brevi e veloci immagini erano capaci di riportare il suo cuore ad un ritmo normale e a renderlo più tranquillo.
[Questa storia partecipa al contest Dantedì! indetto da Severa Crouch nel forum di EFP]
All'interno della storia è inserita la coppia formata da Frank ed Alice Paciock, che non è presente nella lista delle coppie.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, Frank Paciock, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Hell is empty.

 
Le immagini confuse si susseguivano nella sua testa, come pezzi di un puzzle di cui non riusciva a comporre l’immagine perfetta. Un cielo notturno pieno di stelle con il suono di una risata femminile in sottofondo, gli occhi verdi di un neonato e un fiore in mano allungato verso qualcuno. Ma lui non riconosceva nessuno. Erano immagini sfocate di una persona che non era lui. Lui non ricordava neanche il suo nome, ma sapeva che solo quelle brevi e veloci immagini erano capaci di riportare il suo cuore ad un ritmo normale e a renderlo più tranquillo.
 
Hogwarts 1977.
 
Frank Paciock si stava godendo quei raggi di sole ancora timidi della primavera. Non erano troppo caldi e ogni tanto qualche folata di vento gli causava qualche brivido, ma gli piaceva godersi quella stella che iniziava a tramontare più tardi. Gli piaceva guardare quel cielo che si tinteggiava di rosso, gli piaceva osservare il sole che, non più tanto potente, si arrendeva all’oscurità, lasciandole il dovuto spazio. Il susseguirsi del giorno e della notte, era per Frank l’unica certezza in quel periodo incerto.
«Sei qui! Finalmente ti ho trovato!» la voce di Alice, la sua ragazza, lo riportò alla realtà. Sorrise sghembo guardando quei capelli arruffati dalla camminata veloce. «Perché sei tutto solo?» gli chiese. Frank si limitò ad alzare le spalle. Non aveva una vera e propria risposta alla sua domanda.
«Mi godo gli ultimi raggi di sole di questa giornata» rispose semplicemente. Alice si avvicinò a lui e lo prese a braccetto appoggiando il viso sulla sua spalla. Era più alto di lei ed Alice odiava questa cosa, anche se a Frank piaceva da morire.  
«Ti odio quando sei così silenzioso» disse guardando il sole che scendeva un po’ più giù. Frank non poté fare a meno di sorridere sentendo il cuore accelerare dalla felicità di essere con lei.
«Io non sono silenzioso!» provò ad obiettare. La fidanzata staccò gli occhi dal panorama guardandolo in tralice per qualche secondo per poi tornare con gli occhi fissi al cielo. La strinse un po’ più forte e guardò il sole che ormai era diventato rosso. «Sposami» disse senza pensarci.
Era un pensiero che l’aveva perseguitato per giorni. Era da settimane che pensava a quanto Alice fosse per lui una roccia, una sicurezza, un porto sicuro. Non sapeva come e quanto ancora avrebbe vissuto, ma sapeva che quel tempo che gli rimaneva voleva passarlo con lei.
«Cosa?!» chiese con voce stridula. Forse fu il suo tono a riportarlo alla realtà e a fargli percepire il peso di ciò che aveva detto ad Alice.
«Se vuoi» aggiunse ritornando il solito diciassettenne impacciato. Si guardavano negli occhi, le iridi verdi di Alice perforavano le sue azzurre come l’acqua del Lago Nero. Il cuore gli martellava nel petto impazzito, non sentiva più niente intorno a sé, se non quel tonfo sordo nel petto.
«Certo che lo voglio!» esclamò Alice ancora sbalordita mentre il cuore di Frank accelerava la sua corsa. «Ma siamo ancora a scuola, come facciamo? E poi non mi hai comprato neanche un anello, Paciock non si fa così!» continuò facendo ridere Frank che piano piano si stava avvicinando al suo viso per baciarla. Quando si separarono la guardò negli occhi per un attimo, poi si inginocchiò e raccolse un fiore da terra. Se lo rigirò tra le mani, fissandolo.
«Be’ non avrò un anello ma spero che questo possa bastare per la mia proposta» si scusò allungando quel piccolo fiore verso Alice che lo prese tra le mani rituffandosi fra le braccia del fidanzato.
 
Giugno 1980.
 
Nonostante fosse giugno, il venticello leggero non accennava a smettere di soffiare facendo arricciare la pelle dei due coniugi che erano sdraiati sul prato di casa a godersi quel piccolo e raro momento di calma. Alice era appoggiata al petto del marito, mentre lui le accarezzava il ventre ormai all’ottavo mese. Nonostante tutte le rassicurazioni da parte di Silente e dell’Ordine, Frank non poteva che sentirsi un folle di fronte all’idea di avere un figlio in un momento così oscuro per il loro mondo. Voldemort stava acquistando sempre più potere e avevano i Mangiamorte alle calcagna che non accennavano a dare tregua. Quando Alice gli aveva detto di aspettare un bambino era stato contento, ma era corso terrorizzato da Silente a chiedere rassicurazioni per quel bambino che doveva ancora arrivare. Era la stessa paura che aveva attanagliato James Potter, solo che lui era più spavaldo e non lo dava a vedere. «Devi smetterla di preoccuparti» sospirò la moglie sollevando la testa e abbassando quella di Frank dolcemente.
«Io non sono preoccupato» mentì.
«Sì che lo sei, lo sento dal tuo cuore che sta correndo più veloce di James Potter quando doveva catturare il Boccino d’Oro durante le partite di Quidditch» rispose calma, un leggero sorriso le decorava il volto stanco. Anche se cercava di nasconderlo, anche lei era preoccupata.
«Mi chiedo se non siamo stati degli incoscienti» ammise. I suoi occhi tornarono a fissare il firmamento pieno di stelle. Non c’era una nuvola nel cielo, era sereno; come se il mondo non fosse in guerra per sconfiggere un mago pazzo dalla smania del potere.
«Non lo siamo stati perché ci amiamo» rispose con un tono che non ammetteva repliche. «E poi, se dovesse succederci qualcosa, abbiamo tantissimi amici a cui lasciare il nostro bambino» aggiunse come se stesse parlando della farcitura di una torta. Non poteva sapere che mentre pronunciava queste parole qualcosa dentro Frank si era sbloccato: era l’amara sensazione di non vivere abbastanza da vedere suo figlio fare le cose più semplici. Si concentrò a guardare le stelle che adesso erano dei puntini sfocati a causa delle lacrime che avevano iniziato ad inumidire i suoi occhi. «Possiamo lasciarlo dai Weasley, che ne pensi? Loro sono in tanti, lo crescerebbero come uno di loro!» esclamò ridendo Alice.
Frank lo sapeva che stava dicendo quelle cose solo per tirargli su il morale e guardando ancora una volta quel cielo scuro, chiese alle stelle di poter riuscire a dare almeno un bacio a suo figlio.
 
Novembre 1981.
 
Da quando i Potter erano morti, a casa Paciock regnava un certo clima di inquietudine. Non riuscivano a gioire della caduta di Voldemort, non potevano farlo se lo scotto da pagare era stata la morte di due dei loro più cari amici, oltre che colleghi. «Silente dice che siamo al sicuro» disse Alice piegata sul piccolo Neville che stava iniziando a camminare.
«Dovevano esserlo anche James e Lily» disse tra i denti mentre era appoggiato al muro del salotto.
«Be’ non è certo colpa di Silente se Sirius…» lasciò la frase a metà sospirando e sollevando il figlio da terra per prenderlo in braccio. «Lasciamo stare» tagliò corto.
Dal 31 ottobre le conversazioni tra i Paciock erano così. Non riuscivano a staccare la testa da ciò che era successo ai Potter, non riuscivano a pensare che un bambino di appena un giorno più piccolo del loro, adesso era orfano costretto a vivere dai suoi zii babbani. Guardando gli occhietti vispi di Neville di appena un anno, si chiese cosa sarebbe successo al suo di bambino se a loro fosse successo qualcosa. Fu l’ultimo pensiero lucido di Frank Paciock prima che il dolore pervadesse tutte le sue membra e un lampo di luce rossa occupasse la sua vista. Non aveva fatto in tempo a sentire Alice urlargli di scappare, di portare via Neville, non aveva manco sentito qualcuno arrivare alle sue spalle, in effetti.
In quel trambusto di dolore, ogni tanto sentiva la moglie urlare e Neville piangere e allora si costringeva a lottare per loro, altre volte sentiva le urla stridule di Bellatrix Lestange e Barty Crouch Jr. esclamare quella formula magica in grado di farli accartocciare dal dolore; altre volte, invece vedeva davanti a sé, il verde degli occhi di suo figlio di appena un anno. Quegli occhi curiosi di chi aveva ancora tutto da scoprire, da vivere. Poi si vedeva sotto un cielo pieno di stelle e con un fiore in mano, accanto a lui c’era Alice. Oh, quanto amava Alice. Ora che era vicino alla morte, si pentiva per tutte le volte che non glielo aveva detto.
Poi, lentamente rimase solo il buio. Non c’erano più volti, c’erano voci confuse in sottofondo, qualcuno lo aveva sollevato da terra ma non aveva idea di chi fosse. Sentiva tutto ovattato, tutto confuso, tutto offuscato, come se non ci fosse più l’alternanza del giorno e della notte ma fosse tutto un’eterna e lunga notte.
 
Non sapeva a cosa appartenessero quelle immagini che gli ritornavano in mente di tanto in tanto. Forse erano la sua vita prima del buio, forse erano delle cose che lui si immaginava per cercare di sopravvivere all’assenza di luce della sua mente. O forse erano dei sogni che aveva fatto e ancora si ricordava. Però, quando l’oscurità della sua mente diventava un po’ più scura, bastava ricordare quel fiore passato a chissà chi, quelle stelle nel cielo con quella risata di sottofondo e quegli occhi verdi di bambino e improvvisamente l’oscurità diventava un po’ più chiara ed era un po’ meno terrificante. E allora lui sorrideva, si appoggiava contro il cuscino, e il suo cuore tornava a battere normalmente: non aveva più paura.

 
“Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini”.
 
 
 
Angolo autrice:
Per favore non chiedetemi cosa abbia partorito la mia mente perché non lo so. Non sono solita descrivere questi personaggi, né tantomeno l’old generation. Se c’è qualcuno che ci tiene, chiedo umilmente scusa perché non sarò mai alla vostra altezza.
Passando alla storia, ho inteso l’inferno come la pazzia di Frank e le tre cose che sono inserite nella citazione di Dante, sono le tre cose che riescono a portare un po’ di tranquillità in Frank, anche se non ha idea di chi siano le persone accanto a lui. Per questa ragione incarnano nella storia il “paradiso” di Frank che ormai vive nell’inferno. Non so se abbia chissà quanto senso ma nella mia testa giuro che funziona e spero di aver reso l’idea anche in chi leggerà questa breve storia. Trovate la citazione di Dante perché la storia partecipa al contest Dantedì indetto da Severa Crouch nel forum di EFP.
Il titolo è una citazione di Shakespeare perché, come ormai sapete, ho zero fantasia nei titoli.
Spero che la storia vi piaccia.
A presto e buona Pasqua,
Chiara.
   
 
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