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Autore: PerseoeAndromeda    31/03/2021    4 recensioni
[Fanfic scritta per la Battleship Weekend Challenge del gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia – Fanart and Fanfiction]
Levi viene trovato in pessime condizioni e raccolto da Erwin. Mentre si prende cura di lui, Erwin riflette sul loro legame e sulla paura di perderlo
Genere: Drammatico, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fanfic scritta per la Battleship Weekend Challenge del gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia – Fanart and Fanfiction
 
Autrice: PerseoeAndromeda, Heather-chan
Fandom: Attack on Titan
Prompt: Personaggio A è scomparso. Viene ritrovato in condizioni pietose
Titolo: È troppo presto
Personaggi: Levi, Erwin, Hanji. Hint Eruri
Genere: Hurt/Comfort, drammatico, guerra
Rating: giallo
Note: probabilmente ambientata in un momento non specificato prima dello svolgimento degli eventi principali. Non ho seguito il prompt alla lettera, è venuto così, senza la scomparsa. Pazienza, per essere la prima volta con loro non mi lamento.
 
È TROPPO PRESTO
 
«Cosa gli è successo?».
La figura imponente di Erwin Smith si materializzò nella cornice della porta e l’attenzione di Hanji si focalizzò subito sul fardello che portava con sé, un essere umano minuscolo al suo confronto.
Tra le sue braccia, a prima vista, poteva essere scambiato per un bambino.
Invece si trattava di un uomo, i vestiti a brandelli che scoprivano frammenti di pelle nuda, il cui pallore era punteggiato da ecchimosi e ferite più o meno profonde.
«L’ho trovato così». Erwin la oltrepassò e andò a distendere il giovane ferito sul letto. «Dammi una mano».
La donna scosse il capo con un lamento rassegnato e si affrettò a dare man forte al suo superiore.
Mentre lo spogliavano dell’uniforme per accertarsi di quali fossero le condizioni reali delle ferite, l’uomo emise qualche smorfia e lamento di dolore.
«Se si lamenta così deve stare parecchio male» osservò Hanji sfilando un braccio dagli ultimi strati di tessuto.
Poi, quando ogni frammento delle sue membra fu messo a nudo e poterono controllarlo a dovere, le sfuggì un’esclamazione sconvolta:
«Levi, ma che hai combinato?».
Anche Erwin si immobilizzò e il suo volto impassibile lasciò scorgere qualche ombra di disappunto, le sopracciglia si corrugarono e le labbra si ridussero ad una linea sottile che, di sicuro, nascondeva un ringhio.
Hanji si alzò, le mani sui fianchi, il capo si scosse ancora:
«Vado a prendere il necessario. Ha bisogno di un intervento drastico… però appena si riprende avrà un paio di cosine da raccontarci».
Erwin si concesse un ghignetto mentre la caposquadra si allontanava, lasciandolo momentaneamente solo con il ferito.
Gli scostò i capelli dalla fronte, con delicatezza, per controllare la profondità di un taglio che tracciava una linea netta, obliqua, nella carne, fin quasi al sopracciglio.
«Eh sì» sospirò. «Giusto due cosine».
Quando si fu accertato che la lacerazione non sanguinava più, il tocco si trasformò in una carezza. Proprio in quel momento, la testa di Levi si mosse e le palpebre ammiccarono qualche volta prima di schiudersi e cercare il suo sguardo.
«Merda, non lascerai che quella quattrocchi mi torturi? Fallo tu, piuttosto».
Il comandante inarcò le sopracciglia, interruppe la carezza e sorrise, ironico:
«Se la tua bocca è in grado di blaterare stupidaggini, non stai poi così male».
«Starò malissimo appena quella mi metterà le mani addosso».
Provò a muoversi, ma le condizioni in cui versava il suo fisico non erano affatto d’accordo con tale intento e il risultato fu uno spasimo di dolore accompagnato da un gemito.
Erwin si affrettò a tenerlo fermo, spingendolo contro il materasso:
«Fai il bravo, capitano, altrimenti oltre a lasciarti nelle sue mani mi costringerai a legarti».
Nonostante i lineamenti fossero contratti nel dolore, le labbra di Levi si piegarono in quella che era la parvenza di un sorriso, ma non protestò oltre e lasciò ricadere la testa sul cuscino, gli occhi chiusi, un sospiro di rassegnazione.
Erwin rimase a fissarlo, ripensando al momento in cui lo aveva ritrovato ai piedi dell’albero, privo di sensi e ferito e aveva temuto il peggio di fronte alle sue condizioni.
Ricordò il sollievo quando aveva potuto rendersi conto che era vivo, ridotto in condizioni pietose, ma vivo.
Ci sarebbe voluto ben altro per ucciderlo.
Gli posò due dita sulla guancia, senza smettere di fissare il viso pallido e triste, l’espressione che sapeva essere, al tempo stesso, beffarda e intrisa di malinconia, lo osservò scivolare nel sonno dato dalla debolezza, dalle ferite, dal bisogno che il suo fisico aveva di riposare.
Nonostante tutto, prima o poi, qualcosa che avrebbe rischiato di strapparlo a lui per sempre sarebbe potuto giungere davvero; le loro vite erano appese ad un filo.
«Stai attento, Levi» mormorò. «È troppo presto per noi… cerchiamo di restare insieme ancora per un po’».
 
   
 
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